ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 21 agosto 2015

Pulchra es, amica mea,terribilis ut castrorum acies ordinata.

Siria: pellegrinaggio della statua della Madonna di Fatima

La Madonna di Fatima - AFP
La Madonna di Fatima - AFP






Manifestare solidarietà e vicinanza ai cristiani in Medio Oriente, uccisi o costretti a fuggire dai militanti del così detto Stato Islamico: sarà questo l’obiettivo del pellegrinaggio della statua della Madonna di Fatima in Siria. L’iniziativa si terrà il prossimo 7 settembre, quando a Damasco giungerà l’icona mariana proveniente dal santuario portoghese.

Non dimenticare le vittime di intolleranza e fondamentalismo
“In questo modo – spiega il vescovo di Leiria-Fatima, mons. António Augusto dos Santos Marto – vogliamo rispondere all’appello dei vescovi della regione mediorientale, testimoni dello sterminio dei cristiani di fronte all’indifferenza della comunità internazionale”. Ricordando i numerosi appelli lanciati anche da Papa Francesco contro la persecuzione dei cristiani in Iraq ed in Siria, mons. dos Santos Marto invita a non dimenticare le vittime “dell’intolleranza e del fondamentalismo”. “La Siria – sottolinea il vescovo portoghese - vive una dramma che reclama una solidarietà urgente, concreta, efficace a livello internazionale”, sia da parte dell’Onu che dell’Ue.
Pregare per la pace nel Paese
​Dal suo canto, padre Carlos Cabecinhas, rettore del Santuario di Fatima, esorta i cattolici ad accompagnare spiritualmente il pellegrinaggio mariano, portatore di “un messaggio di pace”, pregando affinché “il Signore conceda la pace alla Siria e dia forza ai cristiani che vi risiedono”. Esploso a marzo 2011 tra le forze governative e quelle dell’opposizione, il conflitto siriano prosegue da oltre quattro anni. Difficile calcolare le innumerevoli vittime; tuttavia, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, organizzazione non governativa con sede a Londra, i morti sarebbero circa 210mila. (I.P.)

La Siria bombardata da Israele. Damasco accusa Netanyahu: "Così sostengono i terroristi"

Come risposta ai razzi lanciati ieri dalla Siria, Israele ha colpito 14 postazioni siriane nelle Alture del Golan

Foto tratta da Wikipedia
La zona colpita, ha fatto sapere un portavoce, è quella delle Alture del Golan sotto il controllo ddl regime siriano. L’esercito ha sostenuto che i razzi di ieri sono stati "pianificati dal capo del dipartimento palestinese della Forza Quds iraniana, Sayyid Izdi" che è anche coinvolto "nel contrabbando di armi in Siria e Libano". l’attacco è stato compiuto contro una postazione militare alle 23:30 ora locale (le 22:30 in Italia) vicino a Quneitra, nella parte siriana delle Alture del Golan, teatro di combattimenti tra i ribelli da un lato e, dall’altro, le forze governative di Damasco e di Hezbollah.
Ieri, un portavoce militare israeliano aveva addossato la responsabilità del lancio di razzi sul suo territorio al "jihad islamico, sponsorizzato dall’Iran", ma aveva avvertito che Israele riteneva "responsabile il governo siriano per gli attacchi partiti dalla Siria". L’attacco, secondo fonti militari siriane, è avvenuto in due fasi. Dapprima, intorno alle 18:30 di ieri, un elicottero israeliano ha lanciato diversi razzi contro la direzione dei Trasporti e la sede del governatore a Quneitra, provocando solo danni materiali. Cinque ore dopo, un raid aereo ha preso di mira la postazione militare, provocando vittime tra i soldati. Damasco è tornata ad accusare Israele di sostenere i gruppi armati ribelli, tra cui quelli fondamentalisti islamici, che si battono contro il governo siriano. Una fonte militare citata dalla Sana ha affermato che i raid sono stati compiuti "nel tentativo di sostenere le organizzazioni armate terroriste e dare impulso al loro morale".

SIRIA
L’Isis distrugge il monastero di Mar Elian. Nunzio a Damasco: Occorre diplomazia internazionale per salvare la Siria
I miliziani hanno distrutto il centenario edificio cattolico. In un video le immagini delle devastazioni. A maggio i jihadisti avevano rapito il priore del monastero. Mons. Zenari: notizie dall’area frammentarie. Il prelato accoglie con cauto ottimismo la risoluzione Onu e gli sforzi della comunità internazionale. 


Damasco (AsiaNews) - Le milizie dello Stato islamico (SI, ex Isis) hanno distrutto nelle ore scorse il monastero cattolico di Mar Elian ad Al Qariatayn, a sud-ovest di Homs, in Siria. Un edificio del quinto secolo dopo Cristo che i jihadisti hanno abbattuto con ruspe e bulldozer, postando in rete in video (in realtà si tratta di alcuni scatti fotografici montati in sequenza) che ritrae alcuni momenti dello scempio. In una prima immagine si vede la profanazione della chiesa, cui segue la riesumazione dei resti di sant’Elian - ucciso dai romani nel 285 - al quale il monastero era dedicato; infine la distruzione dello storico complesso, situato nel deserto siriano. Interpellato da AsiaNews mons. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, riferisce che “è difficile avere notizie di prima mano”. Il prelato ha cercato “di contattare “la diocesi della zona, ma non vi sono al momento conferme indipendenti o altre informazioni utili”. 
Al Qariatayn, cittadina che ospitava il monastero, è un’area strategica ricca di giacimenti situata nella provincia centrale di Homs, strappata a inizio mese dai miliziani estremisti alle forze fedeli al presidente siriano Bashar al-Assad. Secondo quanto riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr), con base a Londra e una fitta rete di informatori sul luogo, lo Stato islamico avrebbe inoltre trasferito gran parte dei cristiani assiri rapiti all’indomani della cattura di Qaryatain. 
“Anche per quanto riguarda le famiglie cristiane” prosegue mons. Zenari, le notizie sono frammentarie e mai precise. È probabile che siano trattenuti per vari motivi, forse come scudi umani o altro. L’unico dato certo è che sono nelle loro mani, la situazione è ingarbugliata e sono tuttora in atto scontri fra le varie fazioni”. 
Resta avvolta nel mistero anche la sorte del prete siro-cristiano Jacques Mourad, il priore del monastero di Mar Elian, famoso per la sua opera a favore di cristiani e musulmani, rapito nel maggio scorso nei pressi del luogo di culto ora distrutto. Al momento del rapimento egli era al lavoro per accogliere le centinaia di rifugiati in fuga da Palmira in seguito alla presa della città da parte dello SI. “Si cerca di escogitare tutti i mezzi possibili per liberarlo - racconta il nunzio apostolico - ma finora ogni tentativo non ha dato l’esito sperato. Anche se non si è rimasti con le mani in mano, non vi sono stati risultati tangibili”. 
Il nunzio apostolico esprime allo stesso tempo un cauto ottimismo verso gli ultimi sviluppi della diplomazia internazionale, che lavora per attuare un piano di pace per la Siria martoriata da quattro anni e mezzo di guerra e ostaggio delle milizie jihadiste. “Qualcosa si muove - racconta mons. Zenari - anche se siamo ancora lontani dall’obiettivo bisogna continuare, usando una metafora calcistica, a giocare con l’obiettivo di arrivare a far gol. Siamo ancora lontani dalla porta, ma stiamo muovendo dei piccoli passi in quella direzione”. 
Ieri l’Iran ha accolto con favore il piano delle Nazioni Unite che vuole mettere fine al conflitto siriano, sottolineando la necessità del coinvolgimento diretto del regime del presidente Assad. Il 18 agosto il Consiglio di sicurezza Onu aveva adottato una nuova risoluzione volta ad avviare nuovi colloqui di pace fra le varie fazioni in lotta, sostenuta dalla Russia - alleato di Damasco - e dagli altri 14 Paesi membri. Il piano elaborato dall’inviato speciale Staffan de Mistura dovrebbe iniziare a settembre e mira alla creazione di quattro gruppi di lavoro che studieranno soluzioni in materia di sicurezza, anti-terrorismo, questioni politiche e legali, ricostruzione. 
Per mons. Zenari “vale la pena lavorare, anche iniziando dai lati, per arrivare un giorno al centro”. Il prelato conferma che “qualcosa si sta muovendo” e ormai tutti “si è d’accordo sul fatto che così non si può andare avanti perché l’unico a guadagnarci in questo momento è lo Stato islamico. Questo elemento è entrato nella coscienza di tutti, governo e opposizione, governi stranieri e comunità internazionale. Resta ancora il problema legato all’organo di transizione dotato di poteri esecutivi chiamato a traghettare il Paese - conclude il prelato - ma sugli altri punti (lotta al terrorismo, questione umanitaria, civili) si registrano convergenze”.(DS)
http://www.asianews.it/notizie-it/L%E2%80%99Isis-distrugge-il-monastero-di-Mar-Elian.-Nunzio-a-Damasco:-Occorre-diplomazia-internazionale-per-salvare-la-Siria-35105.html#

Distrutto il monastero di Mar Elian, l'Isis punta sullo scontro di civiltà

I militanti dell'Isis distruggono il monastero cattolico di Mar Elian a Qaryqatayn
(©ANSA)
(©ANSA) I MILITANTI DELL'ISIS DISTRUGGONO IL MONASTERO CATTOLICO DI MAR ELIAN A QARYQATAYN

La chiesa e la struttura religiosa risalivano al V secolo, la furia distruttrice degli uomini del Califfato fa parte di una più generale strategia: una sorta di pornografia della violenza da mostrare al mondo di cui fa parte l'abbattimento dei simboli cristiani. A Maggio il rapimento di padre Mourad , priore del monastero.

FRANCESCO PELOSOCITTÀ DEL VATICANO
Un nuovo atto di vandalismo e distruzione è stato messo in atto dall'Isis in Siria, ma il gesto – oltre a rappresentare l'ennesimo atto di violenza brutale nell'infinita crisi siriana - ha anche una forte valenza ideologica, religiosa e militare. Il monastero cattolico di Mar Elian che sorgeva nei pressi della cittadina di al Qaratyan, è stato raso al suolo e subito dopo le immagini dell'abbattimento della struttura e della profanazione della chiesa le cui origini risalgono al V secolo, venivano diffuse e facevano il giro de mondo.


Tuttavia dietro la furia iconoclasta messa in atto dagli uomini del Califfato, si nasconde una precisa strategia: quella di mostrare un disprezzo senza freni per i simboli della fede cristiana nel tentativo di alimentare, nei fatti lo scontro fra civiltà e religioni da una parte all'altra del Mediterraneo. Se un simile scenario prendesse definitivamente piede, infatti, l'Isis potrebbe aumentare il proprio consenso e la propria forza facendo leva sulla disperazione e la frustrazione di popolazioni martoriate dai conflitti in tutta l'area mediorientale.


In tal senso i bulldozer che spianano l'antico monastero di Mar Elian, fanno parte di una scenografia della violenza – di una pornografia dell'orrore – che passa dalle decapitazioni, alla distruzione delle vestigia storiche del Paese, all'introduzione di una legislazione islamica (sharia) che - come hanno rilevato e denunciato diversi esponenti musulmani in tutto il mondo – rappresenta una violazione e un'eresia all'interno dello stesso Islam. Di certo, però, l'Isis ha bisogno di questo: minacciare e rapire i cristiani, vagheggiare la presa di Roma e di San Pietro come capitale del cattolicesimo, suscitare l'idea che quello in atto sia uno scontro fra religioni e non piuttosto una feroce lotta per il controllo del Paese e della regione con interessi geopolitici molteplici anche fuori dalla Siria.


Del resto tutto intorno il conflitto prosegue e, come ha denunciato più volte il nunzio apostolico a Damasco, monsignor Mario Zenari, ormai siamo di fronte a una catastrofe umanitaria senza precedenti con 12 milioni fra sfollati interni e di profughi, circa 300mila morti, centinaia d migliaia di feriti, ospedali al collasso, vittime civili a non finire - solo pochi giorni fa un bombardamento dell'aviazione del regime ha provocato un'altra strage a Duma, cittadina a una decina di chilometri da Damasco - e il dilagare, dopo anni di guerra, della povertà. In questo quadro il fondamentalismo prende forza.


Il monastero di Mar Elian si trovava in un'oasi nei pressi di al Qaryatain (nella regione di Homs) e rappresentava una filiazione della comunità di Deir Mar Musa fondata da gesuita italiano padre Paolo Dall'Oglio; quest'ultimo è stato sequestrato il 29 luglio 2013 a Raqqa e da allora non si è più saputo nulla della sua sorte (che lo accomuna per altro ad altri religiosi rapiti mentre in tutta la Siria gli scomparsi catturati dalle varie parti in lotta sono circa 20mila). Qualche settimana fa, all'inizio di agosto, la cittadina di al Qaryatain è caduta nelle mani dell'Isis, subito dopo un gruppo fondamentalista ha rapito 230 civili tra cui almeno 60 cristiani, compresi donne e bambini. Del gruppo, 48 sono stati rilasciati mentre 110 sono stati trasferiti nella provincia di Raqqa, cuore dello Stato islamico, di altri non si ha più notizia. Ancora nel maggio maggio nella stessa località era stato sequestrato padre Jacques Mourad, il priore del monastero di Mar Elian. La comunità era impegnata nel promuovere concretamente il dialogo e la convivenza fra cristiani e musulmani, anche in questi difficili anni di guerra, era inoltre un importante luogo di pellegrinaggio. Va inoltre ricordato che la città di al Qaryatain si trova lungo la direttrice che collega il nord al sud del Paese, fra Palmira e Homs, una zona cruciale nel conflitto in corso (anche per via del possibile collegamento con il Libano) e importante sotto il profilo dei giacimenti di gas che vi si trovano.
http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/42920/

L'Isis distrugge 1600 anni di storia cristiana di Matteo Matzuzzi22-08-2015 
Dopo la decapitazione con conseguente impiccagione dell’ex responsabile delle Antichità di Palmira, Khaled Asaad, i miliziani dello Stato islamico hanno mandato un nuovo messaggio all’occidente imbelle. Armati di bulldozer, hanno raso al suolo il monastero di Mar Elian, antico complesso risalente al Quinto Secolo dopo Cristo situato nella cittadina di Qaryatain, non distante dalla ben più popolata Homs.
Il monastero era già nelle mani dei jihadisti dall’inizio di agosto, ma nulla fino a ora neanche una pietra era stata toccata. La furia degli sgherri al soldo di Abu Bakr al Baghdadi si era accanita sulla popolazione locale: 230 civili rapiti, di cui 110 trasferiti a Raqqa, la capitale del Daesh. Di 70, uomini, donne e bambini, non si hanno più notizie. Il prete siro-cristiano, Jacques Mourad, superiore del monastero di Mar Elian, era stato sequestrato a maggio, non appena le prime file delle milizie del Califfato erano giunte sul luogo. Dalle foto postate online, triste e ormai consolidato rito propagandistico che riesce a far presa anche su tanti giovani occidentali, si vede la profanazione della chiesa, la riesumazione dei resti di S. Elian e la distruzione del sito. Più o meno il copione seguito già in occasione della devastazione delle tante chiese e dei monasteri situati nella piana di Ninive, nei dintorni di Mosul. Lo scorso giugno, la chiesa di S. Efrem era stata trasformata in moschea, mentre peggio era andata a marzo al monastero di Mar Benham, completamente distrutto.
Il nunzio a Damasco, mons. Mario Zenari, ha confermato ad AsiaNews la sparizione di intere famiglie cristiane: “L’unico dato certo è che sono nelle loro mani [dei miliziani, ndr], la situazione è ingarbugliata e sono tuttora in atto scontri tra le varie fazioni”. Dinnanzi all’avanzata incessante delle falangi del Daesh, nonostante l’appello delle comunità locali – a partire dai vescovi che ormai da mesi chiedono un intervento deciso della comunità internazionale per sradicare il cancro jihadista prima che sparisca dalla regione anche l’ultimo cristiano – in Occidente c’è ancora chi teorizza la possibilità di sedersi al tavolo del dialogo con i rappresentanti del Califfato, magari con lo stesso al Baghdadi. Come se dialogare con chi nei mesi si è distinto per l’accuratezza nel maneggiare il coltellaccio per gli sgozzamenti fosse possibile o anche solo immaginabile. Un anno fa, era stato il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, mons. Nunzio Galantino, a farsi portavoce di tale linea. Conversando con il Corriere della Sera, aveva infatti osservato che “la democrazia non si esporta con le armi e bisogna vedere se quel nostro concetto coincide con le aspirazioni locali”. Un anno dopo è arduo pensare che le “aspirazioni locali” siano in qualche modo in sintonia con le posizioni portate dal Daesh. Galantino, poi, sottolineava che “c’è un tipo di fondamentalismo anche qui in Occidente che vorrebbe cogliere l’occasione per distruggere ogni dialogo col mondo musulmano, quasi che la convivenza fosse impossibile, paventando addirittura un’Europa già conquistata”.
Dodici mesi dopo, a ribadire il concetto ci ha pensato il vescovo di Mazara del Vallo, mons. Domenico Mogavero, in un’intervista alla Stampa. Aprendo una parentesi su quel che accade al di là del Mediterraneo e in quella che un tempo era la Mesopotamia, il presule s’è mostrato sereno rispetto al fosco quadro che pure parrebbe emergere: “Dobbiamo mettere da parte angoscia distruttiva e fandonie della guerra santa. Non c’è alcun pericolo rispetto alla nostra identità di fede. L’islam non vuole cancellare le radici cristiane in Occidente”.
 http://www.lanuovabq.it/it/articoli-lisis-distrugge-1500-anni-di-storia-cristiana-13600.htm

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.