ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 26 dicembre 2015

La bagarre sulla dottrina

Due lettere pro Francesco. E cinque contro

francesco
Le due lettere in difesa di papa Jorge Mario Bergoglio pubblicate nel post precedente hanno acceso una discussione molto vivace, nel pieno delle festività natalizie.
Ecco qui di seguito cinque repliche, tra quelle fin qui pervenute, variamente critiche degli argomenti dei due apologeti.
Una di esse arriva dalla Francia, a firma di un giornalista e saggista. Mentre le altre da quattro diverse città d'Italia.
Curiosamente, tre su quattro degli italiani sono giuristi, come lo è il magistrato romano Francesco Arzillo, l'autore della prima delle due lettere pro Francesco.

Giovanni Formicola è avvocato a Napoli, Antonio Caragliu a Trieste e Mauro Barberio a Cagliari. Il quarto, Paolo Zampetti, è medico e docente all'università di Pavia.
Di Arzillo, "Settimo Cielo" aveva già ospitato più di una volta interventi largamente apprezzati. L'ultimo sei mesi fa, in lucida previsione del tuttora atteso pronunciamento di papa Francesco dopo il sinodo sulla famiglia:
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"UN'EPIFANIA DELL'EFFETTO BERGOGLIO"
Caro Magister,
come lei stesso avrà potuto constatare, la lettera del secondo laudatore di Francesco contraddice il primo, e naturalmente la cosa è reciproca.
La "difesa" di questo papa si avvale, quindi, almeno in questo caso, di argomenti fra loro contraddittori e inconciliabili. Il che mi pare un'epifania dell'"effetto Bergoglio". Ed è difficile considerarlo un buon effetto.
Approfitto per rinnovarle gli auguri per un santo e felice tempo del Natale di Nostro Signore.
Giovanni Formicola
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"QUANDO I 'VALORI' PRENDONO IL POSTO DELLA VERITÀ"
Caro Magister,
ho letto entrambe le lettere "pro Francesco". Non le condivido, specialmente la seconda, ma le trovo entrambe mosse da una fede sincera e pensata.
Da un punto di vista formale Francesco non "sovverte" la dottrina: su questo punto valgono i rilievi di Francesco Arzillo.
Detto ciò Bergoglio si fa promotore di un orientamento esattamente opposto a quello del papato precedente.
Penso alle caratterizzazioni caricaturali che lui fa dei cosiddetti "farisei", specialmente nelle omelie di Santa Marta del periodo sinodale, e al suo generale silenzio, se non proprio disagio, di fronte a questioni dottrinali che stigmatizza come astruserie da teologi, fonti di conflitti, di disagi, di ostacoli al dialogo o di veri e propri fondamentalismi. L'ossequio che Bergoglio riconosce alla dottrina pare essere solo formale.
Nel saggio del 1984 "Fede, filosofia e teologia", l'allora cardinale Joseph Ratzinger scriveva che l'istanza missionaria della fede cristiana "è data dalla sua critica filosofica delle religioni, e solo da qui dev'essere fondata. Il fatto che oggi il momento missionario corra il pericolo di inaridirsi, dipende anche dalle perdite in ambito filosofico che connotano l'odierna situazione filosofica".
Ho trovato molto profondo e pertinente il collegamento che Ratzinger fa tra la critica filosofica delle altre religioni, collegata alla pretesa di verità della fede cristiana, e l'istanza missionaria.
E mi è venuta in mente la stigmatizzazione del "proselitismo" fatta da papa Francesco, come pure il suo ecumenismo teologicamente "emancipato".
A me pare che nel magistero di Francesco i "valori" prendano il posto della "verità". Probabilmente perché il papa pensa che sul terreno dei "valori" si possano evitare i conflitti che la "verità" fomenta. In questa tesi si radica l'affinità ideologica tra questo papa e i media.
Il prezzo è il degrado della fede a un certo moralismo generico, a una raffigurazione di Gesù tutto misericordia e tenerezza, che trovo sinceramente stucchevole e lontana dal Gesù dei Vangeli.
Un caro saluto.
Antonio Caragliu
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"CIÒ CHE MANCA È UN'ANALISI DELLA TEOLOGIA DEL PAPA"
Cher Monsieur,
permettez-moi de vous adresser tous mes vœux de bonne et sainte fête de la Nativité.
Je viens de lire les deux lettres de la défense de François... mais aucune ne fait allusion même indirectement à la théologie du pape.
C'est d'ailleurs la carence majeure de beaucoup de commentaires!
Je vous remercie chaleureusement pour tout votre travail de décriptage et d'analyse du pape François.
Ancien journaliste du "Figaro Magazine", j'ai longtemps travaillé en Amérique latine où j'ai rencontré les Boff, Casaldaliga et Sobrino.
Le titre de mon blog est celui de mon dernier livre en 2009: "Le Terrorisme pastoral" (sous-titre: "Résurgence de la théologie de la libération").
Encore tous mes vœux que Dieu vous garde.
Jean-Pierre Moreau
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"UN MAGISTERO CHE STRIDE CON QUELLO DEI PREDECESSORI"
Gentile Magister,
ho spesso apprezzato gli interventi di Francesco Arzillo. L'ultimo, però, mi convince poco.
Onestamente, infatti, non reputo che le posizioni di coloro che sollevano dubbi e perplessità sui "gesti" e i "pronunciamenti" del Santo Padre possano essere definite, a buon diritto, "contraddittorie" e "poco comprensibili".
Proprio il canone 752 del codice di diritto canonico mi pare che mini la pretesa di Arzillo a un richiamo a un cattolicesimo fedele e integro solo se accompagnato da un assolutistico doveroso ossequio al "magistero ordinario".
La disposizione predetta recita infatti più compiutamente: "Non proprio un assenso di fede, ma un religioso ossequio dell'intelletto e della volontà deve essere prestato alla dottrina, che sia il sommo pontefice sia il collegio dei vescovi enunciano circa la fede e i costumi, esercitando il magistero autentico, anche se non intendono proclamarla con atto definitivo; i fedeli perciò procurino di evitare quello che con essa non concorda".
Nella sua interpretazione, neppure teleologica o sistematica, ma finanche letterale (e parlo da giurista ad altro giurista), questo canone dice molto di più di quanto Arzillo richiami a proprio supporto.
È certamente vero che l'analisi del magistero di questo papa (che al momento, tecnicamente, risulta limitato nella sua portata) meriterebbe una più lunga analisi, ma è altrettanto vero, tangibile e quotidiano il senso che ci si trovi dinnanzi a un percorso o, quantomeno, per i più ottimisti tra noi, di fronte a modalità comunicative che stridono letteralmente rispetto a ciò che Benedetto XVI e Giovanni Paolo II ci avevano proposto e insegnato.
Più che "ideologia" in tutto ciò trovo il desiderio ardente di molti cattolici "integrali" di comprendere appieno ciò che tanti – che sino a ieri erano nemici venefici di Santa Romana Chiesa – sembrano oggi comprendere subito e perfettamente. Non mi pare, peraltro, che eventuali richiami alla parte finale della parabola del figlio prodigo possano risultare, nel caso di specie, pertinenti.
Cari auguri per il Santo Natale di nostro Signore.
Mauro Barberio
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"NON È UN PAPA 'CATTOLICO', PAROLA SUA"
Caro Magister,
vorrei esprimere un parere sulle due lettere pro Francesco che ha pubblicato ieri l’altro.
Sia Arzillo che Montecchiari esprimono concetti che possono essere condivisibili o meno (per me non lo sono). Tuttavia ci sono, specie nella seconda lettera, delle enormità che non possono essere taciute.
Come ci si può permettere di considerare “sciagurati” gli anni del pontificato di Giovanni Paolo II? Fu grazie a lui che si evitò la deriva post-conciliare, nella quale la chiesa si era impantanata. Senza i suoi energici interventi si sarebbe ottenuto quello che i vescovi dell’Europa del nord (come è evidente ora) volevano: la protestantizzazione del cattolicesimo.
Senza di lui le perniciose teorie della “teologia della liberazione” avrebbero preso sempre più piede e avrebbero trasformato la Chiesa in un partito politico volto al sociale più che allo spirituale. Senza di lui molti giovani non si sarebbero avvicinati alla Chiesa.
È stato un grandissimo papa, ed altrettanto grande è stato il suo successore, che non aveva per niente una visione “elitaria”, ma ha avuto il pregio di richiamarci costantemente a determinati valori che il mondo odierno rifiuta e che invece sono la base del cattolicesimo.
In queste due lettere si dice che Bergoglio è un papa cristiano. Ma di certo non è un papa "cattolico". Non posso definire tale uno che sceglie come interlocutore un giornalista ateo e anticlericale che ha sempre combattuto la Chiesa e a lui dice che "non esiste un Dio cattolico" e che “ciascuno ha una propria concezione di bene e di male”. […]
È vero che "il Dio di Gesù è proprio questo: un Dio esclusivamente buono che non rigetta mai nessuno”, come scrive uno dei due autori delle lettere. Ma questa è anche una concezione di cristianesimo piuttosto banale ed elementare. Dio non rigetta mai nessuno perché è pronto ad accogliere chiunque, anche chi non segue la sua parola ed i suoi insegnamenti, purché si renda conto dell’errore e chieda perdono.
È questo il vero concetto di misericordia, non quello immerso nella melassa buonista dei nostri giorni. Un "profeta" – come Bergoglio viene talvolta definito – deve andare controcorrente, non assecondare lo spirito del mondo facendo ciò che il mondo stesso chiede di fare. Quest'ultima è la logica del “politacally correct”, che non ho mai digerito.
Mi scusi lo sfogo. La saluto cordialmente.
Paolo Zampetti

Settimo Cielo di Sandro Magister 26 dic                                   http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/                                                                                   La parola alla difesa. Due lettere pro Francesco

papa
L'una e l'altra lettera concordi nell'apprezzare papa Bergoglio. Ma radicalmente divergenti nel giudicare i predecessori, nell'una "splendidi", nell'altra "sciagurati".
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"QUESTO PAPA NON INTENDE CERTAMENTE SOVVERTIRE LA DOTTRINA"
Caro Magister,
sembra che ultimamente la critica pressoché sistematica ai pronunciamenti e ai gesti di papa Francesco sia diventata un'attività corrente e ordinaria anche da parte di ambienti e persone che intendono professare un cattolicesimo "integrale", inteso legittimamente e doverosamente nel senso di "integro".
Questo atteggiamento si illude di combattere la cosiddetta "modernità" nello stesso momento in cui la ipostatizza, in tal modo riconoscendone – sia pure "per contrasto" – l'attuale insuperabilità. L'esame dei presupposti ideologici (prima ancora che teologici) di questa visione (pretesamente critica del "moderno" ma in realtà subalterna ad esso) richiederebbe una lunga analisi, che esula certamente dai limiti di una breve lettera.
Non posso però non segnalare il disagio mio – e di tanti altri – di fronte a una posizione che continua ad apparirmi contraddittoria e poco comprensibile.
Mi pare infatti difficile conciliare l'aspirazione a un cattolicesimo fedele e integro col mancato doveroso ossequio anche interiore al magistero ordinario papale (il codice di diritto canonico parla di "religioso ossequio dell'intelletto e della volontà").
D'altra parte, il ricorso a un'ermeneutica della riforma nella continuità – l'unica ermeneutica compatibile con l'essenza del cattolicesimo – mostra agevolmente come gli insegnamenti di questo papa non intendano certamente sovvertire la dottrina classica.
Si potrebbero fare tante citazioni al riguardo. Mi limito a osservare, a titolo di esempio, che non mi sembra che Francesco abbia parlato, nel discorsoconclusivo del sinodo, di misericordia senza pentimento, ma piuttosto – e inequivocabilmente – di un "doveroso pentimento".
Solo che questo suo richiamo viene inquadrato magnificamente nella dottrina di san Paolo nella lettera ai Romani, ricordandoci che "le opere e gli sforzi umani assumono un significato più profondo, non come prezzo dell’inacquistabile salvezza, compiuta da Cristo gratuitamente sulla croce, ma come risposta a Colui che ci ha amato per primo e ci ha salvato a prezzo del suo sangue innocente, mentre eravamo ancora peccatori" (cfr Rm 5, 6).
Ivi si richiamano anche gli insegnamenti dei predecessori sulla misericordia, tra cui uno splendido passo di Paolo VI: "Possiamo quindi pensare che ogni nostro peccato o fuga da Dio accende in Lui una fiamma di più intenso amore, un desiderio di riaverci e reinserirci nel suo piano di salvezza [...]. Dio, in Cristo, si rivela infinitamente buono [...]. Dio è buono. E non soltanto in sé stesso; Dio è – diciamolo piangendo – buono per noi. Egli ci ama, cerca, pensa, conosce, ispira ed aspetta: Egli sarà – se così può dirsi – felice il giorno in cui noi ci volgiamo indietro e diciamo: Signore, nella tua bontà, perdonami. Ecco, dunque, il nostro pentimento diventare la gioia di Dio».
Non riesco, francamente, a vedere dove sia il problema, o il contrasto con la dottrina tradizionale, o col Vangelo, se appena si ricorda la parabola lucana.
O forse il problema sta nella mente degli interpreti: e quindi nell'ermeneutica adoperata e nei relativi presupposti, più o meno ideologici.
Con i più sentiti auguri di buon Natale.
Francesco Arzillo
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"FINALMENTE LO SPIRITO CI HA DONATO UN PAPA CRISTIANO"
Caro Magister,
seguo da tanto tempo il suo blog "Settimo Cielo", con interesse e passione. Tanto più dall'inizio del pontificato di Francesco, così indigesto alla sua sensibilità.
Molte delle osservazioni che esprime nei commenti del blog sono puntuali e circostanziate. In altre occasioni, sempre più frequenti, invero, riesce a nascondere con grande difficoltà la rabbia (o l'incredulità) che le monta dentro.
Metta in conto, però, anche la presenza nella Chiesa, da membri effettivi e partecipi e attivi, di tanti che, come il sottoscritto, hanno finalmente trovato in Jorge Mario Bergoglio un pastore in grado di radunare un gregge disperso.
Dopo gli sciagurati, lunghi anni del pontificato di Karol Wojtyla e l'esperienza di nobile spiritualità elitaria di Joseph Ratzinger, lo Spirito ci ha donato un papa cristiano, nel senso che si fa discepolo del Signore Gesù, che torna ad annunciare una "buona notizia" a tutti coloro che l'istituzione religiosa, prima ancora di qualsiasi altra autorità, relega ai margini: il Signore non fa preferenza di persone! Sempre. Comunque.
Dio si fa vicino all'uomo non come un premio per i suoi meriti ma come un dono per i suoi bisogni.
Il Dio di Gesù è proprio questo: un Dio esclusivamente buono che non rigetta mai nessuno. L'istituzione religiosa, dell'epoca così come quella attuale, non riesce a tollerare questa immagine. Se non altro perché la rende completamente superflua, in quanto squalifica la "religione", cioè tutte le pratiche e le procedure che hanno come scopo la messa in comunicazione tra l'uomo e Dio, mediante la regolamentazione dei comportamenti, la codifica del pensiero, la strutturazione della morale. Gesù ha pagato con la croce l'odio di chi si sentiva minacciato da una simile rivelazione: i sacerdoti, gli scribi e i farisei.
Dopo decenni di apnea – dai tempi di Paolo VI – torniamo finalmente a respirare. Non perché Bergoglio sia il nuovo "Cristo in terra" ma perché torniamo a sperimentare che Dio non abbandona la sua Chiesa e che nuovi profeti sono ancora in grado di dargli voce.
Vorrei comunque ringraziarla per il suo contributo, senza alcuna ironia.
Mi aiuta a riflettere, ad interrogarmi, a mettermi in discussione. E a cogliere alcuni aspetti molto critici della pastorale di Bergoglio che altrimenti non sarei in grado di cogliere. Anche chi esprime una fede della stessa lunghezza d'onda della propria, ovviamente, commette molti errori. Ed è interessante rilevarli, valutare evidenti contraddizioni o chiare lacune.
Lo Spirito, probabilmente, è un teologo poco accorto. E anche un po' incoerente.
Per questo desideriamo, più di ogni altra cosa, lasciarci trasportare dal suo "venticello leggero".
Con viva cordialità, le auguro buon Natale.
Marco Montecchiari

Settimo Cielo di Sandro Magister 24 dic   http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/12/24/la-parola-alla-difesa-due-lettere-pro-francesco/

Vito Mancuso deluso dal Papa: «perché non vuole cambiare la dottrina?»

C’è forte delusione nel progressismo cattolico: Papa Francesco non ha alcuna intenzione di cambiare la dottrina, nessuna fantomatica apertura, nessun adeguamento al mondo.
Dopo fiumi di inchiostro sulle rivoluzioni dottrinali che avrebbe portato “il nuovo corso” di Francesco, il vaticanista del Fatto QuotidianoMarco Politi, ha smesso da mesi di scrivere libri e articoli ritirandosi in un impacciato e quanto mai salutare silenzio (l’ultimo articolo risale al marzo 2015). Se è sempre più palpabile l’imbarazzo degli storici Alberto Melloni e Massimo Faggioli, il vatiKanista del Manifesto, Luca Kocci, è ancora frastornato dalla scomunica di Papa Francesco dei fondatori dell’associazione Noi siamo Chiesa, leader del progressismo cattolico internazionale a cui Kocci è molto legato e a cui continua imperterrito a dare voce (assieme all’agenzia Adista). Per non parlare del teologo Vito Mancuso. Nel marzo 2014 arrivò a fare pressioni al Papa in un editoriale di Repubblica, minacciando cataclismi se non avesse portato la Chiesa sulla strada dell’aborto libero, dell’eutanasia selvaggia e del matrimonio gay: «che ne sarebbe della Chiesa se fallisse Francesco? Che cosa avverrebbe se le riforme auspicate non andassero in porto e le attese di una nuova primavera si rivelassero solo illusioni? Sarebbe la fine della luce che si è accesa nell’esistenza di tutti gli esseri umani, con Roma che tornerebbe a essere periferia del mondo». 
Francesco ha risposto picche: non solo ha denunciato la falsa compassione che muove i sostenitori della cultura dello scarto (aborto e eutanasia), non solo ha beatificato Paolo VI, ma ha elogiato il suo coraggio per l’enciclica Humanae Vitae vero incubo di Mancuso in quanto incardina definitivamente la dottrina cattolica sulla sessualità-, affermando: «Paolo VI non è stato un arretrato, un chiuso. No, è stato un profeta». Si è anche più volte scagliato contro il gender, legittimando la grande sollevazione popolare che il 21 giugno scorso ha portato in piazza un milione di persone. Proprio in queste ore la portavoce nazionale dei Socialisti, Maria Cristina Pisani, ha accusato Papa Francesco di non essere progressista in quanto, tramite un suo appello pochi giorni fa, ha influito sulla vittoria dei difensori della famiglia nel referendum in Slovenia, abbattendo la legge favorevole ai matrimoni omosessuali. In questi giorni, dopo aver rinnegato il Dio cristiano abbracciando pubblicamente il panenteismo, non potendo negare l’evidenza, Mancuso ha manifestato la sua delusione per Francesco, “tirandogli le orecchie”: «Sta facendo un ottimo lavoro, però occorrerebbe che non si limitasse alla dimensione disciplinare e interna della Curia, che va raddrizzata, ma che la riforma toccasse la dottrina, se si vuole parlare alla coscienza contemporanea».
Per farsi più attraenti agli occhi del mondo, è questa la nota ricetta di Mancuso, la Chiesa dovrebbe riformare quei punti della dottrina che gli stanchi uomini moderni faticano ad accettare. Un po’ come dire: al catechismo vanno pochi bambini? Smettiamo di parlare di Gesù, è troppo difficile, riempiamo le aule di videogiochi e vedrete quanta affluenza avremo! Ma Papa Francesco ha già risposto ai Mancuso, ai Melloni, ai Kocci e a tutti coloro che -ignorando il vicolo buio in cui si è infilata la chiesa protestante-, pensano di “attirare” gli uomini alla Chiesa rivoluzionando le tematiche sessuali e bioetiche. Si chiama, ha detto il Papa, «la tentazione di scendere dalla croce, per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio. E’ la tentazione del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei “buonisti”, dei timorosi e anche dei cosiddetti “progressisti e liberalisti”». Parole limpide e durissime. La Chiesa, semmai, deve adeguare il modo di comunicare la dottrina cattolica, invitando e accompagnando gli uomini a passare per la porta stretta. Non certo allargare la porta per far fare a loro meno fatica: sarebbe un’illusione e un tradimento.

Il colmo è che, se da una parte il Papa viene criticato per non voler cambiare la dottrina cattolica, dall’altra i tradizionalisti-socciani -devoti della chiesa mediatico-opinionista, il cui pastore spirituale è il giornalista Antonio Socci-, criticano pesantemente Francesco, accusandolo di aver (e di voler) cambiato la dottrina cattolica, annunciando a loro volta catastrofici cataclismi apocalittici. Arrivando a rallegrarsi per la diminuzione dei fedeli cattolici alle udienze dell’impostore Bergoglio, come lo chiamano loro, contrapponendolo ai numeri delle udienze del (vero) Papa, Benedetto XVI (rispetto ai numeri, è tutto da approfondire perché la situazione sembra essere ben più complessa).
L’accusa recente più circoscritta dei socciani è quella di aver “aperto” al divorzio cattolico tramite il Motu Proprio “mitis iudex dominus Iesus”. Lo sostiene apertamente il vaticanista dell’Espresso Sandro Magister, che da mesi si sta vendicando di essere stato allontanato dalla Sala Stampa del Vaticano per aver violato l’embargo sull’enciclica del Papa (proprio oggi gli è stato restituito l’accredito), arrivando a compiere veri e propri «atti di disturbo» -così li ha definiti padre Federico Lombardi- verso i lavori del Sinodo. Peccato che lo stesso card. Camillo Ruini, noto pupillo di Magister, ha chiaramente spiegato che «la decisione di papa Francesco», tramite il “motu proprio”, «che molti di noi —me compreso — auspicavano, non ha niente a che fare con un’ipocrisia del genere». Niente a che vedere con il “divorzio cattolico”. Aggiungendo che «bisogna essere ciechi per non vedere l’enorme bene che papa Francesco sta facendo alla Chiesa e alla diffusione del Vangelo».
Sempre il card. Ruini –da sempre riempito di complimenti da Antonio Socci-, è tornato recentemente a criticare i tradizionalisti-socciani affermando: «Il valore di papa Benedetto e del suo pontificato emergerà sempre di più, nel tempo. I rapporti tra lui e papa Francesco dimostrano quanto sia sbagliato contrapporli», ricordando che è anche errato parlare di vescovi conservatori che resistono a Papa Francesco: «Le contrapposizioni non fanno bene, specialmente all’intemo della Chiesa. Quella tra Papa e vescovi è però una leggenda metropolitana».
Anche da casa Ratzinger è arrivata pochi giorni fa un’altra difesa del Pontefice, il segretario personale di Benedetto XVI, mons. Georg Gänswein ha infatti ribadito: «Papa Francesco non vuole creare qualcosa di diverso, tagliare o aggiungere qualcosa ma soltanto mostrare nel concreto il messaggio di Cristo. Lui non è il successore di Benedetto XVI, ma il successore di Pietro e come ogni Pontefice porta con sé le sue capacità e le sue proprie priorità nel suo ministero. Papa Francesco è concentrato sulle domande sociali, su quelle persone che non hanno nessun ruolo nella società. Ma questo non significa che gli altri Papi non lo facessero, soltanto che lui mette l’accento sulle persone nelle periferie». Mons. Georg aveva già criticato gli “anti-bergogliani” nel gennaio 2015, nel febbraio 2015 e nel marzo 2015.

Progressisti-mancusiani da una parte e tradizionalisti-socciani dall’altra. Francesco, come abbiamo scritto nell’introduzione del nostro dossier, è il Papa più incompreso degli ultimi secoli, colpito contemporaneamente da due fuochi. Lo riconosceva perfettamente lo stesso Antonio Socci, prima di fondare la sua virtuale chiesa social-mediatica: «Giù le mani dal papa», scriveva con la solita foga nell’ottobre 2013. «Bisogna ripeterlo oggi che Francesco si trova strattonato a destra e a sinistra. Bersagliato da contestatori cattolici superficiali e imprudenti che lo rappresentano come modernista eterodosso e stravolto da sostenitori laicisti che lo applaudono attribuendogli idee egualmente eterodosse e quasi atee. Un circo mediatico assurdo». Un circo mediatico di cui lo stesso Socci è diventato nel tempo il leader indiscusso, contendendo il posto al suo alter-ego progressista Vito Mancuso.

La redazione

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