ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 26 dicembre 2015

Ma oggi le tenebre sono ancora più fitte


TENEBRE NERE SENZA CRISTO 
     
         I briganti del Sinedrio sono riusciti ad acchiappare Gesù, per mezzo di un discepolo che Lo ha venduto per 30 denari, e Lo hanno poi processato con furia belluina. Lo hanno consegnato a Pilato, il governatore romano della Giudea, e con il suo consenso Lo hanno sbattuto sulla croce, ad un passo fuori da Gerusalemme. Pensano che ora tutto sia finito ma in realtà cominciano i guai più paurosi. Gesù di Nazareth pende dalla croce, è tutto piagato, vestito solo della sua pelle. Il cielo si oscura e il terremoto scuote la terra. Gli evangelisti quasi impassibili raccontano riguardo a quel giorno, venerdì 7 aprile dell’anno 30, vigilia della Pasqua: «Era l’ora sesta quando si fece buio su tutta la Terra, sino all’ora nona» (Lc 23,44). «Venuta l’ora sesta scesero le tenebre su tutta la Terra, sino all’ora nona» (Mc 15,33). E Matteo: «Dall’ora sesta in poi si fece buio su tutta la Terra, fino all’ora nona» (Mt 27,45). L’ora sesta è mezzogiorno, mentre l’ora nona corrisponde alle tre del pomeriggio. Ci sono tre ore di tenebre, di buio fitto su tutta la terra. È da notare che le tenebre avvolsero non solo Gerusalemme, ma «tutta la Terra», come dicono i tre evangelisti.
Il liberto e il filosofo 
       Ricordate, amici, che i modernisti di ieri e di oggi, con ignoranza e mala fede, dicono che riguardo a Gesù e al Fatto cristiano, non ci sarebbe alcuna traccia negli autori pagani, nella cultura pagana del suo tempo. Secondo i modernisti inoltre, i Vangeli, più che storia vera e documentata, sarebbero in fondo delle professioni di fede in Gesù. In realtà non è così e lo abbiamo documentato in precedenti articoli su questo mensile, che hanno avuto una notevole risonanza. Ora, pensiamo noi, se si fece buio «su tutta la Terra» quando Gesù fu crocifisso, questo buio inatteso sarà stato notato lontano dalla Giudea, dai pagani? C’è qualche traccia di un loro stupore, di un loro terrore provato?              Certamente sì, c’è traccia. Al solito, quanto scriviamo sono solo appunti. Altri hanno scritto su questo argomento in maniera più approfondita, altri ne scriveranno meglio ancora.
         Intanto cominciamo da Giuseppe Flavio, storico ebreo, testimone contemporaneo della terribile guerra e distruzione di Gerusalemme, tra il 66 e il 70 d.C., da parte della Decima Legio fretensis, la legione che Roma teneva di stanza nello stretto (= fretum) di Messina, comandata prima da Vespasiano, poi da Tito, diventati l’uno dopo l’altro imperatori di Roma, i “Flavi” appunto. Giuseppe Flavio, nel suo libro “Antiquitates iudaicae” (18,167), parla di un certo Tallo, un samaritano, prima schiavo, poi liberto di Tiberio, il secondo imperatore di Roma. Costui doveva essere un uomo colto, tant’è che redasse alcuni libri di “Storie” del suo tempo: nel terzo libro, scrivendo in greco, tratta appunto dell’oscuramento del cielo avvenuto il giorno della morte di Gesù e visto anche a Roma, dove lui si trovava al servizio dell’imperatore Tiberio. Tallo spiega in modo “scientifico” quest’oscuramento, sostenendo che si trattò di un’eclissi di sole. Quindi anche i “romani de Roma” videro farsi buio su tutta la Terra, quel venerdì di primavera, nel plenilunio di marzo dell’anno 17 dell’impero di Tiberio, corrispondente al 30 d.C. Anche l’imperatore dovette vedere oscurarsi il cielo e, quando potè collegare questo fatto alla morte di Gesù, anche questo contribuì a scuoterlo profondamente.
       Nel terzo secolo, al tempo dei “Severi”, troviamo a Roma lo scrittore Sesto Giulio Africano, uomo di tutto rispetto, storico, cristiano, che l’imperatore Settimio Severo (197-211 d.C.) chiamò a dirigere la biblioteca imperiale al Pantheon. Nella sua opera “Cronographia” (18,1) Giulio Africano scrisse: «Una terribile oscurità si abbattè su tutto il mondo, le rocce furono spezzate da un terremoto e molti luoghi della Giudea e del territorio restante furono abbattuti». Ma tutto questo concorda con quanto gli evangelisti scrissero nei versetti citati all’inizio, riguardo al buio su tutta la Terra e allo sconvolgimento della natura che seguì la morte di Gesù: «Il velo del tempio si squarciò in due dall’alto in basso, la Terra si scosse e le pietre si spezzarono e si aprirono le tombe» (Mt 28,51-52). Ma Giulio Africano continua nell’opera citata: «Tallo, nel terzo libro delle sue “Storie”, definisce questa oscurità come eclissi di Sole, a mio parere però senza ragioni». Dice poi anche perché: «Non si dà eclissi di Sole quando c’è luna piena», com’era infatti alla morte di Gesù.
       Da Roma ora spostiamoci ad Atene. Nel secondo Notturno del Mattutino del 9 ottobre nell’antico breviario romano, noi leggiamo: «Dionigi apparteneva all’Areopago di Atene. Personaggio di grande sapere e di somma importanza, era uno dei grandi uomini della sua epoca (siamo nella prima metà del primo secolo dopo Cristo), possedeva ricchezze ingenti e una scienza che si sarebbe estesa sino alle stelle». Continua il racconto storico: «Studiando un giorno il movimento degli astri, Dionigi l’Areopagita vide oscurarsi il Sole, sparire la luna, tremare la Terra, e allora egli uscì nella mirabile sentenza: “O l’Autore della natura soffre, o la macchina del mondo si sconvolge”». Quando disse ciò, stando sulla collina di Marte ad Atene, sul Calvario a Gerusalemme moriva in croce il Redentore anche per la sua salvezza. Però, affinché un tale personaggio abbandonasse la religione degli avi pagani, era necessario qualcosa di straordinario. Narrano gli Atti degli Apostoli (17,16-34) che verso l’anno 51 d.C. l’Apostolo Paolo giunse ad Atene e, indignato nel vederla in preda a tanta idolatria e corruzione, incominciò, con il suo solito ardire, prima a disputare nella Sinagoga con i Giudei e poi nel foro con quelli che incontrava per condurli a Gesù Cristo. Giunto all’Areopago, Paolo pronunciò davanti ai dotti di Atene il suo discorso più famoso, annunciando Gesù crocifisso, morto e risorto. La maggior parte dei dotti lo derise, ma alcuni, tra cui Dionigi in primo luogo, si convertirono a Gesù. Dionigi divenne quel grande santo e martire che per la parola dell’Apostolo Paolo si diede tutto al Signore Gesù.
        A noi in questo momento interessa cogliere la testimonianza di Dionigi ancora pagano che fu sconvolto dalle tenebre scese anche ad Atene, alla morte di Gesù in Croce. Dunque davvero bene avevano scritto gli evangelisti: «Si fece buio su tutta la Terra». Buio ci fu a Roma, nonostante la sua potenza giuridica e militare, buio anche ad Atene, la città degli artisti e dei filosofi, che soli tuttavia non bastano a far luce sul mistero dell’esistenza quando non c’è Gesù Cristo. Gli scritti di Tallo, il liberto, e di Dionigi, il filosofo, rendono testimonianza, forse senza saperlo del tutto, alla Verità di Gesù e dell’avvenimento cristiano.

Archivisti a Roma 
        Le tenebre scesero quel giorno di primavera anche a Roma, spargendo il panico e suscitando interpretazioni religiose presso i sacerdoti dei culti pagani ufficiali. Il fatto venne registrato negli archivi di Roma. Lo narra Tertulliano, illustre giurista, nel suo “Apologeticum”, scritto attorno al 200 d.C., che sfida i suoi interlocutori pagani a documentarsi proprio sulla morte di Gesù e su quelle tenebre a Lui legate: «I notabili dei Giudei erano esasperati da Gesù, perché una grande folla accorreva a Lui. Così alla fine Lo denunciarono a Ponzio Pilato che governava la Giudea per conto di Roma e, con la violenza delle loro richieste, forzarono costui a farLo crocifiggere. Tuttavia, appeso alla croce, Gesù compì molti prodigi, propri solo di quella morte. Infatti esalò lo spirito con le sue ultime parole prevenendo il compito del carnefice. In quell’istante il giorno scomparve mentre il sole era ancora a metà del suo corso…; questo avvenimento celeste è riportato nei vostri archivi».                       Dunque, gli stessi archivisti dell’Urbe testimoniano Gesù crocifisso, mentre le tenebre coprono anche Roma. Tertulliano richiama i pagani che perseguitano i cristiani – Gesù stesso – ad aprire i loro archivi e a rendersi conto che là dentro “carta canta” per Gesù crocifisso, Signore della natura anche nella sua morte. La stessa sfida («leggete i vostri archivi») è lanciata da Origene (185-253 d.C.), uno degli uomini più dotti del Cristianesimo delle origini, poco dopo, nella sua polemica contro Celso, il difensore del paganesimo; risulta poi ripetuta un po’ più tardi da Rufino di Aquileia, lo scrittore che tradusse in latino la “Storia Ecclesiastica” di Eusebio di Cesarea (268-338 d.C.) e l’aggiornò aggiungendovi un paio di capitoli nuovi. Sarebbe stato un comportamento temerario se questi archivi romani non fossero esistiti, essendo così carichi di testimonianze su Gesù: soprattutto se si aggiunge che gli stessi autori cristiani ora citati parlano di testimonianze conservate in archivio anche per quanto riguarda il terremoto cui fa cenno l’Evangelista Matteo. Non c’è alcun dubbio: la stessa Roma imperiale, nelle fonti conservate dai suoi archivisti, testimonia la crocifissione e morte di Gesù mentre si fece buio su tutta la Terra. Quando Gesù Cristo viene tolto di mezzo e muore sulla croce, dappertutto, anche nei centri dell’impero e del mondo intero, scendono le Divina tenebre in pieno giorno e si fa buio, un buio terribile e pauroso. Fatto storico provato, dirompente a Gerusalemme come ad Atene e a Roma, ma, eliminato Gesù, il buio è ancora più spettrale nelle anime e nei rapporti tra gli uomini e i popoli.
Luce nella notte 
         Di questo buio spettrale scrive, in termini oggi più che mai toccanti, il Venerabile Santo Padre Pio XII nella sua prima enciclica “Summi Pontificatus” (20 ottobre 1939): «Narra il Santo Vangelo che quando Gesù venne crocifisso, “si fece buio su tutta la Terra” (Mt 27,45): spaventoso simbolo di ciò che avvenne e continua ad avvenire spiritualmente dovunque l’incredulità cieca e orgogliosa di sé ha di fatto escluso Cristo dalla vita moderna, specialmente dalla vita pubblica, e con la fede in Cristo ha scosso anche la fede in Dio. I valori morali secondo i quali in altri tempi si giudicavano le azioni private e pubbliche, sono andati per conseguenza in disuso; e la tanto vantata laicizzazione della società che ha fatto sempre più rapidi progressi, sottraendo l’uomo, la famiglia e lo Stato all’influsso benefico e rigeneratore di Dio e dell’insegnamento della Chiesa, ha fatto riapparire anche in regioni nelle quali per tanti secoli brillarono i fulgori della civiltà cristiana sempre più chiari, sempre più distinti, sempre più angosciosi, i segni di un paganesimo corrotto e corrompitore: quando ebbero crocifisso Gesù, si fece buio su tutta la Terra».
        Ma oggi le tenebre sono ancora più fitte, perché si è giunti ormai ad un “umanesimo senza Cristo”, ciò che è il peggiore disumanesimo, e, come scrisse il Card. Giuseppe Siri (1906-1989) nel suo “Getsemani”, libro tradotto in più lingue in ogni parte del mondo, a «una teologia senza Cristo». Non resta allora che l’abisso della putrefazione dell’uomo, nonostante i decantati valori umani. C’è un solo rimedio, una sola via di scampo – una sola salvezza – e lo vaticinò il Profeta Zaccaria (Zc 12,10) citato dall’Evangelista Giovanni (Gv 19,37): «Volgere lo sguardo da subito a Gesù, Colui che per noi è stato trafitto». Solo allora la notte comincerà a diradarsi fino a sparire e apparirà un nuovo giorno, pieno di luce, preludio di nuova primavera.

di P. Nepote
http://www.presenzadivina.it/269.pdf

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.