ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 31 marzo 2016

A Dio nulla è impossibile.

Quando la Madre di Dio “avvertì” Stalin


Ma  la cosa era stata narrata da Vittorio Messori in un apposito capitolo della riedizione di Ipotesi su Maria. Il libro, già edito ani fa, è stato ristampato con l’aggiunta di numerosi nuovi capitoli.
Insomma cosa è successo?
Nel 1941 la Valdimir’skaya cioè la Santa Madre di Dio raffigurata in un’icona del XIII secolo, detta anche la Vergine di Kazan, aveva salvato la Santa Madre Russia dall’invasione nazista.

Una storia incredibile.
L’icona della Santa Madre di Dio di Kazan è per la Russia ortodossa, quello che la Virgen del Pilar è per la Spagna: non solo la protrettrice della nazione, ma anche la Madre premurosa che abbraccia e preserva i suoi figli in ogni circostanza, li soccorre in ogni difficoltà e li assiste in ogni prova. Diciamo che entrambi le Madonne sono la quintessenza delle nazioni di cui sono protettrici.
L’icona altro non è che una rappresentazione di qualcosa di trascendente: l’artista che intende farla non si mette davanti alla tavoletta e comincia a dipingere. Egli deve penetrare nella realtà spirituale transumana e per fare ciò deve iniziare facendo un digiuno, porsi in un atteggiamento di umile contemplazione del mistero di Dio e questo è possibile soltanto attraverso un prolungato periodo di preghiera ininterrotta notte e giorno.
Ad un certo momento l’artista asceta avrà chiara una visione e quella dovrà dipingere, solo quella. Per lui si apre una finestra tra terra e cielo, i veli che nascondono la realtà spirituale vengono squarciati e gli viene presentato un segno preciso che deve rappresentare su una tavoletta. Essa è stata, da lui. preventivamente preparata attraverso regole precise e materiali specifici come, per esempio la chiara d’uovo, o l’olio di lino. Comunque tutte sostanze “naturali” niente di chimico o di sintetico!
L’uomo pio che si  mette in preghiera deve oltrepassare ogni apparenza di mera rappresentazione e contemplare solo i simboli ed allo stesso tempo deve prima interiorizzare quello che vede e sapere che ciò è una vera e propria manifestazione teofanica: in questo modo l’icona diventa intimamente connessa al mistero della rivelazione di Dio. Non può essere il mero racconto in immagini di un qualsiasi evento  che richiama la storia della salvezza dell’uomo.
Chi la guarda non può vedere solo l’apparenza estetica del dipinto deve anche lui fare uno sforzo per penetrare oltre e possibilmente aprire e passare quella finestra che l’artista ha aperto tra cielo e terra.

La Madonna di Kazan’ è un’immagine di Maria, madre di Gesù, in greco Theótokos (Θεοτόκος), fu realizzata probabilmente a Costantinopoli all’inizio del secondo millennio; da Costantinopoli questa icona scomparve nel 1209. Maria vi è ritratta a mezzo busto con il volto reclinato verso il Bambino, che si regge in piedi sulle ginocchia della Madre, mentre benedice con la mano destra.
La tradizione popolare russa vuole che la prima apparizione dell’icona della Santa Madre di Dio di Kazan sia avvenuta nel XIII secolo, e la cosa è ritenuta plausibile anche dagli studiosi d’arte e di iconografia sacra.
Storicamente non abbiamo notizie dell’icona della Madonna di Kazan fino al 1552.
Questo fu un anno cruciale diciamo pure nodale per la storia della Russia infatti lo Zar Ivan [1]; decise di combattere i Tartari che da buoni mussulmani impedivano ai cristiani l’esercizio della loro tradizione, tanto per cambiare!
Il primo ottobre, in occasione del Pokrov cioè la festa che celebrava la Protezione materna della Vergine, lo Zar riuscì a battere i Tartari e ad entrare in Kazan la loro capitale. Qualche anno dopo la città fu devastata da un incendio appiccato dolosamente per poter permettere ai Tartari di riconquistare la città e risottomettere la popolazione cristiano ortodossa.
Durante quei terribili eventi la Vergine Madre di Dio apparve in sogno a Matrjona, una bambina di nove anni poverissima, ordinandole di cercare, tra le rovine fumanti della città, la sacra icona della Madonna di Kazan.
Da quel momento comincia quella che il popolo russo ha sempre considerato la missione protrettrice dell’icona sulla nazione: la signora di Kazan diventa a tutti gli effetti la Vergine proptrettrice della Russia.
Lo stesso Zar Ivan incoraggiò la forma di devozione ritenendo che le sue straordinarie vittorie riportate sui Tartari e sui Mussulmani che furono la base della creazione del nucleo essenziale dell’impero russo, fossero il frutto della diretta protezione esercitata dalla Madonna di Kazan.
In varie altre occasioni questa protezione si manifestò in maniera tangibile: nel 1612 i Polacchi arrivarono fino a Mosca dove addirittura lasciarono morire di fame il Patriarca German: il popolo di Mosca, dopo aver a lungo pregato ed invocato l’intercessione della Santa Madre di Dio di Kazan, insorse e cacciò prima da Mosca e poi dal sacro suolo russo gli invasori.
In maniera diversa la cosa si ripeté nel 1709, quando gli Svedesi cercarono di invadere la Russia e di cancellare la fede ortodossa per sostituirla con quella protestante.
Lo Zar Pietro il Grande vinse gli invasori svedesi nella battaglia di Poltova. Il successo delle armate dello Zar fu unicamente attribuito alla presenza, sul campo di battaglia, dell’icona della Madonna di Kazan. Dopo questi fatti l’immagine sacra fu posta nella cattedrale di San Pietroburgo la nuova città che Pietro il Grande si era fatta costruire e che era la nuova capitale dello stato.
Anche la sconfitta napoleonica fu frutto delle preghiere di tutta la nazione alla Vergine di Kazan.
Il nichilismo ateo rivoluzionario seguiva le bandiere dell’imperatore dei Francesi e mirava alla distruzione della tradizione ortodossa russa e questo non era accettato dai russi fedeli alle loro tradizioni religiose.
Nel 1904 dopo i moti decabristi, seguiti alla sconfitta contro il Giappone, l’immagine sacra sparì da Mosca dove era stata trasportata di nuovo. Il tutto alla vigilia del disastro della Prima Guerra mondiale e del successivo scoppio della Rivoluzione d’Ottobre.
Era come se la Vergine Madre di Dio si fosse volontariamente voluta eclissare per sfuggire alla cieca e demoniaca violenza che la Rivoluzione scatenò. Lo scoppio dell’evento rivoluzionario fu contemporaneo all’ultima apparizione della Vergine Maria  a Fatima: insomma era come se l’oscuro signore volesse creare un contraltare a quanto Maria aveva detto e predetto nella cittadina portoghese
Misteriosamente nel 1964 l’icona riapparve e fu esposta al pubblico durante l’Esposizione Universale di New York. L’Armata Blu dell’Apostolato di Fatima riuscì a comperarla ed il 26 luglio 1970 la preziosa immagine sacra fu posta nella Cappella Bizantina della Domus Pacis del santuario portoghese.
La presenza di questa Rappresentazione della Madonna a Fatima era tutt’altro che fuori luogo: quando nel 1917 la Vergine comparve ai tre pastorelli in Cova da Iria non parlò anche della Consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato?
Il 13 luglio del 1917,  poco prima del trionfo del bolscevismo, la Madonna dirà ai Veggenti:
Sono venuta a chiedere la consacrazione della Russia al mio Cuore Immacolato e la comunione riparatrice nei primi sabati. Se ascolterete le mie richieste, la Russia si convertirà e avrete pace; diversamente diffonderà i suoi errori nel mondo promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa; i buoni saranno martirizzati, il Santo Padre dovrà soffrire molto, diverse nazioni saranno annientate. Infine il mio Cuore Immacolato trionferà”.
I fanciulli veggenti, nella loro ingenua ignoranza credevano che addirittura la Russia fosse stata una signora dai facili costumi che doveva convertirsi e cambiare vita.
Recentemente, durante il suo pontificato Benedetto XVI, adempì al voto fatto da Giovanni Paolo II e non potendo visitare la Russia, sussistendo ancora il veto imposto dal Patriarcato di Mosca, fece dono dell’icona al medesimo Patriarcato. Dopo la sua assenza secolare di nuovo la Vergine Madre di Dio, protrettrice della Russia, è tornata nella cattedrale della capitale.

Stalin e la Madonna di Kazan: ovvero a Dio nulla è impossibile.

Quando il 22 giugno 1941 la Germania attacca l’URSS Stalin non solo è colto del tutto di sorpresa, ma cade in una specie di catalessi: non si aspettava una mossa del genere soprattutto dopo che con la Germania aveva firmato un patto di non aggressione ed aveva cominciato a porre in essere dei buoni affari che procuravano valuta estera pregiata alle dissestate casse russe.
Soltanto il 3 luglio il dittatore georgiano si decide a rivolgersi al popolo russo denunciando il tradimento di Hitler ed incitando la nazione alla resistenza contro l’invasore.
Ma la cosa davvero sconvolgente fu che questo discorso trasmesso dalla radio non cominciava con il canonico e obbligatorio “Compagni e compagne”, ma con un molto più cristiano ed inusitato “Fratelli e Sorelle”. Fu uno choc per tutti e per i russi in primis.
Stalin non era stato di certo conciliante nei confronti della religione: implacabile e sanguinaria era stata la persecuzione contro la Chiesa e tutti i credenti e praticanti, con una pertinacia davvero satanica. Nel 1938 Stalin aveva fatto varare il “Piano quinquennale dell’ateismo”: entro il 1943 doveva essere chiusa l’ultima chiesa ed eliminato l’ultimo sacerdote. La religione era trattata, dal Partito, come l’economia, lo sviluppo, la produttività e quindi assoggettata ad una pianificazione quinquennale come la prassi richiedeva.
La guerra si rivelò subito molto difficile e l’URSS nonostante tutta la propaganda non era assolutamente pronta ad affrontare un potenziale militare, organizzativo ed industriale come quello che poteva mettere in campo la Germania. Ma quello che può sembrare buffo fu che proprio l’arretratezza e la disorganizzazione furono dei grossi alleati per resistere alla perfetta macchina bellica del Reich.
Le strade non asfaltate frenavano e impantanavano i camion ed i mezzi di trasporto veloci, i binari a scartamento ridotto usato dalle ferrovie dell’URSS dovettero essere tutte sostituite con binari a standard normale e quindi con una spesa ed uno sforzo logistico organizzativo non indifferente.
Ma Stalin non finì di stupire.
Agli ufficiali dell’Armata Rossa fu ordinato di ritornare al’antica prassi dell’esercito zarista: l’assalto delle truppe veniva preceduto da un “Avanti con Dio” gridato dagli ufficiali. La cosa era controbilanciata dal Gott mit Uns (Dio con noi) che i soldati tedeschi portavano scritto sulle fibbie delle loro cinture: era tutto un tirare Dio dalla propria parte come se Lui avesse permesso una cosa del genere, a due personaggi come Hitler e Stalin!
Alle truppe fu assegnato un numero adeguato di cappellani che teoricamente non esistevano più cancellati fin dai tempi di Lenin.
Ma la febbre religiosa proseguiva senza sosta e con misure sempre maggiormente sbalorditive: ben 20000 chiese furono riaperte al culto e non in sordina, ma con molta enfasi propagandistica furono riaperti al culto i monasteri della Trinità di San Sergio e quello delle Tre Grotte a Kiev. Ciliegina sulla torta: il regime non aveva mai permesso che da dopo la rivoluzione fosse nominato qualcuno alla carica di Patriarca di tutte le Russie, quando all’improvviso la Pravda, cioè l’organo ufficiale del PCUS, riportò la notizia strabiliante:
“Il Comandante Supremo delle Armate e Capo del governo ha espresso la sua comprensione alla proposta dei religiosi di eleggere un Patriarca e ha dichiarato che da parte del governo non verrà opposto ostacolo”
Il tutto dopo un’udienza concessa da Stalin ad un delegazione di ecclesiastici tenutasi al Cremlino.
La guerra diventa “guerra patriottica” la propaganda soffia sempre di più sulla coesione, sulla identità, sul sacro suolo calpestato dai barbari invasori tedeschi.
Essi a loro volta, come sempre, non riescono a sfruttare invece il malcontento ed il terrore che il regime comunista ha sparso a piene mani tra la popolazione ed invece di spingere sul discorso psicologico dell’essere dei liberatori, fanno di tutto per riaffermare che gli Slavi devono solo essere degli schiavi, un serbatoio di manodopera da quattro soldi per l’economia del Reich.
Quindi devono essere considerati esseri di seconda categoria senza diritti, appunto un’etnia di schiavi che con la forza dovevano essere sottomessi al dominio dell’ariano Herrenvolk , il “popolo di signori”.
Senza polemiche non mi pare che, tranne la formula più edulcorata, le cose siano cambiate gran che nel modo di fare politica ed economia, da parte della Germania di oggi verso i cosiddetti “partner” dell’UE.
La situazione in cui si trovava l’URSS in quei momenti era davvero drammatica: la Wehrmacht stava avanzando trionfalmente ed inesorabilmente. Leningrado era sotto assedio, Stalingrado anche e le avanguardie tedesche vedevano lo sciabordare della contraerea che illuminava i cieli di Mosca.
C’era poco da stare allegri!
Quindi il richiamo alle origini ortodosse ed il ritorno al binomio Santa Madre Russia fede ortodossa poteva sembrare un’astuzia giocata da Stalin per creare quel cemento che il comunismo aveva dissolto e combattuto con ogni mezzo. Il tutto era condito anche da una fifa nera da cui il dittatore georgiano si sentiva pervaso e che, considerando lo stato miserando in cui aveva ridotto l’URSS, non gli dava certo possibilità di uscire vittorioso da questa guerra.
Edvard Radzinskij è uno  scrittore, un drammaturgo e storico discendente di una famiglia dell’antica nobiltà russa, che si è occupato in particolare delle memorie storiche della nobiltà estintasi in seguito alla Rivoluzione d’Ottobre, è anche noto per l’attività televisiva e per i documentari storici. E’ autore di importanti biografie di Rasputin, dello Zar Nicola II e di una monumentale di Stalin uscita nel 1997.
Una persona quindi al di sopra di ogni sospetto: bene Radzinskij ha consultato e visionato centinaia di documenti degli archivi dell’ex URSS ed è arrivato ad alcune conclusioni importanti. La prima è che Stalin sembrava stesse preparando un attacco preventivo contro la Germania, ma aveva bisogno di tempo per organizzarsi, quindi l’Operazione Barbarossa gli scompaginò i piani e lo mise in costernazione.
Radzinskij scopre ben altro negli archivi russi: dietro alle scelte filo ortodosse di Stalin si nascondeva un fatto inusitato: un’apparizione della Santissima Vergine ad un asceta ortodosso.
Spostiamoci in quel coacervo e punto di incontro di religioni che è il Libano.
I cristiani ortodossi, cioè la seconda componente religiosa più rilevante dopo i cattolici, avevano per metropolita un certo Elia, asceta molto venerato e rispettato dalla sua comunità, insomma uno di quei santi religiosi che suscitano attorno a sé la religiosità e la voglia di soprannaturale della gente.
Di lui non si conosce che il nome altre notizie certe non ce ne sono.
Elia, davanti al disastro che si stava profilando per la Russia, decise di fare quello che ogni coerente credente dovrebbe sempre fare: si chiuse in preghiera nella cripta della sua cattedrale. Per tre giorni  e tre notti rimase in ginocchio senza fare altro che pregare: niente cibo, niente sonno, ma solo intensa e profondissima preghiera rivolta alla Santissima Madre di Dio.
E’ giusto dire che Elia non aveva assolutamente alcuna simpatia né per il comunismo, né tanto meno per Stalin, nonostante tutto, per lui ortodosso, il suo paese d’origine restava sempre la Santa Madre Russia e Mosca sempre la Terza Roma ed entrambe non dovevano essere violate da stranieri.
Durante il suo totale abbandono alla preghiera, il terzo giorno, ebbe una visione: in una colonna di fuoco gli apparve proprio la Madonna, la Regina del Cielo e della Terra, che lui aveva invocato con tanta fede e tanto ardente passione. La Vergine Santissima fu chiarissima:
“Bisogna riaprire in tutta la Russia chiese e monasteri. I sacerdoti devono essere liberati dalle loro prigioni. I russi non cederanno a Leningrado se porteranno in processione l’icona, così venerata di Kazan. Questa deve poi essere onorata anche a Mosca e a Stalingrado”
Elia non ebbe un attimo di esitazione e scrisse una lettera in cui raccontava quanto gli era accaduto e quale fosse la strada per salvare la Russia.
Poi fece recapitare la lettera all’ambasciata sovietica a Beirut.
La lettera subito inoltrata arrivò nelle mani del Maresciallo Boris Michajlovič Šapošnikov[2] che era il capo di Stato Maggiore dell’Armata Rossa. Costui senza indugi presentò la missiva a Stalin e disse che era degna di fede e che quanto richiesto dovesse essere immediatamente messo in atto. Šapošnikov non nascondeva di sentirsi credente ortodosso anche se non praticante: e come poteva farlo, anche volendolo, se le strutture della chiesa erano state scompaginate e devastate dal furore ateo ed antireligioso del dittatore comunista?
Nonostante tutto Stalin lo perdonava e lo aveva in grandissima stima ed aderì a quello che il Maresciallo gli chiedeva di fare. Vista la situazione che costava provare anche con Dio?
All’improvviso, tra lo stupore di tutti, nella Leningrado assediata dai tedeschi e quasi allo stremo, riapparve da un magazzino in cui era finita insieme ad altre immagini sacre, la veneratissima icona della Madre di Dio di Kazan. Addirittura le autorità stesse organizzarono una devota processione per la città sotto il tiro dei cannoni tedeschi e delle bombe sganciate incessantemente dagli aerei della Luftwaffe.
Dopo Leningrado la sacra immagine fece tappa a Mosca dove anche qui con la collaborazione del Partito Comunista, fu organizzata una processione a cui parteciparono tantissime persone.
Lo stupore arrivò al massimo quando l’immagine della Santissima Madre di Dio di Kazan con un lungo e tormentato viaggio raggiunse un’altra città sotto assedio tedesco, città che assumeva un valore altamente simbolico in quanto portava il nome del temutissimo Primo Segretario del PCUS: Stalingrado.
Qui sembra che, essendo impossibile portare l’icona in città, essa fu fatta volare su di un aereo sopra il perimetro di Stalingrado senza che l’aereo stesso subisse danni o fosse stato a rischio di abbattimento seppure i combattimenti infuriassero violentissimi ed in maniera feroce.
La guerra all’improvviso cambiò corso e la vittoria arrise  all’Armata Rossa.
La svolta favorevole alla religione durante la guerra non fu rinnegata nemmeno a vittoria ottenuta. Un certo grado di repressione fu sempre esercitato, ma la persecuzione divenne quasi inesistente. Quanto poi al “piano quinquennale” per l’estirpazione della fede: bèh quello sparì del tutto e nessuno ne parlò più.
Nel 1947 al metropolita Elia fu addirittura assegnato il premio Stalin, il Nobel sovietico tanto per intenderci, premio che veniva ogni anno conferito ad artisti, scienziati, ma anche a coloro che avessero reso “importanti servizi all’Unione Sovietica ed alla causa del socialismo” come appunto era specificato negli atti di fondazione del premio stesso.
L’assegnazione di questo prestigioso riconoscimento ad un illustre sconosciuto e per di più ad un religioso, destò stupore e  tutti, soprattutto nelle alte sfere, cominciarono a porsi delle domande su cosa praticamente avesse fatto costui e quali servigi avesse reso all’URSS: nessuno conosceva e mai conobbe il risvolto dell’apparizione mariana che costui aveva avuto.
Ovviamente Stalin si guardò bene da diffondere e dichiarare i motivi del conferimento fatto a quel religioso.
Il metropolita, molto più coerente con le proprie idee, ringraziò cortesemente, ma rifiutò il premio, chiese che la grossa somma di denaro che veniva elargita ai vincitori, fosse impiegata per soccorrere i piccoli rimasti orfani a causa della guerra. Anzi fece molto cristianamente di più: promosse una colletta tra i suoi fedeli che inviò poi a Mosca, chiedendo che venisse aggiunta alla somma del premio.[3]
Stalin aggiunse altro denaro ed eseguì alla lettera i desiderata del metropolita Elia: quei soldi arrivarono veramente ai piccoli rimasti orfani, per alleviare la loro tragica situazione.
Imperscrutabili  sono i  progetti di Dio e spesso prendono strade che noi nemmeno oseremmo pensare. Tuttavia questa misteriosa vicenda è normale che ponga ad ogni fedele cristiano degli interrogativi.
E’ vero, come ebbe a dire Papa Pio XI, che, condannando sia il comunismo che il nazionalsocialismo, li definì “come la peste ed il colera”, ma nonostante tutto il Cielo forse ritenne meno sconveniente dare una mano al comunismo.
Quanto chiesto dalla Santa Madre di Dio al metropolita Elia forse era anche una prova che veniva offerta a Stalin. Il principio del libero arbitrio non era di certo messo in discussione e se il dittatore georgiano si fosse rifiutato di ascoltare quanto gli proponeva Šapošnikov, forse la storia avrebbe potuto prendere anche una diversa direzione. Giustamente i se ed i ma non contano proprio un bel niente e, come diceva giustamente un saggio, sono il patrimonio degli imbecilli: tuttavia mi torna davvero strano pensare che se la proposta fosse stata fatta ad Hitler sarebbe stata accolta.
Questo comunque è solo un parere che non ha alcun valore in quanto tutte le possibilità potevano verificarsi.
Sta di fatto che dopo quest’episodio la condizione dei cristiani in Russia migliorò e le persecuzioni brutali cessarono.
Messori scrive.
“A noi non resta che accettare i fatti. Certi che la Provvidenza – e Maria che ne è il portavoce, in questo  come in tanti altri casi –  sanno ciò che è meglio per il bene degli uomini, soprattutto tra tante sofferenze, come le guerre, create proprio dagli stessi uomini.”
Ora la venerata icona della Santa Madre di Dio di Kazan è tornata a casa e dalla Cattedrale di Mosca è esposta all’adorazione del suo popolo che nonostante i lunghi e duri anni di ateismo comunista non ha perduto la fede. Sicuramente la sua presenza preserverà la Santa Madre Russia da altri pericoli e sventure: ora le forza del male non stanno certo in Russia, ma con le loro trame ed oscure tenebre avvolgono l’occidente cercando, ancora una volta di estirpare la fede dai cuori dei popoli.
La Vergine di Kazan ha trovato anche un altro difensore Vladimir Putin.
Il Presidente russo era stato ricevuto in Vaticano dal Papa il 25 novembre del 2013. Putin gli fece dono di una riproduzione della vergine di Kazan; dopo le foto di rito il Pontefice, sempre sui generis nei comportamenti, stava allontanandosi dal tavolo dove i regali erano appoggiati.
A quel punto Putin[4] si permette di testimoniare la fede anche se davanti a lui c’è il capo della Cattolicità ed interviene:
“Lo ha fermato chiedendogli: “Le piace l’icona?”. E, non appena Bergoglio ha chinato il capo per rispondere affermativamente, Putin si è fatto il segno della croce secondo l’uso ortodosso e ha baciato l’icona mariana. Un gesto che, subito dopo, è stato (giocoforza) imitato anche dal Pontefice.”
I Papi baciano il Corano; chiedono in continuazione scusa agli eretici per aver, contro di loro, difeso la Fede Cattolica; incontrano Imam e Rabbini; permettono che le chiese siano date ai mussulmani perché si trasformino in moschee; aprono dialoghi anche con la Massoneria poi snobbano l’immagine della Vergine e nemmeno si degnano di baciarla.

Anche questo è un segno ed una piccola grande vittoria della signora del Cielo e della Terra: il Papa è solo il custode del Depositum Fidei, non certo il padrone del medesimo ed a suo piacimento non ha nessuna possibilità di stravolgerlo o modificarlo.

La Vergine Santissima, veglia comunque sulla Chiesa, su di lui e su tutto il popolo cristiano.
luciano garofoli


[1] Ivan Vasil’evič, come vuole la tradizione russa, fu il primo ad assumere il titolo di Zar di tutte le Russie titolo che dieci anni più tardi fu approvato con un decreto del Patriarca di Costantinopoli: nacque così la teoria che Mosca fosse diventata la Terza Roma. Il soprannome “il Terribile” è improprio infatti la parola Groznyj in russo significa tonante,  tempestoso,o minaccioso e la gente lo adoperava in senso positivo, in quanto lo Zar era un vero e proprio flagello per i boiardi che spesso erano stati, nella storia, coloro che avevano disgregato lo stato.

[2] Boris Michajlovič Šapošnikov (Zlatoust20 settembre 1882 –Mosca26 marzo 1945) si diplomò alla accademia militare nel 1910, durante la prima guerra mondiale divenne colonnello. Era uno dei pochissimi militari dell’Armata Rossa ad aver ricevuto una vera e propria istruzione militare. Dal 1921 al 1925 fece parte dello Stato Maggiore. Divenne poi prima comandante del distretto militare di Mosca e poi di quello di Privolzhsk. Nel 1932 divenne comandante dell’accademia militare Frunze. Nel 1937 divenne Capo di Stato Maggiore dell’esercito. Godeva della fiducia incondizionata di Stalin nonostante non fosse iscritto al partito fino al 1930 e di suoi trascorsi di ufficiale dello Zar. Nel 1940 divenne Maresciallo dell’URSS e fu richiamato alla carica di Capo di Stato Maggiore che aveva abbandonato ufficialmente per motivi di salute allo scoppio della guerra con la Germania. Nel 1942 diventò Commissario del Popolo per la Difesa. Si ritirò per motivi di salute e morì nel marzo del 1945.
[3] Vittorio Messori, ironicamente scrive che altri furono molto meno coerenti del religioso Elia. Per esempio il premio Stalin fu assegnato, nel 1951 a Pietro Nenni il quale non solo non lo rifiutò, ma con il denaro si costruì una bella villa al mare, indovinate un po’dove? In Italia naturalmente dove era al sicuro dai mutevoli umori di Stalin.
[4] Articolo di Andrea Indini pubblicato sul Giornale4 del 26/11/2013.








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