ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 28 giugno 2016

L’anticamera dell’Inferno

RELIGIONE UMANITARIA SUICIDA

    Lo sbocco inevitabile della religione umanitaria è l’autodistruzione dell’uomo. La campagna anticristiana mirante a strappare Dio dal cuore degli uominidi e sostituire la fede con una pseudo religione umanitaria e gnostica 
di Francesco Lamendola  




Assistiamo, specialmente negli ultimi tempi, ad una campagna anticristiana sistematica, mirante a strappare per sempre Dio dal cuore degli uomini, per sostituire la fede e l’amore in Lui con una pseudo religione umanitaria, di matrice gnostica e massonica, che divinizzi, in qualche modo, l’uomo stesso, attraverso le sue proiezioni idolatriche del Progresso, della Scienza, della Tecnica, del Benessere, del Potere, del Piacere.
Ebbene: bisogna essere molto chiari su questo punto e vedere con lucidità che l’unico sbocco possibile di un tale capovolgimento, di una tale aberrazione e  di un tale allontanamento volontario dall’amore e dal timore di Dio, per giungere alla auto-divinizzazione dell’uomo, si definisce, necessariamente, come una ribellione luciferina della creatura contro il suo Creatore: la creatura rifiuta il proprio statuto ontologico e pretende di sostituirsi al Creatore, esige per sé la devozione dovuta a Lui solo: il che non è altro che l’ultima versione dell’antico ed eterno peccato di Adamo. Bisogna avere anche il coraggio di guardare senza veli, né infingimenti, a dove l’uomo sarà portato da una simile pretesa: cioè verso la catastrofe certa e verso l’auto-distruzione.

La cosa, del resto, è perfettamente logica, e strano sarebbe se così non fosse. Nel momento in cui rifiuta a Dio il posto che gli è dovuto nel suo cuore, l’uomo si fa servitore del nemico di Dio, cede alle sue sottili seduzioni, si lascia affascinare dalle sue lusinghe, proprio come accadde ai primi esseri umani nel Giardino dell’Eden; e l’esito scontato di una simile sequela non può essere che esiziale per l’uomo, dal momento che mettersi nelle mani del Diavolo, equivale, per lui, a mettersi nelle mani di colui che lo inganna e lo ha sempre ingannato, perché lo odia e desidera trascinarlo in un abisso di sofferenza; di colui che non ha altro scopo, se non quello di distruggerlo e di vanificare, nello stesso tempo, il progetto dell’amore cosmico di Dio, iniziato con la creazione.
Quello che è meno logico, a nostro avviso, è che la Chiesa, in qualità di suprema custode della Rivelazione, parli così poco, per bocca dei suoi esponenti più autorevoli, di questo argomento; che faccia sentire così poco la sua voce sulla catastrofe che incombe sull’uomo, se questi persevererà nella sua pretesa di auto-divinizzazione. Così non era fino al Concilio Vaticano II: il pericolo della seduzione diabolica, non solo per il singolo individuo, ma per l’umanità tutta, nonché per la stessa Sposa di Cristo, la Chiesa, era ben presente nella catechesi, nelle omelie della Messa domenicale, nella pastorale ordinaria, nei numerosi pronunciamenti del Magistero ecclesiastico, dalle encicliche papali fino ai documenti pastorali pubblicati dai singoli vescovi nelle loro diocesi, e l’insediamento, in esse, di sacerdoti esorcisti appositamente autorizzati.
A questo proposito, basterà ricordare la speciale preghiera di protezione rivolta a San Michele Arcangelo per la difesa della Chiesa stessa dall’opera nefasta del Maligno, scritta e voluta da papa Leone XIII, preghiera che poi inspiegabilmente soppressa, appunto dopo il Concilio Vaticano II: Difendici nella battaglia: sii tu nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del Diavolo. Che Dio eserciti il suo dominio su di lui, te ne preghiamo supplichevoli. E tu, o principe della milizia celeste, con la potenza divina, ricaccia nell’Inferno Satana e gli altri spiriti maligni i quali errano nel mondo per perdere le anime. Così come basterà ricordare il fatto, a dir poco sconcertante, che, pur non essendo mutato di una virgola l’insegnamento della Chiesa riguardo agli Angeli, ai diavoli e ai Novissimi (morte, giudizio, inferno e paradiso), ormai non sono pochi i vescovi che non vogliono neanche saperne di avere un esorcista autorizzato nella loro diocesi, e che molti sacerdoti hanno quasi smesso di parlare del Giudizio, individuale e finale, quasi fosse una credenza ormai superata.
Così, fa piacere vedere che questo andazzo razionalista, laicista, secolarizzante, non ha investito tutto il clero, né tutta la cultura cattolica, e che vi sono ancora uomini di Chiesa i quali, fedeli al Magistero di sempre, mettono in guardia contro la deriva inesorabile in cui l’uomo sta venendo trascinato dalla sua stessa pseudo religione “umanistica”, e ricordano la necessità, per il credente, di stare sempre all’erta, di essere sempre vigile contro il pericolo e l’insidia della tentazione diabolica, la quale possiede, nella società moderna, la straordinaria abilità di travestirsi e di assumere vesti apparentemente innocue e perfino rassicuranti, onde poter inoculare più a fondo il veleno mortifero  delle sue false dottrine, e condurre più agevolmente la sua opera di silenziosa, ma sistematica sovversione della teologia e della morale, facendo leva sulla disposizione peccaminosa più antica e radicata della natura umana: quella verso la superbia.
Uno di questi sacerdoti che vanno controcorrente è padre Livio Fanzaga, classe 1940, bergamasco di Dalmine, membro degli scolopi e direttore, dal 1987, di Radio Maria, che ha trasformato da emittente locale a nazionale, e nelle cui trasmissioni quotidiane tratta spesso, e con la dovuta serietà, dei temi di cui stiamo parlando, tanto da infastidire qualcuno. Nel 2006, per esempio, l’allora vescovo di Vittorio Veneto (attualmente di Verona), Giuseppe Zenti, rimproverò a padre Fanzaga una attenzione, a suo dire esagerata, al tema della minaccia satanica nei confronti dell’uomo. Ora, è vero che una fede adulta non deve basarsi sulla paura del Diavolo, ma sull’amore di Dio e sulla fiducia illimitata in Lui; e tuttavia, è normale, è saggio, è giusto che un pastore metta in guardia le sue pecorelle perché si mostrano consapevoli del pericolo dei lupi? Non è stato Gesù stesso a mettere in guardia contro i lupi travestiti da agnelli? E San Pietro, non ha forse ammonito i credenti a guardarsi dal Diavolo, che sai aggira come un leone affamato, in cerca di anime da divorare?
Il fatto che siano in molti, nella Chiesa, e specialmente fra i cosiddetti cattolici progressisti, a borbottare contro padre Fanzaga, semmai ci rende più preziose le sue parole; di che cosa gli fanno carico, dopotutto? Del fatto che, nelle sue trasmissioni e nei suoi numerosi libri, parla spesso del peccato e della necessità della conversione e della penitenza, e cita volentieri il Catechismo di San Pio X? Benissimo: fa il suo mestiere di prete. Oppure dispiace loro il fatto che parli dell’Islam in maniera realistica, senza troppe illusioni circa la sua volontà di dialogo con il Cristianesimo, e citi autori come Sergio Nitoglia (da non confondere con don Curzio Nitoglia), che ne danno un giudizio altrettanto severo? Bene anche questo; del resto, lui, il mondo islamico lo ha conosciuto da vicino: è stato un anno a Dakar, a insegnare filosofia, e così ha potuto osservare “sul campo” l’atteggiamento degli islamici, là dove sono maggioranza, nei confronti dei cristiani; mentre i cattolici buonisti e dialoganti a oltranza, tutto quello che sanno degli islamici, lo sanno per averli osservati in Europa, dove essi sono una minoranza, e adottano un basso profilo per non suscitare allarmi intempestivi. Oppure, ancora, non piace il fatto che don Fanzaga crede alla soprannaturalità delle apparizioni di Medjugorje? Diciamo la verità: sebbene la Chiesa non si sia ancora pronunciata ufficialmente, la sensazione è che il culto mariano sviluppatosi a Medjugorje dia fastidio soprattutto a quei cattolici “adulti” e “moderni” i quali sono allergici al soprannaturale in quanto tale (e a tutte le forme di devozione popolare, troppo “primitive” per i loro gusti raffinati ed emancipati), e che vorrebbero un Cristianesimo perfettamente ragionevole, senza scandalo e senza paradosso: quello che piaceva a Locke, a Toland, ai deisti e ai libertini, ma che non può piacere ad un vero cristiano, perché gli manca l’essenziale: la dimensione della fede, che è credenza nell’invisibile.
Un’altra ipotesi per spiegare l’evidente fastidio da cui è circondato, è che don Fanzaga disturbi la coscienza dei cattolici progressisti, perché parla molto della spiritualità, di Maria, del Rosario, della necessità della riconciliazione con Dio e della pacificazione, e poco o niente della giustizia sociale, dello sfruttamento di classe, della liberazione dei popoli, eccetera; ottimo: ciò significa che si ricorda di essere un prete e che non gioca a scimmiottare i tanti, troppi rivoluzionari da salotto, ingloriosi residuati del ’68, che ancora ingombrano il paesaggio e che si agitano alquanto, anche dentro la Chiesa, senza sapere di essere già morti, sia intellettualmente che spiritualmente.
Ha scritto, dunque, don Livio Fanzaga, nel suo libro Non praevalebunt. Manuale di resistenza cristiana (Milano, Sugarco Edizioni, 2007, pp. 63-68):

Il rifiuto della luce è un peccato delle origini che si ripete nel tempo. Se non si comprende questo mistero, “un mistero di iniquità” come lo chiama l’apostolo Paolo (Tessalonicesi, 2, 7), non si è in grado di affrontare il fenomeno impressionante della scristianizzazione. Perdere la fede è una possibilità reale, che incombe in ogni momento sul cammino dei singoli e dei popoli. È una eventualità legata alla disponibilità di cui ognuno dispone  e della quale ognuno risponde. Finché l’uomo non contemplerà la luce faccia a faccia, avrà sempre la possibilità di respingerla. […]
La parabola anticristiana che si è sviluppata in Occidente negli ultimi tre secoli riflette nei suoi tratti fondamentali l’antica tentazione dell’Eden. La tentazione originaria infatti è la seduzione per eccellenza, non solo quella iniziale, ma anche quella permanente.  Essa non sta soltanto alle spalle del’umanità, ma è contemporanea a ogni generazione. La fine della storia ne vedrà l’apogeo, quando l’uomo della società antichistica  indicherà se stesso come Dio,  provocando la venuta del Figlio dell’uomo sulle nubi del cielo. Inoltre non si tratta di una tentazione particolare, ma della radice di ogni tentazione, che genera e alimenta tutte le altre. I peccati del genere umano proliferano sul terreno della superbia e della disubbidienza, la cui matrice  è il malsano desiderio dell’uomo di fare a meno di Dio, rinnegando il suo “status” di creatura. Sotto il profilo d una visione di fede non si potrebbe comprende il fenomeno dell’apostasia se non alla luce della promessa satanica: “Sarete come Dio” (Genesi, 3, 5).[…]
Seguendo l’evoluzione delle correnti anticristiane che si sono sviluppate in Europa dall’Illuminismo in poi, approdiamo a quella concezione del mondo e della vita che Giovanni Paolo II ha chiamato “nuovo totalitarismo, subdolamente celato sotto le apparenze della democrazia” (“Memoria e identità”, p. 63).  È una visione del mondo dalla quale è rigorosamente eliminata la trascendenza.  In questa auto-comprensione che l’uomo ha di sé, non solo è escluso Dio creatore, ma anche l‘anima immortale. L’uno e l’altra tuttavia non sono verità specificamente cristiane, ma un patrimonio comune a tutte le grandi civiltà del passato. L’uomo viene considerato un fenomeno della natura, una rotella del ciclo della materia, che alterna all’infinito il nascere e il morire. Il cielo è vuoto e la terra è il luogo dove la vita umana inizia e finisce, fino a quando scomparirà del tutto. Questa meschina rappresentazione dell’avventura umana, che non ha uguali nella storia dei popoli, viene presentata come verità scientifica, l’unica che corrisponde alla realtà nel mare fluttuante delle pseudo-consolazioni religiose.
In questa prospettiva la religione è guardata con disprezzo, in quanto sarebbe espressione di immaturità e di infantilismo. L’uomo evoluto, che è pervenuto alla maturità, si rende conto   che non è Duo che ha creato l’uomo, ma l’uomo che ha creato Dio. L’età adulta del genere umano avrebbe come punto di arrivo la consapevolezza  che l’uomo, col suo pensiero e la sua libertà,  è non l’immagine di Dio, ma è dio lui stesso.  Ci troviamo così di fronte a una forma di ateismo che non si limita a negare  l’esistenza di Dio, ma arriva fino a proclamare la divinità dell’uomo. L’ateismo moderno, quindi, diversamente dalle forme storicamente conosciute, si propone come una religione, quella nella quale l’uomo adora se stesso, mettendosi al posto di Dio.  […]
Come si concluderà la parabola di questa ennesima seduzione del serpente? Sappiamo come i progenitori, dopo aver mangiato ciò che il maligno  aveva loro offerto, furono cacciati dal paradiso terrestre  in una condizione di miseria e di morte. “Satana vi distrugge con quello che vi offre” ha sentenziato la Regina della pace. Il delirio di onnipotenza della religione umanitaria può veramente portare la nostra generazione all’autodistruzione. Ciò che viene affermato e celebrato come un progresso, ha tutta l’aria di preparare una catastrofe irreparabile. D’altra parte solo un uomo accecato non vede la miseria ella sua condizione esistenziale. Questo uomo che si proclama “dio” che cosa ha di divino? L’immagine divina in lui  si è offuscata e al suo posto si vedono i segni della bestia infernale: l’orgoglio, la cattiveria, la falsità, l’avidità. L’empietà e tutto ciò che sta trasformando la società , pur così ricca di mezzi materiali, in una propaggine dell’inferno.

Sì: la nostra civiltà, da quando si è imposta la religione del’Uomo e del Progresso, è diventata, poco alla volta, l’anticamera dell’Inferno, dove incoscienti apprendisti stregoni giocano a suscitare le forze del Male, non sapendo che esse non si lasciano mai dominare dall’uomo, bensì lo dominano...



Lo sbocco inevitabile della religione umanitaria è l’autodistruzione dell’uomo

di Francesco Lamendola

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