ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 2 luglio 2016

Celebrare il Preziosissimo Sangue


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Sanguis Christi volenti est salus, nolenti supplicium (sant’Agostino).


Nella liturgia “rinnovata” la solennità del Preziosissimo Sangue, che nel calendario tradizionale è assegnata al 1° luglio, è semplicemente scomparsa. Unica traccia nel nuovo Messale, una Messa votiva il cui formulario – come tutte le celebrazioni facoltative – non è mai utilizzato. Gli inossidabili liturgisti vaticansecondisti, naturalmente, hanno messo una pezza “teologica” anche sull’ingiustificabile soppressione di una festa di tanta importanza: essa, in realtà, sarebbe stata associata a quella del Corpus Domini, trasformata così in solennità del Corpo e Sangue di nostro Signore Gesù Cristo. Dato che il sacramento dell’Eucaristia comprende l’uno e l’altro, sembra una scelta plausibile; il fatto è che quest’ultima festa ha per oggetto la Presenza reale e il Pane di vita eterna, mentre l’altra celebra il mezzo della Redenzione universale. I più esperti faranno notare che, nel nuovo lezionario, le letture dell’anno B presentano proprio il mistero del Sangue; ma chi ci fa più caso, una volta ogni tre anni, in questa nuova religione della natura e del benessere terreno? E quanti sacerdoti lo predicano ancora nel modo dovuto?


Non è una questione puramente liturgica: la posta in gioco è innanzitutto dottrinale. Per celebrare il Preziosissimo Sangue bisogna credere fermamente nell’assoluta necessità della Redenzione ai fini dell’umana salvezza. Se si è eliminata la relativa festa, molto probabilmente è perché non si voleva più parlare del peccato originale né del riscatto che Dio stesso, nella Sua infinita misericordia, ha procurato all’umanità irrimediabilmente perduta e schiava del demonio. «Gli uomini erano tenuti prigionieri sotto il potere del diavolo e servivano i demòni, ma sono stati riscattati dalla prigionia. Furono infatti in grado di vendersi, ma non di riscattarsi. Venne il Redentore e pagò il prezzo: effuse il proprio sangue e acquistò il mondo intero» (sant’Agostino,Enarrationes in Psalmos, 95, 5). Non è facile conciliare affermazioni di tal genere con la nuova visione (in realtà vecchia almeno quanto l’Illuminismo) della naturale bontà dell’uomo e con il proposito di esaltarne i valori prescindendo dalla Creazione e dalla Redenzione, in modo tale che nessuno – che sia non cattolico, non cristiano, ateo o agnostico – si senta escluso, pur non spostando una virgola nelle sue convinzioni e nella sua condotta.


Dopo le dichiarazioni Nostra aetate e Dignitatis humanae (scritte da rabbini ebrei e da chissà chi altri), evocare ancora il bisogno di redenzione di ogni uomo e il prezzo del necessario riscatto sarebbe stato altamente offensivo nei confronti di chi non ammette queste verità e, di conseguenza, ha sostituito il culto di Dio con il culto dell’uomo. Di fatto, quelle famose dichiarazioni sono prive del peso magisteriale che è stato indebitamente attribuito ad esse e – ciò che è ancor più grave – sono in netta contraddizione con almeno un secolo e mezzo di Magistero pontificio in materia: anche se in modo ambiguo e dissimulato, esse trasudano dei gravissimi errori condannati nell’enciclica Mirari vos di Gregorio XVI, nel Sillabo del beato Pio IX e nell’enciclicaPascendi dominici gregis di san Pio X, documenti che contengono un insegnamento irreformabile. A mezzo secolo di distanza, siamo in condizione di giudicarle non solo per il loro contenuto erroneo, che fu evidente fin dal principio, ma anche per i frutti che hanno portato, ossia per le conseguenze catastrofiche che hanno avuto sulla fede del popolo cristiano e sull’attività missionaria della Chiesa Cattolica.


Ormai chiunque è convinto di avere un diritto illimitato a pensare, dire e fare qualsiasi cosa; provare a renderlo consapevole dell’assurdità di simile pretesa equivale a rischiare il linciaggio. Non parliamo nemmeno del tentativo di convertire una persona appartenente ad altra confessione o religione: gli uomini sono tutti buoni e le credenze tutte ammissibili; è questione di diritti umani, di cui il proselitismo è un’ignobile violazione. Il problema è che la Sacra Scrittura non afferma questo, né così hanno insegnato i Padri della Chiesa, i Santi, i Dottori, i Papi e i Concili. Le nuove teorie sono la base ideologica di una strategia – purtroppo riuscita con gran parte dei cattolici – mirante a giudaizzare il Cristianesimo, processo partito con Lutero (se non già con i nominalisti) e culminato, grazie alla manipolazione del Vaticano II e ai suoi sviluppi, con il tanguero. Davvero un’ottima medicina per la Chiesa, se a dirlo è chi la sta liquidando.


Qui però il discorso si fa molto serio, perché è in gioco la salvezza eterna delle anime. Accogliere o rifiutare il prezzo della propria redenzione: da questo dipende l’Inferno o il Paradiso. «Il sangue del tuo Signore, se vuoi, è stato offerto per te; se non avrai voluto che lo sia, non è stato offerto per te» (sant’Agostino, Sermo 344, 4). Non diventa forse chiaro, così, perché Gesù abbia detto, nell’istituire la santissima Eucaristia: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti» (Mt 26, 28)? Non lo ha versato per chi lo avrebbe rifiutato come indispensabile riscatto. Ovviamente non si tratta di professare un Dio assetato di sangue, proiettando sul Padre l’immagine degli dèi pagani (cioè dei demòni), che esigevano sacrifici umani. Bisogna porsi nella prospettiva, propria della Rivelazione, della necessaria riparazione di un patto d’amore violato per superbia e arroganza, un patto concesso per pura generosità da Chi ci ha creati senza alcun vantaggio per Sé, ma unicamente a nostro beneficio.


Se la prima prevaricazione è stata grave, quanto più lo saranno quelle di chi, pur essendo stato redento, persevera nell’errore e nel peccato? «Infatti, se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati, ma soltanto una terribile attesa del giudizio e la vampa di un fuoco che sta per divorare i ribelli. Quando qualcuno ha violato la legge di Mosè, viene messo a morte senza pietà sulla parola di due o tre testimoni. Di quanto maggior castigo, allora, pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e considerato profano quel sangue dell’alleanza nel quale è stato santificato, oltraggiando lo Spirito della grazia?» (Eb 10, 26-29). Il sangue di cui parla la Bibbia, evidentemente, non è mero simbolo di stipulazione di un patto: esso ha pure efficacia redentiva, espiatoria e santificante. Come potrebbe infatti una creatura insozzata dal peccato fare alleanza con il Dio tre volte santo, senza essere prima riscattata, lavata e rinnovata? È l’intervento gratuito dell’amore divino, realizzatosi pienamente con l’effusione del Sangue del Dio umanato, che opera tutto questo, purché l’uomo vi corrisponda con la sua libera scelta, mossa dallo Spirito Santo. Quello stesso Sangue è salvezza per chi vuol essere salvato, ma sarà supplizio per chi non vuole.


A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il Suo Sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il Suo Dio e Padre, a Lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen (Ap 1, 5-6).
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