ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 13 luglio 2016

Si armerà di santa pazienza?

Amoris Angoscia. Polemica fitta
Dicono che il Pontefice dia qualche segno di insofferenza quando si affronta il tema delle polemiche e delle perplessità che l’Amoris Laetita, l’esortazione post-sinodale sulla Famiglia, suscita nel mondo cattolico, praticamente in ogni continente. Se è così, è bene che si armi di santa pazienza, perché i segnali non vanno verso la bonaccia anzi. Petizioni,  critiche e anche un "Libellus" di condanna.

Dicono che il Pontefice dia qualche segno di insofferenza quando si affronta il tema delle polemiche e delle perplessità che l’Amoris Laetita, l’esortazione post-sinodale sulla Famiglia, suscita nel mondo cattolico, praticamente in ogni continente. Se è così, è bene che si armi di santa pazienza, perché i segnali non vanno verso la bonaccia anzi.

E d’altronde bisognava essere molto ottimisti per pensare che il mondo cattolico ingoiasse senza neanche un singhiozzo un testo che dice no però anche sì, e sì però anche no su argomenti delicati e centrali per la fede come l’eucarestia e le parole precise di Gesù su divorzio e adulterio. In questi giorni e in queste ore i segnali si sono fatti più fitti.

Un gruppo di studiosi cattolici, prelati e sacerdoti ha inviato un appello al Collegio dei cardinali chiedendo che il Pontefice “ripudi” quelli che vedono come “proposizioni erronee” contenute nell’Amoris Laetita. Secondo i firmatari infatti l’esortazione post-sinodale “contiene un certo numero di dichiarazione che possono essere comprese in un senso che è contrario alla fede e alla morale cattoliche”.  

Il documento, che è di tredici pagine, ed è stato tradotto in sei lingue, è stato inviato al cardinale Angelo Sodano, decano del Sacro Collegio, e contemporaneamente ai 218 cardinali, votanti e no, che fanno parte del Collegio. Sono diciannove, secondo i firmatari, i passaggi problematici del documento; e ad essi si possono applicare “censure teologiche, in base alla natura e al grado di errore”.   

L’appello è rivolto al Collegio dei cardinali, in quanto sono i porporati i consiglieri del Papa; ad essi viene chiesto di “avvicinare il Santo Padre con una richiesta che ripudi gli errori elencati nel documento in maniera finale e definitiva, e dichiari autorevolmente che l’Amoris Laetitia non chiede che si creda, o si consideri vero nessuno di essi”. “Non stiamo accusando il Papa di eresia” ha dichiarato uno dei firmatari, Joseph Shaw, che ha il ruolo di portavoce, ma chiarisce che numerose proposizioni dell’esortazione possono portare a errori e censure. Il National Catholic Register afferma che i firmatari preferiscono rimanere anonimi perché “Il clima in gran parte della Chiesa è tale… che temono rappresaglie, o hanno paura di ripercussioni sulle loro comunità religiose, o se hanno una carriera accademica e una famiglia temono che potrebbero perdere il loro lavoro”.     

Qualche giorno fa invece “Veri Catholici”, un’associazione internazionale di fedeli, ha tenuto a Roma una Conferenza Internazionale a Roma per condannare gli errori contenuti nella recente Esortazione Apostolica sulla Famiglia “Amoris Laetitia”: la conferenza si intitolava, “Un pellegrinaggio di Grazia e Misericordia”. Da essa è scaturito un “Libellus”, di condanna degli errori contenuti nelll’esortazione:  “Memori dell’insegnamento di Nostro Sommo Signore, Gesù Cristo, che il nostro, “Si”, sia un “si”, e il nostro “No”, un “no”, e similarmente memori dell’insegnamento del suo Vicario sulla terra, il Papa Pio VI di buona memoria, che ci insegnava: ‘Quando diviene necessario esporre affermazioni che nascondono qualche errore sospetto o qualche pericolo sotto il velo dell’ambiguità, si deve denunciare il significato perverso sotto il quale l’errore opposto alla verità cattolica è mascherato’. Noi membri di Veri Catholici desideriamo esprimere la nostra lealtà alla fede che abbiamo ricevuto dalle labbra di Cristo tramite la predicazione degli Apostoli, tramandata nella Chiesa Cattolica e fortificata dal Magistero infallibile della Chiesa, nel condannare la così detta Esortazione Apostolica, “Amoris Laetitia”, come una opera di inganno e raggiro, di errore e eresia, tra i quali errori condanniamo i seguenti”… E chi è interessato può trovare l’originale, molto ampio e documentato, del “Libellus” QUI.   

Infine c’è da registrare la risposta che il cardinale Carlo Caffarra ha dato al cardinale di Vienna Schönborn, che affermava che tutto il Magistero precedente sul matrimonio deve essere letto attraverso l’esortazione apostolica. Caffarra parlava in un’intervista a Maike Hickson, del sito Onepeterfive. Qui c’è l’originale, e sotto una traduzione della risposta su Schönborn.  

D.– Come commenterebbe la recente asserzione del cardinale Christoph Schönborn secondo cui la "Amoris laetitia" è una dottrina obbligante e tutti i precedenti documenti del magistero su matrimonio e famiglia devono ora essere letti alla luce di "Amoris laetitia"?  

R. – Replico con due semplici osservazioni. La prima osservazione è che uno deve non solo leggere il precedente magistero sul matrimonio alla luce di "Amoris laetitia", ma anche leggere "Amoris laetitia" alla luce del precedente magistero. La logica della tradizione vivente della Chiesa è bipolare: ha due direzioni, non una. La seconda osservazione è più importante. Nella sua intervista a "La Civiltà Cattolica", il mio caro amico cardinale Schönborn non tiene conto di ciò che è accaduto nella Chiesa dopo la pubblicazione di "Amoris laetitia". Dei vescovi e numerosi teologi fedeli alla Chiesa e al magistero riscontrano che, specialmente su un punto specifico e veramente importante, non c'è continuità ma piuttosto opposizione tra "Amoris laetitia" e il precedente magistero. Inoltre, questi teologi e filosofi non dicono questo con uno spirito di disprezzo o di rivolta nei confronti del Santo Padre. E il punto è il seguente: "Amoris laetitia" dice che, in alcune circostanze, il rapporto sessuale tra divorziati e risposati civilmente è moralmente lecito. E inoltre dice che ciò che il Concilio Vaticano II ha detto degli sposi – riguardo alla loro intimità sessuale – si applica anche a dei divorziati risposati (vedi nota 329). Di conseguenza, quando uno dice che una relazione sessuale al di fuori del matrimonio è lecita, questa è un'affermazione contraria alla dottrina della Chiesa sulla sessualità; e quando uno dice che l'adulterio non è un atto intrinsecamente disonesto – e che quindi vi possono essere circostanze che lo possono rendere non disonesto – anche questa è un'affermazione contraria alla tradizione e alla dottrina della Chiesa. In una situazione come questa il Santo Padre, a mio giudizio – come ho già scritto – deve quindi fare chiarezza sulla materia. Perché quando io dico: "S è P", e poi dico: "S non è P", la seconda proposizione non è uno sviluppo della prima proposizione, ma è piuttosto la sua negazione. Quando qualcuno dice: La dottrina rimane, ma si tratta solo di prendere cura di alcuni pochi casi, io rispondo: La norma morale "non commettere adulterio" è una norma negativa assoluta che non ammette eccezione alcuna. Ci sono molti modi di fare il bene, ma c'è un solo modo di non fare il male: non fare il male. 

MARCO TOSATTI


      12/07/2016
http://www.lastampa.it/2016/07/12/blogs/san-pietro-e-dintorni/amoris-angoscia-polemica-fitta-d3Q81oZfZ61QEmPeBjXIUL/pagina.html

Cosa ne pensa Gesù del divorzio?



Il recente Sinodo sulla famiglia ha innescato controversie, discussioni e dibattiti, sia nella Chiesa che nei media: dibattiti i cui echi sono ben lungi dall’essersi chiusi con l’Esortazione Apostolica Amoris Laetitia di Papa Francesco. Anzi, l’Esortazione post-sinodale stessa è stata oggetto di letture, analisi e interpretazioni – massimaliste o minimaliste, conservatrici o progressiste – che paiono aver divaricato ulteriormente le già distanti posizioni etiche, interne alla teologia cattolica e alla comunità ecclesiale.

Eppure una bussola sicura esisteva e continua ad esistere in tema di amore, di morale e di famiglia, e col tempo che scorre inesorabile per tutti i figli di Adamo, essa diventa sempre più sicura e luminosa. Questa bussola etica di crescente valore antropologico e orientativo non è altro che il Catechismo della Chiesa cattolica (solitamente abbreviato in CCC).

Il Catechismo, promulgato da Giovanni Paolo II nel 1992, è stato rivisto ed è stato approvato in forma definitiva (e universale) nel 1997 (nel testo tipico latino, da cui la traduzione ufficiale italiana nel 1999). Questa edizione definitiva del Catechismo quindi nel prossimo anno domini 2017 compirà 20 anni e possiamo scommettere che perfino tra 200 anni costituirà ancora, come e più di oggi, un punto di riferimento sicuro per la vita cristiana, una sintesi organica della dottrina cattolica e un manuale di istruzioni per quei battezzati che non vogliono (per nessuna ragione…) allontanarsi dal Vangelo.
Come scrisse Giovanni Paolo II nel 1997, col Catechismo la Chiesa e i cattolici dispongono di una “nuova autorevole esposizione dell’unica e perenne fede apostolica”, “genuina e sistematica presentazione della fede e della dottrina cattolica” (secondo le parole della Lettera Apostolica Laetamur magnopere con cui si promulga il testo).
Il Catechismo, pur con tutta la cautela e la pacatezza tipica del recente Magistero, insegna ex cathedra e senza possibilità di fraintendimento: “Il divorzio è una grave offesa alla legge naturale” (CCC 2384).
Attenzione! Nei dibattiti sinodali e post-sinodali questo non è emerso affatto. Nel Sinodo è parso emergere il contrario ovvero che il divorzio sia ammissibile e il secondo matrimonio no (anzi ni…). In realtà, è proprio l’istituto del divorzio ad essere analizzato con sapienti parole dal Catechismo (cf. 2382-2386, 1614-15, 1646-1651) e ad essere condannato come tale e per le sue conseguenze. “Esso pretende di sciogliere il patto, liberamente stipulato dagli sposi, di vivere l’uno con l’altro fino alla morte (…). Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se riconosciuto dalla legge civile, accresce la gravità della rottura. Il coniuge risposato si trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e permanente” (CCC 2384).
Tutto questo veniva in mente leggendo su Libero del 9 luglio 2016 due articoli dedicati alla famiglia, anzi alla sua programmata sparizione. Il primo (a p. 7), firmato da Simona Bertuzzi (“A scuola obbligati a studiare omosessualità”), è dedicato alle linee-guida che il Ministero della pubblica istruzione starebbe per varare per introdurre nelle scuole italiane le distruttive teorie del gender. Nelle linee guida che il ministro Giannini probabilmente approverà presto si insiste sul fatto che “la differenza sessuale può essere vissuta in un ampio spettro di inclinazioni”, legittimando così, davanti ai bambini più piccoli, tutte le deviazioni umane: omosessualità, bisessualità, transessualità, prostituzione, poligamia, poliandria, travestitismo, utero in affitto, etc.
Il secondo pezzo, di Caterina Maniaci, ha un titolo (e un sottotitolo) inequivocabili: “Ancora 15 anni e il matrimonio sparisce. I riti religiosi calati del 54%, nel 2031 toccheranno quota zero. Mentre crescono le unioni civili”. Quando si dice il progresso…
L’articolo riporta brevemente i recenti dati del Censis pubblicati col rigoroso titolo di “Non mi sposo più”. I crudi dati dicono a volte più dei commenti e delle spiegazioni: “Nel 2004 si sono celebrati [in Italia] circa 170.000 riti matrimoniali religiosi. Dieci anni dopo 108.000. Ossia 62.000 in meno. Facendo una ricerca (…) si scopre che nel 1994 si contavano 128.000 matrimoni canonici in più rispetto al 2014. Quindi in soli vent’anni c’è stato un crollo del 54%. Come ha spiegato Massimiliano Valerii, direttore del Censis, se si proiettano in avanti le tendenze degli ultimi vent’anni e togliamo ogni anno 6.400 cerimonie, il risultato è che in 17 anni, cioè nel 2031 i matrimoni benedetti dal prete saranno azzerati” (p. 6).
Faccio solo notare che meno matrimoni significa altresì meno figli, meno sana educazione dei medesimi (contesi da una pluralità di soggetti), meno stabilità sociale, più precariato, più solitudine, più violenza, depressione e suicidi. A livello spirituale poi, meno matrimoni implica ovviamente meno battesimi, meno prime comunioni, meno cresime, meno confessioni, meno presenza della Chiesa e del sacerdote tra la gente, quindi meno fede, meno virtù, più vizi…
Contro tutto ciò il teologo Sánchez Navarro (cf. Luis Sánchez Navarro, Cosa ne pensa Gesù dei divorziati risposati?, Cantagalli, Siena, 2015, pp. 98, € 9), da vero esegeta fedele allo spirito della Scrittura, ribadisce che proprio Gesù, contro una mentalità divorzista diffusa presso i Farisei del suo tempo, ribadì, senza alcuna eccezione, il valore sacro dell’indissolubilità del matrimonio. “La durezza di cuore manifestata nel divorzio costituisce una contrapposizione all’ordine voluto da Dio, una negazione della verità profonda sul matrimonio rivelato in Genesi 1-2” (p. 55).
I Farisei antichi ammettevano il divorzio, specie nella forma del ripudio, mentre i farisei moderni, di molto peggiori dei primi, negano il valore sacro del matrimonio in sé, ammettendo qualunque tipo di unione e di “amore” senza limiti, se non quelli soggettivi e arbitrari della propria coscienza.
L’insegnamento di Gesù, pertanto, è chiaro. Chi divorzia dal suo coniuge e si unisce tramite vincolo coniugale a un’altra persona (sia attraverso il matrimonio civile, sia tramite la mera convivenza) passa a vivere in pubblico adulterio” (p. 58).
Se teniamo all’istituzione del Matrimonio (unico, stabile, monogamico, eterosessuale), fonte di pace, di amore, di serenità e di vera educazione dei figli, dobbiamo lottare come possiamo contro il divorzio e la mentalità divorzista. Seguendo così la dottrina cristiana, come espressa chiaramente nel Catechismo, ed anche la stessa ragione umana, che ci dice che una società senza matrimoni, verso cui ci stiamo avviando, comporterà l’auto-distruzione della civiltà.
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1 commento:

  1. Se il vaticanese è come il politichese, tutto ovatta e parole pesate col bilancino, quando dal Vaticano si arrischiano a dire che 'il pontefice dà qualche segno di insofferenza' vuol dire che sta dando fuori di matto.

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