ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 28 agosto 2016

“Dov’è l’uomo?”. O meglio: “Dov’era l’uomo?”

"Così dal male può nascere il bene", dice mons. Cavina.

Il vescovo di Carpi, uno dei comuni più colpiti dal terremoto in Emilia del 2012, riflette sul significato del dolore di fronte al sisma che ha ferito il centro Italia. "Davanti a tragedie come questa l'uomo scopre di avere bisogno di Dio"

Terremoto in centro Italia (Foto LaPresse)
Guardando alle macerie di Amatrice, Accumoli e degli altri luoghi colpiti dal terremoto del 24 agosto scorso, la mente torna in modo ineluttabile a quanto accadde qui, in Emilia, quattro anni fa. Si rivive la medesima esperienza. Eventi come questi ci inducono a riconsiderare la verità sull’uomo e sul creato. E’ sufficiente un attimo: la terra trema e possiamo perdere ogni cosa, inclusa la vita. In pochi secondi. L’uomo che si crede signore assoluto e padrone della propria esistenza vede sgretolarsi in un attimo ogni umana certezza. E’ proprio in tragedie come questa, come quella che ha colpito Carpi e la bassa pianura emiliana nel 2012 e il centro Italia qualche giorno fa, che si ha la dimostrazione di come noi siamo tutto meno che autosufficienti. Siamo creature che dipendono da un Altro, ed è inevitabile che dinanzi a catastrofi simili si aprano spazi al trascendente, che vadano oltre la mera dimensione orizzontale.


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In Emilia, piano piano, abbiamo scoperto questo bene che può sgorgare dal disastro. La fede aiuta a vederli: le popolazioni che guardavano agli antichi luoghi di culto chiusi, aspettando la loro riapertura, la nascita di tante vocazioni religiose. E’ stata una riscoperta delle proprie radici ma ancora di più della dimensione trascendente che si chiede a chi vogliamo affidare la nostra vita.
Si incolpa Dio di queste tragedie, ma si dimentica che spesso la responsabilità è anche dell’uomo, che non è stato capace di usare al meglio l’intelligenza e la competenza che proprio Dio gli ha donato. Penso a come sono state costruite le case, le chiese, le scuole, a come sono state restaurate. Anche in questo caso, parlo per esperienza diretta. Questi drammi, poi, ci richiamano alla necessità di realizzare una forte coesione civile per superare il momento terribile in cui si vedono svanire gli affetti d’una vita, crollare le proprie abitazioni ed essere costretti a vivere in tendopoli o campi attrezzati. E’ necessario che tutte le diverse istituzioni (e cioè quelle religiose, lo stato e la sovrintendenza sismica) lavorino insieme e in modo concorde per il bene della popolazione. La società civile deve dimostrare di poter lavorare unita, perché solo così sarà possibile superare il dramma.
di Francesco Cavina | 27 Agosto 2016  
Mons. Francesco Cavina è vescovo di Carpi, uno dei centri più colpiti dal terremoto del 20 maggio 2012.

DOV'E' DIO DOV'ERA L'UOMO

    Dov'è Dio ma soprattutto dov'era l'uomo. Ad ogni terremoto si sente la solita domanda “Dov’è Dio?”. Occorre fare una seria riflessione sulla natura: l'uomo non può pensare di essere “padrone” del creato ma dev'esserne il “custode” 
di D. Bonvegna  
  


Ad ogni terremoto, si sente la solita domanda che il solito cronista pone al religioso di turno, in questo caso la domanda retorica questa volta l'ha fatta, Debora Donnini giornalista di radiovaticana a monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti:“Di fronte a tanta morte e distruzione, sicuramente la domanda che sgorga nel cuore di tanti è: “Dov’è Dio?”. Intanto menomale che c'è Dio, almeno possiamo prendercela con qualcuno, immaginate se non c'era niente, a quale disperazione acuta sarebbe precipitato l'uomo. Tuttavia questa“è una domanda che, peraltro, ci accompagna sempre nella vita, quando siamo posti di fronte alla questione fondamentale che è quella della morte”. Ha detto monsignor Pompili,“Certamente la fede ci ispira non la disperazione, ma la speranza che tutto questo possa avere un senso. Ma in questo momento è difficile. Quello che è dato di credere è che sicuramente Dio è sempre dalla parte di chi sta soffrendo, in modo particolare”.

Ma alla domanda provocatoria, il coraggioso vescovo ha risposto con un'altra domanda altrettanto provocatoria:“Accanto a questa domanda - “Dov’è Dio?” - forse bisognerebbe poi, subito dopo, collocarne un’altra: “Dov’è l’uomo?”. O meglio: “Dov’era l’uomo?”, perché la fragilità del sistema del nostro Paese è anche tale, che di fronte ad un evento certamente significativo, ci si ritrova ogni volta a contare i danni. Forse questa è l’ennesima volta in cui siamo costretti a chiederci se abbiamo fatto tutto il possibile per evitare che di fronte a questi fenomeni della natura, peraltro imprevedibili, si potesse reggere l’urto in maniera differente”. In un'altra intervista il vescovo ha allargato la riflessione facendo riferimento al Giappone, che di fronte a scosse del 6.0 non avrebbe avuto la carneficina che c'è stata qui ad Amatrice.
La trasmissione,“Sulla via di Damasco”, di Rai2, condotta tutti i sabati da monsignor Giovanni D'Ercole, questa mattina non poteva che essere dedicata interamente al terribile terremoto del centro Italia. Del resto monsignor D'Ercole, attualmente, arcivescovo di Ascoli Piceno, dopo qualche ora del sisma si è subito recato sui luoghi del disastro, aiutando come poteva la gente che aveva bisogno. Peraltro monsignor D'Ercole non è nuovo a queste situazioni, di condivisione, è stato vescovo dell'Aquila, mandato apposta sei mesi dopo il terremoto per coadiuvare monsignor Molinari. Qui subito si è dato da fare, sporcandosi anche materialmente le mani, aiutando la gente a togliere le macerie.“D'altronde se vuoi salvare qualcuno che è caduto nel fosso, non basta esortarlo a uscire con belle parole. Devi anche tu, in qualche modo, scendere con lui nel fosso per risalire faticosamente insieme. La condivisione con chi soffre, ecco quello che occorre”.
In questa puntata speciale di Rai2, monsignor D'Ercole presenta le voci che giungono dalle zone interessate dal violento terremoto raccontando il dolore, la fede e la speranza di chi è sopravvissuto. In particolare si è seguito il lavoro delle squadre di soccorso dei volontari del Corpo Italiano del Sovrano Ordine di Malta al lavoro per assistere le vittime, qualche intervista ai parroci, che hanno operato a fianco delle popolazioni colpite di Arquata, Pescara del Tronto, Accumoli e Amatrice.
Alla fine della trasmissione monsignor D'Ercole, ha fatto delle riflessioni, molto simili a quelle che ho trovato nel suo libro,“Nulla andrà perduto”, pubblicato da Piemme (2012). Secondo il vescovo è necessario guardare oltre, e pensare che il vero post terremoto inizia quando si spengono i riflettori, come giusto che sia. Quando i volontari, la protezione Civile, tutti andranno via, è allora che comincia la sfida. E proprio in questo momento che rimani solo, che non hai più i tuoi cari, la casa che occorre intervenire per ricostruire le relazioni spirituali.
Sono delle riflessioni che il prelato aveva già fatto per le popolazioni dell'Aquila. “Con il trascorrere dei giorni mi resi conto che […] si dovrebbe pensare meno ai mattoni e più agli uomini”. Adesso è la sfida:“l'emergenza più preoccupante è quella delle relazioni”.
Anche D'Ercole si è posta la domanda più difficile:“Perché la sofferenza e la morte? Provate a dare qualche spiegazione a una persona che sotto le macerie ha perso la moglie e i figli, rimanendo sola al mondo”, come quel padre di famiglia che monsignor D'Ercole ha incontrato all'obitorio di Ascoli, tutto solo, appena ha visto il vescovo, gli ha chiesto:“padre, adesso che faccio”.
Il dolore sarà sempre con noi, con i cristiani, basta guardare ai santi, a Nostro Signore che ha sofferto sulla croce.“La vita è un tessuto di mille scampoli legati insieme dal filo misterioso del dolore”. Una cosa bisogna evitare:“addossare la colpa del dolore e del male a Dio[...] Pensare che ci sia un Dio disposto a far tremare la terra per crearci problemi e danni, mi pare indebito oltre che ingiusto”. E qui occorre fare una seria riflessione sulla natura, l'uomo non può pensare di essere “padrone” del creato, ma dev'essere “custode”. Se non rispetti la natura, si vendica.
Spesso i disastri ecologici, sono anche conseguenza d'irresponsabili comportamenti dell'essere umano. Si possono fare tanti esempi, penso al mare moto di New Orleans, che ha causato migliaia di vittime, proprio perchè avevano costruito a ridosso del mare. Pertanto,“prima allora di prendersela con Dio, non sarebbe meglio riflettere sugli abusi dell'uomo nei confronti del creato? Perchè meravigliarsi se la natura si vendica quando per essa non abbiamo rispetto? Il mancato rispetto della natura prima o poi si paga. Purtroppo succede che a pagare le conseguenze sono assai di frequente i poveri innocenti e le popolazioni inermi”.
E allora termino con una speranza, con un sogno:“Sogno che il giorno dopo l’ultima “calamità naturale” non vengano più costruiti ospedali e scuole di carta, perché così si guadagna di più…; che su tali costruzioni vengano effettuati i più severi controlli di agibilità, a scadenza fissa; che non vengano concessi permessi di edificabilità dove capita, semplicemente perché si è “unta” la persona “giusta”, ma si rispettino le norme corrette, che pure esistono; che dopo la fase del “cuore in mano” e del “siamo tutti solidali”, noiosissima ma comprensibile, si passi a quella della rigida applicazione delle leggi, evitando di sostituire la fase de “il cuore in mano” con quella del portafoglio in mano, di chi deve pagare “la stecca” e chi incassarla”.(Piero Visani, Il giorno dopo la “calamità naturale”, ho un sogno...26.8.16 destra.it)

S. Teresa di Riva ME, 27 agosto 2016
Festa di S. Monica          

DOV'E' DIO MA SOPRATTUTTO DOV'ERA L'UOMO

di Domenico Bonvegna
http://www.ilcorrieredelleregioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=9490:dove-dio-ma-soprattutto-dovera-luomo&catid=70:chiesa-cattolica&Itemid=96


Giornata di lutto nazionale di silenzio e di preghiera in suffragio delle 283 vittime del terribile terremoto del 24 agosto che ha flagellato tanti centri del Lazio, dell'Umbria e delle Marche. 
Poco fa ad Ascoli Piceno durante le esequie dei 36 morti di quella Diocesi il Vescovo Mons. Giovanni D'Ercole nella bellissima omelia (che posteremo per intero) aveva esordito: "E adesso, Signore, che si fa? Dai familiari delle vittime; da chi si ritrova senza famiglia e senza casa; dai giornalisti in cerca di notizie; dai parenti e dagli amici nell’obitorio fra le salme che aumentano con il passare delle ore e dei giorni. 
Domande spesso solo pronunciate con il pianto e lo sguardo perso nel nulla. 
Esiste una risposta? 
Spesso l’unica è il silenzio e l’abbraccio...  quante volte, nel silenzio agitato delle mie notti di veglia e  d’attesa, ho diretto a Dio la stessa domanda che mi sono sentito ripetere da voi in questi giorni. 
A nome mio, nel nome di questa nostra gente tradita dal ballo distruttore della terra: e adesso che si fa? 
Mi sono rivolto a Dio Padre, suscitato dall’angoscia, dall’avvilimento di esseri umani derubati dell’ultima loro speranza... ...
Quando penso al terremoto mi viene in mente l'aratro che spacca la terra, dissoda, ma sotto il solco
che lascia rinasce la vita. 
Ecco, sotto le macerie c'è qualcosa che dice a noi che le nostre campane torneranno a suonare".
Affidiamoci infine alle riflessioni spirituali suggerite  dal Priore del Monastero Benedettino di Norcia, ricordando ( QUI ) che possiamo essere tutti concretamente vicini ai quei cari monaci senza dimenticarci di indirizzare la nostra solidale preghiera  anche alle altre Comunità monastiche o conventuali del Lazio, dell' Umbria e delle Marche; ai Parroci e alle Comunità parrocchiali che hanno avuto le chiese , antiche o moderne, gravemente lesionate :chissà quando potranno essere riaperte  al Culto Divino per l'edificazione spirituale dei Fedeli! 
Preghiamo, preghiamo, preghiamo.  
AC

Norcia, ferita al cuore spirituale dell'Europa malata Monaci sfollati: "Resteremo per ricostruire" 
di Cassian Folsom, O.S.B.* 

"Mercoledì 24 agosto era la festa di San Bartolomeo, giorno in cui il Mattutino doveva iniziare alle 3.45. 
Intorno alle 3.30, quando eravamo già tutti in piedi, ringraziamo Dio, la terra ha iniziato a tremare.
Abbiamo altre esperienze di terremoti nei sedici anni passati qua a Norcia, ma mai niente di simile. Fa una gran paura sentire la terra ruggire e vedere l’edificio dondolare di qua e di là quasi fosse ubriaco. 
Istintivamente siamo tutti usciti e ci siamo assembrati fuori, nella piazza davanti al monastero. 
Ci siamo stretti l’uno all’altro per via del freddo, mentre nuove scosse facevano scricchiolare la terra sotto i nostri piedi. 
I monaci e i cittadini si sono tutti ritrovati spontaneamente sotto la statua di San Benedetto che si trova al centro della piazza. 
I monaci hanno iniziato a pregare il Rosario e molti cittadini si sono uniti a loro. 
Quindi abbiamo ringraziato Dio con tutto il cuore per averci risparmiato la vita. 

Dall’altro lato della montagna, ad Amatrice e ad Accumoli, il terremoto ha livellato le città, lasciandosi appresso morte e distruzione. 
Ci sentiamo in lutto per la tragica morte di queste persone e siamo addolorati per i parenti e gli amici. Infatti, come dicono le Scritture: “Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi" (Sap 1,13). 
La morte improvvisa è particolarmente dolorosa, perché non ti dà il tempo di prepararti.
Ecco perché San Benedetto prescrive ai suoi monaci di “prospettarsi sempre la possibilità della morte”, in modo che siano sempre pronti, anche di fronte ad una morte violenta e improvvisa che arriva inaspettata nel mezzo della notte. 
L’entità dei danni a Norcia è grave. 
Non si tratta di un solo terremoto, ma di molti terremoti, con scosse continue, perfino ora che scrivo (48 ore dopo). 
Nel monastero abbiamo avuto molti danni superficiali, abbastanza facili da riparare, ma sono presenti anche danni strutturali molto più gravi.
L’ufficiale della Protezione Civile venuto a fare un’ispezione nel pomeriggio del primo giorno, ci ha esortati a lasciare l’edificio, in quanto alcune parti di esso non erano sicure. 
Le scosse successive hanno aggiunto danni ai danni. 
La basilica di San Benedetto è stata gravemente colpita. 
Il muro dietro l’altare di San Benedetto si è crepato e gli stucchi sono crollati. 
Se un monaco si fosse trovato a celebrare la messa davanti a quell’altare (come spesso capita la mattina presto) sarebbe morto. 
La facciata si è separata dal corpo della chiesa. 
Non sappiamo ancora in che condizione siano i nostri lavori di restauro, sui quali abbiamo investito tanto lavoro e tante risorse! 
La chiesa è chiusa e ci vorranno mesi, forse un anno, per ripararla. 

Naturalmente la realtà dei fatti è che viviamo in una zona sismica. 
Alcune persone subiscono uragani, altre cicloni o tifoni; noi abbiamo terremoti. 
Ci sono due tipi di comportamenti rispetto a fatti di questo tipo. 
Uno, è una specie di rassegnazione. 
L’altro, è affidare tutto alla provvidenza divina. 
I monaci fanno un voto di stabilità. 
Uno dei frutti di questo voto è quello che chiamiamo “amore del luogo”.
Noi amiamo questo luogo. 
E lo ricostruiremo. 
C’è un’interpretazione spirituale che possiamo dare al terremoto di San Bartolomeo del 2016. 
Mi viene in mente un’antifona pasquale: “Ecce terraemotus factus est magnus...”(Ed ecco avvenne un grande terremoto…). 
L’antifona fa riferimento alla reazione della creazione di fronte alla resurrezione di Cristo. 
Anche noi risorgeremo di nuovo alla fine dei giorni, quando il Signore verrà a giudicare i vivi e i morti. 
Un tempo era normale meditare sui Novissimi (morte, giudizio, paradiso, inferno). 
Sarebbe bello riprendere questa consuetudine. 

Ci sono due simboli che possiamo trarre da questa storia e che ci invitano a fare riflessioni importanti. 
Innanzitutto, la Basilica di San Benedetto e l’altare del santo sono gravemente danneggiati. 
La cultura cattolica della civiltà occidentale sta crollando. 
Ce l’abbiamo davanti agli occhi. 
Il secondo simbolo è l’assembramento di persone attorno alla statua di San Benedetto in piazza, unite nella preghiera. 
Questo è l’unico modo di ricostruire. 

*Priore del Monastero di Norcia

Fonte : La nuova Bussola quotidiana
Immagine 1: Il campanile parrocchiale della frazione San Pellegrino a 4 km da Norcia. (Foto Il Messaggero). Riferendosi ad un altro paese un Lettore ci ha fatto notare: "L'immagine di quel campanile  con le campane Pasqualini - celebre Fonderia di Campane N.d.R.- indenni e la croce, unico superstite è una delle immagini per me più forti...Crux stat dum volvitur".

Altre due foto della violenza distruttrice del sisma del 24 agosto in altrettanti chiese delle Marche:



- Falerone (Fermo) Chiesa di San Francesco SUSPENDIMUS ORGANA NOSTRA. L'Organo Morettini 1835, inaugurato sabato 20 agosto 2016, dopo esser stato muto per decenni. Circa 70 ore di gioia per gli abitanti di Falerone, poi la notte del 24 agosto alle 3:36 l'Organo è stato ridotto per sempre al silenzio dal violentissimo sisma!  SUSPENDIMUS ORGANA NOSTRA.


 - Treia (Macerata): particolare del presbiterio del Santuario del Santissimo Crocifisso in cui si conserva la veneratissima e miracolosa statua lignea di N.S.G.C. in Croce.

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