ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 19 novembre 2016

Non c'é pace fra le sequoie?

Il papa tace, ma il neocardinale suo amico parla e accusa. Non c'è pace su "Amoris laetitia"

Farrell
Mentre a Baltimora i vescovi degli Stati Uniti erano tutti riuniti ad eleggere il loro nuovo presidente e vicepresidente, l'arcivescovo Kevin J. Farrell, fino a metà estate titolare di Dallas, non era con loro ma se ne stava a Roma. Con le sue buone ragioni, data la sua fresca nomina a prefetto del nuovo dicastero vaticano per i laici, la famiglia e la vita, e l'ancor più fresca promozione a cardinale.
Eppure, da Roma, forte del suo nuovo ruolo e della prossimità al papa, Farrell non ha mancato di tirare una bordata contro uno dei suoi colleghi americani più rappresentativi, Charles J. Chaput, arcivescovo di Philadelphia e presidente, negli States, della commissione episcopale per l'applicazione di "Amoris laetitia".
E la bordata ha riguardato proprio questa controversa esortazione postsinodale, oggetto nei giorni scorsi di un clamoroso appello, fin qui inascoltato, di quattro cardinali al papa, perché sia fatta chiarezza sui suoi passaggi più ambigui e generatori di conflitti:

Farrell ha sferrato il suo attacco dalle colonne dell'agenzia ufficiale della conferenza episcopale degli Stati Uniti, il Catholic News Service, in un'intervista a cura della sua veterana Cindy Wooden, poi rilanciata dal portale "Crux" diretto da John L. Allen, il numero uno dei vaticanisti americani, con questo titolo che va dritto al punto:
"Io non condivido il senso di ciò che l'arcivescovo Chaput ha fatto", ha detto  il nuovo "zar" vaticano della pastorale della famiglia. "La Chiesa non può reagire chiudendo le porte ancor prima di ascoltare le circostanze e la gente. Non è così che si fa".
La principale "colpa" di Chaput, secondo Farrell, è di aver pubblicato all'inizio dell'estate per la sua diocesi di Philadelphia delle linee guida che tradirebbero le aperture di "Amoris laetitia", poiché non ammettono alla comunione i divorziati risposati tranne nel caso che vivano come fratello e sorella.
Quando invece secondo Farrell "dobbiamo cercare di trovare le vie per portarli alla piena comunione", seguendo gli insegnamenti di papa Francesco.
Inoltre, Farrell ha detto che invece di lasciare che ogni vescovo faccia nella sua diocesi ciò che ha fatto Chaput, si dovrebbe prima aspettare che l'intera conferenza episcopale di ciascuna nazione si riunisca a decidere una linea comune, senza più divisioni tra un vescovo e l'altro.
Vista l'asprezza dell'attacco, per di più "ad personam", il Catholic News Service ha chiesto a Chaput se voleva replicare. E gli ha inviato quattro domande scritte.
Alle quali l'arcivescovo di Philadelphia ha dato le sue risposte. Salvo poi trovarle riportate solo in minima parte, in poche righe inserite nell'articolo precedente, in una sorta di sua seconda edizione:
E allora eccole qui, nel loro testo integrale, le risposte di Chaput alle quattro domande. In italiano e nell'originale inglese.
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REPLICA ALL'INTERVISTA DEL CARDINALE-DESIGNATO FARRELL
di Charles J. Chaput
D. – La commissione ad hoc di cui lei fa parte ha in programma una consultazione con l'intera conferenza episcopale degli Stati Uniti su come applicare "Amoris laetitia"?
R. – L'ha già fatto. La commissione ha sollecitato riflessioni ed esperienze da parte dei vescovi di tutto il paese. Questo lavoro è stato completato qualche settimana fa. Il rapporto della commissione è stato presentato all'allora presidente della conferenza, l'arcivescovo Kurtz. Il cardinale DiNardo, come nuovo presidente, presumibilmente ne farà l'uso che lui e la dirigenza della conferenza troveranno appropriato.
D. – Perché ha ritenuto importante pubblicare nella sua arcidiocesi le linee guida pastorali che sono entrate in vigore il 1 luglio?
R. – Perché sia il documento finale del sinodo sia papa Francesco in "Amoris laetitia" hanno incoraggiato i vescovi di ciascun luogo a fare così. In realtà la domanda è un po' strana. Sarebbe molto più pertinente chiedere perché mai un vescovo dovrebbe ritardare l'interpretazione e l'applicazione di "Amoris laetitia" a beneficio del suo popolo. Su una materia così vitale come il matrimonio sacramentale, esitazioni e ambiguità non sono né sagge né caritatevoli.
Come si sa, sono stato delegato al sinodo del 2015 e poi eletto e confermato nel consiglio sinodale permanente. Ho quindi una familiarità con la materia e il suo contesto che il cardinale designato Farrell forse non ha.
"Amoris laetitia"  è stata pubblicata l'8 aprile. Le nostre linee guida erano già pronte il 1 giugno, dopo aver consultato il nostro consiglio presbiterale, il consiglio pastorale arcidiocesano, i vescovi ausiliari, la facoltà teologica del seminario e una varietà di liturgisti, canonisti e teologi, sia del laicato che del clero, i quali tutti hanno prodotto eccellenti riflessioni. Abbiamo aspettato fino al 1 luglio per completare una messa a punto finale. Altri vescovi hanno emesso le rispettive linee guida e le risposte adatte alle circostanze delle loro diocesi, che solo loro, in quanto vescovi del luogo, conoscono in reale profondità.
D. – Il cardinale designato Farrell ha detto a CNS che a suo giudizio, con la guida del capitolo ottavo di "Amoris laetitia" un pastore non può dire a tutti i divorziati e civilmente risposati: sì, fai la comunione. Ma nemmeno può dire a tutti: no, la comunione non è possibile a meno che viviate come fratello e sorella. Come risponde a questa osservazione?
R. – Mi chiedo se il cardinale designato Farrell abbia davvero letto e compreso le linee guida di Philadelphia che sembra mettere in questione. Le linee guida mettono un chiaro accento sulla misericordia e la compassione. Ciò ha senso in quanto le circostanze individuali sono spesso complesse. La vita è complicata. Ma misericordia e compassione non possono essere separate dalla verità e rimanere virtù autentiche. La Chiesa non può contraddire o aggirare la Scrittura e il suo stesso magistero senza invalidare la sua missione. Questo dovrebbe essere ovvio. Le parole di Gesù stesso sono molto dirette e radicali, in materia di divorzio.
D. – Ha qualche altro commento che desidererebbe fare?
R. – Penso che ciascun vescovo negli Stati Uniti provi una speciale fedeltà a papa Francesco come Santo Padre. Noi viviamo questa fedeltà facendo il lavoro al quale siamo stati ordinati come vescovi. Secondo il diritto canonico – per non dire del senso comune – il governo di una diocesi appartiene al vescovo del luogo come successore degli apostoli, non a una conferenza, sebbene una conferenza di vescovi possa spesso offrire un valido spazio per la discussione. In quanto ex vescovo residenziale, il cardinale designato Farrell sicuramente lo sa. E questo rende i suoi commenti ancora più strani, alla luce del nostro impegno per una collegialità fraterna.
*
RESPONSES TO CARDINAL-DESIGNATE FARRELL INTERVIEW
by Charles J. Chaput
Q: Is your ad hoc committee planning a consultation with the entire USCCB about implementing "Amoris Laetitia"?
A: It's already done. The committee solicited thoughts and experiences from bishops around the country. That work was completed some weeks ago. The committee report was then presented to Archbishop Kurtz as USCCB president. Cardinal DiNardo, as the new conference president, will presumably act on it as he and conference leadership find appropriate.
Q: Why did you feel it was important to issue pastoral guidelines in your archdiocese that went into effect July 1?
A: Because both the final synod document and Pope Francis in "Amoris Laetitia" encouraged local bishops to do so. Actually you ask a rather odd question. It's more sensible to ask: Why would a bishop delay interpreting and applying Amoris Laetitia for the benefit of his people? On a matter as vital as sacramental marriage, hesitation and ambiguity are neither wise nor charitable.
You'll recall, I'm sure, that I was a delegate to the 2015 synod and then elected and appointed to the synod's permanent council.  So I'm familiar with the material and its context in a way that Cardinal-designate Farrell may not be.
"Amoris Laetitia" was issued on April 8. Our guidelines were actually ready by June 1, after consulting our Priests' Council, Archdiocesan Pastoral Council, auxiliary bishops, seminary faculty, and a variety of liturgical, canonical and theological experts, both lay and clergy -- all of whom made excellent suggestions. We waited until July 1 to complete a final review. Other bishops have issued their own guidelines and responses consistent with the circumstances of their dioceses, which only they, as local bishops, know with real intimacy.
Q: Cardinal-designate Farrell has told CNS that he believes that under Chapter 8's guidance, a pastor cannot say to all divorced and civilly remarried: Yes, receive communion. But neither can they say to all: No, it's not possible unless you live as brother and sister. How would you respond to this observation?
A: I wonder if Cardinal-designate Farrell actually read and understood the Philadelphia guidelines he seems to be questioning. The guidelines have a clear emphasis on mercy and compassion. This makes sense because individual circumstances are often complex. Life is messy. But mercy and compassion cannot be separated from truth and remain legitimate virtues. The Church cannot contradict or circumvent Scripture and her own magisterium without invalidating her mission. This should be obvious. The words of Jesus himself are very direct and radical on the matter of divorce.
Q: Do you have any other comments you would like to make?
A: I think every bishop in the United States feels a special fidelity to Pope Francis as Holy Father. We live that fidelity by doing the work we were ordained to do as bishops. Under canon law -- not to mention common sense -- governance of a diocese belongs to the local bishop as a successor of the apostles, not to a conference, though bishops' conferences can often provide a valuable forum for discussion. As a former resident bishop, the cardinal-designate surely knows this, which makes his comments all the more puzzling in the light of our commitment to fraternal collegiality.

Settimo Cielo di Sandro Magister 18 nov http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/11/18/il-papa-tace-ma-il-neocardinale-suo-amico-parla-e-accusa-non-ce-pace-su-amoris-laetitia/

Il neo cardinale Farrel critica mons. Chaput. Che risponde

AbchaputIl battibecco tra il vescovo di Philadelphia, monsignor Charles Chaput, e il neo cardinale Kevin Farrel, prefetto del neo dicastero per laici, famiglia e vita, è interessante rispetto alle questioni interpretative di Amoris laetitia. Perchè offre diversi spunti di riflessione. Per certi versi è paradigmatica dello scontro interpretativo che riguarda il capitolo VIII dell’esortazione che tante polemiche solleva, fino ai 5 “dubia” di recente sollevati da quattro cardinali.
LE LINEE GUIDA DI MONS. CHARLES CHAPUT
Nel luglio 2016 il vescovo di Philadelphia, padre sinodale ad entrambi i sinodi sulla famiglia, aveva diffuso nella sua diocesi dellelinee guida circa l’interpretazione e il recepimento dell’esortazione Amoris laetitia. Come richiesto dall’esortazione stessa, monsignor Chaput ha offerto alcuni criteri per la «la via del discernimento», così come esplicitamente indicato al paragrafo n. 300.
Nel caso specifico dell’accesso all’eucaristia dei divorziati risposati il documento pastorale del vescovo indica che «ogni cattolico, non solo i divorziati risposati civilmente, deve sacramentalmente confessare tutti i peccati gravi di cui lui o lei è a conoscenza, con un fermo proposito di cambiare la propria condotta, prima di ricevere l’Eucaristia. (…) Per le persone divorziate e civilmente-risposate, l’insegnamento della Chiesa impone loro di astenersi dall’intimità sessuale. Ciò vale anche se essi devono (per la cura dei loro figli) continuano a vivere sotto lo stesso tetto. L’impegno a vivere come fratello e sorella è necessario per i divorziati risposati civilmente per ricevere la riconciliazione nel sacramento della Penitenza, che potrebbe poi aprire la strada per l’Eucaristia.».
LA CRITICA DEL NEO CARDINALE KEVIN FARREL
Ma il neo cardinale Farrel, in una recente intervista, ha apertamente criticato le linee guida della diocesi di Philadelphia, per due ordini di motivi:
  1. in quanto l’implementazione di Amoris laetitia, a suo parere, sarebbe dovuto avvenire «in comunione con tutti i vescovi», quindi mons. Chaput avrebbe dovuto «aspettare l’assemblea della Conferenza episcopale dove tutti i vescovi degli Stati Uniti, o tutti i vescovi di un paese, si siedono intorno a un tavolo per discutere dell’argomento». Questa modalità, ha aggiunto Farrel, avrebbe evitato «tante divisioni e incomprensioni tra vescovi e diocesi»;
  2. in merito, invece, al chiaro riferimento alla necessità di impegnarsi a vivere in continenza per le coppie di divorziati risposati che vogliono accedere all’eucaristia (come previsto da Familiaris consortio n. 84 e altri documenti del magistero), Farrel ha detto: «non condivido (…) Penso che ci sono molte specie di circostanze e situazioni che dobbiamo guardare. Ogni caso per come si presenta. Credo che sia questo che il Santo Padre dice al proposito, è ciò che si intende quando si parla di accompagnamento, non è una decisione che si prende a prescindere dalla coppia».
LA RISPOSTA DI MONS. CHARLES CHAPUT
Contattato dal Catholic News Service il vescovo di Philadephia è stato disponibile a rispondere alle obiezioni poste dal neo cardinale. Innanzitutto si ricorda che proprio monsignor Chaput è stato posto a capo del comitato istituito dai vescovi americani per l’attuazione di Amoris laetitia.
  1. Per quanto riguarda la prima obiezione posta da Farrel il vescovo di Philadelphia ha sottolineato che sia il «documento finale del sinodo che Papa Francesco in Amoris laetitia incoraggiano i vescovi» a esprimere orientamenti per il discernimento nelle proprio diocesi. Semmai, ha aggiunto, ci sarebbe da chiedersi: «Perchè un vescovo ritarda nell’interpretazione e nell’applicazione di Amoris laetitia a beneficio del suo popolo? Su di una questione così vitale come il matrimonio sacramentale, esitazioni o ambiguità non sono né saggi, né caritatevoli. Vi ricordate, ne sono sicuro, che ero un delegato al Sinodo 2015 e poi sono stato nominato al consiglio permanente del sinodo. Così ho una certa familiarità con il materiale e il contesto in un modo che il neo cardinale Farrel non può avere». Inoltre ha sottolineato che «secondo il diritto canonico – per non parlare di buon senso – il governo della diocesi appartiene al vescovo locale come successore degli apostoli, non a una conferenza, anche se le conferenze episcopali possono spesso fornire un forum importante per la discussione. Come ex vescovo residente, il cardinale designato sicuramente sa questo, il che rende i suoi commenti tanto più sconcertanti, alla luce del nostro impegno per la collegialità fraterna»;
  2. «Le linee guida [della diocesi di Philadelphi, nda] hanno un chiaro accento sulla misericordia e la compassione. Ciò ha senso perché le circostanze individuali sono spesso complesse. (…) Ma misericordia e compassione non possono essere separate dalla verità. La Chiesa non può contraddire o aggirare la Scrittura e il suo Magistero senza invalidare la sua missione. Questo dovrebbe essere ovvio. Le parole di Gesù sono molto dirette e radicali in materia di divorzio». (LB)

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