ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 26 novembre 2016

Un’astuzia mefistofelica


Scacco matto?

Fiant dies eius pauci, et episcopatum eius accipiat alter (Sal 108, 8).


Pregare con queste parole ispirate dallo Spirito Santo: se non altro possiamo fare questo. Quando si ha di fronte un muro di gomma, a che serve protestare o argomentare? Quando dall’altra parte si evita sistematicamente di entrare nel merito delle questioni e ci si sottrae regolarmente al confronto dirottando il discorso su psicologismi stantii miranti a squalificare l’obiettore, tacciato di rigido, fariseo, insensibile e ottuso…? Quando l’interlocutore ha una mentalità idealistica e gnostica che pensa la realtà in termini di processo intrinseco alla storia, indipendente dal volere e dall’agire degli individui, consacrandolo con l’etichetta di Spirito Santo…? Quando tale individuo giustifica le sue aberrazioni come naturale maturazione di un concilio per molti aspetti controverso, le cui “aperture” avrebbero innescato un motus divenuto proprio con lui – vedi caso – in fine velocior…? Quando costui utilizza machiavellicamente tutto (comprese le opposizioni) a proprio vantaggio, perché per lui l’unica cosa che conta è raggiungere l’obiettivo, non importa con quali mezzi…?



Il 9 aprile scorso avevamo previsto che l’Amoris laetitia in ogni caso si sarebbe imposta: in bene o in male, se ne sarebbe comunque parlato – ed era quello che si voleva, perché il semplice fatto che si discutesse di certe cose, fino allora inammissibili, le avrebbe rese a poco a poco accettabili, poi normali e infine obbligatorie. Provi ora un prete a negare l’assoluzione a un divorziato risposato civilmente… il più zelante e solerte a crocifiggerlo potrebbe essere proprio il suo vescovo. La situazione si è capovolta: è il peccatore che ha ragione. Anche i pochi presuli coraggiosi sono severamente rintuzzati da confratelli più “misericordiosi” che sono scesi dalla montagna per condividere i tormenti della gente di pianura (ma non si sognano nemmeno di scendere dai loro piedistalli, su cui si saranno magari arrampicati con grandi discorsi su fede e ragione, prima che il cambio della guardia facesse loro voltar pagina buttandosi su poveri e perdono). È in atto una vera e propria gara a chi è più bergogliano di Bergoglio: semplicemente grottesco…


Tutto il nostro sostegno, per quello che può contare, va naturalmente ai quattro cardinali che hanno espresso e reso pubblici i loro dubia sulle sconcertanti affermazioni del Capitolo VIII della citata esortazione al peccato, che cancellano con un tratto di penna la dottrina cattolica sul matrimonio definita da Vangelo, Tradizione e Magistero. Unica, nobile perorazione contro l’inqualificabile gogna mediatica che si è immediatamente scatenata contro di loro, la parola limpida, documentata, incontrovertibile di monsignor Athanasius Schneider, solitario quanto impavido paladino della verità di Cristo. L’indiretta risposta dell’interpellato ai cardinali – se di risposta si può parlare – si appella al flusso della vita (?): ciarpame esistenzialoide, una zavorra intellettuale e morale di cui credevamo di esserci definitivamente sbarazzati, con il tramonto di quell’epoca di delirio che ha accompagnato l’infanzia e l’adolescenza di chi scrive; e invece eccolo riapparire intatto in tutta la sua irragionevolezza, riesumato dagli archivi di ambienti culturali talmente avanzati che sono rimasti fermi a quarant’anni fa, senza nemmeno accorgersi dei due pontificati precedenti. Ma in che lingua volete parlare con quel folle? Qualche malcapitato potrà tutt’al più beccarsi un’esplosione d’ira di quelle che, secondo fonti interne, si verificano un giorno sì e l’altro pure. Si è anche parlato di un eventuale atto formale di correzione del Sommo Pontefice: del tutto legittimo nel caso presente, ma stavolta ci vorrebbe qualche prelato in più, che non fosse ormai fuori gioco o senza più nulla da perdere. Stiamo a vedere che succede; se qualcuno ha ancora del fegato, batta un colpo.


Nonostante le apparenze, siamo alle prese con un’astuzia mefistofelica che sta imponendo uno spirituale sistema totalitario, tale da non ammettere la minima eccezione. Pensate alla decisione unilaterale, di cui si vocifera da mesi, di erigere una prelatura personale per la Fraternità San Pio X: che sia un modo per metterne i membri davanti ad un aut… aut in cui saranno costretti a scegliere tra due opzioni entrambe letali? «Io ti offro senza condizioni una soluzione che nessun papa ti ha mai proposto prima, dimostrando così al mondo una generosità inaudita. Ma, se accetti, da quel momento in poi mi dovrai obbedire sottomettendoti alla disciplina vigente, da cui finora eri di fatto esonerato; se invece rifiuti, ciò si potrebbe considerare un atto formale di rottura della comunione ecclesiastica e ti scomunicheresti da solo, attirandoti biasimo e condanna universali. In ogni caso sarebbe la fine della Fraternità, se non immediata, almeno prossima; io però passerò alla storia per aver voluto risolvere la questione con un gesto di liberalità senza precedenti». Chi avrà deciso di entrare nella nuova struttura, rischierà di essere gradualmente assimilato o rinchiuso in una riserva; chi avrà deciso di restarne fuori, se finora c’era un dubbio, a quel punto risulterà scismatico a tutti gli effetti. In parole povere, l’offerta potrebbe rivelarsi uno scacco matto: non si potrà non scegliere, ma comunque si sarà scelto, sarà una catastrofe.


Questo destino, d’altronde, è segnato se uno intraprende una strada senza sbocco e non vuol sentir ragioni. Non si può vivere nella Chiesa come se l’ultimo concilio non ci fosse stato. Dato che non ha carattere infallibile, ma si presenta con l’inedita qualifica dipastorale, è ben consentito criticarne le affermazioni problematiche, ma non ci si può comportare come non fosse avvenuto, salvo per demolirne i testi anche in ciò che è accettabile. Il Magistero posteriore al 1958, poi, non è un semplice pretesto per la caccia all’errore, quasi fosse un gioco enigmistico su cui testare la propria intelligenza e sfoggiare la propria dottrina; esso richiede certo circospetta vigilanza – e questo è senz’altro paradossale – ma non lo si può rigettare a prescindere. Senza questa esclusione assoluta, l’accordo si sarebbe forse potuto raggiungere molto prima; ma ciò presuppone qualche concessione da ambo le parti. Se una delle due è convinta di detenere infallibilmente la verità perché ripropone la dottrina cattolica in una forma immodificabile, un accordo è impossibile; in effetti non c’è stato, finché il gioco era ancora aperto. Ora probabilmente non c’è più tempo: è arrivato qualcuno che, a quanto pare, sta tendendo una trappola a cui non si può sfuggire.


Applicando una griglia concettuale rigida a testi che cercano di stabilire un ponte con la cultura e la mentalità contemporanee, si trovano contraddizioni con il Magistero precedente anche dove non ce ne sono. Non si finirà mai di deplorare il lavoro surrettizio e mistificatorio di chi ha iniettato nei documenti del Vaticano II i germi del conciliarismo, della religione cosmica e del culto dell’uomo, che hanno disintegrato la fede in milioni di cattolici; ma bisognava pur trovare un modo per attenuare la crescente distanza con la società contemporanea, pur senza rinunciare, ovviamente, alla propria identità e alla propria dottrina, ma cercando una maniera adeguata per poter continuare a trasmetterle in un contesto in rapido e profondo cambiamento. Questo lo sostiene uno che, in occasione della beatificazione di Pio IX, dichiarò dal pulpito e ripeté più tardi, davanti a un gesuita che lo detestava, che il Sillabo era stato profetico nel denunciare le tendenze culturali che ci hanno portato alla deriva attuale; non si può tuttavia dimenticare che chi va alla deriva e non se ne rende conto ha bisogno di essere persuaso in termini che gli siano comprensibili.


Abbiamo un immenso debito di gratitudine verso chi, con la sua strenua resistenza, ha permesso alla liturgia tradizionale di sopravvivere, così che anche noi potessimo riscoprirla e riabbracciarla per il bene delle nostre anime e per la nostra salvezza eterna. Questo semplice e sincero riconoscimento valga a dissipare qualsiasi dubbio circa un mutato orientamento o un cedimento al modernismo da parte di chi scrive: è solo l’amore della verità e la sollecitudine per il bene della Chiesa a farlo parlare, anche a costo di sollevare vespai. Chiediamo al Cuore immacolato di Maria di mantenerci insieme sulla rotta giusta, nonché di inviarci al più presto una guida universale all’altezza del compito. Ella ricompensi il merito di quanti hanno conservato per tutti noi il bene inestimabile della Messa antica, sicuro veicolo della fede che salva, suscitando in loro un salutare progresso spirituale e preservandoli dalle trappole. L’unica via d’uscita che ci è dato di intravedere è quella indicata dalla Sacra Scrittura: «Siano pochi i suoi giorni e il suo incarico lo prenda un altro».


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