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sabato 21 gennaio 2017

Accortasi d’esser nata femmina

Bambini “fa’afafine“: il sogno della ministra Fedeli

di Irma Trombetta Marzuoli

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La consapevole prospettiva di genere nei processi educativi importa primariamente la decostruzione critica delle forme irrigidite e stereotipate attraverso cui le identità di genere sono culturalmente e socialmente plasmate, stimolando al contempo l’auto-apprendimento della e nelle complessità”.
Valeria Fedeli scrive così e nessuno che ami la Patria e voglia bene alla lingua italiana dovrebbe perdonarla!
Mostriamo pure indulgenza per il tentativo penoso di farsi chiamare dottoressa.
Fingiamo, consapevoli d’essere al cospetto di gente le cui parole valgono come quelle dei torturati, d’aver dimenticato la promessa di dimissioni nel caso di vittoria del NO.
Ribelliamoci, però, ad un ministro dell’Istruzione che scrive come un azteco inebriato da funghi allucinogeni!
Certo, della Valeria non inquieta solo la sintassi, perché, qualora si riesca, malgrado quella, a capir qualcosa di ciò che intende, sono i contenuti a scioccare.

E’ vero, ma con la stessa tranquillità con la quale pretendo che il mio falegname sappia lavorare il legno e che l’idraulico che pago a peso d’oro capisca qualcosa di tubi, affermo che un ministro dell’Istruzione (che mi costa più del falegname e dell’idraulico!), a meno che non sia Benedetto Croce, non può mostrare tanto disprezzo per i titoli accademici e, men che meno, può permettersi una assoluta, totale, abissale incompetenza nel manovrare i ferri del mestiere.
La meritocrazia è ormai pratica riservata al calcio e non ai direttori di banca, ai primari e ai ministri: se non capisci nulla di sanità/istruzione/economia sarà un inciucio a spalancarti i corridoi del ministero, ma se non sai fare un dribbling o un assist gli ultrà non ti perdoneranno. Tantomeno coloro che col tuo piede intendono guadagnare milioni di euro. Il sempre vituperato calcio conserva, in questo, un sano senso della realtà ed un’etica, (fossero solo quelle della logica e dell’interesse… e della logica per interesse!), che mancano quasi ovunque altrove.
La signora Fedeli, classe 1949 è in possesso di un curriculum ed ha mostrato doti tali che, fosse un calciatore, farebbe… il pallone! Divenuta femminista appena accortasi d’esser nata femmina, a ventun’anni tra le vigorose braccia della CGIL e poi, in età matura, presidente del sindacato tessile europeo, non è mai riuscita ad andare oltre la terza media, malgrado il tempo libero che il non massacrante lavoro da sindacalista concede.
Ci voleva l’acutezza di Gentiloni per capire che un tale cursus honorum (et studiorum!) fosse il non plus ultra per il Dicastero dell’Istruzione, se di quel dicastero si vuol fare un deserto ideologizzato. Mancava il cammello che introducesse le teorie del gender nelle scuole italiane, e il capo del governo l’ha individuato!
Nemmeno il tempo di affidarle il Ministero che fu di Benedetto Croce, di Giovanni Gentile e di Pietro Fedele, che abbiamo già l’elenco dei 23 teatri (a Potenza è l’auditorium don Bosco… povero santo!) nei quali quest’inverno verranno portati alunni dagli 8 ai 16 anni per assistere alla storia (titolo: Fa’afafine) di un bambino trans che cerca di convincere i “cattivi” genitori che essere maschio a pranzo e femmina a cena è non solo possibile, ma auspicabile e, soprattutto, normale. Il ragazzino indossa scarpe lucide rosse, sogna di andare a Samoa per diventare un fa’afafine, cioè un “femminiello”, condizione descritta come “una magia”, “un superpotere” che gli permetterà di sposare il suo amico.
Io non so con che coraggio i docenti accompagneranno i loro ragazzi in questa “avventura” e, ugualmente, non oso immaginare cosa, davanti a tante balordaggini, potrà scatenarsi nella testa di un piccolino di otto anni o di un adolescente frastornato dagli ormoni!
Dio voglia sia solo rigetto e schifo
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 – di Irma Trombetta Marzuoli


Redazione21/1/2017

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