ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 25 febbraio 2017

Non una verità qualsiasi, ma la Verità.


IL GIOGO DEGLI INFEDELI

    «Non ritornate sotto il giogo degli infedeli»: come si è regolato Gesù Cristo il divino Maestro nei confronti delle altre religioni? Ecumenismo, dialogo-interreligioso: quanta confusione si svolgono intorno a queste espressioni
di Francesco Lamendola  

Ecumenismo, dialogo-interreligioso: quanta confusione, quanta ambiguità, quante aberrazioni, talvolta in buona fede, talaltra volute, si svolgono intorno a queste espressioni; e, diciamolo pure, quanto pericolo per le anime, almeno se si prendono sul serio le cose di Dio e non le si riduce a una chiacchierata al bar fra quattro amici, dove ognuno è libero di dire e di fare tutto quel che gli passa per la testa, senza remore e senza particolari responsabilità. Per i cristiani nati, o cresciuti, dopo il Concilio Vaticano II, quelle espressioni hanno un suono familiare e un significato perfino scontato: perciò appaiono come perfettamente canoniche, perfettamente cristiane, perfettamente ragionevoli, giuste e condivisibili. Ma è proprio così?
Dunque, vediamo come stanno in realtà le cose. Il primo obiettivo da raggiungere, non solo per un cristiano, ma per un essere umano che sia degno di questo nome, è l’autonomia del giudizio e la vera libertà della coscienza. L’autonomia del giudizio consiste nel saper valutare le cose in maniera indipendente, senza lasciarsi condizionare dall’opinione prevalente; la vera libertà della coscienza consiste nell’individuare, e nello sforzarsi di praticare, ciò che si riconoscere come vero, giusto e buono, e non semplicemente ciò che appare comodo, facile e piacevole. Per un cattolico, poi, ciò che fa fede è il contenuto della Rivelazione; e le due fonti di questa, come è noto, sono la Scrittura e la Tradizione. Dunque, l’autonomia del giudizio consiste nel vedere se ciò che si fa e si dice, fuori e anche dentro la Chiesa, corrisponde al contenuto della Rivelazione: perché la Chiesa, per la sua parte visibile (la Chiesa pellegrinante), è formata da uomini, i quali, in quanto tali, ovviamente possono sbagliare; e la libertà della coscienza consiste nel regolarsi in base a tale valutazione, onestamente e coerentemente, sempre cercando l’aiuto e l’ispirazione di Dio attraverso la preghiera e i Sacramenti (non solo la preghiera, come fanno i protestanti, perché anche il cristiano più zelante può sbagliare e può sbagliarsi, perfino nelle cose di Dio, se non si tiene costantemente unito a Lui, con umiltà e con fede, attraverso la pratica dei Sacramenti).
Allora: ecumenismo e dialogo interreligioso, che cosa significano? Se significano che il cattolico deve dialogare con tutti e che deve cercare l’unità dei cristiani, allora è una cosa; se invece significano che il cristiano si sente depositario di una verità relativa, così come sono relative anche le altre fedi e le altre verità, o se significa che l’unità dei cristiani va perseguita anche a scapito della verità, allora è un’altra cosa. Nel primo casso, nella prima accezione del termine, un cattolico può dirsi senz’altro sia ecumenico che dialogante; nel secondo caso, no. Valga sempre il modello di Cristo, perché, come Lui stesso ha detto ai suoi discepoli, un servo non è superiore al padrone; e poi, ancora: Non vi chiamo più servi, perché un servo non sa quel che fa il padrone; vi ho chiamato amici, perché vi ho fatto conoscere tutto quello che ho udito dal Padre mio. E allora domandiamoci: come si è regolato Gesù Cristo, il divino Maestro, nei confronti delle altre religioni? Ebbene, è stato molto chiaro: non ha voluto avere nulla a che fare con esse. E tuttavia, non ha escluso i non giudei dal suo piano di salvezza; al contrario: ha detto ai suoi discepoli di andare a predicare in tutto il mondo e a tutte le genti. E qui, crediamo, viene la prima sorpresa, per quei giovai cattolici che considerano come cosa ovvia il dialogo con le altre religioni e con le chiese cristiane separate (le quali, a rigor di termini, e sempre se le parole non esprimono opinioni, ma designano dei contenuti oggettivi, non sono affatto chiese, ma sette scismatiche, perché di Chiesa ve n’è una sola, non due, non tre, non venti: la Chiesa fondata da Gesù Cristo, cattolica, apostolica e romana). Gesù non ha mai dialogato con le altre religioni o con i loro sacerdoti, né ha mai insegnato o raccomandato ai suoi seguaci di dialogare con essi. Questo, almeno, se vogliamo stare a quel che dicono i Vangeli e gli altri libri del Nuovo Testamento, e non inventarci un Gesù che non esiste e un redentore che non può redimere nessuno, perché sarebbe una contraddizione in termini credere in un redentore che viene ad annunciare una verità relativa, una verità provvisoria e con riserva.
Niente affatto: Gesù parlava con autorità, questa è l’espressione che adoperano gli evangelisti; e parla con autorità colui che sa quel che dice e sa di non essere venuto a rendere testimonianza a se stesso, ma a rendere testimonianza alla Verità, che è Dio. Gesù insiste su questo concetto, vi ritorna più volte: tutto ciò che ha insegnato ai suoi discepoli, lo ha trasmesso fedelmente dal Padre suo; la sua parola è verità, perché è la Parola di Dio; anzi, è Lui stesso Parola di Dio, il Verbo fattosi carne per amore degli uomini.
Nell’imminenza dell’estremo commiato prima della Passione, pochi istanti prima di uscire dal cenacolo, Gesù, la notte di venerdì santo, alla presenza dei discepoli – undici, perché Giuda era già uscito per andare a tradirlo - ha levato al Padre suo quella stupenda preghiera, nella quale, fra le altre cose, dice (Giov. 17, 6-24):
Ho manifestato il tuo nome agli uomini, che mi hai dato, scelti di mezzo al mondo: erano tuoi e li hai donati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora hanno conosciuto che tutto quello che mi hai dato viene da te, perché le parole che desti a me le ho date a loro; essi le hanno accolte e veramente hanno riconosciuto che io sono uscito da te, e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non pregio per il mondo, ma per quelli che mi hai donato, perché sono tuoi. Ogni cosa mia è tua ed ogni cosa tua è mia. In essi io sono stato glorificato. Ormai io non sono più nel mondo, ma essi restano nel mondo, mentre io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel nome tuo che mi hai dato, affinché siano una cosa sola come noi. Finché ero con essi, li conservavo nel tuo nome che tu m’hai dato, li ho custoditi e nessuno di loro è perito, tranne il figlio della perdizione, affinché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te, e questo dico mentre sono ancora nel mondo, affinché abbiano la pienezza della mia gioia in se stessi. Io ho comunicato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché non sono del mondo, come neanch’io sono del mondo. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che tu li guardi dal maligno. Essi non sono del mondo, come neppur io sono del mondo. Santificali per la verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato nel mondo me, anch’io ho mandato nel mondo essi. E per loro io santifico me stesso, affinché essi pure siano santificati per la verità.
Né soltanto per questi prego, ma prego anche per quelli che crederanno in me per la loro parola; affinché siano tutti una cosa sola come tu sei in me, o Padre, ed io in te; che siano anch’essi una sola cosa in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. La gloria che mi desti io l’ho data loro, affinché siano una sola cosa, come noi siamo una cosa sola, io in essi e tu in me, affinché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e li hai amati, come hai amato me…
Una cosa, almeno, emerge con estrema chiarezza da questo discorso conclusivo di Gesù: che egli non è venuto nel mondo per annunciare una verità qualsiasi, ma la Verità; e che, per essere suoi seguaci, bisogna accettare sia quella verità, sia la persona di colui che l’ha annunciata. Ma Gesù, nello stesso tempo, non considera come sua la dottrina che ha trasmesso ai discepoli, bensì considera se stesso come il perfetto e obbediente esecutore della volontà di Dio Padre. Pertanto, essere cristiani vuol dire accettare integralmente il Dio di Gesù Cristo e il Vangelo da lui annunziato. Non ci sono altre maniere di essere cristiani. E non ci sono altre religioni che possano rappresentare delle vie verso al verità: perché la verità e una, anche la via per giungere ad essa è una: Io sono la via, la verità e la vita, dice Gesù; e ancora: Chi ha visto me, ha visto il Padre; e ancora: Io e il Padre siamo una cosa sola.
Ma c’è di più. Gesù si rivolge a tutti gli uomini e il suo Vangelo è universale; però non si rivolge a tutte le religioni, perché le altre religioni sono portatrici di un annuncio che non è veritiero. Non solo Gesù non si perde a discutere con i sacerdoti degli dei pagani, ma non dice mai, nemmeno una sola volta, ai suoi discepoli, che il dialogo con i seguaci delle altre religioni può essere utile. A Lui non interessa “dialogare”, ma salvare le anime; non è venuto nel mondo per confrontare il suo messaggio con quello delle altre fedi, ma per condurre gli uomini verso la verità, che è Dio. Lo ribadisce fino all’ultimo, durante il suo processo e poco prima della crocifissione, quando dice a Pilato: Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo, a rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce (Gv. 18, 37).
E non basta. San Paolo, nella Seconda lettera ai Corinzi, mette in guardia quella comunità cristiana dal riavvicinarsi al paganesimo (6, 14-18):
Non ritornate sotto il giogo degl’infedeli. Quale relazione ci può essere fra la giustizia e l’iniquità? O quale unione tra la luce e le tenebre? E quale accordo tra Cristo e Belial? O quale parte ha il fedele con l’infedele? Qual rapporto tra il tempio di Dio e gli idoli? Perché il tempio di Dio vivente siamo noi stessi, come disse Dio: “Abiterò con loro e fra di loro camminerò; io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo”. Per questo: “Uscite di mezzo a quelli e separatevene, dice il Signore, non toccate ciò che è immondo ed io vi accoglierò, vi sarò Padre e voi mi sarete figli e figlie, dice il Signore Onnipotente.
Ed ecco che l’idea che sia ovvio e naturale, per un cristiano, mettersi a dialogare con i non cristiani, con i giudei, con gli islamici, con i buddisti, con gli atei, comincia a scricchiolare, a vacillare; ecco che essa appare già assai meno logica, assai meno naturale. Gesù non dice: non abbiate niente a che fare con le persone; bensì: non abbiate niente a che fare con i loro dei, che sono idoli. La cosa è doverosa. Gli uomini, tutti gli uomini, sono figli di Dio, e a tutti è preparata la salvezza; tuttavia, in quanto seguaci di Belial, i pagani non possono accedere alla verità, e dunque neanche alla salvezza; e i cristiani non devono mescolarsi con loro, per non ricadere sotto la schiavitù della menzogna. I cristiani devono separarsi dai pagani: Uscite di mezzo a quelli e separatevene; altro che marce comuni per la pace, altro che baci e abbracci in sinagoga e nelle moschee; altro che scambi di convenevoli con i rappresentanti delle altre religioni.
Volete sapere come san Giovanni, l’evangelista, chiama le sinagoghe? Le chiama sinagoghe del diavolo (in Apocalisse, 8, 9). Questo perché, per san Paolo – il quale, è bene ricordarlo, è giudeo – i veri Giudei sono quelli che accolgono il Vangelo di Gesù; gli altri, no: Conosco… le calunnie da parte di coloro che si vantano Giudei e non lo sono, ma sono piuttosto una sinagoga di satana. Concetto che san Paolo non si è affatto inventato, ma che era già adombrato nelle parole di Gesù: Vi cacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi uccide crederà di rendere un culto a Dio (Gv., 16, 2). E prima ancora, aveva detto, parlando non ai suoi discepoli, ma ai Giudei, i quali, nel Tempio, cercavano di mettergli le mani addosso per ucciderlo:  Perché non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alle mie parole, voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità(Gv., 8, 43-45).
Voi che avete per padre il diavolo: avrebbe potuto essere più chiaro di così? Chi rifiuta la parola di Cristo, e, pur avendola conosciuta, preferisce ad essa un’altra “verità”, diventa un servitore del diavolo e un membri della sinagoga di Satana. Questo, ai giovani cattolici non è stato insegnato? E non è stato insegnato, nei seminari, agli aspiranti sacerdoti cattolici? Evidentemente no. E allora viene da chiedersi che razza di cattolicesimo sia quello dei cattolici dei nostri giorni, così supremamente ignoranti circa la loro stessa religione; e anche, bisogna pur dirlo, così illogici da poter pensare che vi siano diverse religioni ugualmente vere, e che i cristiani possano accettare tranquillamente le menzogne altrui. Un cattolicesimo svirilizzato, edulcorato, riveduto e corretto per poter piacere al mondo; affinché monsignori come Vincenzo Paglia possano tessere le lodi di Marco Pannella, e affinché teologi come Walter Kasper possano magnificare l’unità d’intenti e di cuori con i luterani, che, più pericolosi ancora dei nemici esterni, hanno cercato di avvelenare dall’interno le fonti stesse della fede cristiana. Codesti cattolici ecumenici e dialoganti si preoccupano di ciò che piace al mondo e temono di offendere gli uomini, ma non si danno altrettanto pensiero se, per caso, stiano offendendo Dio e dispiacendo a Lui.
Scrive san Giovanni nella seconda epistola che porta il suo nome (7-10):
Molti, infatti, sono i seduttori appari nel mondo, i quali non confessano che Gesù Cristo si è incarnato. Ecco chi è il seduttore e l’Anticristo. Vegliate su voi stessi, per non perdere il frutto delle nostre fatiche, ma per riceverne una piena ricompensa. Chiunque va oltre e non rimane nella dottrina di Cristo, non possiede Dio; chi invece rimane saldo in tale dottrina, egli possiede il Padre e il Figlio. Se uno viene da voi e non porta questa dottrina, non lo ricevete in casa, e non salutatelo! Perché chi lo saluta, partecipa delle sue opere malvagie.
Se Gesù si fosse messo a discutere con i sacerdoti di Dioniso, o di Cibele, o di Zoroastro, i Vangeli ce ne avrebbero conservato la memoria, perché il fatto avrebbe avuto una certa rilevanza; non è forse vero? Invece, niente di niente. Ma allora, come mai vescovi e cardinali cattolici, e perfino pontefici, da un po’ di anni in qua, si regolano in tutt’altro modo, si recano nelle sinagoghe e nelle moschee, invitano gli islamici a pregare nelle chiese cattoliche, durante la santa Messa: come mai tutte queste cose? Il servo crede infine d’essere divenuto superiore al Padrone, più intelligente, più generoso di Lui? La neochiesa modernista crede ormai di poter capovolgere la dottrina della vera Chiesa, quella fondata da Gesù Cristo, e affidata a san Pietro?
«Non ritornate sotto il giogo degli infedeli»
di
Francesco Lamendola
 

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