ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 24 febbraio 2017

Si vede che il loro dio non è il nostro

VOLETE STANCARE DIO ?

    In teologia si chiamava e forse si chiama ancora “santa ira di Dio” ma per i biblisti e teologi progressisti è una contraddizione in termini, il loro dio non si arrabbia mai: si vede che il loro dio non è il nostro 
di Francesco Lamendola  




Davanti alla resistenza che il re Acaz gli oppone, mentre sta cercando convincerlo a fidarsi di Dio e a non contare su degli alleati puramente umani, il profeta Isaia, esasperato, a un certo punto esclama: Vuoi stancare Dio, vuoi fargli perdere la pazienza?
Ci par già di vedere insorgere i biblisti e i teologi modernisti e progressisti, e udire le loro indignate proteste: Ma via, questo linguaggio non va preso alla lettera! Si tratta di espressioni pesantemente antropomorfiche, che attribuiscono a Dio dei sentimenti tipicamente umani, come lo stancarsi e il perdere la pazienza. Invece Dio, che è misericordioso, non perde mai le staffe, non si arrabbia come farebbe una pescivendola al mercato. Strano; avevamo sentito parlare di una cosa che, in teologia, si chiamava, e forse si chiama ancora, “ira di Dio”, anzi, la “santa ira di Dio”, perché tutto ciò che è di Dio, è santo, e dunque è santa anche la sua ira. E ci era parso di leggere diversi passi della Bibbia in cui tale ira si manifesta, in occasione di alcuni peccati umani particolarmente odiosi e meritevoli di una punizione immediata ed esemplare. Ma si vede che questi biblisti e teologi modernisti e progressisti ne sanno una più del diavolopardon, volevamo dire che ne sanno una più di Dio in persona, dato che, per loro, l’ira di Dio è una contraddizione in termini, il loro dio non si arrabbia mai, non si sdegna contro i peccatori impenitenti, per quanto orrende siano le loro colpe, mantiene sempre un perfetto autocontrollo, un perfetto aplomb; si vede che il loro dio è un perfetto gentleman, un signore che beve molto Cynar per tenere lontano il nervosismo e il logorio della vita moderna. 
Si vede che il loro dio non è il nostro, decisamente, perché a noi risulta che Gesù Cristo – il quale, se non andiamo errati, è il nostro Dio; anche se quei tali amici progressisti e modernisti invitano ormai a messa pure gli islamici, che lo considerano un semplice profeta, e che considerano bugiarde le nostre Scritture e la nostra Tradizione, nelle quali si afferma chiaramente la sua divinità – qualche volta si è proprio arrabbiato, e anche di brutto. Lasciando perdere quella volta in cui s’infiammò contro i profanatori del Tempio, e li cacciò a pedate, rovesciando i loro banchi e minacciandoli con le funi a mo’ di fruste, ci sono alcune sue affermazioni che suonano fin troppo chiare; come quella volta in cui fece dire a suo Padre, per quando verrà l’ora del giudizio: Via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli! Oppure quella volta in cui disse, parlando di colui che dà scandalo, specialmente ai piccoli e ai semplici: Sarebbe meglio per lui che si legasse al collo una macina da mulino e si precipitasse nel mare! E potremmo continuare per un bel pezzo, citando numerosi passi del Vangelo; ma il Vangelo, si sa, deve essere interpretato: e questa infatti è la linea della neochiesa modernista e semi-protestante, con a capo papa Francesco: anche se un certo Gesù Cristo ha detto questo e quello, ora arrivano loro, i nostri valorosi preti e vescovi modernisti, e ci spiegano come vanno intese quelle parole. Monsignor Galantino, per esempio, ci ha spiegato che Dio non distrusse Sodoma e Gomorra, indignato dalla corruzione dei loro abitanti, dediti al peccato mortale della sodomia; ci ha spiegato che il buon Dio, essendo misericordioso, volle risparmiarle (il che suggerisce che la sodomia tanto grave non è).
E anche di queste interpretazioni nuovissime e recentissime, sempre più arrischiate e sempre più eretiche, ne potremmo citare a dozzine, ormai: è giunta l’ora in cui, nella Chiesa cattolica, il Magistero non conta più nulla, la Congregazione per la Dottrina della fede non vigila più su niente (e tace se qualcuno la interpella su questioni di dottrina e di fede, come nel caso dei dubia avanzati dai quattro cardinali sulla Amoris laetitia), e chiunque può dire e fare quel che gli pare, ogni parroco e catechista si sente un dottore della Chiesa, tutti pieni di zelo e di spirito santo – lo scriviamo minuscolo, ma solo per prudenza… -, tutti sapienti e intelligenti, todos caballeros, secondo la dottrina tipicamente cattolica del sacerdozio universale dei credenti e della libera lettura delle Scritture, enunciata cinque secoli fa da quel bravo e onesto riformatore di Lutero, un frate molto vicino alle posizioni cattoliche, solo un po’ indignato – e giustamente, si capisce – per le marachelle del clero concubinario e simoniaco; ma così vicino ai cattolici che, in fondo, non val la pena di spaccare il capello in quattro per cercar le differenze, sono cose da nulla e non per niente papa Francesco se ne è andato in Svezia a concelebrare la messa insieme ai suoi seguaci e ammiratori, in occasione dell’anniversario di quella tale, benefica riforma. Del resto, abbiamo letto coi nostri occhi uno strabiliante articolo di Maurilio Guasco, che non è un laico, ma un prete, il quale, sulla rivista di formazione del clero Vita pastorale, intonava l’apologia di Martin Lutero, definendolo un teologo non proprio cattolico, ma insomma abbastanza vicino al pensiero cattolico, e comunque vicinissimo al cuore del Vangelo, il che è la cosa più importante (cfr. il nostro precedente articolo: Se la rivista dei preti intona le lodi di Lutero, pubblicato su Il Corriere delle Regioni il 12/01/2017).
Quel che è avvenuto il 17 febbraio 20017 nella sede di Radio Radicale, a Roma, supera però tutto quanto abbiamo visto sino ad oggi in fatto di dialogo interconfessionale e di proficua collaborazione con i non credenti; e dobbiamo riconoscere che, per un istante, siamo rimasti veramente colpiti, turbati, commossi fino quasi alle lacrime. Consigliamo a tutti, e specialmente ai devoti cattolici, di andare su Youtube (ad esempio, sul blog Acta Apostaticae Sedis) e guardarsi il video di quella memorabile serata. Veniva presentata l’autobiografia postuma del compianto Marco Pannella: Una vita felice; e, fra Enrico Letta e Francesco Rutelli, c’era anche monsignor Vincenzo Paglia. Anzi, soprattutto monsignor Vincenzo Paglia, che ha preso la parola per primo e ha tenuto un elogio funebre dello scomparso, in confronto al quale quello di Tacito per Giulio Agricola, e quello di Marco Antonio per Giulio Cesare, sono stati degli autentici capolavori di sobrietà, pacatezza e senso della mistura, ma, soprattutto, di modestia e discrezione. Dalla sede di quella Radio Radicale che per anni, per decenni, ha caldeggiato e magnificato stupende conquiste civili come il divorzio, l’aborto, l’eutanasia, la droga libera per tutti, il riconoscimento delle unioni civili e dei matrimoni omosessuali, monsignor Paglia, che non è un prete qualunque, ma un pezzo da novanta della gerarchia vaticana e, naturalmente, uno dei più fidati elementi del “nuovo corso” bergogliano, fra l’altro presidente della Pontificia Accademia per la Vita e gran cancelliere del Pontificio Istituito Giovanni Paolo II, monsignor Paglia, dicevamo, arcivescovo della Chiesa cattolica romana, non si è fatto scrupolo di elogiare con espressioni poetiche e altisonanti le sublimi ed eroiche virtù di Marco Pannella, che ha definito una persona dalla profonda spiritualità; e ha concluso il suo intervento affermando che noi tutti dovremmo prendere esempio da lui per la sua preclara passione civile e per l’impegno nei valori in cui credeva. Il tutto infarcito con riferimenti a papa Francesco e al suo eccellente rapporto con Pannella, alla croce del vescovo Romero da cui Pannella “non si staccava mai”, e dal rammarico dello stesso Pannella per il fatto che i cattolici non sono abbastanza fedeli al Vangelo. Queste ed altre simili rivelazioni, che monsignor Paglia ha affidato anche ad una intervista sul noto settimanale cattolico ultraconservatore e tradizionalista Famiglia Cristiana, hanno delineato un quadro di mutua stima e di ottimo affiatamento, non sono solo di ordine personale, ma, a quanto si è capito, anche morale e spirituale, se non addirittura ideologico. Poco mancava che al campione del divorzio e dell’aborto, dell’eutanasia e dell’omosessualità, della droga e delle libere unioni, tutte forme di libertà che Pannella, come è noto, ha non solo sponsorizzato e difeso a spada tratta, come altrettante battaglie di civiltà, ma anche messo personalmente in pratica nella sua vita ricca di spiritualità e moralmente esemplare, di ammiratore di Gandhi, del Vangelo e del vescovo Romero, oltre che, repetita iuvant, del papa Francesco, assai poco mancava che monsignor Paglia attribuisse anche la santità, o che,  almeno, annunciasse di volersi far promotore di un processo di canonizzazione. Altro che san Massimiliano Kolbe, altro che san Giovanni Bosco, altro che san Giovanni Maria Vianney! Ma scherziamo? È di uomini come Marco Pannella, che la Chiesa avrebbe bisogno; di loro e delle loro sante e sacrosante battaglie per i diritti e per la “civiltà”.
Che bello spettacolo, edificante, perfino commovente: un arcivescovo cattolico che intona la vibrata apologia del gran padre di tutti i radicali; di più: che fa l’elogio dell’impegno sociale, dei valori e dell’alta spiritualità del radicalismo: vuoi mettere con santa Maria Goretti o con san Domenico Savio! I radicali, quelli sì che difendono i valori, la purezza, la castità, l’imitazione di Cristo e di Maria; non quei santi bambini, che santi, diciamocela tutta, li hanno fatti così, per mera propaganda, ma che santità vuoi che avessero, cosa vuoi che capissero, in fondo erano solo dei ragazzini ignoranti e la povera Goretti, a dirla qui fra noi, è morta per niente: a chi importano più la castità e la purezza? Non certo al papa Francesco, che si rifiuta di giudicare un gay, perché lui non è nessuno per giudicare nessuno; a meno, beninteso che si tratti di uno sciocco cattolico “tradizionalista”, allora sì che lo giudica, eccome. Qualche epiteto del misericordioso vocabolario bergogliano? Presto fatto: vecchie comarisgrana rosarirestaurazionistisignor e signora Piagnisteicristiani liquidicristiani superficialimummie da museomusi lunghipiccoli mostrifondamentalistiuntuosi e idolatristerili formalisti e cristiani dal cuore nero, e così via di seguito, ce n’è per tutti i gusti e per tutte le taglie. Fa sempre piacere sapere che cosa ne pensa il papa delle sue pecorelle, allo stesso modo che fa sempre piacere sapere cosa ne pensano gli arcivescovi più quotati a proposito di Pannella e delle “battaglie per la civiltà” del benemerito Partito Radicale. Se non ci fossero i Pannella e le Bonino, sai che disastro, con tutto questo clericalismo – come lo chiama sempre papa Francesco – dilagante nella Chiesa cattolica. Brrr! Meno male che ci sono loro, i radicali, i massoni, i progressisti; meno male che ci sono i monsignor Paglia, con le loro Comunità di Sant’Egidio, con i loro amici giudei e islamici, con i loro amici luterani e calvinisti; meno male che ci sono loro, con i loro amici atei e anticristiani, che poi, no, non sono veramente anticristiani, sono solamente anticlericali, e in fondo hanno ragione, non si può mica andare avanti così, con tutti questi preti e questi cattolici che prendono ancora sul serio gli altri venti concili, fino al Vaticano I e – horribile dictu! – al Concilio di Trento; e non sanno, non vogliono capire, quelle benedette teste di legno, che il solo concilio  che faccia testo è il Vaticano II, e tutti gli altri fanno zero, perché  lo spirito santo aveva sonnecchiato duemila anni, ma poi, per fortuna, nel 1962, si è risvegliato e finalmente è sceso sui Pari conciliari, li ha ispirati per benino e ha infiammato i loro cuori con le meravigliose dottrine dell’ecumensimo e del dialogo interreligioso, la prima boccata d’aria fresca nella Chiesa dopo venti secoli di muffa, polvere e lugubre mortorio.
Ormai a papa Francesco non resta che un ultimo passo da compiere: convocare e inaugurare il Concilio Vaticano III, per completare l’opera modernista e progressista e la definitiva apostasia dalla fede della neochiesa sedicente cattolica. Così, invece di procedere al rallentatore, disperdendosi in un dettaglio qua, uno là – la Comunione ai divorziati risposati e quindi adulteri, per esempio – potrà pigliare in un solo mazzo tutte le riforme che ritiene più urgenti ed opportune: dalla piena riconciliazione coi protestanti, accogliendo in toto la loro teologia eretica, alle donne prete e vescovo, ai preti sposati (sia con uomini che con donne: cosa sono questi sessismi e questa omofobia, nel terzo millennio!), alla definitiva messa al bando della santa Messa tridentina, incautamente reintrodotta da Benedetto XVI, all’unione d’armi e di cuori con la chiesa gnostico-massonica, alla definitiva abolizione del Rosario, del culto mariano, dell’obsoleto concetto di peccato, che verrà sostituito dal più laico “errore”, fino al riconoscimento che padre Hamel è stato ucciso in chiesa, sì, ma dai fondamentalisti cattolici, e che Gesù Cristo è morto sulla croce, sì, ma non per le mene del Sinedrio e dei perfidi giudei, bensì per la grettezza e per la durezza di cuore dei cattolici tradizionalisti. A quel punto cadranno, finalmente, le ultime barriere, e l’umanità, affrancata da tutti gli odiosi e pestiferi clericalismi, si abbraccerà in una sola verità agnostica e scettica, in un filantropismo immanentista. Finalmente il cattolico e il musulmano si abbracceranno, e il cattolico la smetterà di mettere l’altro in imbarazzo chiedendogli che fine abbiano fatto un milione di cristiani nel Medio Oriente; finalmente non ci saranno più muri, ma solamente ponti, e l’Europa sarà finalmente islamizzata, ed ogni vecchio contenzioso verrà sepolto nell’oblio, in nome della pace e della fratellanza universale. Avremo cieli nuovi e terre nuove, ma non nell’altro mondo, bensì qui, fra poco, fra pochissimo; e ciascuno sarà felice e contento.
E forse un giorno, un bambino, entrato per curiosità in una delle ultime chiese cattoliche non ancora demolite o non ancora trasformate in supermercati, troverà in terra, sotto uno strato di polvere, un libretto striminzito e consunto, mezzo mangiato dai topi; e, sfogliandolo, con la curiosità che è propria dei bambini, gli capiterà di leggere, per la prima volta in vita sua, con grande stupore, queste strane, stranissime parole, scritte chissà da chi e in nome di chi: subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, gli astri cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte.  Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo…  

Volete stancare Dio?

diFrancesco Lamendola 

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