ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 1 aprile 2017

Il tempo dei falsari

1517-2017:
500 anni di sovversione protestante


1517 – 1617 – Un secolo di luteroterrorismo

Parte seconda







Dal terrorismo fisico al terrorismo intellettuale


Resta un grande paradosso: il protestantesimo, che si è imposto dappertutto col terrore, è riuscito a darsi un’immagine pacifica e non violenta, scaricando sulla Chiesa la responsabilità dei fiumi di sangue che ha fatto scorrere.

Nell’immaginazione collettiva, il protestante è un docile perseguitato. Il cattolico un feroce persecutore.
Come ha potuto imporsi una tale inversione della realtà?


Il tempo dei falsari

Per prima cosa, non sempre la storia è scritta dai vincitori. Nei paesi protestanti in cui i papisti furono eliminati, essa si avverò facilmente protestante. Non così in altri posti.

In Francia, essa non fu cattolica (13). Vincitori sul terreno, i cattolici furono costretti al silenzio dall’autorità reale. Gli editti di pacificazione promulgati dopo ogni Guerra di Religione, impedirono di onorare i martiri. Col pretesto di promuovere la pace, non vi fu il dovere di memoria, ma di amnesia. Tra gli 8.760 sacerdoti e religiosi cattolici, il cui assassinio era accertato, nessuno avrà gli onori della beatificazione (14). Anche gli eroi della Lega sono occulti. Le opere leghiste vengono sequestrate e bruciate per ordine di Enrico IV (1 aprile 1594), sotto pena di morte per coloro che oseranno conservarle in casa (15).
Le Guerre di Religione devono essere coperte dal silenzio. Ma un silenzio unilaterale. I protestanti non dimenticano la famosa, terribile, sinistra notte di San Bartolomeo che distrusse brutalmente le loro speranze. Essi coltivano uno spirito di vendetta. La propaganda anglo-olandese getta continuamente benzina sul fuoco.

Nella Francia del XVII secolo, paradossalmente, la possente predicazione di Bossuet rafforza questo movimento. Egli mette in luce, in maniera irresistibile, le contraddizioni e le variazioni incessanti della dottrina protestante. Quelli che sono sensibili alla logica abiurano in massa. Gli altri devono fuggire ad ogni costo questo terreno razionale e si rifugiano nel sentimento o piuttosto nel risentimento. La spirale della vittimizzazione s’ingrandisce, rafforzata dalle vessazioni di Luigi XIV.

Al tempo stesso, il protestantesimo approfitta del suo indebolimento per diluire le sue responsabilità. Dal lato delle vittime accresce i consensi intorno a lui; dal lato dei crimini invece non è mai colpevole, perché non ha un’autorità centrale: è sempre colpa della setta a fianco!

In più, come tutte le rivoluzioni che si affermano, il protestantesimo assume un’aura conservatrice. A partire dal XVII secolo, un luteranesimo rispettabile succede al luteroterrorismo. Esso riveste l’aspetto rigoroso, mostra il viso severo e l’austero costume nero del pastore virtuoso, le cui mani sanno solo maneggiare la Bibbia. Si può accusare un così degno personaggio di aver commesso dei crimini nella sua giovinezza?

Infine, la migliore difesa resta l’attacco. Per nascondere i suoi crimini, il protestantesimo capisce molto presto che deve soprattutto screditare la sua vittima: mettere lei al posto dell’accusato, per impedirle di lamentarsi. Urlare senza posa contro di lei, ricoprirla di rimproveri, su tutto e su qualsiasi cosa, per costringerla alla difensiva. Ed è ciò che fa da cinque secoli, con un successo crescente. Alla leggenda dorata legata al Medio Evo, il protestantesimo ha saputo opporre una leggenda nera di cui tutti conoscono il ritornello: la formidabile Inquisizione, la spaventosa colonizzazione spagnola, l’abominevole San Bartolomeo, l’angoscioso caso Galileo, ecc. Tutti miti anticattolici, ripresi, sviluppati, amplificati nel XVIII secolo (16), e imposti ai giovani di Francia per mezzo dell’Educazione totalitaria di Jules Ferry, ma distribuiti dalla fabbrica protestante. Tutte cose che non mirano solo ad attaccare la Chiesa, ma servono a distogliere l’attenzione; a nascondere i veri scheletri che il protestantesimo nasconde nei suoi armadi.

La leggenda nera

Volete sentire l’avvocato del protestantesimo? Subito, senza una parola in difesa del suo cliente, egli si lancerà all’attacco:

La repressione del protestantesimo da parte della Chiesa, non è affatto un mito! Osereste negare i roghi dell’inquisizione in Spagna? Quelli del re in Francia? Neghereste il massacro di Wassy? La San Bartolomeo? Le dragonate [incursioni eseguite dai dragoni del re di Francia]? La revoca dell’editto di Nantes?

Visto che egli non ha altri argomenti, prendiamolo in parola. Compariamo!
Sentiamo cosa rimprovera ai cattolici e paragoniamolo con la realtà protestante. Il contrasto sarà molto utile per individuare le caratteristiche della violenza protestante e cogliere la specificità del luteroterrorismo.

Quello che qui importa è solo questa comparazione, poiché non si tratta di confutare tutta la leggenda nera, già bene analizzata da specialisti come Charles Barthélemy, Jean Guiraud, Jean Dumond o Jean Sévillia. Aggiungiamo solo, sulle Guerre di Religione, una particolare menzione del libro di Jean Dumond: L’Église au risque de l’histoire. Egli difende coraggiosamente la Lega (a differenza di Sévillia) e mette insieme una così vasta e solida documentazione che lo storico protestante Pierre Chaunu ha dovuto riconoscere di essere rimasto colpito «dall’estensione e dalla qualità dell’informazione».
Dumond non è mai citato nelle bibliografie ufficiali: merita di essere onorato qui (17).

Ma l’avvocato protestante si spazientisce e riprende il suo ritornello: repressione dell’eresia, Inquisizione, Guerre di Religione, San Bartolomeo, dragonate…
E allora seguiamolo; con una piccola visita guidata ai grandi luoghi comuni del vittimismo protestante.




La Michelade del 29 settembre 1567 a Nîmes: massacrati religiosi e chierici

La repressione degli eretici

La repressione degli eretici? Il vero, grande, enorme scandalo è che i protestanti possano fingere di scandalizzarsi.
Non sono stati gli Stati protestanti che hanno bandito severamente il culto cattolico – spesso sotto pena di morte – fino al XIX o perfino al XX secolo?
Non hanno ferocemente perseguitato i cristiani che volevano semplicemente conservare l’insegnamento di Cristo?
Non li si è sentiti pentirsene.
Per quale aberrazione – o ipocrisia – si indignano per l’intolleranza dei papisti, quando essi ne hanno nutrito almeno altrettanto nei confronti di questi?

Bossuet sottolineava:


Non ho bisogno di spiegarmi sulla questione di sapere se i príncipi cristiani avessero il diritto di servirsi del potere della spada contro i loro sudditi nemici della Chiesa e della sana dottrina, perché su questo punto i protestanti sono d’accordo con noi. Su questo punto Lutero e Calvino hanno scritto dei libri appositi per stabilire il dovere del magistrato. Calvino l’usò nella pratica contro Servet e Valentin Gentil. Malantone ne approvò la condotta in una lettera che gli scrisse sull’argomento.

La disciplina dei nostri riformati permette il ricorso al braccio secolare anche in certi casi, e tra gli articoli della disciplina della chiesa (calvinista) di Ginevra, si trova che i ministri (i pastori protestanti) devono deferire al magistrato gli incorreggibili che disprezzano le pene spirituali e in particolare quelli che insegnano dei nuovi dogmi senza distinzione (18).

Il campione del protestantesimo francese contro Bossuet, il pastore Pierre Jurieu, confessa candidamente:


Dappertutto [la riforma] è stata fatta per mezzo dell’autorità dei sovrani. […] Così a Ginevra per mezzo del Senato; in Svizzera per mezzo del supremo Consiglio di ogni cantone; in Germania per mezzo dei príncipi dell’Impero; nella Province Unite [i Paesi Bassi olandesi] per mezzo degli Stati; in Danimarca, Svezia, Inghilterra, Scozia per mezzo dell’autorità dei re e dei parlamenti; e questa autorità non si è limitata a dare la piena libertà religiosa ai riformati, essa è arrivata fino a sequestrare le chiese ai papisti, a infrangere le loro immagini, a vietare l’esercizio pubblico del loro culto, e questo generalmente dappertutto; e in diversi luoghi è giunta perfino a vietare d’autorità l’esercizio particolare [privato] del papismo (19).

Questo perché il pastore Jurieu, dopo aver rifiutato l’autorità della Chiesa, teme l’anarchia religiosa. Egli reclama quindi, per proteggere la sua fede, l’intervento della sola autorità rimasta: quella del príncipe e dei magistrati. Egli non può sopportare che altri protestanti vogliano affrancarsene. Egli sopravanza i suoi avversari sottolineando che il protestantesimo si è imposto dappertutto per mezzo del potere politico:


In effetti, Ginevra, la Svizzera, le repubbliche e le città libere, gli elettori e i príncipi dell’Impero, l’Inghilterra e la Scozia, la Svezia e la Danimarca hanno impiegato l’autorità del sommo magistrato per abolire il papismo e per stabilire la riforma (20).

La Francia non fa eccezione


Quantunque la riforma sia cominciata in Francia senza l’autorità dei sovrani, tuttavia essa si è stabilita con l’autorità dei grandi; e se i re di Navarra, i príncipi di sangue e i grandi del regno non si fossero intromessi [Bossuet commenta: «rivoltandosi contro i loro re e facendo affondare la loro patria nel sangue delle guerre civili» (21)], la vera religione sarebbe interamente crollata, come fa oggi (22).

E per mostrare ai protestanti liberali la terribile conseguenza del loro rifiuto del potere dottrinale del príncipe, Jurieu ironizza:


Ecco dunque [secondo i loro principii] la Riforma stabilita nel mondo con la violenza, con la costrizione, con dei mezzi ingiusti e criminali. Questi signori sono proprio delle brave persone a voler rimanere in una religione siffatta; che ha fatto peggio del maomettanesimo (23)!

E a Bossuet basta riprendere gli argomenti dell’uno e dell’altro per concludere:


Tutti i protestanti si assestano l’un l’altro dei colpi mortali. L’uno dice che la religione universalmente introdotta con l’autorità e la costrizione non è una religione, ma un’ipocrisia; e che forzare in questo modo le coscienze equivale ad un puro e vero anticristianesimo. L’altro dice: abbandonate dunque la riforma, che costantemente non ha avuto altro fondamento! […] Così che i due partiti non si lasciano reciprocamente alcuna difesa. […] La riforma ha fatto tutto il contrario di quello che si era prefisso: si vantava di persuadere gli uomini con l’evidenza della verità e della parola di Dio, senza alcuna intromissione della volontà umana; era questa la sua massima, ma, nei fatti, essa non ha potuto affermarsi né sostenere, senza quella stessa autorità che aveva appena distrutto; e dal momento che l’autorità ecclesiastica aveva fra loro un fondamento troppo debole, ha capito che poteva stabilirsi solo con l’autorità dei príncipi: così che la religione, come un’opera puramente umana, ha forza solo per essi, tale che a dire il vero ha finito con l’essere una politica (24).

Allorché ai protestanti manca l’autorità reale (come in Francia), devono ricorrere agli attentati:

La forza e l’autorità sono così necessarie alla riforma che in mancanza del potere legittimo, essa ha dovuto servirsi di quello che la forza delle armi e la sedizione danno ai ribelli (25).

In breve, avendo impiegato dappertutto la costrizione e la violenza, su questo terreno i protestanti non hanno niente da rimproverare ai cattolici. Questa prima considerazione basta a dimostrare l’indecenza delle loro geremiadi.

Ma bisogna andare ancora oltre.




Benedikt Carpzov

Contare i morti?

Bisogna affrontare l’aspetto quantitativo? Contare i morti, i feriti, i torturati, nei due campi? E comparare il peso dei cadaveri?

Lasceremmo volentieri questo genere di contabilità macabra a coloro che non hanno argomenti. Rispettiamo la pace dei cimiteri. Ma tanti protestanti non si fanno questo scrupolo. Le loro urla instancabili – ma stancanti – costringono a porre la domanda: volete davvero fare il confronto?

Volete davvero confrontare il numero delle condanne a morte pronunciate dal grande spauracchio della leggenda nera, il celebre inquisitore Torquemada, con quelle dovute a quel bravo piccolo giudice luterano di Lipsia che corrisponde al nome di Benedikt Carpzov (1596-1666) e che è rimasto totalmente sconosciuto al grande pubblico?
Un «uomo eccellente», che «nel corso della sua vita lesse cinquantatre volte la Bibbia per intero», ci informa la Histoire générale du protestantisme (26). Peraltro una persona modesta: egli non reclama mai la sua iscrizione  nel libro dei record, benché nel corso della sua brillante carriera di cacciatore di streghe abbia pronunciato 20.000 condanne a morte!
Fosse stato cattolico, il suo successo mediatico sarebbe assicurato. Eppure, il mondo intero conosceva il suo nome, ma, sfortunatamente, era luterano. Dovette lasciare a Torquemada il posto di spauracchio in capo (27).

Vogliano davvero paragonare il numero di esecuzioni sotto la regina Maria Tudor – che i protestanti hanno inteso soprannominare Blood Mary (Maria la sanguinaria) – con quello delle vittime dei fondatori del protestantesimo anglicano: Enrico VIII e Elisabetta (28)?

Si potrebbe continuare la lista (29), ma l’essenziale è altrove. Evitiamo di concentrarci sulle cifre, troppo spesso discusse e sempre secondarie. L’importante non è di ordine quantitativo.

Una differenza capitale

Anche lasciando da parte la questione principale, che è religiosa (dov’è la vera Chiesa fondata da Gesù Cristo?), attenendoci alla stretta giustizia umana (il diritto naturale), vi è una differenza capitale tra:

- la violenza protestante, essenzialmente aggressiva,
- la violenza cattolica, essenzialmente difensiva.

E’ assurdo mettere fianco a fianco l’aggressore e l’aggredito, l’invasore e l’invaso, il ladro e il derubato, col facile pretesto che ci sono state delle colpe da ambo le parti. In verità, niente di più iniquo!

Una società decadente potrà trovare degli avvocati in grado di addossare i torti alla vittima: se la vecchia signora si fosse gentilmente lasciata spogliare, il ladro non avrebbe avuto bisogno di colpirla! Niente di più cinico!

Eppure, è questo l’argomento protestante. Se la popolazione si fosse lasciata depredare della sua fede, della sua legge, dei suoi costumi e della sua civiltà, senza reagire, non ci sarebbero stati dei problemi! Tutto il male viene dall’intolleranza cattolica!

Ancora oggi gli storici protestanti sono fermi a questo argomento. Per non dubitarne, basta leggere il racconto delle Guerre di Religione proposto da Patrick Cabanel (Direttore di studii alla prestigiosa École Pratique des Hautes Études) (30).
Forse costui prova il minimo imbarazzo per gli attentati che i protestanti moltiplicano per capovolgere la storia millenaria della Francia? Neanche per sogno! I protestanti lottano per i loro diritti. Essi sono già, a loro modo, i campioni dei diritti dell’uomo (31). Mentre invece quelli che vogliono conservare la vecchia identità cattolica del loro paese sembra che non abbiano alcun diritto di farlo. Nessuna scusa.
Cabanel non risparmia alcuno sforzo per renderli odiosi. C’è da pensare che meriti completamente il tono ironico di Bossuet:


Chi non ammirerà questi riformati? Essi sono i santi del Signore, che non è permesso toccare, sempre pronti a gridare alla persecuzione. Ma quanto a loro, è permesso che devastino tutto dei cattolici, e bisogna credere che ne abbiano ricevuto il comando dall’alto (32).

Quando la minoranza vuol fare la legge

Un ingenuo potrebbe stupirsi del fatto che gli storici moderni siano così favorevoli ad una minoranza che ha fatto uso del ferro e del fuoco per imporre la sua legge all’insieme della nazione. E’ una cosa democratica?
Ma questo significa dimenticare che la religione democratica non consiste nel sottomettersi alla volontà del popolo, ma, al contrario, nel sottomettere il popolo, con le buone o con le cattive, al culto della grande Dea e ai riti elettorali che l’accompagnano.
Niente democrazia per i nemici della democrazia. Elementare!
Ora, il protestantesimo va nel senso del progresso, in quanto si oppone alla Chiesa. Malgrado il suo deplorevole, ma provvisorio, attaccamento ad alcuni rimasugli del cristianesimo, esso costituisce una tappa indispensabile verso l’era gloriosa della Democrazia e dei Diritti dell’Uomo. Contrariamente a ciò che potrebbe far credere un aritmetico troppo elementare, è proprio la minoranza protestante - minoranza illuminata – che rappresenterebbe la democrazia, alla quale, sfortunatamente, la maggioranza oscurantista ha rifiutato di sottomettersi (cosa che prova la sua intolleranza e il suo fanatismo).

Tesi soggiacente in Cabanel, come abbiamo visto, e sviluppata pari pari da tutti i propagandisti del pensiero unico ( 33). Non si è più nel reale, ma nell’ideologia militante. E tuttavia, il reale rimane. E in particolare rimane questa caratteristica della violenza protestante:


Non è come in certi paesi (in Spagna, per esempio) dove i poteri pubblici proteggono l’immensa maggioranza nell’esercizio della sua religione – e contro i pericoli della divisione religiosa – con dei rigori talvolta eccessivi; qui è un’audace minoranza che incomincia a cambiare col ferro e col fuoco le credenze di tutto un popolo e che, dopo aver acquisito questo esecrabile successo, al prezzo di massacri senza nome, legalizza le sue violenze […].


E questa verità non è meno esistente per il fatto di essere stata soffocata dai clamori interessati, mentre le arringhe contro le rappresaglie cattoliche non provano niente.
Le guerre religiose portano naturalmente al massimo grado i furori delle guerre civili. Esse fanno a pezzi Dio e la patria, e queste solenni devastazioni non si realizzano senza l’eccitazione della ferocia umana fino a livelli inauditi.
Ma, quand’anche fosse vero che i fedeli dell’antica Chiesa abbiano a volte oltrepassato il diritto di difesa, è parimenti vero che in tutti i documenti autentici dei nostri annali risulta scritto che essi sono stati attaccati con una veemenza senza eguali e che è solo con l’uccisione dei forti, con l’oppressione dei deboli e con la complicità tirannica delle corone che i loro avversari hanno imposto a certi paesi europei delle novità impopolari (34).

Lungi dal reclamare un’illusoria libertà religiosa, il popolo francese chiedeva con urgenza di essere protetto dall’eresia:


Ciò che ci colpisce di più negli articoli particolari [dell’editto di Nantes] è l’unanimità delle riserve fatte a favore del cattolicesimo dalle città e dai signori che si rivolsero a Enrico IV. L’esclusione del protestantesimo è richiesta dappertutto come il più grande dei benefici (35).

Dopo aver sottolineato «la generalità delle richieste contro l’introduzione legale dell’eresia in un regno molto cristiano», lo stesso storico commenta:


Qualunque sostenitore della libertà religiosa dovrà anche convenire che l’imporla da parte del re ad una nazione che ad essa preferisce l’antica unità della fede degli antenati, significa alterarne singolarmente il significato; e che, se è vero che questo tipo di progresso è una conseguenza naturale dello sviluppo dell’umanità, è strano che si debba usare tanta astuzia insieme a tanta tirannia per farglielo accettare (36).





Giovanna III di Navarra, nota anche come Jeanne d'Albret


L’Inquisizione: legittima difesa


Quanto la violenza protestante differisca dall’inquisizione cattolica, lo si vede dal fatto – bisogna ripeterlo? – che il cattolicesimo non ha mai mirato a convertire con la forza.
Lungi dall’essere uno strumento di conquista o di proselitismo, l’Inquisizione era un istituto di legittima difesa. La Chiesa difendeva la fede dei suoi figli; il potere civile difendeva una società già cattolica, in cui la fede, stabilitasi in maniera pacifica, aveva formato naturalmente una civiltà cristiana.

Niente a che vedere con i metodi di un Gustavo Vasa (Svezia e Finlandia), di un Cristiano III (Danimarca, Norvegia e Islanda), di un Enrico VIII (Inghilterra) o di un Jeanne d’Albret (Navarra), che hanno mescolato violenza e menzogna per aggredire i loro stessi popoli, privandoli della fede atavica per far loro ingoiare a forza una nuova religione che avrebbero voluto vomitare.

Consideriamo per un momento la famosa Inquisizione spagnola. I cinque grandi processi che misero fine ai tentativi luterani in Spagna fecero perire, in totale, 67 eretici (37). Costoro non furono perseguiti per delle semplici opinioni, ma per degli atti di ribellione. Essi avevano congiurato per rovesciare l’ordine stabilito. Circostanza aggravante: diversi di loro erano preti. Questi continuarono a godere tranquillamente degli onori ecclesiastici, mentre operavano segretamente per distruggere la fede cattolica che si erano impegnati a difendere.
Quale istituzione potrebbe sussistere senza punire tali tradimenti?

Il capo della congiura, il Padre Augustin Cazalla, ha osservato malinconicamente prima di salire al rogo (il 21 maggio 1554):


Se solo avessero aspettato sei mesi per arrestarci: oggi saremmo noi a fare a loro ciò che stanno per farci (38).

Non si poteva giustificare meglio la decisione dei giudici.
Di fronte all’aggressione protestante, la società spagnola era in stato di legittima difesa. Se non avesse reagito immediatamente, sarebbe stato, come in Francia, l’inizio di un immenso incendio, con centinaia di chiese distrutte, migliaia di religiosi assassinati, dozzine di massacri ai quattro angoli del paese. Bisognava opporsi al luteranesimo finché si era ancora in tempo.

Voltaire ha scritto:

Non v’è stata in Spagna, nel XVI e nel XVII secolo, nessuna di quelle sanguinose rivoluzioni, di quelle cospirazioni, nessuna di quelle crudeli punizioni che si sono viste negli altri paesi d’Europa […] In definitiva, senza gli orrori dell’Inquisizione, non ci sarebbe stato nulla da rimproverare alla Spagna (39).

Il buon senso di Joseph de Maistre commenta:

Io non so se si può essere più ciechi. Senza gli orrori dell’Inquisizione, non ci sarebbe alcunché da rimproverare a questa nazione che è grazie all’Inquisizione che è sfuggita agli orrori che hanno disonorato tutte le altre (40).


E altrove:
Se guardate alle severità di Torquemada senza considerare tutto ciò che esse hanno prevenuto, cessate di ragionare (41).

E ancora:
Da sempre i grandi mali politici, e soprattutto gli attacchi violenti contro i corpi dello Stato, possono essere prevenuti o respinti solo con dei mezzi parallelamente violenti (42).

L’Inquisizione fu sempre popolare in Spagna perché difendeva veramente il popolo. La sua leggenda nera non è nata sotto il sole andaluso, ma nelle brume di Londra. Accanto alla famosa Torre in cui Enrico VIII ed Elisabetta I facevano torturare i loro prigionieri. In questa torre morì il beato Nicholas Owen nel corso di una seduta di tortura, prima ancora che si aprisse il suo processo. In questa torre anche il Padre John Gérard subì la tortura prima che riuscisse ad evadere (43). Ma tre secoli più tardi, ai turisti meravigliati di scoprirvi tali strumenti di tortura, le guide racconteranno che essi si trovano là solo in deposito: erano state portate dalla Spagna, dove servivano all’Inquisizione.

E’ così che l’Inghilterra protestante si sbarazzava dei suoi crimini addossandoli all’Inquisizione spagnola.

L’educazione totalitaria

Ciò che le guide della Torre di Londra facevano in piccolo, l’Educazione totalitaria di Jules Ferry lo farà in grande in tutta la Francia.

Sposato con una calvinista, attorniato da consiglieri dello stesso culto (Léon Say e Conrad de Witt), Jules Ferry consegna letteralmente la scuola, pretesa «neutrale», ai protestanti:


- Nell’ufficio del ministero, il protestante Ferdinand Buisson dirige l’insegnamento primario; il protestante Élie Rabier l’insegnamento secondario; il protestante Luis Liard l’insegnamento superiore. La protestante Pauline Kergomard è ispettrice generale delle scuole materne.

- Per uniformare la formazione degli insegnanti, le diverse scuole normali di istitutori e di istitutrici sono dirette da due scuole normali Superiori che ne formano i professori sotto la sorveglianza del protestante Félix Pécaut.

- Per l’insegnamento secondario delle ragazze viene fondata a Sèvres un’altra scuola normale Superiore: la sua prima direttrice, Julie Favre, è figlia di un pastore. (Le semplici scuole normali non sono tutte dirette da protestanti, e tuttavia questo non è raro: la signora Bourguet a Parigi, il pastore Joseph Goy a Tolosa, ecc.).

- Altro centro strategico di propaganda: il Museo Pedagogico, ove regnano come maestri i protestanti Bonet-Maury e Jules Steeg.

- Infine, i protestanti Gabriel Monod, Alphonse Aulard e Charles Seignobos si occupano dei manuali di storia, con la bella «neutralità» che si può immaginare.

Gabriel Monod (1844-1912) merita una menzione speciale. Egli aveva pensato di diventare pastore, come suo nonno, suo bisnonno e quattordici dei suoi cugini, ma della fede protestante gli è rimasto solo l’odio per la Chiesa (poco prima della sua morte, dirà del protestantesimo: «Non ho conservato la credenza, ma in fondo sono un vecchio ugonotto»). Per soddisfare quest’odio, egli sceglie la storia. A fronte della Sorbona, che ha il gran torto di non essere ancora assoggettata agli storici protestanti (lo sarà presto, grazie all’abile sistema delle cooptazioni), viene fondata, a spese dello Stato, la Scuola degli Alti Studi (1868), in cui Gabriel Monod dispensa la sua buona parola ugonotta (44). A fronte della quotata Revue des questions historique, giudicata troppo cattolica, Monod fonda, nel 1876, la Revue Historique, che diventa una vera macchina da guerra contro la Chiesa. In essa, il settarismo anticattolico è così violento che Gustave Fagniez, co-fondatore, si dimette nel 1881.

In un tale contesto, ci può credere che agli allievi francesi il protestantesimo sarà raccontato in maniera imparziale o anche solamente onesta?

Komintern e Calvintern

E’ facile nascondere ai Francesi le atrocità del luteroterrorismo svedese o norvegese. Più difficile tacere gli attentati calvinisti di cui molte chiese francesi portano ancora le tracce. Ma non è questa la cosa più importante. L’essenziale è dissimulare le mire totalitarie del calvinismo; fare dimenticare la sua organizzazione, la sua strategia, e tutto ciò che uno storico americano ha potuto qualificare col termine evocativo di Calvintern, per analogia con il Komintern sovietico. Infatti, Robert Kingdon sottolinea le rassomiglianze:


tra il movimento comunista internazionale patrocinato da un organismo chiamato Komintern, col suo quartier generale a Mosca e destinato a minare le società occidentali e a diffondere il comunismo nel mondo, e un movimento calvinista internazionale patrocinato da quello che amo chiamare Calvintern, col suo quartier generale a Ginevra e destinato a minare le società cattoliche e a diffondere il cristianesimo riformato nell’Europa.
Tra le altre cose, i due movimenti mi sembrano strutturalmente simili, organizzati attorno ad un principio allora chiamato «centralismo democratico» con delle unità locali, cellule o aggregazioni, possedenti ognuna una notevole autonomia e per questo in grado di agire autonomamente da altre unità nel territorio vicino che potevano trovarsi minacciate, ma tutte sottomesse ad un centro ideologico unico e totalitario (45).

In questa iniziativa di sovversione calvinista internazionale, la Francia è la prima presa di mira. Tutta una rete solidamente organizzata lavora ad impadronirsi del paese. E’ questa la prima cosa da considerare per comprendere l’insieme degli avvenimenti. Ed è quello che la mitologia ugonotta – piamente diffusa dall’Educazione totalitaria, si impegna a dissimulare. Si ha allora buon giuoco nell’indignarsi per le reazioni!
Gli agenti sovversivi diventano le vittime innocenti dell’intolleranza cattolica.





Mons. Jacques Benigne Bossuet, vescovo di Condom e di Meaux (1627-1704)


Mitologia ugonotta


Per più di un secolo, la scuola di Jules Ferry ha fatto piangere i piccoli francesi cattolici su:
- i «martiri» calvinisti:
- il «massacro di Wassy» (sistematicamente presentato come «l’inizio delle guerre di religione»);
- la San Bartolomeo del 1572;
- le dragonate di Luigi XIV;
- infine, la famosa revoca dell’Editto di Nantes con i suoi esiliati e i suoi camisardi [ugonotti della Cevenne, che resistevano combattendo con sopra i vestiti la camicia – camise].

Riprendiamo rapidamente la litania:

--- Al centro: la San Bartolomeo, divenuta un perno essenziale del corso di storia gratuita, laica e obbligatoria imposta ai piccoli francesi (certi manuali scolastici vi dedicano non meno di quattro illustrazioni) (46). Anche oggi essa galleggia nel naufragio organizzato dell’insegnamento della storia. Non una parola invece sui 3.000 cattolici massacrati tre anni prima a Orthez (47), né degli 860 cattolici massacrati a Montbrison il 15 luglio 1562 (dieci anni prima la San Bartolomeo) (48), o dei 567 cattolici massacrati a Lauzerte-en-Quercy il 15 agosto 1562 (49), per fare solo alcuni esempii tra molti altri.
Talmente sono più interessanti i cadaveri protestanti!
Ecco quindi il mito del protestante-vittima, solidamente installato nella testa degli allievi della scuola «neutrale».

Ma la San Bartolomeo è sopraggiunta solo nel 1572, e bisognerà pur spiegare le guerre precedenti. Per scagionare i suoi correligionari, un propagandista protestante, Jean Crespin (1520-1572), decide a partire dal 1554 di mascherarli da martiri. Bella trovata polemica, che tuttavia spiazza i suoi amici calvinisti, contrarii al culto dei santi: è cosa logica stabilire un martirologio ugonotto quando si criticano i santi cattolici? Crespin è sospettato di deviazionismo. Il Consiglio di Ginevra vorrebbe che si togliesse dal suo libro quello sconveniente nome di martiri. Ma l’autore ci tiene: per far dimenticare i crimini e i sacrilegi commessi dagli ugonotti, cosa c’è di meglio che coprirli con un termine che l’avversario tiene in così grande stima? La manovra riesce al di là di ogni speranza. Il Livre des martyrs di Crespin finisce col persuadere i rivoltosi calvinisti che essi sono i degni eredi dei primi cristiani.
Patrick Cabanel fa notare:


Il monumento di Crespin ha senza dubbio contribuito a dotare i protestanti francesi di un’identità vittimista, per non dire dolorante, poiché i suoi eroi sono per definizione dei vinti del mondo, odiati dalla folla, braccati inesorabilmente dalla giustizia e dalle autorità. Questo libro è quello del sacrificio e della disfatta. Certo, né gli spergiuri, né i vigliacchi, né i tiepidi vi figurano, ma degli ostinati – che l’hanno pagata a caro prezzo (50).

Ostinati: è questo il termine usato. Bossuet sottolinea giustamente:

«quant’è enorme la differenza del coraggio forsennato dettato dalla rabbia, dalla vera costanza, sempre regolata, sempre dolce, sempre tranquilla e sottomessa agli ordini pubblici, com’è stata quella dei [veri] martiri (51)».

Senza arrivare al giudizio propriamente teologico (che impedisce di considerare come «martiri» coloro che vengono uccisi a causa dell’errore), si può facilmente constatare, con Bossuet, che la pretesa Riforma ha avuto fin dalla sua origine «uno spirito contrario a quello del cristianesimo e a quello dei martiri (52)».
Il grande vescovo spiega:


«La riforma fu tanto debole che, mentre è vero che è apparsa sempre sottomessa e ha sempre dato come fondamento della sua religione la convinzione che non le fosse permesso, non solo impiegare la forza, ma neanche respingerla; al tempo stesso si scopre subito che si trattava di quelle modestie ispirate dal timore, di un fuoco coperto dalla cenere: infatti, non appena essa è riuscita ad essere più forte in qualche regno, ecco che ha preteso di regnare da sola.

«Per prima cosa, i vescovi e i preti non furono più al sicuro; secondo, i buoni cattolici furono proscritti, banditi, privati dei loro beni e, in alcuni ambiti della vita, delle leggi pubbliche; come per esempio in Svezia, quantunque si sia voluto sostenere il contrario: ma i fatti sono lì a testimoniare.

«Ecco a cosa sono arrivati quelli che inizialmente gridavano tanto contro la forza; per valutare cosa ci si potesse aspettare da simili inizi, basta solo considerare l’asprezza, l’amarezza e l’orgoglio diffusi nei primi libri e nelle prime prediche di questi riformati; le loro invettive sanguinose, le calunnie con le quali insozzavano la nostra dottrina; i sacrilegi, le empietà, le idolatrie che non cessavano di rimproverarci; l’odio che ispiravano contro di noi; i saccheggi che erano gli effetti delle loro prime predicazioni; l’asprezza e la violenza presenti nei loro manifesti sediziosi contro la Messa» (53).

Quelli che gli ugonotti vogliono presentare come dei «martiri» furono spesso condannati per degli attentati sacrileghi o delle provocazioni blasfeme. Essi volevano scioccare, ferire, terrorizzare. E ci sono riusciti. La brutalità iconoclasta che sconvolse la Francia negli anni 1520 – in attesa del parossismo degli anni 1560 – ha tutte le caratteristiche del terrorismo. L’attacco psicologico prepara lo scontro fisico. Lo stesso Cabanel lo riconosceva a denti stretti:


E forse l’iniziativa della violenza, simbolica e non corporale, certo, viene dai protestanti: essi cedono […] alla vertigine dell’iconoclastia [p. 216].

Sorprendente il forse, che invece di ammorbidire l’ammissione, ne raddoppia la portata, mostrando il peso delle reticenze che un protestante deve riuscire a superare prima di arrendersi all’evidenza.

I terroristi calvinisti sapevano ciò che facevano e cosa rischiavano, e furono puniti secondo le leggi dell’epoca. Non poteva essere diversamente. Si possono immaginare oggi una serie di attentati contro i grandi simboli della religione laica – logge massoniche, centri di «planning familial», ecc. – senza che le autorità siano preoccupate?

Il «martire ugonotto per eccellenza» (54), Anne du Bourg, di cui i protestanti diffusero dappertutto l’immagine del supplizio (poiché la loro iconoclastia ha dei limiti), fu innanzi tutto perseguito dalla giustizia per aver offeso il re di presenza. Ma questo non gli bastò, e trovò il mezzo di organizzare, dalla prigione, l’assassinio dei suoi giudici (55). Quando uno di essi, il presidente Minard, fu massacrato (altri due erano riusciti a fuggire), i magistrati non furono più così indulgenti con lui.
Non siamo al cospetto di un curioso martire?
E non è evidente che un tale esagitato, se lo avessero lasciato fare, avrebbe perseguitato i cattolici con lo stesso furore – come Gustavo Vasa, Enrico VIII o Giovanna di Navarra?
Solo la mitologia può farne un campione della libertà dei culti.


Ma che razza di riformatori e di martiri ha prodotto questo nuovo vangelo! Esso non poteva produrre altri frutti che l’odio, il dispetto, la disperazione e tutto ciò che vi è di più esasperato nelle passioni umane, fino alla rabbia (56).

--- Altro mito è il preteso «massacro» di Wassy (1 marzo 1562), che la storia ufficiale vuole assolutamente considerare come l’inizio delle Guerre di Religione.
Già Bossuet aveva ricondotto questo dramma alle sue giuste dimensioni, appoggiandosi sull’autorità degli autori protestanti (57).
Ad un pastore che cercava di appellarsi a questo mito, egli spiegava anche:


Come motivo per la giustizia delle loro azioni armate, M. Jurieu dà il massacro di Wassy, senza alcune minima corrispondenza con le testimonianze incontestabili perfino degli autori protestanti, sulla base delle quali noi abbiamo dimostrato che questo preteso massacro fu solo uno scontro fortuito, e un pretesto che ha inteso procurarsi la ribellione, già decisa (58).


La menzogna di Wassy è stata confutata dieci, cento volte. Si è dimostrato che non fu un massacro (unilaterale), e ancor meno un’impresa deliberata, ma una rissa finita male. Essa scaturì da una doppia provocazione protestante: dopo aver sfidato l’editto reale che proibiva loro di riunirsi in quel luogo (a pochi metri dalla chiesa in cui il duca di Guisa assisteva alla Messa con i suoi uomini), gli ugonotti ebbero la felice idea di attaccare i soldati cattolici a colpi di pietre. Visto il contesto, era come gettare una scintilla in un barile di polvere. Eppure essi si dissero molto sorpresi e completamente scandalizzati che i soldati avessero risposto a colpi di archibugio. Perché tanto odio? E già, ma né loro, né la storia laico-repubblicana precisano il contesto, e soprattutto ricordano i massacri ben più gravi (ma solo di cattolici, ovviamente) che si erano verificati nei mesi precedenti:

- a Montauban, il 13 luglio e poi il 15 agosto 1561: incendio delle chiese con massacro dei cattolici che volevano difenderle;
- a Montpellier, il 19 e il 20 ottobre 1561: massacro di 250 cattolici;
- a Nîmes, il 21 dicembre 1561: nuovo massacro di cattolici.

- Due settimane prima dell’incidente di Wassy, un sinodo protestante di 70 pastori (riunito a Nîmes dal 2 al 15 febbraio 1562) aveva deciso di intraprendere la distruzione sistematica di tutte le chiese: era presieduto dal pastore Pierre Viret, inviato in Francia dal concistoro di Ginevra col mandato di «visitatore».
- Sempre prima di Wassy, fin dai primi anni 1560 una spaventosa onda iconoclasta devasta e terrorizza il mezzogiorno della Francia.
- Due anni prima di Wassy, ancora, un principe calvinista annuncia (5 marzo 1560) che presto verrà sferrato un attacco il cui scopo sarà, né più né meno, lo sterminio di «tutti i preti di Francia» (59).
- Nessuno avrebbe orchestrato questi disordini? Non ci sarebbe stato alcun piano?
A queste domande, tutti gli sguardi si volgono istintivamente verso Ginevra. Ma non ne sapremo mai di più, perché il devoto successore di Calvino nella Mecca calvinista, Teodoro di Beza, che disponeva di un’abbondante documentazione su questo periodo, ne distrusse una parte dopo avere scritto la sua Histoire ecclésiastique (1579).
«Per delle ragioni di sicurezza», spiega in tono soave il buon Cabanel, che aggiunge:

Poteva accadere qualche disgrazia a Ginevra, e la documentazione rischiava di cadere in mano a dei lettori malintenzionati (60).

Non si è mai troppo prudenti. D’altronde, poiché due precauzioni valgono meglio di una, lo stesso Teodoro di Beza insiste molto perché tutti comprendano, una volta per tutte, e senza bisogno di ripeterlo, che l’origine delle Guerre di Religione non è da ricercare altrove se non a Wassy.
Mentre altri memorialisti protestanti raccontano semplicemente come si svolse lo scontro del 1 marzo 1562, con i suoi ventitré morti (ad un tempo molti e relativamente pochi), Beza l’ingrandisce a dismisura, ne fa un perno essenziale della sua Histoire ecclésiastique, ritornandoci continuamente e dichiarando con tono drammatico che questo massacro è

l’inizio delle guerre civili che ne sono seguite e di tutti i mali che sono capitati e che capiteranno a tutta la Cristianità (61).

Perché questa insistenza? Il fatto è che bisognava salvare il soldato Calvino! Nascondere le sue mire guerrafondaie. Fare dimenticare il terrorismo protestante. Addossare la responsabilità della guerra civile ai cattolici. E per far questo il miglior mezzo era puntare i riflettori su Wassy.

Il clamore perdura. I Cahiers Science et vie, parlando delle Guerre di Religione, in un dossier di trenta pagine trovano il modo di raccontare sette volte il «massacro di Wassy» (62)! Evidentemente, per questo ufficio di propaganda del politicamente corretto, non è mai troppo. Le inesattezze abbondano (sempre nella stessa direzione) (63). E tuttavia, la cosa più importante non è ciò che vi è detto, ma ciò che si vuole nascondere ad ogni costo.
La tattica è fare rumore, agitare delle immagini, suscitare delle emozioni, ripetere continuamente il nome di Wassy o di San Bartolomeo, come in un ritmo ossessivo di tam tam, così da impedire al lettore di riflettere con calma e giungere ad una visione ragionata dell’intera questione. Bisogna ad ogni costo distogliere la sua attenzione dalla realtà principale, la quale, una volta presa in considerazione, s’impone immediatamente in tutta evidenza: il protestantesimo ha tentato di impossessarsi della Francia col terrore.

Per sviluppare le sue reti clandestine, il protestantesimo all’inizio ha finto la dolcezza (periodo della taqiyya [camuffamento – dissimulazione] (64)), riservando il terrorismo iconoclasta e gli assassinii dei preti a dei «lupi solitari», ufficialmente sconfessati dal resto della comunità. Il piano era sempre di tipo luterano: conquistare la persona del re per protestantizzare la Francia a forza, in suo nome, come nei paesi del Nord. Dopo alcune prove mancate, i calvinisti preferiscono la ribellione armata. Negli anni 1560, essi si credono sufficientemente potenti per scatenare la guerra (periodo della jihad [guerra santa]). Essi la preparavano attivamente da due anni quando scoppiò nel 1562 (65). In tutto questo, Wassy è solo un pretesto.

Altra evidenza: se i cattolici francesi non si fossero vigorosamente difesi, sarebbero stati protestantizzati con la forza. Chi può negarlo? Nessuno. E allora bisogna a tutti i costi distogliere l’attenzione.

Le lamentele sulle dragonate o sulla revoca dell’editto di Nantes, derivano dalla stessa strategia della diversione. Se Luigi XIV avesse disgraziatamente subito l’influenza del principio del suo tempo: Cujus regio, ejus religio (ogni príncipe avrebbe il diritto di imporre la sua religione ai suoi sudditi), non si dovrebbe dimenticare che si trattava esattamente del principio dei paesi protestanti; e neanche si dovrebbe dimenticare che i privilegi di cui godeva la pretesa religione riformata in Francia erano stati ottenuti col terrorismo e la guerra civile. Di già i protestanti avevano fatto subire ai cattolici di ben peggio di ciò che dovranno sopportare essi stessi. Senza rifiutarsi di compatire le loro disgrazie del 1685, si deve ribadire che gli eccessi di Luigi XIV non cancellano affatto i torti iniziali di una religione che si è imposta – o provato ad imporsi – dappertutto col terrore.

Bossuet – che si era adoperato per impedire ogni violenza contro i protestanti nella sua diocesi (66) – sottolineava:


Quelli che hanno solo i dragoni sulla bocca e che pensano col solo nominarli di aver detto tutto in difesa della loro causa, devono sopportare a loro volta che si ricordi loro ciò che ha sofferto il regno a causa delle loro violenze, perfino ancora ai nostri giorni. Si convincano, con gli atti e con le loro stesse deliberazioni che si hanno in originale, di aver attuato allora a favore di una potenza usurpatrice ben più di ciò che oggi lamentano d’aver sofferto da parte di una potenza legittima. Il fatto è stato riportato nella Histoire des Variations (67) e non è stato contraddetto. Vi si dice che si era in possesso degli originali degli ordini dei generali e delle città, su richiesta dei concistori, per convincere i papisti ad abbracciare la riforma con le tasse, con gli alloggi, con la demolizione delle loro case e con lo scoperchiamento dei loro tetti. Coloro che fuggivano per evitare tali violenze, venivano privati dei loro beni. I registri dei municipii delle città di Nîmes, di Montauban, di Alais, di Montpellier e di altre città del partito sono pieni di tali ordinanze. Ci si è spinti ben oltre: un’infinità di preti, di religiosi, di cattolici di tutte le età sono stati massacrati nella Béarn dalle orde della regina Giovanna [di Navarra], senz’altra colpa che quella della loro religione o del loro ordine… […]
Quelli che ci presentano la loro pazienza e i loro martiri, in effetti sono gli aggressori, e del genere più sanguinario.
Questi dragoni di cui si strombazza delle loro violenze, si sono forse accostati a questi eccessi? E tutto quello che si può loro rimproverare per aver preso delle iniziative senza ordini, non è di gran lunga al di sotto delle violenze commesse dai protestanti sulla base di ordini chiaramente deliberati e regolarmente firmati (68)?

Un successo fragile

Bossuet aveva già detto tutto. Ma chi legge ancora Bossuet?

E allora potrebbe sorgere lo scoraggiamento: checché si dica, checché si faccia, la leggenda nera anticattolica, così efficacemente riproposta dalla scuola totalitaria di Jules Ferry e dall’insieme dei mezzi di comunicazione, sembra aver vinto la partita. Essa si è imposta; domina come despota assoluto. Inventata per nascondere i crimini del protestantesimo, essa ha soprattutto aiutato la decristianizzazione della Francia (a beneficio, non del luteranesimo o del calvinismo, ma dell’ultima degenerazione del protestantesimo liberale: la religione dei Diritti dell’uomo).

La Francia, che aveva saputo vincere il terrorismo fisico del XVI secolo, è oggi vinta dal terrorismo intellettuale dell’Educazione totalitaria.

Come rovesciare un tale Golia?
Forse basterebbe, ad imitazione di Davide, colpire al punto giusto. Poiché, se Golia è solido, feroce e ben armato, resta fragile in un punto capitale. Una sola verità, ben piazzata, basta ad abbatterlo. Una semplice constatazione storica basta a sconfiggerlo. Constatazione molto semplice e storicamente incontestabile: il protestantesimo si è imposto dappertutto col terrore.
A Londra, come a Ginevra, in Germania come in Norvegia, in Navarra come in Danimarca, in Scozia come in Svezia, in Islanda come in Irlanda, la legge è universale: il protestantesimo (che rivendica il libero esame) s’è imposto con la violenza.
Se questa contraddizione interna non basta a farlo esplodere in pieno volo, vuol  dire che non c’è più logica.
E se questa constatazione può essere negata, vuol dire che non c’è più storia.

Ma infatti, nessuno pensa di negarla, ci si accontenta di distogliere l’attenzione. Tutta la leggenda nera anticattolica non è altro che una manovra di diversione. E se è opportuno denunciarne le menzogne, è ancora più importante gridare a voce alta: diversione, diversione!

- Le accuse contro la Chiesa (Inquisizione, affare Galileo, ecc.)? Diversione!
Diversione per far dimenticare che la Chiesa, dopo aver subito tre secoli di persecuzione, si è stabilita pacificamente, mentre il protestantesimo – come poi la religione laica dei Diritti dell’uomo – si è imposto col terrore.

- L’elogio dei pretesi «martiri» del protestantesimo? Ancora diversione! Per far dimenticare la sua tattica terrorista.

- I pianti sulle dragonate o sulla revoca dell’editto di Nantes? Sempre diversione!
Per quanto si voglia discutere finché si vuole dell’attitudine di tale o tal’altro re cattolico, nessun rimprovero che gli si vorrà avanzare potrà sopprimere il dato fondamentale:  egli si trovava al cospetto di una nuova religione che voleva impossessarsi del paese con la violenza. Tutto ciò che tende a far dimenticare questa primaria verità è solo una manovra di diversione.


*
* *

Per un’incredibile inversione, la religione che si è imposta dappertutto col terrore, oggi trasmette una identità vittimista. Come i Corsi ereditano una vendetta familiare per venticinque generazioni, gli infelici protestanti vivono ancora oggi della collera dei loro antenati. Molti di loro sembra che non abbiano altra religione che il rancore contro la Chiesa.

Certo, i protestanti sono stati vittime, ma innanzi tutto della rivolta dei loro capi, che li ha coinvolti in una spirale di menzogna e di violenza.

Davanti alle ultime conseguenze di questa rivolta, non sarebbe ora di aprire gli occhi e di liberarsi di questa cultura del risentimento per ritornare alla loro madre?


NOTE


13 – Anche in Boemia (l’attuale Repubblica Ceca), il cattolicesimo, vincitore nel XVI secolo, ha finito col farsi depredare della memoria. La leggenda nera anticattolica è stata imposta nel XIX secolo dalla propaganda massonica e dalla storiografia prussiana bismarckiana. Si veda in particolare; Olivier Chaline, La bataille de la Montagne Blanche (8 novembre 1620), Paris, Noesis, 2000. Recensione ne Le Sel de la terre n. 65, pp. 161-169.
14 – E tuttavia vi sono magnifiche figure di martiri. Si vedano alcuni esempi in Michel Defaye, Le Protestantisme assassin.
15 – Dal momento che certuni continuano ad interessarsene, Enrico IV fa mettere in circolazione anche degli esemplari falsificati. Lo storico americano Peter M. Ascoli ha ritrovato e pubblicato nel 1977 la versione autentica di un’opera leghista: Dialogue d’entre le maheustre e le manant, Genève, Droz, 1977, in cui mostra le numerose falsificazioni operate dagli agenti del re.
16 – Per attaccare l’Inquisizione spagnola, Montesquieu, ne Lo Spirito delle leggi (libro 25, cap. 13), parla di una ragazza che sarebbe stata bruciata per la sola ragione che era ebrea. Favola ridicola che l’educazione totalitaria ha fatto leggere a intere generazioni di liceali senza mai precisare che essa non ha alcun fondamento reale. Montesquieu aveva degli antenati protestanti, sposò una protestante e venne ricevuto massone a Londra, il 16 maggio 1730, nella loggia della Horn Tavern. – Voltaire vi aggiunge dell’altro. Dopo quasi due secoli dall’accaduto, il suo piccolo cuore sensibile non riesce a sopportare l’anniversario della San Bartolomeo. Per lui è già la Shoah. Ogni 24 agosto prende il lutto, piange ostentatamente, si dice malato. Arricchisce la leggenda nera dell’Inquisizione spagnola con molti altri pezzi d’antologia, tra i quali, nel Candido (cap. 6), l’autodafé di Lisbona. In realtà, l’autodafé [atto di fede] comprendeva una grande processione seguita dalla Messa, con il sermone e la pubblica riconciliazione dei peccatori, ma senza alcuna esecuzione sanguinosa. Questo tipo di esecuzioni – reali, ma rare – avvenivano all’esterno della città e senza cerimonie. – Inutile dire che l’educazione totalitaria, che impone la lettura di questi libelli agli alunni dei licei, non ha mai rettificato le menzogne.
17– Jean Dumond, L’Église au risque de l’histoire, Paris, Critérion, 1984. [Dello stesso autore, si può consultare in italiano: I falsi miti della Rivoluzione francese, ed. Effedieffe, 2013]
18 – Bossuet, Histoire des variations des Églises protestantes, libro X, § 56 (Oeuvres complètes, Outhenin-Chalandre, 1840, t. 10, pp. 365-366). – Su quest’uso del potere della spada contro i nemici della Chiesa, Bossuet aggiunge: «In una parola, il diritto è certo: ma è anche necessaria la moderazione».
19 – Pierre Jurieu, Le Talbeau du socinianisme, éd. A. Troyel, 1690, lettera VIII, p. 502.
20 – Pierre Jurieu, Le Talbeau du socinianisme, p. 490.
21– Bossuet, Sixième avertissement sur les lettres de M. Jurieu, 1691, § 99, (Oeuvres complètes, Outhenin-Chalandre, 1841, t. 11, p. 419).
22 – Pierre Jurieu, Le Talbeau du socinianisme, p. 505.
23 – Pierre Jurieu, Le Talbeau du socinianisme, pp. 502-503.
24 – Bossuet, Sixième avertissement sur les lettres de M. Jurieu, § 101 (pp. 419-420) e § 104 (p. 423).
25 - Bossuet, Sixième avertissement sur les lettres de M. Jurieu, § 99 (p. 419).
26 – Émile G. Léonard (Direttore di studii alla École Pratique des Hautes Études), Hisoire générale du protestantisme, t. II, L’établissement (1564-1700), Paris, PUF, 1961, p. 194. – La cifra di 20.000 condanne a morte è fornita dallo stesso autore (protestante).
27 – Quanto alle condanne emesse da Torquemada, è impossibile fornire una cifra esatta. Ma diversi lavori convengono nel valutare a circa un migliaio la cifra totale delle esecuzioni dell’Inquisizione spagnola nel corso della sua durata (330 anni). Altri storici arrivano fino a due o a tre migliaia, molto lontane in ogni caso dalle cifre da capogiro diffuse nel XVIII e nel XIX secolo. – Ricordiamo che l’Inquisizione spagnola fu istituita in uno stato di quasi guerra civile e che mise fine alle sanguinose sommosse che avevano di mira, senza distinzione, tutti i giudei convertiti (sospettati collettivamente di tradimento); ed essa perseguiva anche i crimini di sangue e le questioni di costume che oggi sono di competenza dei tribunali civili- e che all’epoca erano universalmente puniti con la morte. – A titolo di paragone, il tribunale rivoluzionario della sola città di Nantes fece mettere a morte 30.000 persone (tra ghigliottinati, fucilati e annegati) in meno di 10 anni. I tribunali della Liberazione, al momento dell’epurazione del 1944-1945, condannarono a morte 2.853 persone in meno di un anno.
28 – Lo storico inglese (e anglicano) William Cobbett (1763-1835) nota che la regina Elisabetta I – che stabilì definitivamente il protestantesimo in Inghilterra – da sola fece scorrere più sangue in un anno che l’Inquisizione spagnola in tutta la sua durata (History of the protestant reformation, Lobdra, 1826, Lettera XI, §340).
29 – Uno storico che non nasconde la sua antipatia per i Leghisti, deve riconoscere: «Nell’agosto del 1569, gli Ugonotti massacrarono, a Orthez, quasi 3.000 cattolici che avevano ottenuto, per capitolazione, salva la vita. L’esame dei documenti originali è chiara: prima di San Bartolomeo le atrocità protestanti superano le atrocità cattoliche.» (Jean Héritier, Catherine de Médicis, Paris, Fayard, 1942, p. 448).
30 – Si veda Patrick Cabanel, Histoire des protestants en France, XVI – XXI sciècle, Paris, Fayard, 2012, pp 102-117 e 204-284 (ed anche la nota seguente).
31 – Si veda soprattutto il molto rivelatore apprezzamento della condanna a morte di Michel Servet da parte di Calvino: «Della questione di Servet […] vi sono due modi possibili di parlare. Se ci si pone sul piano della libertà e della morale, la macchia è indelebile; se si osservano i giuochi di potere nella Ginevra del tempo, la necessità di costruire una Chiesa e anche un’immagine, che tale o tal’altra provocazione, qui la teologia antitrinitaria di Servet, rischiava di compromettere, il rogo è un atto di difesa» (Cabanel, ibid., p. 45). – Atto di difesa? Ma allora, non si potrebbe dire altrettanto dell’Inquisizione? Ebbene, giustamente no! Perché ciò che giustificava fondamentalmente Calvino era il fatto che egli attaccava la Chiesa cattolica! Per questo aveva bisogno di costruire una Chiesa parallela e di darle un’immagine all’incirca cristiana. Per difendere questa immagine, Calvino ha sfortunatamente dovuto bruciare l’iconoclasta che rischiava di danneggiarla: Michel Servet. Questo scandalizzò certi calvinisti, in particolare Sébastien Castellion. Ma bisogna porsi la domanda: «chi ha fatto di più in favore della libertà: Castellion, lo sconfitto annunciatore, ma la cui eredità si riduce a dei libri, o Calvino, il vincitore violento, ma che ha conficcato nel fianco della Francia cattolica il pungiglione di una città e di un’idea che nessuno ha più potuto far tacere?» (Cabanel, ibid., p. 65, riassumendo l’argomentazione di Ernest Lavisse). – In breve, quelli che lottano contro la Chiesa cattolica, per ciò stesso lottano per la libertà; essi hanno sempre, qualunque cosa facciano, delle circostanze attenuanti di cui saranno sempre privi i difensori della Chiesa, poiché si trovano dalla parte dei cattivi.
32 – Bossuet, Avertissement aux protestants sur leur prétendu accomplissement des  prophéties.
33 – Esempio recente: il n° 162 (luglio 2016) dei Cahiers histoire et civilisation della rivista di volgarizzazione Science et Vie (intitolato: «Guerres di religion, de l’intolérance à la laïcité»). Molto influenzato dagli storici protestanti (in particolare da quelli della École Pratique des Hautes Études), questo numero vuole soprattutto promuovere la religione ufficiale della Repubblica: la laicità massonica (dissimulando che anch’essa si è imposta col Terrore).
34 – Esprit-Adolphe Segrétain, Sixte Quint et Henri IV, Introduction du protestantisme en France, Quentin Moreau éditeur, 2016, p. 48 (Prima edizione: 1861).
35 - Segrétain, Sixte Quint et Henri IV, p. 203.
36 - Segrétain, Sixte Quint et Henri IV, p. 203.
37 – Su questo accaduto si veda: William Thomas Walsh, Caracters of the Inquisition, Rockford, Illinois, Tan Books, 1987, pp. 223-236.
38 – Citato da William Thomas Walsh, Caracters of the Inquisition, p. 224.
39 – Voltaire, Essai sur les moeurs et l’esprit des nations, cap. 177.
40 – Joseph de Maistre, Lettres à un gentilhomme russe sur l’Inquisition espagnole, Paris, Méquignon, 1822,, p. 93 (quarta lettera) – [In italiano: Lettere ad un gentiluomo russo sull’Inquisizione spagnola, edizioni diverse].
41 - Joseph de Maistre, Lettres à un gentilhomme russe sur l’Inquisition espagnole, Paris, Méquignon, 1822,, p. 8.
42 - Joseph de Maistre, Lettres à un gentilhomme russe sur l’Inquisition espagnole, Paris, Méquignon, 1822,, p. 8.
43 – Si veda l’appassionante racconto del Padre John Gérard (1564-1637), riedito nel 2013 col titolo Prêtre sous Elisabeth I [Prete sotto Elisabetta I] (éd. Sainte-Philomène). – Recensito ne Le Sel de la terre, n° 86, pp. 187-188.
44 – La «sezione di scienze religiose» della Scuola Pratica degli Alti Studi, riserva sistematicamente la presentazione del cristianesimo a dei protestanti: Sabatier, Deramey, Albert e Jean Réville, ecc. – Albert Réville (1826-1906) fu anche il primo titolare della cattedra di storia delle religioni al Collegio di Francia, e fondatore della Revue de l’Histoire des religions [Rivista di Storia delle Religioni] – Alla Sorbona, Jules Ferry sopprime la cattedra di teologia cattolica, ma mantiene la facoltà di teologia protestante (fondata nel 1877). Il Livret de l’étudiant [Libretto dello studente] dell’anno scolastico 1898-1899 propone fin dalla prima pagina, prima di tutti gli altri, i corsi di dogma (luterana o calvinista, a scelta), di morale e di Sacra Scrittura di questa facoltà eretica. – E questo insegnamento preteso «neutrale» è pagato con le tasse dei cattolici.
45 – Robert McCune Kingdon, «postfazione», Geneva and the Coming of the wars of Religion in France - 1555-1563, Droz, 2° edizione, 2007 [1° edizione 1956], p. 165. – P. Cabanel, che fornisce amabilmente la traduzione francese qui riprodotta, si affretta a contestare questa analogia: «Una cosa almeno rende vana l’analogia: perché essa abbia un senso, bisognerebbe che la sede del Komintern non si trovasse in un vasto e potente paese come l’URSS.» (Histoire des protestats en France, 2012, p. 55). Almeno si converrà che Calvino ha anche certi aspetti dei troskisti.
46 – Sul numero di calvinisti uccisi nella Notte di San Bartolomeo a Parigi, nell’agosto 1572, le valutazioni vanno da un mezzo migliaio («circa 500» secondo B. Fatien) a diverse migliaia, e sembra dunque impossibile fornire una cifra esatta. – L’Histoire des martyrs pubblicata nel 1582 dal protestante Simon Goulart (continuatore di Jean Crespin) e che cerca di fornire una lista nominativa di tutti i martiri ugonotti, riesce a citare solo 152 nomi di vittime della San Bartolomeo parigina (dieci anni dopo i fatti). Aggiungendovi quelli che egli indica in maniera impersonale (venticinque o trenta nel quartiere della Croix du Trahoir, trenta nella via Bétizy, sedici nelle prigioni, venti nelle due case intere, ecc.) si arriva a trovare elencate 468 vittime. Siamo molto lontani dalla cifra globale di 10.000 vittime proposte successivamente nella stessa opera senza alcuna spiegazione. Si capisce allora come nella sua risposta (L’Anti-martyrologe ou la vérité manifestée contre les histoires des supposés martyrs de la religion prétendue réformée, Lione, 1622), Jacques Servet ritenga questa cifra totalmente fantasiosa: «Essi l’hanno così eccessivamente ingrandita a migliaia, non alla leggera, ma a caso e a piacere per pura iattanza, da non persuadere per niente» p. 765. – Notiamo di sfuggita che vi sono stati dei cattolici tra le vittime della San Bartolomeo, perché questi sommovimenti sociali sono sempre l’occasione di tristi regolamenti di conti (Quanti veri collaboratori ci sono stati tra le migliaia di Francesi selvaggiamente massacrati durante l’epurazione del 1944-1945?).
47 – Si veda la nota 29.
48Ottocentosessanta (860) è la cifra fornita da un testimone oculare, Estienne du Tronchet, in una lettera privata al tesoriere dell’artiglieria, M. Bérard (lettera 202), e confermata dalle altre testimonianza. Si veda in particolare la Revue lyonnaise, 1856, gennaio, t. XII, pp. 407-412.
49Cinquecentosessantasette (567) vittime, di cui 194 preti: la cifra è fornita dal protestante Théodore de Beze, nella sua Histoire ecclèsiasique (anversa, 1580), vol. 2, libro 9, anno 1562, p. 775.
50 – Patrick Cabanel, Histoire des protestants en France – XVI-XXI siècle, Paris, Fayard, 2012, pp. 202-203. – L’ammissione è tanto più notevole in quanto Cabanel resta lui stesso prigioniero di questa «identità vittimista». Ne testimonia il primo pragrafo della sua introduzione: «[I protestanti in Francia] hanno tutto subito, tutto perduto; massacrati dalle folle isteriche, asfissiati della fredda legge dello Stato, convertiti a forza, interdetti per un secolo, impediti a lasciare il regno divenuto una prigione a cielo aperto, per lungo tempo privati del loro nome, odiati talvolta ancora negli anni del 1900, essi hanno conosciuto un destino da emarginati […]. Traumatizzati dalla violenza che si è abbattuta di loro, da San Bartolomeo alla Revoca, dall’affare Calas al Terrore bianco […]» (p. 9). L’autore non si chiede minimamente se l’ideologia calvinista non sia stata la prima responsabile di tutte queste disgrazie – senza contare quelle – immense – che essa ha fatto subire a tutto il resto della Francia.
51 – Bossuet, Cinquième avertissemente aux protestants sur les lettres du ministre Jurieu, 1690, § 35 (Oeuvres completes, Outhenin- Chalandre, t. 11, 1841, p. 136).
52 - Bossuet, Cinquième avertissemente… , § 34 (Oeuvres completes, …, t. 11, 1841, p. 133).
53 - Bossuet, Histoire des variations des Églises protestantes, libro X, § 50 (Oeuvres complètes, Outhenin-Chalandre, 1840, t. 10, p. 358).
54 - Patrick Cabanel, Histoire des protestants en France – XVI-XXI siècle, Paris, Fayard, 2012, p. 235.
55 – Si veda: Bossuet, Histoire des variations des Églises protestantes, libro X, § 51 (Oeuvres complètes, t. 10, p. 359).
56 - Bossuet, Cinquième avertissemente… , § 34 (Oeuvres completes, …, t. 11, 1841, p. 135).
57 - Si veda: Bossuet, Histoire des variations des Églises protestantes, libro X, § 42 (Oeuvres complètes, t. 10, p. 353).
58 - Bossuet, Cinquième avertissemente… , § 22 (Oeuvres completes, …, t. 11, pp. 111-112).
59 – Si veda la nota 3.
60 – Patrick Cabanel, Histoire des protestants en France, 2012, p. 242. – Da notare che molti documenti compromettenti sono stati distrutti dai protestanti fino a tempi recenti: «Studiando questo periodo tormentato, si constata con stupore che i cattolici hanno lasciato che i protestanti fabbricassero o falsificassero la storia a loro piacimento, e non si può mettere in dubbio la distruzione calcolata (perfino in epoca relativamente recente) di importanti documenti. Tuttavia, ne rimangono abbastanza per ristabilire la verità e rendere giustizia ai gloriosi martiri della fede cattolica» (François Xavier Faucher, O. P., in L’année dominicane, aprile 1920, p. 102).
61 - Théodore de Beze, Histoire ecclèsiasique (Anversa, 1580), vol. 1, p. 811. – Teodoro di Beza (1519-1605) passò dalla Francia nel 1561, alcuni mesi prima dello scoppio delle Guerre di Religione, che egli seguì attentamente da Ginevra.
62Cahiers histoire et civilisation di Science et vie, n. 162 (luglio 2016), pp. 26, 28 (con a fianco un’illustrazione a tutta pagina), 43, 45, 46, 47 e 52.
63 – Il numero dei morti a Wassy fluttua stranamente: 23 nel 1562, che diventano «una cinquantina» a pag. 26; «diverse dozzine» a pag. 43; «una sessantina» a pag. 45; ecc. – Evidentemente, sarebbe troppo lungo recensire tutti gli errori di questo dossier, chiaramente costruito per affossare ad ogni costo i cattolici e scusare i protestanti. La maggior parte degli storici citati è protestante.
64 – Il paragone tra il protestantesimo e il maomettanesimo è stato sviluppato da Rohrbacher nella sua famosa Histoire universelle de l’Église catholique [Versione italiana: Abate René François Rohrbacher , Storia universale della Chiesa cattolica, dal principio del mondo ai dì nostri, Milano, Carlo Turati editore, 1854], nell’introduzione del libro 89.
65 – Bossuet, nella sua Défense de l’Histoire des variations, commenta tutta una serie di sinodi calvinisti (Nantes, Orléans, Saint Jean d’Angely, Saintes, Lyon) che hanno spinto i protestanti alla guerra civile. Chi aveva dato la parola d’ordine? Lo stesso Teodoro di Beza confessa di aver sollecitato ad usare le armi (Bossuet, Défense de l’Histoire des variations, §§ 33 e 34 (Oeuvres completes, …, t. 11, 1841, pp. 211-213).
66 – A proposito di queste dragonate, Bossuet, nel 1686, scriveva: «Né da me, né in tutti i dintorni si è anche solo sentito parlare di ciò che si chiamano vessazioni. Io non rispondo di ciò che può essere accaduto nelle provincie lontane, in cui non si sarà potuta reprimere ovunque la licenza del soldato». – Il pastore protestante Dubourdieu dava questa testimonianza al vescovo di Meaux: «Per persuaderci della sua religione, egli impiega solo dei mezzi evangelici». Al tempo stesso, Bossuet vegliava per fare impedire la propaganda protestane: egli chiese all’intendente di bloccare Isaac Cochard e i suoi figli, perché la loro locanda era un centro di propaganda. Ricordiamo a coloro che si scandalizzano, che misure del genere sono sempre state prese in tutti i paesi contro quelli che contestavano i princípi fondamentali dello Stato. Oggi in Francia, i contestatori vengono perseguiti in nome delle leggi Pleven, Gayssot o Neiertz. La «libertà d’espressione» posta come principio assoluto e universale è solo una sinistra ipocrisia. – Émile Baumann, «Bossuet et les hérétiques», Nouvelle revue des jeunes, n. 7, 10-25 giugno 1929, pp- 646-667.
67 - Bossuet, Histoire des variations des Églises protestantes, libro X, § 52.
68 - Bossuet, Cinquième avertissement aux protestants sur les lettres du ministre Jurieu, 1690, § 5 (Oeuvres completes, …, t. 11, 1841, p. 88).



di Yves Gérardin

Pubblicato su Le Sel de la terre n° 99 - inverno 2016-2017

Le immagini nel testo sono nostre




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