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venerdì 4 agosto 2017

Dai cattoanestesisti ci salvi ddio


#Charlie: terrificante lettera di un medico cattolico ad Avvenire

La distinzione tra accanimento terapeutico ed eutanasia si delineerà quindi caso
per caso a partire dalla valutazione medica circa la prognosi e la proporzionalità 
delle cure rispetto alla qualità di vita (in questo contesto l’espressione non è 
strumento della «cultura dello scarto» [QUESTA AFFERMAZIONE E’ APODITTICA,
OSSIA NON DIMOSTRATA NDR]) realisticamente ottenibile

La lettera ad Avvenire del medico cattolico Mattia Baldini (QUI), che sta specializzandosi in rianimazione in Inghilterra, fa venire i brividi. Secondo lui, la ventilazione di Charlie era “accanimento terapeutico” (presumo che per lui lo sia anche quella del piccolo Alfie).
Notevole anche come Baldini utilizzi parole rasentanti il disprezzo per gli esperti italiani come il Card. Sgreccia, che hanno spiegato che per Charlie non era accanimento, ma eutanasia. Baldini dice che non si può generalizzare il caso di Charlie, invece la questione vera, che impedisce allo specializzando di comprendere la situazione, è prettamente di natura filosofica. 


Baldini cita, sull’accanimento terapeutico, il Catechismo della Chiesa Cattolica (paragrafo 2278): «procedure mediche onerose, (…) sproporzionate rispetto ai risultati attesi», ma lo fa senza comprenderlo. Infatti, la ventilazione artificiale, per Charlie, non era sproporzionata rispetto ai risultati attesi che, per la procedura in questione, era farlo respirare. Ora, che Charlie fosse un malato terminale nessuno lo nega, ma altrettanto nessuno può negare che non sia morto a causa della sua malattia, ma soffocato per mancanza d’aria. 
Quello che è avvenuto per Charlie corrisponde alla classica definizione di eutanasia, che è “l’intervento intenzionalmente programmato per interrompere in maniera diretta e primaria una vita, quando questa si trova in particolari condizioni di sofferenza o di inguaribilità o di prossimità della morte”. L’aspetto che più genera confusione è la distinzione tra eutanasia attiva e passiva, usata sia dagli addetti ai lavori sia sulla stampa e implicitamente accettata da Baldini. Chi accetta questa distinzione ritiene che con l’eutanasia attiva si debba intendere un’azione che realizza l’intenzione uccisiva, mentre con il termine di eutanasia passiva ci si riferisce all’induzione della morte dovuta a omissione di sostegno clinico. La distinzione è fuorviante: l’eutanasia è l’introduzione intenzionale, attraverso un’azione od una omissione, di un nuovo processo di morte, parallelo più veloce (o addirittura immediato come per Charlie) rispetto a quello della malattia.
Una delle cose che più mi ha inquietato della lettera di Baldini è l’uso improprio delle parole “qualità della vita” riferito ad un uso moralmente accettabile. Scrive:



La distinzione tra accanimento terapeutico ed eutanasia si delineerà quindi caso per caso a partire dalla valutazione medica circa la prognosi e la proporzionalità delle cure rispetto alla qualità di vita (in questo contesto l’espressione non è strumento della «cultura dello scarto» [QUESTA AFFERMAZIONE E’ APODITTICA, OSSIA NON DIMOSTRATA NDR]) realisticamente ottenibile.

Questa affermazione terribile distingue l’eutanasia dall’accanimento terapeutico in funzione della “qualità di vita” senza definire cosa sia la questa qualità “realisticamente ottenibile” ed in cosa si distingua dalla qualità perorata dagli utilitaristi come P. Singer, J. Savulescu e T.H.Engelhardt. Confusione allo stato puro!
Cari amici, il piccolo Charlie è stato sacrificato sull’altare di una pessima metafisica, che tanto piace al cornuto…

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia!

Andrea Mondinelli

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