ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 22 ottobre 2017

Nascita in piena notte


CORAGGIO E' NATO UN BAMBINO


In questi tempi di confusione, sbandamento e sconcerto ci chiediamo che cosa penserebbero, direbbero e farebbero i sacerdoti e anche laici ai quali era stata affidata, a suo tempo, la nostra formazione cristiana e cattolica 
di Francesco Lamendola   

 

 In questi tempi di confusione, di sbandamento, di sconcerto, nei quali i buoni cattolici si sentono frastornati, abbandonati, perfino traditi, da quella Madre amorevole e misericordiosa alla quale erano stati affidati sin dal Battesimo, tante volte ci siamo chiesti che cosa penserebbero, che cosa direbbero, che cosa farebbero i sacerdoti, e anche i laici, ai quali era stata affidata, a suo tempo, la nostra formazione cristiana e cattolica. Farebbero finta di non vedere, di non sentire, di non accorgersi del sovvertimento in atto dentro la Chiesa, mirante a rovesciare completamente la liturgia, la pastorale e la stessa dottrina cattolica, a cominciare dalla morale e finendo con l’insegnamento relativo ai Novissimi? Come potrebbero adattarsi? Come riuscirebbero a fare buon viso, vedendo calpestate, sminuite, derise le cose che per loro erano più sacre, o, quel che è ancora peggio, vedendone capovolte sia la forma che i contenuti, al punto da esser divenute irriconoscibili? 


Essi avevano trasmesso a noi bambini, a noi giovani, un certo modo d’essere cristiani e cattolici: molto ordinato, molto scrupoloso, molto serio, molto sentito, molto responsabile: come potrebbero accettare il nuovo andazzo? Come potrebbero, tanto per dine una, accettare il silenzio della Chiesa sulla pratica sistematica dell’aborto? Con quali sentimenti udrebbero certi teologi, vedrebbero certi sacerdoti, proclamare che l’omosessualità non è un peccato, e che il “matrimonio” fra due persone dello stesso sesso è una cosa bellissima, un segno di amore, e che andrebbe celebrato dalla Chiesa, se solo quest’ultima fosse meno “chiusa” e conservatrice? Con quale stato d’animo vedrebbero come la gente si reca oggi alla santa Messa, in quale abbigliamento, con quale modo di fare, e ascoltando le omelie di certi preti, perfino di certi vescovi, e poi vedendo i fedeli recarsi all’altare, ritti in piedi, e prendere l’Ostia consacrata con le loro mani, e portarsela in bocca, come un pezzo di pane qualsiasi; e vedendo anche certi preti che si rifiutano di metterla in bocca ai fedeli che lo desiderano, che li sgridano, che li rimproverano come dei bambini sciocchi o dei vecchi rimbambiti? Come avrebbero giudicato le dimissioni di un papa, anziano, sì, ma perfettamente in salute, e come l’elezione di un altro papa, il cui biglietto da visita, la sera stessa del suo primo saluto dal balcone di Piazza san Pietro, è stato un laicissimo Buonasera, senza neanche una benedizione per i fedeli, nel nome del nostro Signore Gesù Cristo?
No: non riusciamo a immaginarceli mentre si piegano a tutto questo, lo subiscono, e magari lo approvano. È impossibile. Erano persone molto disciplinate, senza dubbio; molto obbedienti; certamente: ma questo non significa che fossero prive di personalità, di giudizio critico, e che non sapessero riconoscere e distinguere la moneta buona da quella falsa. Non significa che sarebbe andata bene loro qualsiasi cosa venisse calata dall’alto, in nome del principio di autorità. Per come le abbiamo conosciute noi, la loro fede era genuina; la loro dottrina era solida; la loro capacità di giudizio era matura. Obbedienti, ma non sciocche; disciplinate ma non servili. Soprattutto, sapevano chi è il solo e unico Signore della Chiesa: Gesù Cristo; sapevano che gli altri, tutti gli altri, dal papa in giù, sono soltanto operai nella sua vigna. Non avrebbero mai commesso l’errore di dimenticarsi di questa semplice verità, neppure per un attimo; non si sarebbero sottomesse a delle pretese inique, né avrebbero acconsentito a un andazzo scandaloso, solo per compiacere i loro superiori. Nella loro formazione di sacerdoti e di uomini, non rientrava l’idea che la Chiesa debba compiacere questo mondo perverso; al contrario, la loro idea era che la Chiesa deve redimere il mondo. Anche a costo di confrontarsi duramente con esso; anche a costo di ricevere calunnie, ostilità e persecuzioni. Non riusciamo a immaginare il nostro vecchio parroco che si adatta a recitare queste “preghiere dei fedeli” che sembrano scritte da dei sindacalisti o dei militanti di qualche partito progressista, e nulla hanno a che fare con la Chiesa e col Vangelo, anche perché non parlano mai di Dio, dei Santi, della Madonna e della vita buona. Né riusciamo a immaginare il nostro giovane (giovane, allora) cappellano che legge, compiaciuto, L’Avvenire, con le vignette di Staino, che rappresenta Gesù Cristo come un povero ebete, come un morto di sonno, o con la prima pagina trasformata in un grande spot pubblicitario per l’approvazione della legge sullo ius soli; e che ne consiglia la lettura ai parrocchiani e alle parrocchiane. E nemmeno riusciamo a immaginare la maestra di catechismo che, invece di spiegare i Dieci Comandamenti, o il mistero della notte di Natale, o il Sacrificio di Gesù sulla Croce, si mette a parlare degl’immigrati, dell’inclusione, dell’accoglienza, del dialogo coi “fratelli” luterani, e che, magari, sull’esempio di monsignor Paglia, intona le lodi di Marco Pannella, pace all’anima sua, oppure, sull’esempio di monsignor Galantino, si mette a dire che Dio risparmiò Sodoma e Gomorra, perché, dopotutto, Dio è misericordioso, e alla fine non giudica, né condanna nessuno, ma porta tutti felicemente in paradiso. No: erano persone serie, tutte d’un pezzo; prendevano sul serio Gesù Cristo, sul serio il suo Vangelo, sul serio la morale cattolica. Non cercavano l’applauso del mondo, anzi, sapevano benissimo che, a venir lodato troppo dal mondo, vuol dire che c’è qualcosa che non va come dovrebbe, nella vita d’un vero cristiano.
Perfino i Messali che si usano oggi hanno qualcosa che non è come dovrebbe essere, come ci è stato insegnato che deve essere. Perciò troviamo utile sfogliare i vecchi Messali, diciamolo pure chiaro e tondo: quelli di prima del Concilio, che sono una miniera di spunti preziosissimi: è sempre la stessa religione, la stessa Chiesa – fino a prova contraria -, eppure, quale differenza, quale abisso, rispetto ai nostri giorni. Ci diranno che siamo passatisti, nemici del progresso: verissimo. Siamo nemici del progresso, così come lo intende il mondo, e sappiamo bene che il Vangelo non ha niente a che fare con esso. Il mio Regno non è di questo mondo, sono parole di Gesù Cristo; e Date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio, sono ancora parole del nostro Signore. E noi abbiamo bisogno di quelle Parole, di quella Voce, di quella Verità: non di correr dietro alle mode del mondo, alle “tendenze” del secolo. Oggi la tendenza è progressista, diciamo pure di sinistra; è una tendenza a rivedere, a cambiare, a rinnovare senza limiti, senza alcun rispetto per la Tradizione, e perfino modificando la lettera e lo spirito della Scrittura. Ma questa non è la vera Chiesa: questa è la neochiesa massonica, patria del relativismo; è la sinagoga di Satana, con la quale non vogliamo aver nulla a che fare. Per essere fedeli a Cristo, dobbiamo prendere le distanze dalla falsa Chiesa. Ciò non significa che tutta la Chiesa è diventata falsa e apostatica; questo non accadrà mai, perché Gesù in Persona lo ha promesso. Bisogna però prendere atto che l’apostasia si è già insinuata dentro la Chiesa e che sta compiendo la sua opera nefasta dall’interno, sempre più debolmente contrastata dalla parte ancora sana; anche perché essa adopera l’astuzia infernale di presentarsi sotto mentite spoglie, di far passare i suoi atti blasfemi come atti di apertura, di dialogo, di ecumenismo, di fratellanza universale, mentre non sono che atti di resa, o peggio, alle forze del Male. C’è una regia occulta, una regia infernale, dietro a tutto questo. E se un generale dei gesuiti viene fuori a dire che il diavolo non esiste, noi ne siamo ancora più persuasi: è da simili affermazioni, da simili atteggiamenti, che la Chiesa rischia di esser travolta, snaturata, e consegnata nelle mani del Nemico. Il Nemico c’è, e spia da tempo l’occasione per infliggere il colpo mortale: dall’inizio della storia. La storia è una lunga, drammatica partita a scacchi fra lui e il Bene, la cui posta è la salvezza delle nostre anime immortali. Eppure, il Nemico sta sogghignando troppo presto. Crede già di aver vinto, ma le cose stanno ben diversamente, e la sua sconfitta definitiva e irreparabile è assolutamente certa. La sua sconfitta ha una data d’inizio: una notte di duemila anni fa, in cui venne alla luce un Bambino sotto il cielo stellato della Palestina, il nostro divino Redentore.
Dicevamo dei buoni, vecchi Messali di una volta. Ce n’è uno che ci è particolarmente caro, quello sul quale pregavano e meditavano i nostri vecchi sacerdoti, coloro ai quali siamo debitori della nostra formazione cattolica: il Messale del benedettino Gaspar Lefebvre (Lilla, 17 giugno 1880-Bruges, 16 aprile 1966), un biblista come ce ne furono pochi, ottanta edizioni a partire dal 1920, innumerevoli traduzioni in tante lingue; un libro meraviglioso, illustrato da un grande artista come René de Cramer (1876-1951) in un suggestivo stile liberty, molto ispirato; tradotto anche in italiano (Torino, Centro Liturgico, 1936), nel quale cerchiamo ispirazione quando la malinconia per quel che sta accadendo oggi nella Chiesa si fa sentire con più forza. Sfogliamolo a caso, ed eccoci al commento liturgico per il 25 dicembre, la prima Messa nella Notte del santo Natale (pp. 175-176):

Il Verbo, generato nell’eternità del Padre, ha elevato fino all’unione personale con sé il frutto benedetto del seno verginale di Maria, ciò che significa che la natura umana e la natura divina sono legate in Gesù nell’unità di una sola persona, che è la seconda persona della SS: Trinità. E, come quando si parla di figliolanza, è la persona che si designa, si deve dire che Gesù è IL FIGLIO DI DIO perché la sua persona è divina; è il VERBO incarnato, perciò Maria è LA MADRE DI DIO; non perché essa abbia generato il Verbo, ma perché ha generato l’umanità che il Verbo si è unito nel mistero dell’Incarnazione; mistero di cui la nascita di Gesù a Betlemme fu la prima manifestazione al mondo. Si comprende allora perché la Chiesa canti ogni anno a Natale: “Puer natus est nobis et Filius datus est nobis”; un fanciullo  nato per noi, un figlio ci viene dato. Questo Figlio è il Verbo incarnato, generato come Dio dal Padre nel giorno dell’eternità: “Ego hodie genuit te”, e che Dio genera come uomo nel giorno dell’Incarnazione: “Ego hodie genuit te”; perché con l’assunzione della sua umanità in Dio ASSUMPTIONE HUMANITATIS IN DEUM (Simbolo di S. Atanasio), il Figlio di Maria è nato alla vita divina, ed ha Dio stesso per Padre, perché Egli è unito isostaticamente a Dio Figlio. “Con grande amore, dice S. Leone, il Verbo incarnato ha ingaggiato la lotta contro Satana per salvarci, perché l’onnipotente Signore ha combattuto con il crudelissimo nemico non nella maestà di Dio, ma nella debolezza della nostra carne” (5a Lez.). E la vittoria che ha riportato, malgrado la sua debolezza, mostra che Egli è Dio.
Fu nel mezzo della notte, che Maria mise al mondo il Figlio primogenito e lo depose in una mangiatoia. Così la Messa si celebra a mezzanotte nella Basilica di S. Maria Maggiore, dove si conservano le reliquie della mangiatoia.

Coraggio: è nato un Bambino…

di Francesco Lamendola
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