ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 20 ottobre 2017

Osservatori bergogliani


  • STRUMENTALIZZATE LE PAROLE DI UN VESCOVO

Anche Rep inciampa sulla Polonia

E’ davvero sorprendente l’insistente malafede con la quale le due ammiraglie mediatiche del nostro Paese hanno deciso di scagliarsi contro i polacchi, protagonisti il 7 ottobre della più grande preghiera di popolo che sia mai stata fatta da 50 anni a questa parte sotto la volta stellata europea. Quasi due milioni di persone assiepate sui confini della nazione per pregare nell’ordine: per la pace, contro il terrorismo islamista e per la fede cattolica del popolo. Troppo per il Corriere della Sera che, nel tentativo di screditare l’iniziativa, che ha visto per la prima volta il saldarsi un sol braccio, di laici e gerarchie ecclesiastiche, ha accusato i polacchi di essere stati collaborazionisti dei nazisti, de facto paragonando gli ebrei di ieri agli islamici di oggi. Niente di più scorretto, niente di più falso storicamente. Infatti la cosa non è passata sotto silenzio. La piattaforma CitizenGo ha lanciato una petizione, l’ambasciata polacca, stando a fonti della Nuova BQ sta pensando ad una protesta formale nei confronti del giornale ex via Solferino.

Ma nel campo della denigrazione della preghiera polacca c’è anche Repubblica, che già aveva liquidato il Rosario come una manifestazione di integralisti cattolici. Ieri ci ha riprovato, utilizzando l’arma della mistificazione. Come? Ha utilizzato un’intervista di un alto ecclesiastico polacco per dire quello che non voleva dire, ed effettivamente non ha detto.
Ma andiamo con ordine. Già il titolo era fuorviante: “Per la Chiesa la Polonia è un caso, il primate: "Sospenderò preti anti-profughi"”. L’accostamento dell’intervista con il Rosario induceva il lettore a pensare che il primate polacco Wojciech Polak fosse contro la preghiera sui confini e bacchettasse il suo clero, i suoi fratelli nell’episcopato e in ultimo il popolo cattolico.
Dell’intervista, rilasciata da Polak al settimanale Tygodnik PowszechnyRepubblica ha scelto questa frase: "Se dovessi avere notizia di una protesta contro i profughi alla quale i miei preti dovessero aver partecipato, la mia risposta sarà rapida: ogni sacerdote che si unisce a queste manifestazioni sarà sospeso. Non ho alcuna alternativa in quanto responsabile della mia diocesi. In una situazione in cui ci sono preti che esplicitamente sostengono una parte in conflitto, debbo agire immediatamente".
Come si può evincere dallo stesso testo tradotto di Repubblica, il primate non si riferisce affatto al Rosario, né a preghiere pubbliche per la difesa della nazione dal terrorismo islamista.
Semplicemente è soltanto l’avvertenza che il clero è invitato a non immischiarsi nelle vicende politiche del Paese, che vedono l’opinione pubblica polacca impegnata nel dibattito sull’apertura o chiusura delle frontiere per i richiedenti asilo. E qui c’è la prima scorrettezza: manifestare contro l’indiscriminata apertura delle frontiere è un conto, protestare contro l’accoglienza dei pochi rifugiati politici, è un’altra. Ma queste sottigliezze non servono alla tesi. Così come non serve alla tesi il fatto che il vescovo Polak abbia né più né meno citato il codice di diritto canonico che vieta ai consacrati di prendere parte a qualsivoglia iniziativa politica, come potrebbe essere un corteo anti immigrati organizzato da forze politiche.
Non certo quello che è accaduto in Polonia il 7 ottobre dato che, anzitutto, quella è stata una preghiera pubblica e non un corteo politico. Ma Repubblica ha giocato con l’accostamento al Rosario per indurre l’opinione pubblica che non si sia trattato di una preghiera di un popolo, ma di un’iniziativa politica vicina all’ultradestra, screditando di fatto i promotori, tra i quali la Chiesa polacca.
La cosa non è piaciuta a molti. Soprattutto al settimanale in questione che si è affrettato a prendere le distanze dalla lettura che il giornale italiano ha dato di quell’intervista, fatta da un settimanale sì di sinistra e contro la linea del governo e della Conferenza episcopale, ma non certo in malafede circa le parole utilizzate da Polak.
Le quali, lette integralmente non potevano dare adito nessuno a pensare che si riferisse al Rosario. Infatti nell’intervista non si parla del Rosario del 7 ottobre, che viene tirato in ballo strumentalmente da Repubblica, ma del fatto che la Chiesa polacca non si immischia nella politica, come appunto suggerito dal titolo dell’intervista.
Gli unici passaggi dedicati alla quesitone immigrati (la traduzione ci è stata fatta da Stanislaw Grygiel, amico personale di Giovanni Paolo II, già intervistato sull’argomento dalla Nuova BQ) non hanno nessuna attinenza col Rosario tanto che c’è una frase che Rep non riporta, ma esprime bene l’opinione del presule. Ed è questa: “Dobbiamo aprirci ai rifugiati perché in loro c’è Cristo, ma non si tratta di una semplice apertura delle frontiere senza alcun controllo, ma di un saggio e sistematico aiuto che dobbiamo dare e che non deve costituire per noi nessuna minaccia”.
Il traduttore sottolinea quel “nessuna”. In pratica Polak ha ribadito quello che la Chiesa polacca ha sempre detto: porte aperte a chi è davvero bisognoso di protezione internazionale, ma questo non deve generare un rischio per il popolo polacco. E qui si inserisce il tema della difficile integrazione e della tenuta dei rapporti sociali causata da un’indiscriminata immigrazione dettata dal buonismo.
Piuttosto bisognerebbe chiedersi per quale motivo la stampa italiana ha deciso di cavalcare il sentimento anti polacco per una vicenda che invece dovrebbe essere letta con altre lenti: un popolo forte della sua identità e della sua fede interviene nello spazio sociale per affidare i propri timori e le proprie speranze alla Beata sempre Vergine Maria perché l’Europa torni cristiana. Tutto questo non è permesso nel consesso, a Destra come a Sinistra.
Andrea Zambrano

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