ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 4 novembre 2017

Il re è nudo


Poveri protestanti (e poveri cattolici)


Nascere protestanti è una disgrazia, ma non meno nascere cattolici in una Chiesa modernista. Certo, per gli uni e per gli altri è sempre possibile la conversione, ma ci vuole qualcuno che esorti ad essa. Sì, la grazia può anche agire direttamente nelle buone coscienze, ma normalmente si serve di una mediazione. Nel caso in cui i mediatori – o almeno gran parte di essi – lavorino in senso contrario, è ben difficile che uno si renda conto del proprio errore, anzi sarà confermato in esso. Mistificatori, ecco come definire quanti parlano di intesa dottrinale. Volgari mistificatori, a qualsiasi livello della carriera si trovino. Che siano rappresentanti di una “federazione luterana” che non conta quasi più fedeli o gerarchi della Chiesa Cattolica venduti al nemico, fingono di rappresentare qualcuno, quando invece non rappresentano se non sé stessi, dato che chi è eretico o approva l’eresia non detiene di fatto alcuna autorità. Le loro ridicole dichiarazioni trovano tuttavia ampia eco sulla stampa di regime, prova del fatto che per quel regime tutti loro lavorano.

Parlare di diverse interpretazioni o di diversità riconciliata, in realtà, per la ragione è una colossale sciocchezza, per la fede un’esecrabile bestemmia, perché dottrine blasfeme e contraddittorie, espressamente condannate da un concilio ecumenico, comunque le si interpreti non possono in alcun modo riconciliarsi con la verità, salvo che si rinunci e alla fede e alla ragione. Preoccuparsi poi che coppie di diversa “denominazione” possano accostarsi insieme alla comunione è ipocrita e fuorviante, visto che il coniuge protestante, nel suo culto, non riceve altro che un pezzo di pane (dato che il “ministro” non ha ricevuto l’Ordine sacro o, se anglicano, lo ha ricevuto in modo invalido). Il coniuge cattolico dovrebbe invece condurre l’altro verso la vera fede, se i due si vogliono davvero bene e desiderano sinceramente ricevere insieme il Corpo del Signore. Non ci vuole un dottorato in teologia per capire cose tanto semplici e naturali, ma evidentemente la semplicità di mente e di cuore non è più di moda e le Beatitudini sono ormai lettera morta.

Che dire poi della cosiddetta Dichiarazione congiunta sulla giustificazione, testè richiamata in vita dal giusto oblio in cui era caduta? Come possiamo dire di condividere con i protestanti la stessa dottrina sulla giustificazione per fede e per grazia, quando essi hanno in realtà un concetto errato, completamente estraneo alla Tradizione d’Oriente e d’Occidente, tanto della giustificazione quanto della fede e della grazia? Una “giustificazione” estrinseca e meccanica che lascia il peccatore così com’è, non è piuttosto una terribile condanna senza appello? Che Dio sarebbe quello che non avesse il potere di trasformare interiormente l’uomo e di renderlo effettivamente giusto? Si potrebbe realmente parlare, in questo caso, di misericordia? Non sarebbe piuttosto un’ignobile beffa che porterebbe il peccatore alla disperazione? Di fatto, com’è vissuto e com’è morto quel disgraziato che s’è inventato questa vergognosa contraffazione?

In questo caso la grazia non è altro che un favore esterno con cui Dio, arbitrariamente, non imputa più all’uomo i suoi peccati e lo considera giusto. Non è forse, questa, un’idea arrogante, temeraria e offensiva? Come potrebbe fingere la Verità stessa, dichiarando qualcosa di contraddittorio rispetto alla realtà? Come potrebbe la Santità infinita tollerare il peccato in chi Le è amico e figlio? Come potrebbe il sommo Bene accordarsi con il male senza sanarlo in chi è ben disposto e coopera con Esso? Una giustizia e una grazia puramente nominali sono idee malate, indegne del Dio vivente. Per rendersene conto, basta leggere la Sacra Scrittura senza distorcerne il significato, tanto è vero che i protestanti che la leggono con retta coscienza e senza paraocchi ideologici si farebbero cattolici, se perverse ragioni di politica ecumenica non lo impedissero loro.

Grazie a Dio, i luterani che hanno ancora un po’ di fede non credono realmente in questa caricatura, ma non per questo sono al sicuro. La fede si perde completamente quando si rifiutano delle verità rivelate in modo consapevole e deliberato, cosa di cui non si può accusare, evidentemente, chi senza sua colpa è stato educato in una dottrina erronea ed è vittima di un errore invincibile. Per questo la grazia può soccorrerlo nella misura in cui egli si sforza di avere una coscienza retta; tuttavia il concetto stesso di fede che gli è stato insegnato ne rappresenta una grave deformazione. Non si tratta infatti di un libero assenso a Dio che si rivela, prestato con l’aiuto dello Spirito Santo che illumina l’intelletto e muove la volontà, ma di una convinzione soggettiva e illusoria di essere salvi per il semplice fatto di crederlo. Quest’idea esclude qualsiasi collaborazione dell’uomo nell’atto di fede e preclude alla fede stessa la possibilità di giungere a compimento in opere meritorie e deificanti, nelle quali la grazia soprannaturale si innesti sulle operazioni della natura umana, elevandola e santificandola. Alla fin fine bisogna convincersi di credere, ma senza poterne mai essere veramente sicuri: c’è disgrazia peggiore per un uomo sinceramente religioso?

È proprio da qui che nasce il soggettivismo moderno, che si è poi universalmente imposto mediante l’idealismo tedesco, che degli errori protestanti è figlio. Lutero, infatti, escludendo a priori qualsiasi partecipazione umana alla salvezza, nega di conseguenza il ruolo salvifico dell’umanità di Cristo, che viene così ad essere uno strumento puramente passivo della divinità. Tale visione non soltanto svaluta l’Incarnazione e intacca il dogma cristologico, che riconosce in Gesù due volontà libere (seppure l’una sottomessa all’altra), ma finisce con l’introdurre un conflitto in Dio stesso. In questo quadro la Redenzione non è più opera del Figlio che, soffrendo nella natura umana, espia le colpe degli uomini per renderli di nuovo accetti al Padre, bensì una mera dimostrazione di amore che deve semplicemente indurre l’uomo a contare su una remissione unilaterale e incondizionata. La Croce così intesa, svuotandosi del suo significato autentico, sposta il dramma del peccato dalla relazione tra Dio e la creatura alle relazioni all’interno della Trinità: la Seconda Persona, identificandosi con il peccato stesso, sarebbe stata momentaneamente rigettata dalla  Prima…

Come si possa giungere a una bestemmia così grottesca si spiega unicamente con un insensato e incoercibile orgoglio che, una volta lanciatosi sulla china dell’assurdo, vi rotola fino in fondo, pur di non smentirsi riconoscendo umilmente l’errore: l’uno tira l’altro, in una catena cui solo la morte – quella eterna – può porre fine. Ci vuole compassione? No, una superbia simile non la merita, così come non si deve alcun ascolto al personaggio che, a Roma, ripete queste aberrazioni blasfeme sostenendo che Cristo, nella Passione, si sarebbe fatto peccato e diavolo: sono, né più né meno, frasi dell’eresiarca Lutero riprese alla lettera, pur senza citarne la fonte. Con questa peste non vogliamo assolutamente avere a che fare in nessun modo, visto oltretutto il grado di protestantizzazione al quale, con il pretesto del “rinnovamento”, è già stata condotta la Chiesa Cattolica. È ora di gridare la propria indignazione per questa stomachevole farsa e di dissociarsene nel modo più deciso, rammentando a chiunque approvi l’eresia che ciò lo rende a sua volta eretico e lo pone ipso facto fuori della comunione ecclesiale, privandolo di qualsiasi facoltà reale. Così, magari, i membri della gerarchia a cui compete si decideranno finalmente a dichiarare ciò che è sotto gli occhi di chiunque li abbia e sia sano di mente: che il re è nudo (ovvero il “papa” è protestante).

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