ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 11 novembre 2017

Una nuova e ambigua teologia

Lutero, Bergoglio e la Riforma

L'ostilità nei confronti del magistero romano e delle correnti mistiche non è il solo punto in comune tra l'attuale vescovo di Roma e il monaco di Erfurt: entrambi antepongono le questioni politiche e sociali del proprio tempo alla vita interiore. Il gesuita argentino e l'agostiniano tedesco, infatti, più che riformatori sono de facto dei rivoluzionari anti-romani. 

In tutto il mondo si stanno celebrando i cinquecento anni della Riforma protestante e, come già accaduto dopo l’elezione di Bergoglio, l’ambiente laico è in festa. L’occasione è di quelle uniche: Lutero, padre della Riforma, è infatti il fondatore di quell’individualismo che pervade il mondo contemporaneo, in cui la società laica detta la sua legge. D’altronde la stessa chiesa bergogliana, orizzontale e riformatrice, non può che ammiccare al carattere antigerarchico e antisacramentale del protestantesimo, così dopo il Papa argentino non credenti e credenti hanno riscoperto in Lutero un’altra utile figura per l’affermazione di una nuova e ambigua teologia.

                                                            Ritratto di Martin Lutero – Lucas Cranach (1529)

A farne le spese è da una parte la tradizione cattolico romana, già rivoluzionata dal Concilio Vaticano II, dall’altra quell’approccio spirituale al sacro che sotto il nome di mistica ha caratterizzato una parte importante del cristianesimo. Ma l’ostilità nei confronti del magistero romano e delle correnti mistiche non è il solo punto in comune tra l’attuale vescovo di Roma ed il monaco di Erfurt, entrambi infatti antepongono le questioni politiche e sociali del proprio tempo alla vita interiore.

Nel caso di Lutero l’attenzione è focalizzata nello scontro tra i principi tedeschi e le istituzioni del Papato e dell’Impero, per quanto concerne Bergoglio invece tutti gli sforzi sono mirati all’edificazione di una società indifferenziata e mondialista. Il gesuita argentino e l’agostiniano tedesco più che riformatori sono de facto dei rivoluzionari anti-romani, laddove Roma è, per dirla come Dante, il punto d’incontro tra Aquila e Croce, ossia tra Impero e Chiesa. Se da un lato oggi assistiamo allo scardinamento a colpi di encicliche del millenario magistero romano, dall’altro, in passato, Lutero arrivò a manipolare il pensiero dei grandi mistici renani al fine di opporre a quella romana una religiosità prettamente tedesca.

                                          Papa Francesco, 266º papa della Chiesa cattolica

Il caso più eclatante fu la ristampa voluta da Lutero del Libretto della vita perfetta, scritto dall’Anonimo Francofortese e re-intitolato dal monaco di Erfurt: Teologia tedesca. In realtà quest’opera non aveva nulla di prettamente germanico poiché la mistica renana o mistica dell’essenza di cui è permeata, nacque sì in Germania ma poggiava sui temi classici del neo-platonismo che da Plotino a Dionigi Areopagita, da Boezio a Eckhart, passando appunto per l’Anonimo Francofortese ed i domenicani Taulero e Suso, affermava la possibilità di una divinizzazione dell’uomo attraverso la cosiddetta via del distacco e lo svuotamento (κένωσις) dell’ego, fino a giungere al fondo dell’anima.

Niente di più lontano quindi dai concetti di sola fides, sola gratia e sola scriptura che rimangono i veri pilastri della Riforma protestante. Mentre Lutero, attraverso una lettura esclusivista e personalistica della Bibbia, nega la possibilità di salvezza a chiunque la pensi diversamente da lui, la  mistica renana si edificava sulle solide e universali basi della filosofia classica, d’altronde la stessa tradizione cattolica è fortemente intrisa di concetti aristotelici e platonici, al contrario l’egoità luterana non permetteva l’intromissione di alcun pensiero extra-biblico nell’ambito religioso. La ragione umana veniva sacrificata sugli altari della sola scriptura e della sola gratia, ed ecco allora che i riformatori, puntando l’indice contro il cattolicesimo romano, arrivarono a definirlo idolatrico e paganeggiante.

                             Lutero e la Dieta di Worms – Anton von Werner (1877)

Lutero che aveva in odio Roma e tutta la sua tradizione, vedeva in Eckhart e Taulero, fraintendendoli, gli esponenti di una teologia non scolastica avversaria della Chiesa romana ma, contemporaneamente, al monaco di Erfurt sfuggiva il fondamento spirituale della Mistica dell’essenza (wesensmystik), ovvero la dottrina della nascita di Dio nell’anima. Proprio sotto questo aspetto il monaco agostiniano fu sempre anti-mistico, per la Riforma infatti la salvezza viene operata da Dio pro nobis extra nos, per Eckhart e Taulero è invece proprio nell’anima del fedele che avviene la generazione del Logos.

Infine l’esclusivismo biblico e l’ostracismo nei confronti del mondo classico non è minimamente condiviso dai mistici renani del Trecento che al contrario chiamano i grandi filosofi del passato maestri pagani sottolineando come anch’essi siano arrivati con la ragione e le virtù là dove sono giunti i cristiani. Insomma, se la Riforma impugna le Sacre Scritture contro scienza e filosofia, la Mistica dell’essenza risponde con la consapevolezza che la “lettera” immobilizza e uccide, solo lo Spirito vivifica e lo Spirito è al di sopra della stessa Scrittura.

 
                                                                            La città di Erfurt

D’altronde nel Vangelo di Luca, dopo la straordinaria manifestazione di fede del centurione pagano è lo stesso Gesù ad affermare nei riguardi del romano:
Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!
Questa profonda dimensione mistica oltrepassa la sola scriptura con la Scrittura stessa ma necessita di un prodigioso sforzo contemplativo. E’ necessario distaccarsi dalle cose del mondo ed abbandonare il proprio ego, in questo senso Meister Eckhart, il più importante esponente della Scuola renana, afferma:
In verità se un uomo abbandonasse un regno o il mondo intero e mantenesse se stesso, non avrebbe abbandonato proprio nulla. (…) Soltanto chi abbandona la propria volontà e se stesso, ha abbandonato davvero tutte le cose (…). Poiché solo ciò che non vuoi più neppur desiderare, tu lo hai veramente lasciato e abbandonato per amor di Dio.
Tale dimensione di abbandono spirituale è ormai aliena anche alla Chiesa postconciliare che si rivolge esclusivamente all’uomo e alle sue rivendicazioni sociali, sicché lo stesso Bergoglio ammette: quando prego talvolta mi addormento. Verrebbe d’aggiungere che al contrario è sempre ben sveglio quando si discute di diritti sociali, politiche migratorie e inquinamento globale, tanto che paradossalmente l’ingerenza politica del Vaticano in Italia è oggi superiore a quella di un secolo fa, eppure nessuno sembra accorgersene, se non quei pochi fedeli rimasti orfani della figura di un pontefice che dovrebbe essere ponte verticale tra uomo e Dio ma è invece diventato ponte orizzontale tra uomo e uomo.


Dunque la Chiesa cattolica, priva di auctoritas, perde così quel carattere gerarchico prettamente romano da intendersi come ordine che armonizza, un ordine terrestre che è specchio di quello celeste. A tal proposito Dionigi l’Areopagita, teologo e mistico cristiano del V sec., spiega nel De Coelesti Hierarchia:
La gerarchia è nello stesso tempo ordine, scienza e azione, conformandosi, per quanto è possibile, agli attributi divini, e riproducendo, per mezzo dei suoi splendori originali, un’espressione delle realtà che sono in Dio.
Sempre l’Areopagita scrive sull’ordine ecclesiastico:
Lo stesso vescovo, in conformità della sua essenza, ruolo e vita, è iniziato nelle cose divine ed ottiene la deificazione e tramanda a coloro che stanno dopo di lui, secondo il merito di ciascuno, la sacra deificazione che è già stata ottenuta da lui ad opera divina, mentre gli inferiori seguono i superiori e indirizzano a loro volta quelli che sono più in giù verso uno stato superiore.
L’Areopagita è dunque lontanissimo dall’individualismo luterano, dal criterio protestante della libera interpretazione della Scrittura ed, allo stesso tempo, distante anni luce dalle attuali pastorali sociali della Chiesa cattolica.

 
                                           Dionigi Areopagita – Matthäus Günther (1767)

Nel De Ecclesiastica Hierarchia il ruolo dei vescovi è circoscritto in un ambito squisitamente spirituale: il sacerdote ha come compito la deificazione del fedele non le rivendicazioni economiche o i diritti di cittadinanza. Di questa deificazione a cui si arriva mediante il rispetto degli ordini terrestri e celesti ci parla persino Dante quando nella Divina Commedia scrive: questi ordini di sù tutti s’ammirano, e di giù vincon sì che verso Dio tutti tirati sono e tutti tirano; citando esplicitamente Dionigi nei versi seguenti: Dioniso (Dionigi) con tanto disio a contemplar questi ordini si mise, che li nomò e distinse com’io.

Per giungere nell’Empireo è dunque necessario riconoscere quest’ordine gerarchico e spirituale sì da ascendere verticalmente verso il divino. Chi al contrario intende riformare in senso individualistico (protestantesimo) o antropocentrico (cattolicesimo postconciliare) ciò che è perfetto per natura, si adopera al contrario per relegare l’uomo in un ambito meramente terrestre e materiale negandogli qualsiasi slancio spirituale. Ecco dunque il collante che tiene unita la Chiesa postconciliare alla Riforma protestante: la volontà di cambiare ciò che ha formaimmagine divina. D’altronde è lo stesso Bergoglio a dire:
Credo che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate: era un riformatore.
di Guido Santulli - 11 novembre 2017

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