ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 29 dicembre 2017

Avanti voi..!

DI QUALI ALTRI SEGNI C'E' BISOGNO ?

A tutti i prudenti, i timidi e i vigliacchi "travestiti da saggi" vorremmo domandare: ma di quali altri segni avete bisogno in nome di Dio? Non capite che le anime sono in pericolo e che Gesù Cristo viene tradito un’altra volta
di Francesco Lamendola 

 

L’11 febbraio 2013, giorno in cui Benedetto XVI annunciò pubblicamente, e improvvisamente,  la sua decisione di dimettersi a brevissimo termine, un fulmine si abbatté sulla cupola della basilica di San Pietro, in Vaticano.
Il 26 gennaio 2014, le due colombe liberate da papa Francesco, quale simbolo di pace, dal balcone del palazzo vaticano, alla presenza dei bambini e di una grande folla di fedeli, sono state immediatamente attaccate da un corvo e da un gabbiano, i quali, sotto gli occhi inorriditi del pubblico, ne hanno uccisa e divorata una, ferita e messa in fuga l’altra.
Il 25 dicembre 2017, la benedizione Urbi et orbi di papa Francesco è rimasta inspiegabilmente  interrotta e pertanto, a parere di molti, spiritualmente ineffiacace: egli ha detto, o meglio, ha letto dal Messale: et benedictio Dei omnipotens, Patris, et Filii, et Spiritus Sancti. Amen, saltando le parole decisive: discendat super vos, et maneat semper.
Ci sarebbero molti altri fatti strani o inquietanti da ricordare; l’elenco sarebbe lunghissimo. Certo, per molti di essi c’è una spiegazione perfettamente naturale, specialmente per quelli di origine “esterna”: un temporale con tuoni e fulmini, ad esempio, a Roma, al principio di febbraio, è un evento meteorologicamente poco probabile, ma non certo impossibile; e l’attacco di uccelli rapaci, nel cuore delle città, ai danni di altri volatili e di animaletti indifesi, è, senza dubbio, qualcosa di “normale”, data l’alterazione ecologica in atto, che tende a far sparire i piccoli uccelli e a favorire la sopravvivenza di quelli grossi.

Meno agevole spiegare altri fatti, di origine umana, nei quali si direbbe che sia determinante una precisa volontà: come spiegare che il papa Francesco non abbia portato a termine la benedizione Urbi et orbi, e proprio nel giorno di Natale? E non si venga a dire che ha poco familiarità con le formule in latino, perché, ripetiamo, non doveva recitare a memoria, ma solamente leggere dal libro che aveva, bene aperto, innanzi a sé. Altrettanto difficile spiegare tutta una serie di suoi comportamenti, dal fatto di non inginocchiarsi davanti al Santissimo sacramento (tanto è vero che, per smentire la “diceria”, sono state messe in rete le foto che dimostrano il contrario: il che è come confermare l’estrema rarità dell’evento), al fatto di aver baciato la Bibbia dei protestanti valdesi, il 22 giugno 2015 (ma c’è il precedente ancor più inquietante del bacio di Giovanni Paolo II al Corano, il 14 maggio 1999: a quel Corano in cui è scritto che chi afferma che Gesù è Dio o il Figlio di Dio, bestemmia), fino al banale, se si vuole, saluto alla folla dei fedeli, e questo sin dalla notte della sua elezioni, con un laicissimo Buonasera, poi Buonanotte e buon riposo, senza benedire e senza invocare il nome di Gesù Cristo, ma solo, genericamente, il “Signore”, formula che potrebbe andar bene per qualsiasi altra religione monoteista; e infatti Bergoglio ha pure dichiarato, con la massima tranquillità, che cristianesimo e islamismo sono animati dal medesimo spirito e che adorano lo stesso Dio (4 giugno 2016, rivolgendosi alla sceicca del Qatar).
Una volta gli uomini, e anche i cristiani, erano molto più attenti a leggere e riconoscere i “segni”, non dei tempi, ma di Dio, perché riconoscevano che sia la natura, sia la storia, appartengono a Dio, e che Dio, in quanto Re dell’universo, non permette che accada la più piccola cosa, senza la sua volontà, o il suo consenso, o la sua permissione; e che, anzi, si serve precisamente dei “segni” quando vuole parlare agli uomini, ma facendo in modo che vedano e capiscono solo quelli che sono nella sua grazia, mentre, per tutti gli altri, quei segni rimangono invisibili e insignificanti. Ma poi è venuta la modernità, è venuto il razionalismo, sono arrivati i preti e i teologi modernisti e scientisti, tutti intenti a “demitizzare” la Bibbia. Come dice Gesù, citando il profeta Isaia: Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani (Mt 13, 15).
Ora dobbiamo chiederci se quelle parole non si attaglino proprio a noi; se non sia proprio la nostra la generazione incredula e perversa, cieca e sorda davanti ai segni, la quale vede senza vedere, ode senza udire, e pur essendo testimone di una serie di fatti, non li comprende. Per comprendere la realtà non basta la ragione naturale; ci vuole anche la vita di grazia, che è la vita di Dio in noi. È ovvio, quindi, che una società immersa nel disordine e nei peccati non arriva né a vedere, né a comprendere i segni, perché la sua condizione di peccato fa velo alla sua intelligenza, e maschera davanti ai suoi occhi ciò che vedrebbe benissimo, se avesse quella vista interiore che è un dono di Dio e che consente ai Santi, per esempio, di leggere chiaramente non solo nel presente, ma anche nel passato e nel futuro. Molti testimoni riferiscono che, giunti al confessionale di padre Pio da Pietrelcina, era lui che diceva loro i peccati che avevano commesso, prima ancora che si decidessero a confessarli. Avere l’anima pura ed essere in grazia di Dio significa vedere le cose con una facoltà di comprensione che è superiore a quella ordinaria, normalmente concessa agli esseri umani. Dante, nella Divina Commedia, spiega con chiarezza come l’anima beata, guardando verso Dio, che è la Verità, vede tutto, sa tutto e comprende tutto; certo che la perfetta trasparenza della vista interiore non è cosa di quaggiù. Nella dimensione terrena, le anime che sono in grazia di Dio riescono a vedere e a capire qualcosa; per vedere e capire tutto, è necessario non aver più il peso della carne ed essere definitivamente al cospetto di Dio,
Una umanità che non vede nulla e non capisce nulla, anche se ha ogni cosa sotto gli occhi, mostra già da questo fatto di essersi allontanata da Dio; perché sia chiaro che non è Dio ad allontanarsi dagli uomini, mai, ma sono essi ad allontanarsi da Lui. Gli uomini si allontanano da Dio quando vogliono far da soli; quando non riconoscono nulla e nessuno sopra di loro; quando si abbandonano ai desideri della carne: il potere, il denaro, la lussuria; e quando, per fare questo, pretendono addirittura di falsificare la Parola di Dio. Allorché una società, come la nostra, arriva a negare il peccato, e lo chiama con un altro nome, lo definisce manifestazione di legittimi bisogni, fa di Dio un bugiardo, perché Dio, per bocca di Gesù Cristo, ha chiamato peccato il peccato, e non lo ha chiamato legittima manifestazione di bisogni. Alla donna adultera, che stava per essere lapidata e che Lui ha salvato in extremis, Gesù Cristo non ha detto: Va’ dove ti porta il cuore, ma ha detto: Vai, e non peccare più. Gesù, il Figlio di Dio, ha sempre chiamato il peccato con il suo nome. La neochiesa falsa e apostatica, che pretende oggi di spacciarsi per la sua legittima Sposa, per la vera Chiesa cattolica, osa invitare gli uomini a rivolgersi a Dio stesso con queste parole sacrileghe: Ecco, Signore, ti offro il mio peccato, e Tu gradiscilo, perché questo è quanto Ti posso offrire, con onestà e sincerità; non domandarmi altro (vedi il capitolo ottavo di Amoris laetitia); e, con ciò, fa sì che Dio smentisca se stesso, perché Dio, sia nei Dieci Comandamenti, sia per bocca del suo Figlio Unigenito, ha condannato esplicitamente l’adulterio. Con buona pace di padre Sosa Abascal, il generale dei gesuiti, il quale non ne è affatto persuaso, e si arrampica sugli specchi delle singole situazioni, del discernimento caso per caso, per far dire a Gesù il contrario di quel che ha detto, e per fare dei Comandamenti di Dio riguardo agli uomini,  l’opposto di ciò che Egli ha voluto che fossero.
Rileggiamo quel che dice san Giovanni nella Prima lettera che porta il suo nome (1, 5-10; 2, 1-6; traduzione della Bibbia di Gerusalemme):

Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che ora vi annunziano Dio è luce e in lui non ci sono tenebre. Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella lue, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato.
Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità che è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati, egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa. Se diciamo che non abbiamo peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi.
Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato preso il Padre: Gesù Cristo giusto. Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
Da questo sappiamo d’averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: “Lo conosco” e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui; ma chi osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui. Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato.

Sappiamo bene che molti, davanti al nostro grido d’allarme riguardo alla neochiesa e all’apostasia del clero e dello stesso papa, dicono: Eh, via; occorre prudenza! Non vi sembra d’esagerare? Sì, è vero: vi sono alcune cose non del tutto chiare; i discorsi di certi ministri di Dio non sono quali ci si aspetterebbe che fossero, e perfino alcuni comportamenti del pontefice risultano di ardua comprensione; e tuttavia, di qui a trarre la conclusione che vi è un’apostasia generalizzata entro la Chiesa, e che il papa è incorso reiteratamente nel peccato di eresia, ce ne corre! Non vi sembra di andare un po’ troppo avanti con l’immaginazione? Non vi pare che, su questioni tanto delicate, si dovrebbe procedere con maggiore cautela? Queste sono le cose che pensano, e che dicono, molti cattolici, di fronte alle sentinelle affannate a mettere in guardia, impegnate ad avvertire che il nemico è già penetrato nella fortezza, e sta mettendo mano alle torce, e che qualcuno, dall’interno, gli ha spalancato le porte, tradendo i propri compagni e apprestandosi a consegnare la cittadella nelle mani del nemico.

Il (falso) papa Bergoglio, rottamatore del trascendente

Un altro argomento molto invocato, poi, è quello dell’inevitabilità e della irreversibilità del progresso. Senza troppo sbilanciarsi se considerasse la cosa un bene o un male, un sacerdote, che conoscevamo di animo retto e di buonissime intenzioni, scuotendo la testa, osservò, dinanzi alle nostre critiche: La Chiesa che abbiamo conosciuto a suo tempo non ritornerà mai più; ora dobbiamo guardare avanti: è questo il nostro dovere.


Di quali altri segni c’è bisogno?

di Francesco Lamendola
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