ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 16 gennaio 2018

Non disturbate il manovratore..

In Cile Francesco si sdoppia. E non si sa quale sia quello vero


Pochi giorni prima dell'arrivo di papa Francesco in Cile, la pubblicazione sull'Associated Press di una sua lettera ai vescovi cileni del gennaio 2015 ha complicato non poco la sua visita.
Quella lettera, infatti, genera un autentico rompicapo sul reale pensiero di Jorge Mario Bergoglio riguardo al maggiore scandalo che ha scosso il Cile in questi ultimi anni, quello che ha per protagonista un sacerdote di nome Fernando Karadima.
Karadima, oggi ottantasettenne, è stato per decenni parroco a Santiago, ma soprattutto è stato seguitissimo educatore e guida di folte schiere di giovani e di sacerdoti, dei quali alcuni sono poi diventati vescovi.
Nel 2010, però, numerosi suoi discepoli rivelarono di essere stati abusati sessualmente da lui, quando erano in giovane età o minorenni. La Santa Sede arrivò presto alla conclusione che quelle accuse erano fondate. E il 21 giugno del 2011 dichiarò Karadima colpevole e lo obbligò a ritirarsi a una vita nascosta di penitenza e preghiera.

Successivamente, tuttavia, nuove denunce colpirono anche tre vescovi cresciuti alla scuola di Karadima, accusati di aver assistito o di aver preso parte ad alcuni degli abusi sessuali compiuti dal loro maestro.
Questi tre vescovi erano:
- Juan de la Cruz Barros Madrid, ordinato nel 1995 come ausiliare di Valparaíso, poi vescovo di Iquique e all'epoca ordinario militare del Cile;
- Tomislav Koljatic Maroevic, ordinato nel 1998, vescovo di Linares;
- Horacio del Carmen Valenzuela Abarca, ordinato nel 1995, vescovo di Talca;
Anche su questi tre vescovi la Santa Sede avviò delle verifiche. Che fecero presto maturare la decisione di esonerarli dall'esercizio dei loro uffici.
Questo, infatti, è ciò che si ricava dalla lettera di papa Francesco resa nota pochi giorni fa dall'Associated Press.
Stando a ciò che scrive il papa in quella lettera, nel 2014 il nunzio vaticano in Cile, Ivo Scapolo, chiese a Barros, quello dei tre vescovi che era più nell'occhio del ciclone, di dimettersi e di prendere un anno sabbatico.
Il nunzio disse inoltre a Barros in via confidenziale – sempre stando a quanto scrive il papa – che lo stesso passo sarebbe stato richiesto anche agli altri due vescovi sotto accusa.
Barros, però, nell'atto di rinuncia da lui fatto pervenire alle autorità vaticane verso la fine del 2014, mise per iscritto anche ciò che il nunzio gli aveva detto sotto segreto riguardo agli altri due vescovi. E questa infrazione – scrive il papa nella lettera – "complicò e bloccò" tutto.
Infatti, l'atto di rinuncia di Barros e degli altri due vescovi non ebbe più seguito.
Non solo. Poco dopo, Francesco addirittura promosse Barros da ordinario militare a vescovo di una diocesi, quella di Osorno.
La nomina fu resa pubblica il 10 gennaio 2015 e in Cile scoppiò il finimondo. Il 23 gennaio, il consiglio permanente della conferenza episcopale del Cile scrisse a papa Francesco una lettera per chiedere la revoca della nomina.
E il 31 gennaio Francesco rispose ai vescovi cileni appunto con la lettera ora resa nota dall'Associated Press.
Eccola tradotta integralmente.
*
Vaticano, 31 gennaio 2015
Ai Signori Vescovi
del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale del Cile
Santiago
Cari fratelli,
Ho ricevuto la vostra e-mail del 23 di questo mese. Vi ringrazio per aver manifestato apertamente l'inquietudine che vivete in questi momenti riguardo alla nomina di Mons. Juan Barros Madrid. Capisco ciò che mi dite e sono consapevole che la situazione della Chiesa in Cile è difficile a causa delle prove che avete dovuto sopportare. Vi assicuro, oltre la mia fraterna comprensione, la mia vicinanza di fratello e la mia preghiera.
Ricordo bene la vostra visita nel febbraio dell’anno passato, come anche le diverse proposte, che mi apparvero prudenti e costruttive.
Tuttavia, verso la fine dell’anno è emerso un problema serio. Il Signor Nunzio chiese a Mons. Barros la rinuncia e lo esortò a prendersi un periodo di sabbatico (un anno, per esempio) prima di assumere un’altra responsabilità pastorale come vescovo diocesano. E gli aggiunse che la stessa procedura si sarebbe fatta con i vescovi di Talca e di Linares, ma lo pregò di non dire niente a costoro. Mons. Barros fa arrivare il testo della sua rinuncia aggiungendovi questa considerazione del Nunzio.
Come voi potete capire, questa considerazione del Signor Nunzio complicò e bloccò ogni eventuale percorso ulteriore, nel senso di proporre un anno sabbatico. Parlammo della questione con il Card. Ouellet e so che lui parlò con il Signor Nunzio.
In questo momento, per espressa indicazione della Congregazione per i Vescovi, Mons. Barros sta facendo il mese di Esercizi Spirituali in Spagna. Non so se una volta conclusi passerà da Roma, ma avviserò il Card. Ouellet di questo e del suggerimento che voi fate.
Vi ringrazio di nuovo per l'apertura e la franchezza nell’esprimere il vostro parere e sentire: è l’unico modo di lavorare per la Chiesa, la cui cura il Signore ha affidato ai Vescovi. Vi chiedo, per favore, di pregare per me perché ne ho bisogno.
Che Gesù vi benedica e la Vergine Santa vi protegga.
Fraternamente.
Franciscus
*
Come si vede, in questa sua lettera Francesco non spiega perché sia bastata una semplice improprietà di scrittura – peraltro correggibile – per annullare l'atto di rinuncia di Barros.
Né tanto meno il papa cita, né spiega, lo stupefacente voltafaccia da lui compiuto con la promozione alla diocesi di Osorno del vescovo che solo poco tempo prima aveva in animo di far dimettere.
Questo è comunque ciò che è avvenuto in seguito.
- Il 6 marzo 2015 Francesco riceve in udienza l'arcivescovo di Concepción Fernando Natalio Chomalí Garib, amministratore apostolico di Osorno nell'attesa che sia insediato il nuovo vescovo.
- Il 21 marzo dello stesso mese Barros fa il suo ingresso ufficiale nella diocesi di Osorno, in un uragano di proteste.
- Dieci giorni dopo, il 31 marzo, un comunicato del vicedirettore della sala stampa vaticana dichiara che "prima della recente nomina di S.E. Mons. Juan de la Cruz Barros Madrid a Vescovo di Osorno (Cile), la Congregazione per i Vescovi ha studiato attentamente la candidatura del Presule e non ha trovato ragioni oggettive che ne ostacolassero la nomina". Il che non spiega perché invece fino a tutto il 2014 la Santa Sede premesse per le dimissioni di Barros.
- In aprile Marie Collins, irlandese, vittima da adolescente di abusi e membro di spicco della pontificia commissione per la protezione dei minori, critica pubblicamente la nomina di Barros. E con altri tre membri della commissione si reca a Roma a incontrare il presidente della stessa, il cardinale Sean O'Malley, affinché egli convinca il papa a revocare la nomina.
- In maggio, al termine di un'udienza generale in piazza San Pietro, Francesco incontra un ex portavoce della conferenza episcopale cilena, Jaime Coiro, con la famiglia, il quale gli dice che in Cile la Chiesa "prega e soffre" per tutto ciò che sta accadendo.
Ed ecco le parole testuali che Francesco gli rivolge, registrate in un video di un minuto e venti secondi messo in circolo il 2 ottobre successivo dalla testata cilena "Ahora Noticias".
Nell'originale spagnolo:
"Es una Iglesia que perdió la libertad dejándose llenar la cabeza por políticos, juzgando a un obispo sin ninguna prueba después de veinte años de servicio. O sea, que piensen con la cabeza, no se dejen llevar por las narices de todos los zurdos que son los que armaron la cosa.
"Además, la única acusación que hubo contra ese obispo fue desacreditada por la corte judicial. O sea, por favor, eh… no pierdan la serenidad. Osorno sufre sí, por tonta, porque no abre su corazón a lo que Dios dice y se deja llevar por las macanas que dice toda esa gente. Yo soy el primero en juzgar y castigar a alguien que tiene acusaciones de ese tipo… Pero en este caso ni una prueba, al contrario… De corazón se lo digo. No se dejen llevar por las narices de estos que buscan lío no más, que buscan calumnias…".
E in italiano:
"È una Chiesa che ha perso la libertà perché si è lasciata riempire la testa dai politici, giudicando un vescovo senza nessuna prova dopo venti anni di servizio. Per cui, che pensino con la testa, non si lascino tirare per il naso da tutti quei sinistrorsi che sono quelli che hanno montato la cosa.
"Inoltre, l'unica accusa che c'è stata contro questo vescovo è stata screditata dalla corte giudiziaria. Per cui, per favore, eh? non perdano la serenità. [La diocesi di] Osorno soffre, certo, perché intontita, perché non apre il suo cuore a quello che Dio dice e si lascia trascinare dalle stupidaggini che dice tutta quella gente. Io sono il primo a giudicare e punire chi è accusato per cose del genere… Ma in questo caso manca la prova, anzi, al contrario…  Glielo dico di cuore. Non si lascino tirare per il naso da questi che cercano solo di fare 'lío', chiasso, che cercano di calunniare…".
- In ottobre, dopo la diffusione di queste parole di Francesco tanto assolutorie di Barros quanto umilianti per i suoi accusatori, le proteste esplodono ancor più vigorose. E anche Marie Collins dichiara in un tweet tutto il suo sconforto per questa presa di posizione del papa:
"Quale perdita di tempo è stato quel mio viaggio a Roma riguardo a Barros, visto come sono trattate le proteste delle coraggiose vittime di Karadima".
- Un anno e mezzo dopo, il 20 febbraio 2017, Francesco riceve i vescovi del Cile in visita "ad limina". Conversa con loro, a porte chiuse, per circa tre ore. Dopo l'incontro, il cardinale di Santiago Ricardo Ezzati Andrello dichiara che il papa ha toccato "con molta sincerità" anche il problema della pedofilia, invitando "a superare questa situazione". Ma niente cambia riguardo al vescovo di Osorno, presente anche lui all'incontro, al pari degli altri due discepoli di Karadima, i vescovi di Linares e di Talca.
*
E siamo all'oggi, cioè all'arrivo di papa Francesco in Cile, proprio ora che è stato scoperchiato – con la pubblicazione di quella sua lettera del 31 gennaio 2015 – il groviglio di contraddizioni che ha fin qui segnato la sua gestione della vicenda.

Contraddizioni tra il dire e il fare. Come anche tra il dire oggi una cosa e la volta dopo il suo contrario.



Settimo Cielo di Sandro Magister 16 gen

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2018/01/16/in-cile-francesco-si-sdoppia-e-non-si-sa-quale-sia-quello-vero/

PAPA IN AEREO VERSO CHILE E PERÙ. PEZZO GROSSO TEME LA DEPRESSIONE. CHE COSA GLI CONSIGLIEREBBE DI FARE IL PONTEFICE?
Il Papa ha cominciato il suo viaggio in Perù e Chile, altri due Paesi sudamericani (stranamente, dopo quasi cinque anni di pontificato, mancano ancora Argentina e Uruguay….ma di questo singolare buco, se nel frattempo non verrà a colmarlo qualche annuncio, parleremo in un’altra occasione. Ci ha scritto però Pezzo Grosso, che si è divertito a leggere tutti i principali quotidiani, e in particolare gli articoli che riguardavano la passeggiata del Pontefice sull’aereo, dove ha salutato uno per uno tutti i settanta informatori al seguito. Non ci sembra che sia rimasto molto contento; ma giudicate voi…
“Caro Tosatti, ho finito di leggere i giornali (i principali quotidiani) sul viaggio del Papa in Cile. E’ interessante rilevare quali sono i fatti riportati sulla importanza della visita apostolica del Pontefice della Chiesa Cattolica:
–         Ha parlato dei rischi di guerra nucleare
–         Ha denunciato la corruzione che impedisce lo sviluppo e crea povertà e miseria
–         Ha previsto di incontrare vittime di preti pedofili
–         Ha sostenuto i diritti delle popolazioni indigene a tutela dell’ambiente (casa comune)
–         Ha consolato due gesuiti della teologia della liberazione ( che non si sentono appoggiati): Castillo e Costadoat
–         Quando una giornalista gli chiede cosa gli prescrive il medico per esser così in forma, risponde “ ma io non vado dal medico, vado dalla strega..”
Caro Tosatti, se vado in depressione, secondo lei   Bergoglio cosa mi consiglierebbe? “.
Beh, io credo che le consiglierebbe, caro Pezzo Grosso, di rivolgersi a una psicologa. Ebrea, musulmana, yazida, o – perché no? – Pachamamista, già che siamo in tema di indigeni. Soprattutto, e rigorosamente, non cattolica. Giustissimo tutelare le popolazioni indigene dell’America Latina per la difesa dell’ambiente. Ma un po’ di tutela anche per le popolazioni indigene europee, magari in difesa di un’ecologia antropologica e umana, per evitare che le loro povere culture si perdano no, eh? Pare brutto?
MARCO TOSATTI

Aborto, convitato di pietra di una visita papale "ingabbiata"

Il viaggio apostolico di Papa Francesco in Cile e Perù, che è iniziato ieri con l’arrivo su volo Alitalia del pontefice a Santiago, è già segnato da un preciso canovaccio che ha come temi quelli imposti non dall’agenda papale, ma da una abile regia mediatico-politica che in un certo senso rischia di ingabbiarne l’esito. Ogni volta che un viaggio del Papa viene presentato, i media si incaricano di testare la “febbre” al gradito ospite segnalando quelli che sono gli argomenti principali nell’agenda di quel Paese così da orientare le reazioni ai futuri interventi che varranno anche in chiave generale. Anche per il caso del Paese andino non sono mancati così argomenti rinfocolati poi dalla cronaca.
Come ad esempio il caso delle chiese, cattoliche ed evangeliche, incendiate nei giorni scorsi in chiave anti-cattolica. Ci sono due matrici responsabili di questi fatti incresciosi apparentemente distanti tra loro: le rivendicazioni di movimenti izquerdisticome Andha Chile che rimprovera al viaggio papale di essere costato oltre 10 milioni di pesos in gran parte sborsati dallo Stato a fronte di un Paese che presentano come versare nelle emergenze della miseria, della pedofilia e della criminalità, quando invece ha indicatori economici superiori alla media degli altri Paesi del cono sur.

L’altra matrice è quella delle rivendicazioni dei Mapuches, la popolazione indigena dell’Araucanìa che accusa la Chiesa di essere complice del mancato riconoscimento del gruppo etnico. Rivendicazioni incomprensibili dato che storicamente, la Chiesa cattolica è sempre stata attenta all’inculturazione di una minoranza etnica che riversa contro la Chiesa pretese sociali che invece dovrebbe rivolgere allo Stato.
Come in ogni viaggio apostolico che si rispetti è stata poi messa in agenda anche l’immancabile piaga della pedofilia nel clero e degli scandali sessuali che coinvolgono esponenti della Chiesa. Prima con una lista di 78 sacerdoti accusati di abusi, poi con il rispolverare un caso di violenze che vede protagonista un sacerdote già sanzionato dal Vaticano, padre Fernando Karadima, che è diventato l’emblema della corruzione del clero cileno. La vicenda è stata rinfocolata a causa del sospetto di collusione, senza prove, del vescovo di Osorno Juan Barros Madrid considerato vicino a Karadima, ma confermato al suo posto dal Papa, nonostante le proteste dei fedeli.
Ne è uscito così un quadro di presentazione della Chiesa cilena altamente deficitario: una Chiesa in caduta libera nella credibilità, funestata da scandali e che eccede in ricchezza. Una Chiesa che si è discostata dai poveri perché troppo attenta alla morale sessuale, quella morale che vuole imporre agli altri ma che non è capace di controllare per i suoi. E’ un sillogismo fin troppo facile, ma che attecchisce nell’opinione pubblica mondiale.
Ma le cose non stanno così. Infatti se si guarda da vicino la vicenda cilena non si può non notare che un fatto è accaduto e quanto più lo si ignora, tanto più risulta evidente la strumentalizzazione che si opera nel tenerlo occultato o non più di tanto importante: le elezioni di dicembre che hanno visto la vittoria del conservatore Sebastian Piñera e la sconfitta del candidato sponsorizzato dalla presidente uscente Michelle Bachelet. Questo è il dato principale da tenere in mente se si vuole iniziare a dare una fisionomia a quanto sta accadendo in Cile in queste ore. Per il semplice fatto che questo è un viaggio apostolico preparato e gestito da un governo sconfitto, che cerca con questa visita di gestire i temi a lui cari, come dimostra la vicenda eminentemente politico-strategica della “guerra” con la Bolivia per lo sbocco al mare, anch’essa utilizzata in chiave “papale”.
La presidenta che ieri ha accolto il Papa dunque è l’esponente di una izquierda revolucionaria già sconfitta alle elezioni, ma la gestione del viaggio papale le dà la possibilità di distribuire le carte da utilizzare negli equilibri. Questo lo si vede ad esempio anche dalla gestione della comunicazione. L’opinione pubblica cilena è stata indotta a pensare solamente a quanto costerà questo viaggio alle loro tasche. Sin dall'inizio infatti si é diffusa la voce che il viaggio toccherà i loro portafogli e che i soldi potevano andare ai poveri. Una voce che la Bachelet si é guardata bene dallo smentire nonostante lei stessa avesse invitato il Papa. Perché in fondo questo viaggio rappresenta per la izquierda il canto del cigno del bacheletismo che vuole ingabbiare la Chiesa cilena raffreddandone il suo protagonismo soprattutto nei confronti delle popolazioni più umili dove è invece straordinariamente presente e forte con un’opera di evangelizzazione capillare. 
Non bisogna dimenticare infattiche l’ormai ex presidente della Repubblica sta conoscendo proprio in questi mesi un accreditamento sorprendente proprio in Vaticano, dove è stata invitata per un convegno. Laicista, con simpatie massoniche, paladina della rivoluzione antropologica e dei diritti degli omosessuali, la Bachelet sembra non risentire affatto non solo della sconfitta elettorale, ma anche dell’ossimoro che la vede molto ascoltata Oltretevere nonostante negli stessi giorni in cui era relatrice al convegno il Parlamento cileno desse “finalmente” il via libera alla legge sulla depenalizzazione dell’aborto in tre casi, provvedimento guarda caso osteggiato dai vescovi e da un laicato cattolico attivissimo e invece magnificato e voluto proprio dall’inquilina della Moneda.
Non è un caso che il neo presidente abbia già annunciato in campagna elettorale che il suo primo provvedimento sarà quello di cancellare la legge appena approvata sull’aborto. Se Piñera dovesse mantenere la promessa, presa davanti ad un elettorato composto anche da tutte le forze pro life del Paese, saremmo di fronte ad un fatto epocale nelle moderne democrazie: la cancellazione di una delle leggi che costituiscono l’architettura dei nuovi diritti. Togliere d'emblée la legge sull’aborto costituirebbe non soltanto un fatto nazionale, ma di interesse mondiale e il "laboratorio Cile" rischierebbe di diventare un fatto storico dalle conseguenze imprevedibili perché vorrebbe dire che tornare indietro si può.
Infatti proprio la Chiesa cilena, in particolare alcuni suoi esponenti di blasone, sono stati alleati di questa istanza. Come dimostra la lettera che il cardinal Jorge Medina Estevez ha scritto al quotidiano El Mercurio nei giorni del dibattitto, il quale ha ricordato con veemenza la scomunica per i politici che approvano leggi anti umane con un occhio agli esponenti della Democrazia Cristiana andina. Un intervento autorevole, mal digerito da una pletora di teologi à la page e gesuiti, ma approvato invece da molti vescovi, che si sono espressi con toni impensabili alle latitudini occidentali, spalleggiati da una Conferenza Episcopale Cilena, istituzionalmente più cauta, ma comunque presente e non rinunciataria.
L’approvazione della legge sull’aborto è dunque il grande convitato di pietra di questa visita e il fatto che non siano arrivate censure vaticane a questa legge ha contribuito a raffreddare il rapporto tra la Chiesa di popolo e l’establishment di potere. Ne è la prova il fatto che proprio ora, nelle ore in cui Francesco percorre le Avenidas di Santiago, la Camera cilena è impegnata ad approvare la legge sulla parità di genere
Il senatore pro life Josè Antonio Kast, astro nascente della destra cattolica cilena, ha chiesto che la Camera procrastinasse la votazione che sarebbe avvenuta domani. Il presidente della Camera lo ha accordato per rispetto al Pontefice, ma il provvedimento verrà proposto subito dopo. Ma di questa stridente coincidenza non c’è traccia sui giornali. Eppure è la prima volta che un Papa arriva in un Paese durante una votazione così centrale sulla tenuta del fattore uomo.
Perché l’importante è controllare l’agenda, non disturbare il manovratore e raccontare un Paese diverso da quello reale. Invece il Paese è già cambiato, c’è un nuovo Cile che è uscito dalle urne, che promette attenzione alla famiglia e dà speranza ai preti che lavorano nelle periferie a contatto con il disgregarsi dei rapporti umani dovuti non solo alla povertà, ma alla miseria spirituale ormai imperante, ma di questo se ne è accorta solo la popolazione. Che ora vorrebbe dal Papa parole decisive per riaffermare il progetto di Dio sull’uomo.
Andrea Zambrano

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