ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 4 gennaio 2018

"Se ne pentiranno amaramente!"

I miliziani modernisti marciano verso lo scisma!

I "teologi" contaminati dall'eresia modernista affermano erroneamente che i divorziati risposati possono ricevere i sacramenti anche se non sono pentiti dei rapporti sessuali avuti col partner sposato solo civilmente e non hanno intenzione di non commetterli più in avvenire. Per il Magistero perenne della Chiesa, se una persona riceve un sacramento senza essere sinceramente pentita dei peccati mortali commessi, commette un orribile sacrilegio (persino per ricevere il Battesimo da adulti è necessario il pentimento delle colpe mortali).

Purtroppo, queste idee erronee si stanno diffondendo tra i fedeli, anche a causa della falsa e sfrontata propaganda mediatica dei laicisti, storici alleati dei miliziani modernisti. C'è tanta confusione tra la gente! Ma un giorno Roma ribadirà la condanna alla sacrilega pratica della Comunione ai divorziati risposati e riaffermerà con forza la tradizionale dottrina cattolica circa l'immoralità dei rapporti sessuali tra cattolici non sposati con rito religioso e la necessità del sincero pentimento per poter ricevere validamente l'assoluzione sacramentale e accostarsi in stato di grazia al Santissimo Sacramento dell'Eucaristia. La forte condanna della sacrilega pratica di dare la Comunione ai divorziati risposati che non vivono "come fratello e sorella" (cioè in castità) provocherà l'aperta ribellione del fronte modernista che probabilmente sfocerà in uno scisma formale. Come ai tempi di Lutero, anche questa volta l'epicentro dello scisma potrebbe essere situato nell'Europa centrale.

Ovviamente noi speriamo che i modernisti si convertano e non diano vita a nuove divisioni del Corpo Mistico di Cristo, tuttavia se la conversione non dovesse avvenire e lo scisma modernista dovesse concretizzarsi, sarà lecito gioire non del male in se stesso, ma degli effetti positivi che ne scaturiranno, e cioè che la Chiesa Cattolica finalmente spezzerà e getterà lontano le catene delle velenose e pestilenziali dottrine eretiche diffuse dai novatori, le quali attualmente stanno facendo strage di anime (intrappolandole e facendole morire nel peccato).

Dio non vuole il male, ma spesso tollera che venga compiuto perché spera di trarne un bene maggiore. Se in un prossimo futuro dovesse avvenire davvero uno scisma, la responsabilità non sarà solamente dei modernisti che lo concretizzeranno, ma anche di tutti coloro (e non sono pochi) che con affermazioni ambigue e "mezze verità" hanno contribuito almeno indirettamente alla propagazione della suddetta pratica sacrilega. Anche costoro dovranno renderne stretto conto a Dio!

Sia nella società civile sia nell'orbe cattolico tante cose sembrano andare per il verso storto. A mio avviso questo è un segnale che ci stiamo avvicinando al trionfo del Cuore Immacolato di Maria promesso dalla Madonna a Fatima. Infatti la storia insegna che nei momenti in cui la situazione sembrava disperata e ormai tutto pareva perduto è intervenuto il Signore a dare la vittoria ai suoi servi fedeli (pensiamo ad esempio a Mosè e al popolo di Israele inseguiti dall'esercito del faraone, a Davide perseguitato da Saul, ai maccabei che insorsero contro gli oppressori pagani e liberticidi, ai cristiani ferocemente martirizzati da Diocleziano e da altri imperatori romani, ai cattolici spagnoli barbaramente massacrati dai "rossi" ai tempi della guerra civile, eccetera).

In attesa del trionfo dell'Immacolata, nel cuore abbiamo la certezza che la bandiera della Tradizione non verrà mai ammainata!


Ecco perché “non licet”

Sarò sincero. Avevo promesso a me stesso di non intervenire più sull’«Amoris laetitia» e la sua applicazione, perché mi sembra che le posizioni in campo siano ormai chiare e che il dibattito, in mancanza di novità sostanziali, sia ormai un po’ stucchevole.
Ma ecco che una novità è arrivata, e non può essere ignorata. Si tratta del documento «Professione delle verità immutabili riguardo al matrimonio sacramentale», sottoscritto e reso pubblico da tre pastori:  Tomash Peta, arcivescovo metropolita dell’arcidiocesi di Maria Santissima in Astana, Jan Pawel Lenga, vescovo emerito di Karaganda, e Athanasius Schneider, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Maria Santissima in Astana.
Le tre voci arrivano dunque dal Kazakhistan, paese nel quale i cattolici sono poco più dell’uno per cento della popolazione e la Chiesa è rinata, negli anni trenta del secolo scorso, grazie soprattutto ad alcuni sacerdoti e fedeli che, reduci dalla prigionia nei lager staliniani, restarono nel Kazakhistan dando vita a missioni clandestine.
Il documento non può essere ignorato perché non siamo di fronte a una nuova richiesta di fare chiarezza. Di fatto si tratta di una correzione degli errori e delle ambiguità di «Amoris laetitia». Inoltre, non provenendo da studiosi ma da pastori, certifica che nella Chiesa c’è una divisione su temi decisivi.
Nel sottolineare che la Chiesa è tenuta a parlare con un’unica voce, i tre vescovi non esitano a denunciare l’attuale stato di confusione per quanto concerne «le centrali manifestazioni della vita della Chiesa, quali sono il matrimonio sacramentale con la famiglia, la chiesa domestica e il sacramento della Santissima Eucaristia».
Nelle ultime ore, a quanto si apprende, il documento è stato sottoscritto da altri due vescovi:  monsignor Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio, e monsignor Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America.
Ma ecco qui il testo, nel quale il problema delle norme applicative riguardanti la disciplina dei divorziati risposati è affrontato in modo chiaro, alla luce dell’immutabile dottrina della Chiesa circa il vincolo sacramentale del matrimonio.
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Professione delle verità immutabili riguardo al matrimonio sacramentale
Dopo la pubblicazione dell’esortazione apostolica Amoris laetitia (2016) vari vescovi hanno emanato a livello locale, regionale e nazionale norme applicative riguardanti la disciplina sacramentale di quei fedeli, detti “divorziati risposati”, i quali, vivendo ancora il loro coniuge al quale sono uniti con un valido vincolo matrimoniale sacramentale, hanno tuttavia iniziato una stabile convivenza more uxorio con una persona che non è il loro coniuge legittimo.
Le norme menzionate prevedono tra l’altro che in casi individuali le persone, dette “divorziati risposati”, possano ricevere il sacramento della Penitenza e la Santa Comunione, pur continuando a vivere abitualmente e intenzionalmente more uxorio con una persona che non è il loro coniuge legittimo. Tali norme pastorali hanno ricevuto l’approvazione da parte di diverse autorità gerarchiche. Alcune di queste norme hanno ricevuto l’approvazione persino da parte della suprema autorità della Chiesa.
La diffusione di tali norme pastorali, ecclesiasticamente approvate, ha causato una notevole e sempre più crescente confusione tra i fedeli e il clero, una confusione che tocca le centrali manifestazioni della vita della Chiesa, quali sono il matrimonio sacramentale con la famiglia, la chiesa domestica e il sacramento della Santissima Eucaristia.
Secondo la dottrina della Chiesa solamente il vincolo matrimoniale sacramentale costituisce una chiesa domestica (cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11). L’ammissione dei fedeli cosiddetti “divorziati risposati” alla Santa Comunione, che è la massima espressione dell’unità di Cristo-Sposo con la sua Chiesa, significa nella pratica un modo d’approvazione o di legittimazione del divorzio, e in questo senso una specie di introduzione del divorzio nella vita della Chiesa.
Le menzionate norme pastorali si rivelano di fatto e col tempo come un mezzo di diffusione della “piaga del divorzio”, un’espressione usata dal Concilio Vaticano II (cfr. Gaudium et spes, 47). Si tratta di una diffusione della “piaga del divorzio” persino nella vita della Chiesa, quando la Chiesa, invece, dovrebbe essere, a causa della sua fedeltà incondizionata alla dottrina di Cristo, un baluardo e un inconfondibile segno di contraddizione contro la piaga ogni giorno più dilagante del divorzio nella società civile.
In modo inequivoco e senza ammettere nessuna eccezione Nostro Signore e Redentore Gesù Cristo ha solennemente riconfermato la volontà di Dio riguardo al divieto assoluto del divorzio. Un’approvazione o legittimazione della violazione della sacralità del vincolo matrimoniale, seppure indirettamente tramite la menzionata nuova disciplina sacramentale, contraddice in modo grave l’espressa volontà di Dio e il Suo comandamento. Tale pratica rappresenta perciò un’alterazione sostanziale della bimillenaria disciplina sacramentale della Chiesa. Inoltre, una disciplina sostanzialmente alterata comporterà col tempo anche un’alterazione nella corrispondente dottrina.
Il costante Magistero della Chiesa, cominciando dagli insegnamenti degli apostoli e di tutti i sommi pontefici, ha conservato e fedelmente trasmesso sia nella dottrina (nella teoria) sia nella disciplina sacramentale (nella pratica) in modo inequivoco, senza alcuna ombra di dubbio e sempre nello stesso senso e nello stesso significato (eodem sensu eademque sententia) il cristallino insegnamento di Cristo riguardo all’indissolubilità del matrimonio.
A causa della sua natura divinamente stabilita, la disciplina dei sacramenti non deve mai contraddire la parola rivelata di Dio e la fede della Chiesa nell’indissolubilità assoluta del matrimonio rato e consumato. “I sacramenti non solo suppongono la fede, ma con le parole e gli elementi rituali la nutrono, la irrobustiscono e la esprimono; perciò vengono chiamati sacramenti della fede” (Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, 59). “Neppure l’autorità suprema nella Chiesa può cambiare la liturgia a sua discrezione, ma unicamente nell’obbedienza della fede e nel religioso rispetto del mistero della liturgia” (Catechismo della Chiesa cattolica, 1125). La fede cattolica per sua natura esclude una formale contraddizione tra la fede professata da un lato e la vita e la pratica dei sacramenti dall’altro. In questo senso si può intendere anche la seguente affermazione del Magistero: “La dissociazione tra la fede che si professa e la vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi errori del nostro tempo” (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 43) e “la pedagogia concreta della Chiesa deve sempre essere connessa e non mai separata dalla sua dottrina” (Giovanni Paolo II, esortazione apostolica Familiaris consortio, 33).
In vista dell’importanza vitale che costituiscono la dottrina e la disciplina del matrimonio e dell’Eucaristia, la Chiesa è obbligata a parlare con la stessa voce. Le norme pastorali riguardo all’indissolubilità del matrimonio non devono, quindi, contraddirsi tra una diocesi e un’altra, tra un paese e un altro. Dal tempo degli Apostoli la Chiesa ha osservato questo principio come lo attesta Sant’Ireneo di Lione: “La Chiesa, sebbene diffusa in tutto il mondo fino alle estremità della terra, avendo ricevuto dagli apostoli e dai loro discepoli la fede, conserva questa predicazione e questa fede con cura e, come se abitasse un’unica casa, vi crede in uno stesso identico modo, come se avesse una sola anima ed un cuore solo, e predica le verità della fede, le insegna e le trasmette con voce unanime, come se avesse una sola bocca” (Adversus haereses, I, 10, 2). San Tommaso d’Aquino ci trasmette lo stesso perenne principio della vita della Chiesa: “C’è una sola e medesima fede degli antichi e dei moderni, altrimenti non ci sarebbe l’unica medesima Chiesa” (Questiones Disputatae de Veritate, q. 14, a. 12c).
Resta attuale e valida la seguente ammonizione di Papa Giovanni Paolo II: “La confusione, creata nella coscienza di numerosi fedeli dalle divergenze di opinioni e di insegnamenti nella teologia, nella predicazione, nella catechesi, nella direzione spirituale, circa questioni gravi e delicate della morale cristiana, finisce per far diminuire, fin quasi a cancellarlo, il vero senso del peccato” (esortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia, 18).
Alla dottrina e disciplina sacramentale riguardanti l’indissolubilità del matrimonio rato e consumato è pienamente applicabile il senso delle seguenti affermazioni del Magistero della Chiesa:
“La Chiesa di Cristo, fedele custode e garante dei dogmi a lei affidati, non ha mai apportato modifiche ad essi, non vi ha tolto o aggiunto alcunché, ma trattando con ogni cura, in modo accorto e sapiente, le dottrine del passato per scoprire quelle che si sono formate nei primi tempi e che la fede dei Padri ha seminato, si preoccupa di limare e di affinare quegli antichi dogmi della Divina Rivelazione, perché ne ricevano chiarezza, evidenza e precisione, ma conservino la loro pienezza, la loro integrità e la loro specificità e si sviluppino soltanto nella loro propria natura, cioè nell’ambito del dogma, mantenendo inalterati il concetto e il significato” (Pio IX, bolla dogmatica Ineffabilis Deus).
“Quanto alla sostanza stessa della verità, la Chiesa ha, dinanzi a Dio e agli uomini, il sacro dovere di annunziarla, d’insegnarla senza alcuna attenuazione, come Cristo l’ha rivelata, e non vi è alcuna condizione di tempi che possa far scemare il rigore di quest’obbligo. Esso lega in coscienza ogni sacerdote a cui è affidata la cura di ammaestrare, di ammonire e di guidare i fedeli” (Pio XII, discorso ai parroci e ai quaresimalisti, 23 marzo 1949).
“La Chiesa non storicizza, non relativizza alle metamorfosi della cultura profana la natura della Chiesa sempre eguale e fedele a se stessa, quale Cristo la volle e la autentica tradizione la perfezionò” (Paolo VI, omelia, 28 ottobre 1965).
“Non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo è eminente forma di carità verso le anime” (Paolo VI, Enciclica Humanae vitae, 29).
“Le eventuali difficoltà coniugali siano risolte senza mai falsificare e compromettere la verità” (Giovanni Paolo II, esortazione apostolica Familiaris consortio, 33).
“Di tale norma [della legge morale divina] la Chiesa non è affatto né l’autrice né l’arbitra. In obbedienza alla verità, che è Cristo, la cui immagine si riflette nella natura e nella dignità della persona umana, la Chiesa interpreta la norma morale e la propone a tutti gli uomini di buona volontà, senza nasconderne le esigenze di radicalità e di perfezione” (Giovanni Paolo II, esortazione apostolica Familiaris consortio, 33).
“È il principio della verità e della coerenza, per cui la Chiesa non accetta di chiamare bene il male e male il bene. Basandosi su questi due principi complementari, la Chiesa non può che invitare i suoi figli, i quali si trovano in quelle situazioni dolorose, ad avvicinarsi alla misericordia divina per altre vie, non però per quella dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, finché non abbiano raggiunto le richieste disposizioni dell’anima” (Giovanni Paolo II, esortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia, 34).
“La fermezza della Chiesa nel difendere le norme morali universali e immutabili, non ha nulla di mortificante. È solo al servizio della vera libertà dell’uomo: dal momento che non c’è libertà al di fuori o contro la verità” (Giovanni Paolo II, enciclica Veritatis splendor, 96).
“Di fronte alle norme morali che proibiscono il male intrinseco non ci sono privilegi né eccezioni per nessuno. Essere il padrone del mondo o l’ultimo «miserabile» sulla faccia della terra non fa alcuna differenza: davanti alle esigenze morali siamo tutti assolutamente uguali” (Giovanni Paolo II, enciclica Veritatis splendor, 96).
“Il dovere di ribadire questa non possibilità di ammettere all’Eucaristia [i divorziati risposati] è condizione di vera pastoralità, di autentica preoccupazione per il bene di questi fedeli e di tutta la Chiesa, poiché indica le condizioni necessarie per la pienezza di quella conversione, cui tutti sono sempre invitati dal Signore” (Pontificio consiglio per i testi legislativi, Dichiarazione circa l’ammissibilità alla Santa Comunione dei divorziati risposati, 24 giugno 2000, n. 5).
Come vescovi cattolici, i quali – secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano II – devono difendere l’unità della fede e la disciplina comune della Chiesa, e procurare che sorga per tutti gli uomini la luce della piena verità (cfr. Lumen gentium, 23), siamo costretti in coscienza a professare, di fronte all’attuale dilagante confusione, l’immutabile verità e l’altrettanto immutabile disciplina sacramentale riguardo all’indissolubilità del matrimonio secondo l’insegnamento bimillenario ed inalterato del Magistero della Chiesa. In questo spirito reiteriamo:
I rapporti sessuali tra persone che non sono legate tra loro con il vincolo di un matrimonio valido – ciò che si verifica nel caso dei cosiddetti “divorziati risposati” – sono sempre contrari alla volontà di Dio e costituiscono una grave offesa a Dio.
Nessuna circostanza o finalità, neanche una possibile imputabilità o colpevolezza diminuita, possono rendere tali relazioni sessuali una realtà morale positiva e gradita a Dio. Lo stesso vale per gli altri precetti negativi dei Dieci Comandamenti di Dio. Poiché “esistono atti che, per se stessi e in se stessi, indipendentemente dalle circostanze, sono sempre gravemente illeciti, in ragione del loro oggetto” (Giovanni Paolo II, esortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia, 17).
La Chiesa non possiede il carisma infallibile di giudicare lo stato di grazia interiore di un fedele (cfr. Concilio di Trento, sess. 24, cap. 1). La non-ammissione alla Santa Comunione dei cosiddetti “divorziati risposati” non significa quindi un giudizio sul loro stato di grazia dinanzi a Dio, ma un giudizio sul carattere visibile, pubblico e oggettivo della loro situazione. A causa della natura visibile dei sacramenti e della stessa Chiesa, la ricezione dei sacramenti dipende necessariamente dalla corrispondente situazione visibile e oggettiva dei fedeli.
Non è moralmente lecito intrattenere rapporti sessuali con una persona che non è il proprio coniuge legittimo per evitare un altro supposto peccato. Poiché la Parola di Dio ci insegna, che non è lecito “fare il male affinché venga il bene” (Rom. 3, 8).
L’ammissione di tali persone alla Santa Comunione può essere permessa solamente quando loro, con l’aiuto della grazia di Dio ed un paziente ed individuale accompagnamento pastorale, fanno un sincero proposito di cessare d’ora in poi l’abitudine di tali rapporti sessuali e di evitare lo scandalo. In ciò si è espresso sempre nella Chiesa il vero discernimento e l’autentico accompagnamento pastorale.
Le persone che hanno abituali rapporti sessuali non coniugali, violano con tale stile di vita il loro indissolubile vincolo nuziale sacramentale nei confronti del loro coniuge legittimo. Per questa ragione essi non sono capaci di partecipare “nello Spirito e nella Verità” (cfr. Giov. 4, 23) alla cena nuziale eucaristica di Cristo, tenendo conto anche delle parole del rito della Santa Comunione: “Beati gli invitati alla cena nuziale dell’Agnello!” (Ap. 19, 9).
L’adempimento della volontà di Dio, rivelata nei suoi dieci comandamenti e nel suo esplicito e assoluto divieto del divorzio, costituisce il vero bene spirituale delle persone qui in terra e le condurrà alla vera gioia dell’amore nella salvezza della vita eterna.
Essendo i vescovi nel loro ufficio pastorale “cultores catholicae et apostolicae fidei” (cfr. Missale Romanum, Canon Romanus), siamo coscienti di questa grave responsabilità e del nostro dovere dinanzi ai fedeli che aspettano da noi una professione pubblica e inequivocabile della verità e della disciplina immutabile della Chiesa riguardo all’indissolubilità del matrimonio. Per questa ragione non ci è permesso tacere.
Affermiamo perciò nello spirito di san Giovanni Battista, di san Giovanni Fisher, di san Tommaso Moro, della beata Laura Vicuña e di numerosi conosciuti e sconosciuti confessori e martiri dell’indissolubilità del matrimonio:
Non è lecito (non licet) giustificare, approvare o legittimare né direttamente, né indirettamente il divorzio e una relazione sessuale stabile non coniugale tramite la disciplina sacramentale dell’ammissione dei cosiddetti “divorziati risposati” alla Santa Comunione, trattandosi in questo caso di una disciplina aliena rispetto a tutta la Tradizione della fede cattolica e apostolica.
Facendo questa pubblica professione dinanzi alla nostra coscienza e dinanzi a Dio che ci giudicherà, siamo sinceramente convinti di aver prestato con ciò un servizio di carità nella verità alla Chiesa dei nostri giorni e al Sommo Pontefice, Successore di San Pietro e Vicario di Cristo sulla terra.
31 dicembre 2017, Festa della Sacra Famiglia, nell’anno del centenario delle apparizioni della Madonna a Fatima.
+ Tomash Peta, arcivescovo metropolita dell’arcidiocesi di Maria Santissima in Astana
+ Jan Pawel Lenga, arcivescovo-vescovo emerito di Karaganda
+ Athanasius Schneider, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Maria Santissima in Astana
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Al documento non c’è molto da aggiungere. Vorrei soltanto ricordare di quale tempra sono i tre vescovi.
L’arcivescovo Peta, in occasione dell’ultimo sinodo sulla famiglia, al quale ha partecipato come padre sinodale, ha denunciato: «Alcuni padri sinodali non hanno capito bene l’appello di Papa Francesco per una discussione aperta e hanno iniziato a portare avanti idee che contraddicono la tradizione bimillenaria della Chiesa, radicata nel Verbo eterno di Dio». Purtroppo «si può ancora percepire l’odore del “fumo infernale”, di cui già parlava il beato Paolo VI nel 1972, in alcune voci dell’Instrumentum laboris e anche negli interventi di alcuni padri sinodali». «Il compito principale di un Sinodo consiste nella indicazione del matrimonio e della famiglia secondo il Vangelo e l’insegnamento del nostro Salvatore. A nessuno è consentito distruggere il fondamento».
Quanto al profilo umano e spirituale di monsignor Jan Pawel Lenga, ecco che cosa scriveva lui stesso tre anni fa, in un testo sugli attuali problemi della Chiesa: «Ho conosciuto personalmente numerosi preti internati nelle prigioni e nei gulag staliniani. Sacerdoti, che sono tuttavia rimasti fedeli alla Chiesa. Nel tempo della persecuzione essi hanno esercitato con amore il loro dovere sacerdotale di annunciare la Dottrina cattolica, conducendo una vita degna alla sequela di Cristo, loro divino Maestro. Io stesso ho compiuto il mio corso di studi in un seminario clandestino nell’Unione Sovietica, lavorando con le mie mani per guadagnarmi il pane quotidiano. Sono stato ordinato prete in segreto, di notte, da un Vescovo che aveva a sua volta sofferto a causa della sua fede. Dopo il mio primo anno di sacerdozio sono stato espulso dal Tagikistan ad opera del Kgb».
E ancora: «Nei periodi di crisi della Chiesa, Dio ha spesso utilizzato per un suo autentico rinnovamento i sacrifici, le lacrime e le preghiere dei suoi figli e dei suoi servitori, che, agli occhi del mondo e della burocrazia ecclesiastica, erano considerati come insignificanti o perseguitati ed emarginati a causa della propria fedeltà a Cristo. Io sono convinto che, in questi tempi difficili che stiamo attraversando, questa legge di Cristo si realizzi e che la Chiesa giunga a rinnovarsi. Tuttavia ciò presuppone anche da parte nostra un reale rinnovamento ed una reale conversione».
Infine ricordo che monsignor Athanasius Schneider, a commento dei lavori del sinodo sulla famiglia, già nel novembre 2015 scrisse che sono state collocate «bombe ad orologeria a scoppio ritardato circa l’ammissione dei divorziati risposati alla Santa Comunione» e che «la profanazione del “grande Sacramento” (Ef 5, 32) del matrimonio tramite adulterio e divorzio ha assunto proporzioni enormi ed un ritmo di crescita allarmante non soltanto nella società civile, ma anche tra i cattolici. Quando i cattolici, attraverso il divorzio e l’adulterio, ripudiano, nella teoria o nella prassi la volontà di Dio espressa nel sesto comandamento, si pongono in uno stato di grave pericolo spirituale: quello di perdere la salvezza eterna».
Forse non è un caso che una parola chiara come quella dei tre presuli arrivi da un terra nella quale la Chiesa è piccolo gregge e la fiammella della fede è stata riaccesa da ex-deportati del regime sovietico, ovvero da perseguitati.
Ricordo inoltre che il 24 settembre 2001, al termine del suo viaggio in quella terra, il papa Giovanni Paolo II affidò l’intero Kazakhistan alla Beata Vergine Maria.
Aldo Maria Valli
  • INTERVISTA/NEGRI

«Sul matrimonio si riproponga la posizione tradizionale»

Monsignor Negri
«Come vescovi cattolici, siamo costretti in coscienza a professare, di fronte all’attuale dilagante confusione, l’immutabile verità e l’altrettanto immutabile disciplina sacramentale riguardo all’indissolubilità del matrimonio secondo l’insegnamento bimillenario ed inalterato del Magistero della Chiesa». Così scrivono tre vescovi del Kazakhistan - Tomash Peta, arcivescovo metropolita dell’Arcidiocesi di Maria Santissima in AstanaJan Pawel Lengaarcivescovo-vescovo emerito di Karaganda e Athanasius Schneider, vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di Maria Santissima in Astana – in un lungo documento titolato “Professione delle verità immutabili riguardo al matrimonio sacramentale” e pubblicato il 2 gennaio (qui potete leggere il testo integrale).
I tre vescovi prendono atto che dopo l’esortazione apostolica Amoris Laetitia, singoli vescovi e diversi episcopati agiscono con norme pastorali che avranno come esito la diffusione della “piaga del divorzio” anche all’interno della Chiesa, ciò che è in grave contrasto con quanto Dio ha stabilito. E grave è il fatto che ormai la prassi sia diversa da diocesi a diocesi e perfino da parrocchia a parrocchia. «In vista dell’importanza vitale che costituiscono la dottrina e la disciplina del matrimonio e dell’Eucaristia, la Chiesa è obbligata a parlare con la stessa voce», affermano i tre vescovi citando i Padri della Chiesa.
Infine i vescovi kazakhi ribadiscono il magistero tradizionale della Chiesa che considera sempre illeciti i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio sacramentale, e quindi l’impossibilità di accedere alla comunione per coloro che restano in tale stato, pur non costituendo questo un giudizio sullo stato di grazia interiore dei singoli fedeli.
La “Professione delle verità immutabili…” aggiunge dunque un nuovo capitolo al dibattito successivo ad Amoris Laetitia e alle sue interpretazioni, e dimostra quanto sia diffuso il disagio per la situazione che si è creata nella Chiesa. Non sembra neanche destinata a restare un fatto locale, che riguarda il Kazakhistan, tanto è vero che subito dopo la pubblicazione, due vescovi italiani hanno a loro volta sottoscritto il documento: monsignor Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America, e monsignor Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara. Proprio a monsignor Negri abbiamo rivolto alcune domande sul senso di questo documento e sul perché della sua adesione.
Monsignor Negri, cosa l’ha spinta a firmare questa lettera?
Davanti alla grave confusione che c’è nella Chiesa riguardo al tema del matrimonio io credo che sia necessario riproporre la chiarezza della posizione tradizionale.
Mi è sembrata giusto firmare perché il contenuto di questa posizione è ciò che ho largamente presentato in questi anni, non solo in questi ultimi mesi, in tutti i momenti della messa a punto che ho dedicato al tema della famiglia, della vita, della procreazione, della responsabilità educativa nei confronti dei più giovani. Sono temi di assoluta importanza per cui il mondo cattolico nel suo complesso non mostra molta sensibilità.
C’è chi sostiene che si è parlato fin troppo di famiglia e di vita…
Pensare a una Chiesa senza una preoccupazione esplicita, sistematica, vorrei dire quotidiana, di difesa e di promozione della famiglia e della sua responsabilità missionaria ed educativa fa pensare a una Chiesa gravemente e pesantemente condizionata dalla mentalità mondana. Tale mentalità, che domina largamente le nostre società ritiene che tutte le questioni “eticamente sensibili”, per usare una espressione diventata d’uso comune, siano responsabilità delle istituzioni politiche e sociali, prime fra tutte gli Stati. Mentre con la Dottrina sociale della Chiesa io ritengo che la questione della persona e dello svolgersi della sua identità e della sua responsabilità nel mondo sia un compito specifico, precipuo, irrinunciabile della Chiesa.
Si sta combattendo una battaglia tra la mentalità mondana - quella che papa Francesco nei primi mesi di pontificato ha chiamato “il pensiero unico dominante”, e la concezione cristiana della vita e dell’esistenza. Se la Chiesa non vive questo confronto finisce sostanzialmente per ridursi a una posizione di sostanziale autoemarginazione dalla vita sociale.
Nella lettera si parla molto della confusione esistente nella Chiesa, e anche lei l’ha accennato. Eppure c’è chi nega che ci sia questa confusione, alcuni sostengono che ci siano solo delle resistenze a un cammino di rinnovamento della Chiesa.
La confusione c’è. C’è ed è gravissima. Non c’è persona sensata che possa negare questo. Ricordo le parole accorate ma terribili del cardinale Carlo Caffarra qualche tempo prima di morire, quando disse: «Una Chiesa con poca attenzione alla dottrina non è una Chiesa più pastorale, ma è una Chiesa più ignorante». Da questa ignoranza nasce la confusione. Cito ancora il cardinale Caffarra, che diceva che «solo un cieco può negare che nella Chiesa ci sia grande confusione». E io lo posso testimoniare per quel che ho visto soprattutto negli ultimi mesi del mio episcopato a Ferrara-Comacchio. Ero quotidianamente interloquito da buoni cristiani nella coscienza dei quali si era prodotta una delusione fortissima, e vivevano con molta sofferenza. Lo dico con chiarezza, una sofferenza maggiore di tanti ecclesiastici e di tanti miei confratelli vescovi. È la sofferenza di un popolo che non si sente più accudito, sostenuto nella esigenza fondamentale di verità, di bene, di bellezza e di giustizia che costituiscono il cuore profondo dell’uomo, che soltanto il mistero di Cristo rivela profondamente e attua in maniera straordinaria.
Io non voglio far polemica con nessuno ma non posso non dire che è necessario lavorare perché lo splendore della tradizione torni ad essere una esperienza per il popolo cristiano e una proposta che il popolo cristiano fa agli uomini. Questo è per me un compito che sento esauriente.
A proposito di confusione, in questi giorni è nata una nuova polemica partita dall’accusa a papa Ratzinger di errori dottrinali mai corretti, e di nuovo si è tirato in ballo il Concilio.
Non voglio perdermi in riletture veloci e ideologiche di momenti fondamentali della vita della Chiesa, quale è stato il Concilio ad esempio: una straordinaria esperienza, complessa, articolata e - perché no – con aspetti non sempre chiari. Oppure il grande e indimenticabile magistero di san Giovanni Paolo II, il suo impegno a riproporre al mondo l’annunzio di Cristo come l’unica possibilità di salvezza e quindi a riproporre la Chiesa come ambito di questa esperienza - come diceva lui - di una vita rinnovata. Queste sono pietre miliari di un cammino che poi ha trovato nel grande magistero di Benedetto XVI un punto di sintesi, il richiamo forte a quella continuità nel passaggio tra la realtà preconciliare alla realtà del Concilio e del post-Concilio: è stata una formulazione di straordinario rilievo, di cui la Chiesa vive ancora.
Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno innalzato il magistero cattolico a livelli di straordinaria ampiezza. Assurdo piegare l’interpretazione di questi grandi personaggi della vita della Chiesa a interessi di bottega. Ma è assurdo anche stabilire paragoni dei pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI con il magistero di papa Francesco. Nella storia della Chiesa ogni Papa ha la sua funzione. La funzione di Francesco non è certamente quella di riproporre l’integralità e l’ampiezza del messaggio cristiano ma è quella di tirare certe necessarie conseguenze sul piano etico e sociale.
Parlando sempre di confusione, in questo anno che ha ricordato i 500 anni della Riforma protestante, nella Chiesa si sono viste e sentite cose francamente sconcertanti.
La confusione dottrinale e culturale presenta degli aspetti che sembrano difficilmente credibili a persone di buon senso e a persone che hanno avuto una formazione culturale adeguata. Questa di Lutero è una vicenda incredibile. Questo Lutero di cui tanto si parla non esiste. Questo Lutero riformatore, questo Lutero evangelico, questo Lutero la cui presenza sarebbe stata una riforma positiva e benefica per la Chiesa non ha alcun fondamento storico e critico.
Tutt’altro discorso è se in un momento di grave attacco alla tradizione religiosa dell’Occidente si renda necessario che tutti gli uomini religiosi percepiscano che è il momento di una nuova e grande unità operativa. Bisogna lavorare insieme, certamente. Ma per lavorare insieme non bisogna annacquare la propria identità o pensare che l’esistenza dell’identità sia una obiezione al lavoro. È esattamente l’opposto: chi si mette nel dialogo religioso, nel dialogo ecumenico, nel dialogo con la vita sociale con una sua precisa identità dà un contributo estremamente significativo. Non si collabora e non si dialoga a partire dalla confusione. Si dialoga a partire dall’identità, e l’identità cattolica se è vissuta fino in fondo dà un contributo unico e irriducibile alla vita sociale.
C’è chi mette in guardia dalla tentazione  dell’egemonia.
Io non penso affatto a una egemonia sulla vita sociale, come ritengono tanti cattolici irresponsabili. Non è per una volontà di egemonia, ma per una volontà di missione. Una missione esplicita, limpida, significativa, appassionata e quindi polemica nei confronti del mondo. Questo ho imparato da don Giussani in 50 anni di convivenza con lui e su questo, secondo me si sono giocati in maniera positiva i grandi magisteri di Giovanni Paolo e Benedetto in linea con il grande magistero della Chiesa del XIX e del XX secolo.
Riccardo Cascioli
IL CRISTIANESIMO NEL MONDO

 Situazione generale e nel mondo occidentale, dove dobbiamo affrontare una persecuzione violenta, dal momento che la nostra fede viene inesorabilmente derisa, ridicolizzata e demonizzata. Una sensazionale scoperta 
di Cinzia Palmacci  


E’ singolare il fatto che proprio all’alba del nuovo anno 2018, dopo anni di ricerche, siano emerse due importanti scoperte il cui merito va allo storico Pier Luigi Guiducci della Pontificia Università Laterana. Questi reperti, entrambi risalenti al terzo secolo d. C., riguardano il ritrovamento di una Croce al Colosseo, segno della persecuzione dei cristiani nell'Anfiteatro Flavio, e quello di un Chrismon in un criptoportico dell'ambasciata americana a Roma, testimonianza della presenza dei seguaci di Cristo anche nelle classi più agiate. Con questa sensazionale scoperta, che testimonia e certifica la persecuzione dei cristiani, si apre il nuovo anno quasi a rammentarci il flagello delle persecuzioni cristiane che ancora oggi affliggono i credenti sparsi in tutto il mondo come testimoni del Vangelo di Cristo, moderni apostoli. «Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto» (Lc 21,17-18). Luca scrive il suo Vangelo quando le persecuzioni contro i primi cristiani sono già cominciate. Ma, come ogni parola di Dio, è diretta ai cristiani di tutti i tempi e alla loro quotidiana esistenza. Essa contiene un monito e una promessa. L’uno riguarda più la vita presente, l’altra più la futura. Ambedue puntualmente si verificano nella storia della Chiesa e nelle vicende personali di chi cerca di essere un discepolo fedele a Cristo. E’ normale, per chi segue lui, essere odiati. E’ il destino del cristiano coerente, in questo mondo. Non c’è da illudersi e Paolo ce lo ricorda: “Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati”. Gesù spiega il perché: “Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia”. Ci sarà sempre un contrasto fra il modo di vivere del cristiano e quello di una società che rifiuta i valori del Vangelo. Contrasto che può sbocciare in una persecuzione più o meno larvata oppure in una indifferenza che fa soffrire.  
La situazione in Russia
La Russia ha proprio vietato virtualmente tutti i tipi di evangelizzazione al di fuori di una chiesa o di un sito religioso. E la Cina sta abbattendo migliaia di croci e demolendo decine di chiese in un rinnovato giro di vite sulla crescita del Cristianesimo in quella nazione. Nel complesso, secondo una recente relazione, ci sono 53 paesi che attualmente hanno leggi che limitano la fede cristiana. Quando pensiamo di svegliarci e di renderci conto di quanto sta accadendo? La fede cristiana è stata brutalmente repressa dal regime sovietico per decenni. Purtroppo, la Russia ha deciso di tornare ai vecchi metodi sovietici (non se ne sono mai distaccati!). Questa nuova legge che Vladimir Putin ha voluto rappresenta quasi un divieto completo e totale sulla condivisione del Vangelo. La legge,entrata in vigore il 20 luglio 2016, ha vietato l’evangelizzazione ovunque al di fuori di una chiesa o di un sito religioso – comprese le abitazioni private e on-line – e quelli che violeranno tale decisione, saranno multati (per il momento). Solo determinati membri di organizzazioni religiose (ortodosso-sioniste probabilmente) saranno in grado di poter condividere la loro fede: perfino anche la sola testimonianza informale tra gli individui è proibita. Secondo il New York Times, tale divieto comprende anche la “predicazione e la preghiera” che verranno fatte al di fuori dei confini delle istituzioni religiose “ufficialmente riconosciute”. Nelle apparizioni di Fatima la Russia è menzionata ben due volte nel segreto. La conversione della Russia richiesta dalla Vergine Maria è condizionata a un cambiamento spirituale: “se si ascolteranno le mie richieste...”. Senza alcun dubbio la Russia giocherà un ruolo cardine per il futuro del mondo, perché la sua è una missione della quale è stata investita direttamente dal Cielo. Una missione così trascendentale che non riusciamo ancora a capirne tutta la portata. La Russia è nominata ben due volte nel segreto di Fatima. Menzionata prima come strumento dei castighi – gli “errori della Russia”, cioè il comunismo sovietico, del quale la Russia, andando contro le proprie radici, si trasformò in focolaio e portabandiera – è invece poi celebrata come il Paese la cui conversione, una volta consacrato dal Romano Pontefice alla Madonna, apre l’era del trionfo del Cuore Immacolato di Maria. Perché questa importanza della Russia nei disegni della Divina Provvidenza? In cosa consiste esattamente la “conversione della Russia”, che la fa passare da flagello di Dio ad antesignana del trionfo del Cuore Immacolato? Due domande che dovranno trovare risposta venendo incontro alle parole della stessa Madonna: “Se si ascolteranno le mie richieste, la Russia si convertirà”. Tutto dipende, dunque, dalla fedeltà al messaggio della Madre di Dio.
La situazione in Cina
Anche in Cina i funzionari del governo hanno lanciato un ben rinnovato giro di vite sui cristiani, poiché la chiesa sotterranea continua a crescere e ad espandersi a macchia d’olio. Secondo alcuni rapporti, negli ultimi mesi, il governo ha abbattuto più di 2.000 croci nella sola provincia di Zhejiang. Ora, più di duemila croci sono state rimosse a forza dalle chiese, come parte di una campagna governativa che vuol regolare gli “eccessivi siti religiosi”. Quasi due anni fa, la leadership della nazione ha lanciato una crociata per sradicare il Cristianesimo nella provincia costiera di Zhejiang. Da allora, diversi membri del pubblico sono stati arrestati per aver tentato di fermare il rozzo tentativo del governo al fine di sopprimere la fede cristianaMa spesso i funzionari governativi non si fermano qui, decidendo di abbattere un’intera chiesa. Infatti, dall’inizio di quest’anno, almeno 49 chiese sono state distrutte nella provincia di Zhejiang. I fedeli cristiani si riuniscono per il culto tra le rovine della loro chiesa demolita, sfidando il governo cinese di direzione anticristiana comunista. I congreganti di WenzhouCina – provincia di Zhejiang – conducono un servizio di preghiera nonostante l’edificio della chiesa sia stato demolito dai funzionari del governo. La Chiesa di Zhuyang – una chiesa sanzionata dal governo – è stata una demolizione iniziale di chiese senza precedenti. Ma anche le chiese rimaste ancora in piedi nella provincia diZhejiang stanno sentendo il dolore della repressione. Secondo China Aid, c’è una nuova legge che sta costringendo molte chiese a consegnare tutte le loro decime e donazioni alle autorità statali”. Il governo comunista della Cina in provincia di Zhejiang vuol far rispettare una nuova legge che impone alle numerose chiese di consegnare tutte le loro decime e donazioni alle autorità statali. Secondo un’organizzazione no-profit cristiana dedicata al servizio della Chiesa perseguitata in Cina, i funzionari di Pingyang aWenzhou stanno convincendo i membri allo scopo di consegnare tutti i redditi delle loro chiese alle autorità statali. Per tanto tempo, la maggior parte degli americani hanno considerato il governo cinese come un amico.  Ma questo non è affatto vero. I comunisti cinesi sono in un sistema corrotto, un regime malvagio che è sempre stato profondamente anticristiano, questovale per il comunismo cinese come per altri, poiché è un sistema ideologico-dottrinale univoco. Chiunque lo ritenga essere altrimenti è stato semplicemente illuso e ingannato.
La situazione in Africa
Nel frattempo, la persecuzione dei cristiani continua ad intensificarsi in molte parti dell’Africa.  In Nigeria una madre di sette figli è stata “condannata a morte” dai radicali islamici per aver predicato apertamente il vangelo di Gesù Cristo, e il suo corpo mutilato è stato scoperto in una pozza di sangue con in mano una Bibbia e un megafono che usava per predicare ogni mattina. Fin dal primo secolo, i cristiani sono stati martirizzati per predicare pubblicamente il Vangelo, ma oggi la persecuzione è divenuta ancora più crudele e incessante proprio nel tempo profetizzato degli Ultimi Giorni.
La situazione in Medio Oriente
In Medio Oriente i cristiani vengono torturati, decapitati e crocifissi da gruppi terroristici radicali quali l’ISIS e in altre zone stanno imponendo la persecuzione a livello nazionale da parte dei governi. Per esempio, è sufficiente osservare ciò che sta accadendo in questo momento in Pakistan. “Il governo del Pakistan ha annunciato l’intenzione di forzare l’Islam sui giovani rendendo obbligatorio lo studio coranico in tutte le scuole e collegi universitari, il quale che è contrario alla costituzione del paese oltre che al precetto islamico per cui non ci dovrebbe essere costrizione nella religione. Questa è l’ultima escalation discriminatoria del paese nei confronti dei cristiani, delle altre fedi minoritarie e dei non credenti. I cristiani pakistani, compresi i bambini, sono a rischio di sequestro di persona, di matrimonio forzato e della costrizione alla conversione religiosa all’Islam. Alcuni sono anche vittime di blasfemia, che portano alla pena di morte. Ci sono regolari aggressioni violente sulle famiglie cristiane, sulle case, sui negozi e sulle chiese.
La persecuzione della Fine dei Tempi è qui.
In tutto il pianeta, la fede cristiana è sotto attacco. Nel mondo occidentale dobbiamo affrontare  una persecuzione molto violenta, dal momento che la nostra fede viene inesorabilmente derisa, ridicolizzata e demonizzata: in televisione, nei film e su Internet. Le leggiche sono anti-cristiane nel tono e nella sostanza, passano regolarmente e molti dei nostri uomini politici non fanno nemmeno più finta di essere onesti con noi. Proprio come in gran parte del resto del mondo, stiamo iniziando a scoprire che c’è un prezzo da pagare per seguire Gesù Cristo. E’ normale, per chi segue Lui, essere odiati. E’ il destino del cristiano coerente, in questo mondo. Non c’è da illudersi e Paolo ce lo ricorda: “Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati”. Gesù spiega il perché: “Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia”. Ci sarà sempre un contrasto fra il modo di vivere del cristiano e quello di una società che rifiuta i valori del Vangelo. Contrasto che può sbocciare in una persecuzione più o meno larvata oppure in una indifferenza che fa soffrire.

SI APRE UN NUOVO ANNO DIFFICILE PER IL CRISTIANESIMO NEL MONDO

di Cinzia Palmacci




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