ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 23 gennaio 2018

Splende sulla nebbia il sol dell'avvenire..

Pedofilia, le scuse del Papa, ma le nebbie restano

Il Papa in conferenza stampa sull'aereo
Con la conferenza stampa di ieri sull’aereo di ritorno si è concluso il sesto viaggio apostolico di Papa Francesco in Sud america. La trasferta in Cile e Perù ha visto alcuni momenti forti come l’incontro con i Mapuche, quello con gli indigeni dell’Amazzonia a Puerto Maldonado, quindi la visita fuori programma con alcune vittime della pedofilia. Un notevole ritorno mediatico è stato causato anche dal matrimonio tra uno steward e una hostess della compagnia aerea Latam che Francesco ha celebrato sull’aereo che lo portava da Santiago a Iquique.

IN PERU’ UN INCONTRO CALOROSO
Se in Cile la partecipazione agli eventi del Papa è stata largamente sotto le attese, in Perù il popolo ha accolto in massa l’arrivo di Francesco. «Mi ha impressionato la fede di questi popoli», ha detto il Papa ai giornalisti in aereo, «non solo in Turjillo in cui la pietà popolare è molto ricca e molto forte. Ma anche la fede delle strade, e non solo a Lima, dove è evidente. Anche a Puerto Maldonado era pieno, soprattutto nelle strade. Un popolo che è uscito per esprimere la sua gioia e la sua fede. Le persone dell’America Latina hanno tanti santi: Toribio, Rosa, Martin, Juan. Penso che la fede l'abbiano nel profondo. Del Perù mi resta il ricordo della gioia, della fede, della speranza, di ritorno a camminare e, soprattutto, ho il ricordo di molti bambini. L'unica cosa che chiedo è che abbiano cura della ricchezza. Non solo quella delle chiese e dei musei, che le opere d'arte sono grandi, ma anche della sofferenza che ho visto anche in questi giorni».
IL CASO BARROS
Gran parte della conferenza stampa in aereo, era prevedibile, si è concentrata sul caso del vescovo Juan Barros di Osorno, vescovo incaricato da Francesco nel 2015, nonostante il prelato fosse nell’occhio del ciclone per accuse di aver coperto il suo mentore, padre Fernando Karadima, condannato per abusi su minori. La difesa di Barros da parte del Papa durante il viaggio in Cile ha sollevato una dichiarazione inusuale di un pezzo da novanta del collegio cardinalizio, il cardinale Sean O’Malley di Boston
Dopo aver ascoltato la lunga risposta del Papa in aereo non si può affermare che le nebbie si siano diradate. Francesco ritorna sulla sua dichiarazione cilena («Il giorno che avremo una prova contro il vescovo Barros parlerò. Non c’è una sola prova d’accusa. Le altre sono tutte calunnie, chiaro?») e chiede perdono per la parola “prove”, mentre sarebbe stato più giusto, dice, aver parlato di “evidenze”. Perciò Francesco chiede «scusa» alle vittime che possono essersi sentite urtate da questa parola, ma nella sostanza il vescovo Barros rimane al suo posto finché, appunto, non ci saranno queste «evidenze». 
Ecco da Vatican news le parole del Papa: «Cosa sentono gli abusati: su questo devo chiedere scusa perché la parola ‘prova’ ha ferito tanti abusati....Chiedo scusa se li ho feriti senza accorgermene, fatta senza volerlo (...). Mi accorgo che la mia espressione non è stata felice... Barros resterà lì, non posso condannarlo se non ho evidenza».
Anche a proposito della lettera firmata dal Papa nel gennaio 2015 e uscita in questi giorni su Associeted press, lettera dove sembra esservi una marcia indietro a proposito della richiesta di “ritiro” di Barros e altri due vescovi colpiti dalla stessa accusa, Francesco prova a spiegare, ma non risolve la domanda. Infine ribadisce: «Quando è stato nominato è andato avanti tutto questo movimento di protesta e lui mi ha dato le dimissioni per la seconda volta; ho detto: “No, tu vai”. Ho parlato a lungo con lui, altri hanno parlato a lungo con lui... 'Tu vai' e voi sapete cosa è successo lì il giorno della presa di possesso... Si è continuata l’indagine su Barros: non vengono le evidenze (...).  Non posso condannarlo, perché non ho le evidenze; ma anche io sono convinto che sia innocente».
Ha poi ringraziato il cardinale O’Malley per la dichiarazione rilasciata che, ha detto il Papa, «è stata molto giusta, ha detto tutto quello che io ho fatto e faccio e che fa la Chiesa. (…) Ha detto della dolore delle vittime in generale». 
IL MATRIMONIO IN VOLO
Anche il matrimonio tra Carlos Ciuffardi e Paula Podest, celebrato a 36.000 piedi di altezza aveva sollevato una serie di perplessità e c’era da attendersi che il Papa nella conferenza stampa spiegasse. Queste le sue parole: «Io li ho interrogati un po’. E lì le risposte erano chiare: “Per tutta la vita …” - “E come sapete queste cose? Avete buona memoria? (...) ” - “No, no: noi abbiamo fatto i corsi prematrimoniali per quel tempo” [i due si dovevano sposare nel 2010, ndr]. Erano preparati (...) Me lo hanno chiesto. I Sacramenti sono per gli uomini.... Tutte le condizioni erano chiare. E perché non fare oggi quello che si può fare oggi, e non rimandarlo per domani, che domani forse sarebbe stato 10, 8 anni in più...».
Sul fattore sorpresa tanto decantato dai media, decisamente indebolito da alcune dichiarazioni dei due sposi lo scorso 19 dicembre ad un quotidiano cileno, il Papa ha detto che «non sa se è vero, ma comunque bisogna dire ai parroci che il Papa li ha interrogati bene, era una situazione regolare». 
Lorenzo Bertocchi

Operazione Catechismo: omoeresia all'assalto finale

Cambiare il Catechismo. Se la dottrina non coincide con i nuovi desiderata circa l’omosessualità, meglio adottare la soluzione di Alessandro Magno che con un colpo di spada decise di sciogliere a modo suo il nodo di Gordio: tagliandolo in due.
Allo stesso modo per accettare e sdoganare definitivamente la pratica omoerotica è necessario mettere mano ai fondamentali e da lì in giù tutto sarà più facile. Ora che nella prassi si sta diffondendo sempre più un atteggiamento di lassismo e accettazione dell’omosessualità come variante naturale della sessualità umana, resta solo un piccolo grande ostacolo per una piena affermazione dei diritti Lgbt in salsa cristiana: togliere di mezzo il Catechismo della Chiesa Cattolicaconsiderato l’ultimo ostacolo da abbattere.
Così la battaglia ora si sposterà sul piano meramente dottrinale, ma il tutto deve essere preparato con il linguaggio affettato e rassicurante come solo certo clericalismo sa fare. E soprattutto mandare avanti dei pionieri che si facciano interpreti e portavoce di questa deriva. Un piccolo gruppo di teologi e presbiteri, alcuni vescovi e persino i cosiddetti operatori pastorali, che conducono una battaglia solitaria e al di fuori di ogni controllo, ma mettendosi ben in vista nelle diocesi, mentre la maggioranza silenziosa sonnecchia.
L’ultima sparata in ordine di tempo è affidata a dei laici, secondo il preciso canovaccio del caso lacrimevole. Se ne incarica Repubblica, raccontando di una coppia di genitori che hanno accettato la figlia lesbica e ora fanno parte dell’equipe approntata dal vescovo di Civitavecchia monsignor Luigi Marrucci che segue proprio i cosiddetti cristiani Lgbt. “Eravamo fermamente convinti che l'omosessualità fosse peccato”, dicono. E invece? “Abbiamo pregato e letto la parabola del Figliol prodigo così abbiamo compreso che il Signore accoglie sempre e non giudica.
«Il problema è nel Catechismo»
Martina è nella verità e noi la amiamo com'è”. Di quale verità si sta parlando? Non certo quella evangelica o biblica circa Sodoma e neppure quella del Catechismo che infatti fa capolino verso la fine della storia: “Il problema resta il Catechismo che dice che l'omosessualità è un orientamento intrinsecamente disordinato”.
Ecco qua la pietra dello scandalo. E’ lui l’osservato speciale per sdoganare “finalmente” l’omoeresia in chiave cattolica. Infatti l’intervista non nasce a caso, ma parte da lontano. Soprattutto per affermare l’incompatibilità tra Catechismo, quindi dottrina, e il mondo così come va preso, che sarebbe una concezione della prassi immanente e per questo non veritiera circa la legge divina. Ma tant'è.
In ordine di tempo, a mettere in dubbio la verità sull’omosessualità del Catechismoci aveva pensato Avvenire, con un articolo ben piazzato da Luciano Moia: “Ci sono coloro che, riconoscendosi nella tradizione cattolica ribadita nel Catechismo, sostengono la necessità di una vita affettiva condotta nella castità. Ma c’è anche chi, vescovi e teologi compresi, chiede alla Chiesa una riflessione più profonda sul significato della sessualità senza escludere una revisione della teologia morale”.
Chi ha ragione in questo approccio da relativismo morale? Sembra di capire i secondi. Ecco qua gettate le basi per iniziare a considerare il Catechismo non più intoccabile, instillando il virus della revisione, come se la verità sull’uomo e sul progetto divino su di lui fosse un fatto meramente sociale e opinabile. 
Dopo Avvenire ci ha pensato un conciliabolo top secret nel corso del quale sono state gettate le basi, per così dire, del futuro smantellamento degli articoli 2357, 2358 e 2359 del testo magisteriale, il nemico pubblico numero uno, in cui si dice che “la Sacra Scrittura presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni” e “la Tradizione ha sempre dichiarato che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”.
Un incontro promosso da uno dei gesuiti più in vista nell’operazione di sdoganamento dell’omosessualità, quel Padre Pino Piva che è da tempo il più “ascoltato” almeno in Italia circa i rapporti con quegli omosessuali che si dichiarano cattolici, ma non accettano la via della castità proposta dal Catechismo e successivamente dalla nota pastorale del 1986 scritta dall’allora cardinal Joseph Ratzinger.
Il religioso, da poco a Bologna nella casa dei gesuiti, ha chiamato a raccolta nella sua nuova residenza i gruppi di cristiani Lgbt e gli operatori che in questi anni si stanno occupando in alcune diocesi nel seguire percorsi specifici, stando ben attento ovviamente a far sì che non venissero esperienze di preghiera come Courage o il gruppo Lot di Luca di Tolve, che sull’omosessualità hanno visioni opposte e fedelmente in linea con il Magistero.
Con la piccola equipe si è presentato anche un vescovo, che ha assistito all’incontro senza però intervenire. L’incontro, aperto ai credenti Lgbt e ai sacerdoti che con loro hanno intrapreso percorsi tra i più svariati non aveva pretese di rivendicazione, ma di mettere in rete esperienze e approcci per affrontare la tematica omosex nella vita della Chiesa. Con un unico denominatore comune: la critica al Catechismo, considerato ormai l’ostacolo principale ad un pieno sdoganamento gay friendly della pratica omoerotica. Espressioni come peccato? Vecchie. L’accoglienza? Solo se si accetta l'omosessualità come variante naturale della sessualità. L’amore? Un coacervo di sentimenti e non un progetto naturale voluto da Dio.
Dell’incontro si sa poco, ma qualche cosa è uscito sul blog di un altro sostenitore della causa omoeretica, quel don Mauro Leonardi (foto) che da tempo è della partita, arrivando anche a intervistare Vladimir Luxuria senza mettere in discussione nulla del suo pensiero. Leonardi, che ha un blog seguito, si è lasciato sfuggire alcune chicche. Ad esempio questa: “Se invece, come accade per la grandissima parte delle persone omosessuali, il convincimento è che la condizione omosessuale sia naturale e voluta da Dio, può forse essere che l'unica risposta della Chiesa sia: finché non ti adegui al Catechismo (oltretutto il Catechismo non è il Vangelo) non puoi ricevere i sacramenti? È forse possibile confessare peccati che in coscienza non si ritengono tali?”.
Insomma, eliminato ogni dato oggettivo sulla natura umana e sul progetto di Dio, anche l’omosessualità non è altro che una opinione delle tante. E come tale va accettata e promossa. Infatti, citando anche il vescovo presente all’incontro di Bologna, Leonardi ha detto: “Io non vi dico adeguatevi al Catechismo. Dico: la Chiesa non ha ancora una risposta”.
Sarebbe oggettivamente grave se un vescovo sostenesse la tesi della ribellione al Catechismo, che rappresenta non una mera legge da codice della strada, ma l’architettura normativa sulla quale si fonda la fede, così come sarebbe altrettanto sconvolgente se avesse davvero affermato che la Chiesa non ha ancora una risposta. Perché la risposta in realtà c’è e mostra carità e verità unite in maniera appassionata nel rispetto della castità alla quale sono chiamati anche gli omosessuali, come dimostra l’esperienza di Courage. Ma ormai il sasso è lanciato e la crociata anti Catechismo deve andare avanti. 
Come? Anche sulla strategia si affilano le armi: prendendo spunto dalla “revisione” del Catechismo proposta da Papa Francesco circa la pena di morte e i pronunciamenti del passato circa l’abolizione della schiavitù. Argomenti completamente diversi, ma utilizzati qui per giustificare un metodo di smantellamento che ora può tornare utile per la causa omoeretica.

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