ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 28 febbraio 2018

E' tutto secondo copione..


In Brasile, delle «vescovesse» protestanti «consacrano»
durante una Messa di Paolo VI




Se serviva una prova in più delle demenze sacrileghe alle quali porta il Novus Ordo Missae di Paolo VI, ciò che è appena accaduto in Brasile ne fornisce una esemplare.

La Commissione Pastorale della Terra, della Conferenza Episcopale brasiliana ha organizzato la settimana scorsa la 41° edizione della Processione della Terra, in linea con la Laudato si’, intitolata “Donne terra. Resistenza, cura e diversità”.
Come fa notare il giornale on line italiano: La Nuova Bussola Quotidiana, questo evento è rivolto 
«soprattutto ai campesinos, ai contadini. … e naturalmente di questi tempi, dopo l’enciclica Laudato Sì, i temi della difesa della natura, dell’attenzione alla stessa e al lavoro che ad essa viene dedicato ha assunto un’enfasi ancora maggiore.»



Tanto maggiore che tutti devono comunicarsi insieme, con entusiasmo ed euforia, in difesa della Madre Terra… Comunicarsi in tutti i sensi: così, durante lo svolgimento della Messa di Paolo VI, al momento della Consacrazione, la folla dei fedeli presenti ha potuto vedere che dei vescovi e dei preti di obbedienza “romana” che hanno “consacrato” il “pane e il vino” insieme con due «vescovesse» protestanti (si guardi il video a partire dal minuto 49)!
Attorno a questa tavola di profanazione, oltre alle due donne “ministre”, erano presenti Mons. Donizzetti, vescovo ausiliare di Porto Alegre, Mons. Romulo, vescovo di Montenegro, Mons. Adilson Busin, vescovo ausiliare de Porto Alegre, Mons. Alessandro Ruffinoni, vescovo di Caxias do Sul, Mons. Rodolfo Weber, arcivescovo di Passo Fundo, Mons. Jacinto Bergmann, arcivescovo di Pelotas, Mons. Jaime Kohl, vescovo di Osório, il parroco del luogo e un diacono. Le due «vescovesse», oltre a «concelebrare» e a «consacrare», hanno dovuto «comunicarsi»… 

Senza addentrarsi in considerazioni teologiche sul Novus Ordo in generale, e benché sia poco probabile che una tale celebrazione sia valida, il carattere sacrilego e scandaloso di questa «messa» di Paolo VI è innegabile.
Tale celebrazione ecumenica, offerta agli occhi sentimentali del mondo per amore ecologico e fraterno nei confronti di ciò Papa Francesco chiama la «casa comune», ha come primo effetto quello di negare apertamente il dogma della Transustanziazione che definisce la Presenza reale: Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Nostro Signore Gesù Cristo nelle specie eucaristiche in seguito alla consacrazione:
«Noi dichiariamo senza esitare – dice Sant’Agostino – che prima della Consacrazione vi è solo il pane e il vino tratti dalla natura; ma dopo la Consacrazione vi è solo la Carne e il Sangue di Gesù Cristo, resi presenti con le parole sacre.»

Ora, tutti i protestanti rigettano questa dottrina cattolica. Concelebrando con essi, dunque, questi vescovi e questi preti conciliari brasiliani «condividono» implicitamente l’eresia protestante. Senza che la Roma bergogliana li richiami all’ordine.

In più, visto che per il Papa argentino la prassi è  il mezzo che permette di fare evolvere la dottrina, ci si può chiedere se questa «co-consacrazione» tra conciliari e protestanti non sia un passo in più verso la Messa ecumenica e la comunione interreligiosa che sono attualmente  in preparazione in Vaticano.
Fra Cristoforo, sul blog Anonimi della Croce, ha ben ragione di concludere sull’argomento con questa frase:
«Dico…è tutto secondo copione. Cominciare a lanciare le “iniziative”, per poi tollerarle…e approvarle!

E’ così che accade nella Roma neo-modernista e neo-protestante partorita dal concilio Vaticano II: con piccoli passi pratici gli uni dopo gli altri, le autorità conciliari demoliscono la dottrina cattolica, per erigere una nuova religione anti e a-cattolica, pur conservando esteriormente e ingannevolmente l’appellativo di cattolica.

 
di Francesca de Villasmundo

Pubblicato sul sito Medias Presse Info




Menzingen si rifiuta di ordinare i Cappuccini di Morgon 


di Christian Lassale

Pubblicato sul sito Medias Presse info




La novità è confermata: il Superiore generale della Fraternità San Pio X ha appena informato i Cappuccini di Morgon del suo rifiuto di conferire il sacerdozio a due diaconi cappuccini che dovevano essere ordinati a giugno prossimo.
Non è la prima volta.

Già nel 2012, Mons. Fellay aveva rifiutato l’ordinazione dei candidati dei Domenicani di Avrillé e dei figli di San Francesco. Motivo: la loro attitudine «non affidabile» circa il preambolo dottrinale che avrebbe dovuto concludere il ricollegamento della FSSPX con la Roma conciliare, preambolo che Mons. Fellay ritirò qualche mese dopo.

Il motivo invocato per il rifiuto del 2018 è ancora un problema di fiducia.
Fin da giugno 2016, i Cappuccini avevano fatto conoscere il loro disaccordo alle autorità della Fraternità che cercavano di concludere un accordo puramente canonico con Roma. Un tale accordo, in effetti, passava sopra le gravissime divergenze dottrinali, le quali obbligano invece a considerare le attuali autorità romane come sospette di eresia.
Poco tempo prima, il Padre Antoine, Guardiano del convento di Morgon, aveva dichiarato in un video realizzato da Medias Presse Info -TV di non poter «celebrare e partecipare a questo giubileo della Misericordia», visto che esso celebrava ad un tempo una falsa misericordia e i 50 anni del concilio Vaticano II.
Una tale dichiarazione aveva indisposto Menzingen, che da parte sua incoraggiava pubblicamente questa celebrazione.
Ciò che ha anche fortemente corrucciato i Superiori della Fraternità è un supposto intollerabile atto di carità praticato dall’Ordine mendicante, che ha osato accogliere o talvolta semplicemente aiutare alcuni confratelli in freddo con il loro Superiore generale per la loro non condivisione della linea «accordista» di Menzingen.
Ma l’elemento chiave è stato il sostegno dato dalle comunità tradizionali amiche ai sette Decani, quando questi espressero, nel maggio 2017, le loro riserve sull’«affare dei matrimoni». Infatti, non era tanto Roma che riconosceva i nostri matrimoni, quanto la Fraternità che piazzava tutti i matrimoni della Tradizione sotto l’egida del nuovo Codice di Diritto Canonico, inaccettabile in materia.
Anche in questo caso si passava sopra alla vera natura dello stato di necessità generato dalla crisi della Chiesa. Da qui il sostegno unanime delle comunità amiche ai sette Decani.
Certuni hanno pensato che il «giro elettorale» di Mons. Fellay di fine ottobre 2017 presso tutte comunità amiche, fosse un segno di pacificazione o quanto meno di tregua, in attesa del Capitolo generale del luglio 2018. Don Bouchacourt, che accompagnava Mons. Fellay in questo giro, l’aveva affermato chiaramente.
Si constata in effetti che non si è trattato di questo, malgrado il dito puntato dello stesso Mons. Fellay che oggi reclama con forza: «lealtà, lealtà, io voglio lealtà» (sic!).
Si rassicuri, Mons. Fellay, la mancanza di lealtà non è certo il difetto dei Cappuccini di Morgon, né dei sacerdoti che non condividono le recenti opinioni di Menzingen.
Per convincersene, basta ricordare cos’è la vera lealtà, descritta recentemente così bene dal generale Pierre de Villiers (nel libro «Servir», prologo):
«La vera lealtà consiste nel dire la verità al proprio capo. La vera libertà consiste nell’essere capaci di farlo, quali che siano i rischi e le conseguenze. Lyautey [generale Louis Hubert Gonzalve Lyautey] affermava: “Quando sento scattare i talloni, vedo gli spiriti che si chiudono». La vera obbedienza non ha niente a che vedere con l’obbedienza cieca; questa è l’obbedienza per amicizia. […] La lealtà non è lo spirito cortigiano, né l’assenso continuo a ciò che può essere utile per farsi benvolere. Talvolta il silenzio è prossimo alla vigliaccheria. La lealtà perde la sua legittimità non appena comincia il legalismo.»

Per tornare ai nostri cari Cappuccini, questi, come al solito, non si lamenteranno. Accetteranno questa nuova umiliazione come una piccola partecipazione alla prossima Passione di Nostro Signore. E non cadranno neanche nella grossolana trappola che è stata loro tesa: aspetteranno, piuttosto che sollecitare l’aiuto di un «altro vescovo», così Menzingen non potrà dire «vedete, l’avevamo detto, sono loro che hanno rotto».
Poiché la corda è fin troppo grossa, più grossa del cordone che portano i nostri cari religiosi, così grossa che lo stesso piccolo Marcellino di “Pane e vino” la noterebbe senza problemi.
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2384_Lassale_Mezingen_rifiuta_ordinazioni%20a%20Morgon.html

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