ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 9 marzo 2018

La crescente disillusione


IL PASTORE PERDUTO. COME PAPA FRANCESCO STA INDUCENDO IN ERRORE IL SUO GREGGE. DI PHILIP LAWLER.

“Ogni giorno prego per papa Francesco. E ogni giorno (esagero, ma solo lievemente) il papa fa un’altra osservazione da cui si capisce che non approva i cattolici come me. Se il Santo Padre m rimproverasse i miei peccati, non avrei di che lamentarmi. Ma nelle sue omelie nella messa della mattina a Santa Marta il papa mi rimprovera – e con me migliaia e migliaia di altri cattolici fedeli – per essere attaccati, e talvolta soffrire per le verità che la Chiesa ha sempre insegnato”.

Quanti di quelli che mi stanno leggendo potrebbero sottoscrivere queste parole? Moltissimi, credo. Ma non sono io che le ho scritte: sono l’incipit di un ben libro, “The lost sheperd”, il Pastore perduto, di Philip Lawler, un cattolico americano di grande valore. Ha fondato nel 1996 un sito online di notizie, il primo del genere, il Catholic World News, e Catholic Culture. È stato il primo direttore laico del giornale diocesano di Boston, “The Pilot”, è stato candidato al Senato, ha scritto cinque libri, e ha collaborato e collabora con giornali del rango del Wall Street Journal. Los Angeles Times e Washington Post. Insomma, tutto si può dire di lui tranne che sia un cattolico “di frangia”, o un tradizionalista.
Ora ha scritto un libro per esprimere quello che in molti percepiamo: un disagio crescente verso parole, comportamenti, azioni e scelte del vertice della Chiesa. “Sono stato uno dei milioni presi dall’effetto Francesco, entusiasta per la sua visione…mentre il tempo passava, però il tono e anche il contenuto delle dichiarazioni pubbliche del papa prima mi rendeva perplesso, poi mi creava disagio. Per mesi nel mio lavoro di reportage delle notizie quotidiane dal Vaticano feci del mio meglio per provvedere rassicurazioni – per i miei lettori e talvolta per me stesso – che nonostante i suoi commenti talvolta allarmanti Francesco non era un radicale, non stava guidando la Chiesa lontano dalle antiche fonti della Fede. Ma gradualmente, con riluttanza, dolorosamente, sono giunto alla conclusione che invece era così”.
Perché parlare di un libro che non so se sarà mai tradotto in italiano, e che di conseguenza può interessare una parte piuttosto limitata dei lettori di “Stilum Curiae”? Perché leggendolo – e ringrazio l’autore, che non conosco personalmente, per avermi permesso di farlo – mi sono riconosciuto in molto di quello che scrive. Nel suo percorso, soprattutto, e nella crescente disillusione che mi ha accompagnato in questi cinque anni. Una disillusione soprattutto umana: non tanto alla politica o alle politiche, anche se queste certamente sono e rimangono altamente discutibili, quanto alla qualità umana della persona che si manifestava via via con i suoi gesti, le sue furberie, le sue scelte, di uomini e di tempi, i suoi silenzi.
Così, come tanti altri, e come chi scrive, Philip Lawler ha dovuto ammettere a se stesso e poi agli altri che “Il romano pontefice dovrebbe essere un focus di unità nella Chiesa. Francesco, purtroppo, è diventato una fonte di divisione. Ci sono due ragioni per questo sviluppo infelice. Lo stile di governo autocratico del papa, e la natura radicale del programma che sta portando avanti senza sosta. Lo stile autocratico, che contrasta acutamente con le promesse di un governo sinodale e collegiale, non è mai stato così evidente come nel gennaio 2017, quando ha buttato via lo status di un antico ordine cattolico indipendente e sovrano, i Cavalieri di Malta”. Come ha notato Sohrab Ahmari sul New York Times il papa, in questo punto come in altri…i conservatori sono da una parte, e papa Francesco dall’altra. “Ma un papa non dovrebbe essere in ‘una parte’ di disaccordo all’interno della Chiesa”.
Lawler scrive – in maniera quasi profetica, se si pensa al convegno che a Roma, il 7 aprile prossimo, discuterà anche di questi temi, che “Una comprensione corretta dei limiti dell’autorità papale aiuterebbe a risolvere la crisi corrente. Il vescovo di Roma non è un potentato solitario ma il leader del collegio dei vescovi”, come ha ben chiarito Lumen Gentium. Francesco non ha insegnato eresie, secondo Lawler, ma “la confusione che ha provocato ha destabilizzato l’intera Chiesa. I fedeli sono stati indotti a mettere in questione se stessi, ciò in cui credono, la loro fede. Guardano a Roma cercando una guida e invece trovano più domande, più confusione”.
Mi fermo qui. Vi consiglio di leggere, chi può e vuole, “The lost Sheperd”. Il pastore perduto. Che Dio aiuti noi e lui a ritrovarsi. Uniti, questa volta.

MARCO TOSATTI

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