ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 12 aprile 2018

Il cinghiale nella vigna del Signore

BERGOGLIO E IL DIRITTO NELLA CHIESA. DA MONARCHIA A TIRANNIA. IL CASO BELGA.

Cari amici e nemici di Stilum Curiae oggi su La Nuova Bussola Quotidiana parlo del modo in cui una comunità religiosa belga, la Fraternità dei Santi Apostoli, è stata distrutta, e soprattutto come le è stato negato di poter far ricorso alla giustizia ordinaria della Chiesa. Nei giorni scorsi abbiamo ricevuto la documentazione che spiega come questo è accaduto; perché il Pontefice regnante ha firmato un atto che impediva il normale decorso della giustizia ordinaria all’interno della Chiesa. Ci è venuto in mente che proprio qualche giorno fa, nel suo ultimo documento, Gaudete et Exsultate, il Pontefice parla di giustizia: “«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati» 77. «Fame e sete» sono esperienze molto intense, perché rispondono a bisogni primari e sono legate all’istinto di sopravvivenza. Ci sono persone che con tale intensità aspirano alla giustizia e la cercano con un desiderio molto forte. Gesù dice che costoro saranno saziati, giacché presto o tardi la giustizia arriva, e noi possiamo collaborare perché sia possibile, anche se non sempre vediamo i risultati di questo impegno”. Non ci sembra che nella fattispecie – così come per i Francescani dell’Immacolata – cioè sia accaduto. Stavamo per scrivere un commento per Stilum Curiae, su questo tema, quando aprendo la posta abbiamo trovato un messaggio di Super Ex, (Ex movimento per la Vita, Ex di Avvenire e di altro, ma ancora, miracolosamente, non Ex cattolico). Ve lo giriamo. E ne consigliamo la lettura a tutti, specialmente ai colleghi.

Caro Marco,
nel tuo ultimo articolo su La Nuova Bussola quotidiana spieghi la decapitazione violenta della Fraternità sacerdotale dei Santi Apostoli di Bruxelles da parte di Bergoglio. Al di fuori e contro ogni procedura giuridica codificata dalla Chiesa.
Così facendo ricordi a tutti noi perchè Bergoglio ha voluto decapitare subito, poco dopo la nomina, il cardinale americano Raymond Leo Burke, scelto da Benedetto XVI come guida della Segnatura Apostolica, il Tribunale Supremo della Chiesa, cui, come scrivi tu stesso, “qualsiasi persona nella Chiesa, chierico o laico, può fare ricorso se ritiene di dover difendere un suo diritto”.
Perchè Burke era un problema da risolvere, immediatamente? Perchè la sua mentalità cattolica riconosce che anche nella Chiesa, struttura gerarchica per eccellenza, esiste una giustizia da rispettare, per evitare che gerarchia significhi arbitrio e prepotenza.
Quando Burke ricorda i limiti dell’autorità papale in materia di dottrina, in piena fedeltà alla dottrina cattolica di sempre, non fa altro che continuare a ragionare come quando fu scelto da Benedetto per il suo ruolo di giudice. Cosa fa il giudice ecclesiastico? Certamente controlla che l’autorità di qualcuno non diventi dispotismo, tirannia, non sia motivo di prevaricazione su un sacerdote, un laico, un battezzato. Come giudice Burke controllava che venissero rispettati, dall’autorità, i suoi limiti in materia di governo.
Ma Bergoglio non vuole limiti; lui non si sente vicario di Cristo, ma padrone assoluto della Chiesa: sia in materia di dottrina (se ne frega altamente dei cardinali, dei papi che lo hanno preceduto, dello stesso Vangelo), sia in materia di diritto canonico.
“Se non esiste più il diritto canonico nella Chiesa -diceva il cardinal Carlo Caffarra- la Chiesa da monarchia diventa tirannia”. Non era stato ancora scritto il libro intitolato Il papa dittatore, ma era già evidente tutto: Bergoglio decide, in materia dottrinale, di cambiare il Vangelo sul matrimonio? Forza la mano del Sinodo; avoca a sè e ad un circolo di fedelissimi la stesura di Amoris laetitia, raduna una falange di giornalisti che infanghino gli oppositori, rifiuta di rispondere ai Dubia legittimi che gli sono stati sottoposti.
Vuole decapitare i Francescani dell’Immacolata? Come prima mossa impedisce loro di ricorrere alla giustizia ecclesiastica. Così da anni quest’ordine è massacrato, senza neppure un vero capo d’accusa.
Decide di rivesciare l’Ordine di Malta? Agisce d’imperio, in fretta e furia, contando sulla sua forza, non sul diritto. Deve proteggere il suo amico, il cardinal Maradiaga? Blocca qualsiasi procedimento, ed avoca a sè la pratica, così che nessuno ne sappia più nulla.
Bruxelles, nella figura del tristo cardinal De Kesel, vuole la testa della Fraternità dei Santi apostoli? Eccola servita, forzando l’iter naturale delle cose e impendendo al processo di fare il suo corso.
Bisogna tristemente ammetterlo: Bergoglio non è il primo cinghiale nella vigna del Signore. Abbiamo già avuto papi prepotenti e peccatori, che, come lui, amavano la Corte, il Potere, e schifavano il diritto, confondendo il loro ruolo di Vicario di Dio in terra con quello di Dio stesso.
Si trattava però, per lo più, di uomini che abusavano del loro potere nel campo del governo, nella gestioen degli affari della chiesa (gestione di beni, uomini…).
Con Bergoglio, e governo e dottrina sono nelle mani di un uomo che non riconosce alcun limite alla propria autorità. Che pronuncia di continuo parole (“misericordia”, “ascolto”…), che nega ogni istante nei fatti.
Ma perchè i cardinali che contrastano apertamente questo andazzo sono così pochi? Forse perchè molti, temendo pochissimo il giudizio di Dio, temono terribilmente l’ira del suo vicario?
Non resta che concludere ricordando ancora il convegno del 7 aprile: centinaia di fedeli hanno dimostrato fisicamente, a Roma, il loro sconcerto. Subiranno per l’ennesima volta gli anatemi e le scomuniche di Bergoglio, ma è chiaro che non hanno più intenzione di tacere.

MARCO TOSATTI

BELGIO/APPELLO IGNORATO
Bergoglio mette fine alla fraternità "dei miracoli"
 
Il Papa firma il decreto di dissoluzione della Fraternità dei Santi apostoli di Bruxelles, che poteva contare su un numero considerevole di sacerdoti e seminaristi, nel deserto ecclesiale del Belgio. Una ferita, provocata senza aspettare che la giustizia ecclesiastica seguisse il suo corso naturale e si pronunciasse sul ricorso presentato dai parrocchiani.



Ricordate il caso delle Fraternità sacerdotale dei Santi Apostoli, di Bruxelles? Nel panorama disastrato della Chiesa belga, e della capitale europea forse più scristianizzata, l’allora arcivescovo di Malines-Bruxelles, André Léonard aveva creato una Fraternità sacerdotale, nel 2013 ispirata al carisma del sacerdote francese Michel-Marie Zanotti- Sorkine. Poteva contare su 23 seminaristi e 6 sacerdoti. Un evento straordinario in una Chiesa in cui l’anno scorso, nella parte francofona non si è contato neanche un nuovo ingresso in seminario. Alla Fraternità era stata affidata una parrocchia nel centro di Bruxelles, Santa Caterina, e la loro presenza aveva segnato una nuova fioritura di fede e di attività.

Poi l’arcivescovo André Léonard, una figura di uomo di fede e che per la sua difesa dei valori della Chiesa aveva subito attacchi (anche fisici) e umiliazioni non solo non aveva ricevuto come sarebbe stato logico attendersi la berretta cardinalizia, ma allo scadere dei 75 anni era stato rapidamente congedato dal Pontefice regnante. Il suo posto è stato preso da mons. De Kesel, gran protetto del discusso cardinale Danneels, coinvolto in una penosa inchiesta di abusi per aver protetto un vescovo colpevole. De Kesel naturalmente è stato fatto cardinale. E una delle prime azioni è stata quella di decidere di non ospitare più la Fraternità, a cui, oltre che Santa Caterina, era stata affidata un’altra parrocchia. Il motivo ufficiale della decisione era che molti dei seminaristi erano francesi, e dunque era meglio che tornassero alle rispettive diocesi in Francia, per ragioni di solidarietà episcopale.

Naturalmente i parrocchiani di Bruxelles non hanno creduto neanche per un secondo a questa scusa trasparente, e hanno chiesto un incontro con l’arcivescovo, per esporgli le loro ragioni. “Mons. De Kesel non desidera più accogliere la Fraternità con il pretesto che include troppi francesi. E’ il vescovo della capitale d’Europa del XXI secolo? Il principio di solidarietà verso i vescovi francesi invocato nel comunicato dell’arcivescovo per non continuare più l’opera iniziata da mons. Léonard, malgrado tutti i successi della Fraternità che il comunicato stesso riconosce, non ha senso. In effetti, su 80 seminaristi in formazione a Namur (il seminario nazionale belga, N.D.A.) solo 25 sono belgi. Saranno mandati tutti nei loro Paesi? Saranno mandati via tutti i sacerdoti africani e polacchi che vengono ad aiutarci a portare il messaggio di Cristo in Belgio? La Chiesa cattolica non è più universale e non trascende più le frontiere?”.

Sappiamo come è andata a finire. Ma ne scriviamo perché nei giorni scorsi abbiamo ricevuto un’informazione importante su un evento decisivo nella triste storia della Fraternità, ed è un evento che si è svolto a Roma e che purtroppo porta la firma del Pontefice.

Questa, in breve, la storia. Mentre a Bruxelles si discuteva e si cercava di trovare una soluzione, due coppie di laici hanno intrapreso la strada della legalità, e dell’appello – normale in questi casi – a Roma, al Tribunale della Segnatura Apostolica. I laici hanno presentato un appello contro la decisione di De Kesel alla Congregazione per il Clero, che non era più diretta dal cardinale Mauro Piacenza, ma dal cardinale Beniamino Stella, già diplomatico e nominato dal Pontefice regnante. Nel novembre del 2016 la Congregazione per il Clero negava “senza nessuna motivazione”, ci hanno scritto i laici interesstai, lo “jus standi”, cioè il diritto dei reclamanti di apparire davanti a un tribunale per presentare la loro istanza.  E allo stesso tempo ha confermato il decreto di dissoluzione della Fraternità deciso dall’arcivescovo di Bruxelles.

In un caso come questo, l’ultima risorsa è rappresentata dalla Segnatura Apostolica, il Tribunale Supremo della Chiesa a cui qualsiasi persona nella Chiesa, chierico o laico, può fare ricorso se ritiene di dover difendere un suo diritto. Alla Segnatura Apostolica non c’era già più il cardinale Raymond Leo Burke, una personalità sia giuridica che sacerdotale di forte tempra. Era stato sostituito dall’ex ministro degli Esteri del Papa, un diplomatico anche in questo caso, mons. Dominique Mamberti.  Nel dicembre del 2016 i laici di Bruxelles hanno portato la loro istanza alla Segnatura Apostolica. La causa era stata considerata positivamente dal Promotore di Giustizia, e stava per essere sottomessa al collegio dei giudici, in un’udienza che si sarebbe dovuta svolgere nell’autunno del 2017. “Cosi, avevamo fiducia che la giustizia e la verità avrebbero finalmente vinto”, ci è stato scritto.

E a questo punto c’è stato un pessimo colpo di scena. Il 25 novembre una lettera della Segnatura informava gli interessati che la causa era finita. Senza aspettare che la giustizia ecclesiastica seguisse il suo corso naturale e si pronunciasse (“dum summarium conficiebatur”),  il prefetto della Congregazione per il Clero, Beniamino Stella, aveva portato al Pontefice regnante per fargli firmare, e di conseguenza fare suo, il decreto, impugnato, di dissoluzione della Fraternità. Il Pontefice l’ha firmato; un atto di imperio che certamente appare una ferita al diritto dei più deboli nella Chiesa. Una storia che certamente non proietta una bella luce sul modo di agire dei vertici della riformata Curia Romana, e sul Pontefice stesso. Una brutta storia.

Marco Tosatti

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