ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 13 agosto 2018

Fuori della Verità

IL TRANELLO: UNITA' O VERITA'


Unità dei cristiani o tradimento del Vangelo? l’unità dei cristiani fuori della Verità è una menzogna: la Chiesa custodisce la Rivelazione di Cristo, che non è soggetta a mutamento neanche per ricostituire l’unità dei cristiani 
di Francesco Lamendola  

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L’unità dei cristiani è un valore, un obiettivo altamente desiderabile: chi potrebbe metterlo in dubbio? Chi potrebbe negare che le loro divisioni rappresentano uno scandalo agli occhi di Dio? Eppure, allo stesso tempo, come si può non vedere il tremendo pericolo che si nasconde dietro quel desiderabilissimo obiettivo? Chi potrebbe essere tanto ingenuo da non capire che la posta in gioco rischia di essere niente di meno che la fedeltà al Vangelo e, quindi, la sopravvivenza di una chiesa che sia ancora quella santa, apostolica, cattolica e romana, voluta da Gesù Cristo? Qui non stiamo parlando di istituzioni o di organismi profani, ad esempio di comitati d’affari, o di gruppi finanziari, o di partiti politici; qui stiamo parlando della Verità, di quella Verità che è stata resa tangibile da Gesù Cristo e che è stata da Lui istituita per la salvezza del mondo, e santificata mediante l’effusione del Suo sangue sulla croce. 

Non solo: stiamo parlando di ciò che vi è al cuore della Chiesa, ossia il sacrificio eucaristico: il rinnovarsi continuo di quella effusione, e sempre per la stessa ragione, la salute eterna delle anime. Pertanto, quel che sarebbe logico e naturale se si trattasse di cercare l’unità fra dei soggetti profani, diventa illogico e innaturale, o peggio, diventa cioè eretico e apostatico, se lo si applica alla Chiesa di Cristo. La Verità è una e non può essere oggetto di negoziati, di compromessi, di transazioni d’alcun tipo; nemmeno la più piccola particella della Verità, iota unum, può essere sacrificata in nome di un fine pur lodevole in se stesso, la ricerca dell’unità dei cristiani. Perché l’unità fuori della Verità è una terribile menzogna, ed una chiesa adulterata e compromessa con le logiche opportunistiche del mondo non servirebbe più a niente a nessuno, anzi, molto peggio: diventerebbe, Dio non voglia!, strumento di confusione invece che di Verità, e via verso la dannazione invece che verso la vita eterna.

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L’unità fuori della Verità è una terribile menzogna, ed una chiesa adulterata e compromessa con le logiche opportunistiche del mondo non servirebbe più a niente a nessuno, anzi, molto peggio: diventerebbe, strumento di confusione invece che di Verità, e via verso la dannazione invece che verso la vita eterna.

Eppure, la ricerca ad ogni costo dell’unità dei cristiani è stato uno dei punti centrali della riflessione e dell’attività dei padri conciliari durante il Vaticano II: segno che, o essi hanno minimizzato e disprezzato il pericolo di cui si è detto, oppure, cosa ancor più grave, pur essendone perfettamente coscienti, gli sono andati incontro con animo lieto, come se non di un pericolo si trattasse, ma di una meta gioiosa e altamente meritoria: il che qualificherebbe automaticamente le loro intenzioni come subdole, perfide ed eretiche. La ricerca dell’unità dei cristiani è uno dei principali motivi ispiratori di tutto il Concilio; se ne avverte la presenza in tutta l’atmosfera conciliare, in ogni singolo momento e in ogni singola commissione; ma, come è noto, essa ha dato luogo anche a un documento specifico, il decreto Unitatis Redintegratio, approvato con una maggioranza quasi totale, 2.137 voti a favore e appena 11 contrari, e promulgato da Paolo VI il 21 novembre 1964. A partire da quella data, l’ecumenismo entra a far parte ufficialmente e solennemente degli obiettivi più urgenti e più specifici del Magistero e della pastorale cattolica, e alcuni movimenti laicali sono sorti con l’obiettivo preciso di portare avanti tale obiettivo, fra i quali, oggi, si distingue per zelo e determinazione la Comunità di sant’Egidio, nata nel 1968 e diffusa in una settantina di Paesi di tutti i continenti. Tuttavia, forse non è tutto oro quel che luccica. Che significa, in realtà, ecumenismo? Forse qui c’è un terribile equivoco; siamo anzi certi che la grandissima maggioranza di quegli oltre 2.000 vescovi, i quali approvarono la Unitatis Redintegratio, non si rese conto del “taglio” che alcuni di essi vollero dare, fin dall’inizio, al concetto di ecumenismo, e che, qualora se ne fosse resa conto, si sarebbe guardata bene dall’apporre la sua firma sotto quel documento. Di solito i fautori dell’ecumenismo si fanno forti del fatto che il movimento per l’unità dei cristiani sorse, nella Chiesa cattolica,  fin da 1948, dunque una quindicina d’anni prima del Concilio, e che ebbe l’approvazione di papa Pio XII; stanno bene attenti, tuttavia, a  non lasciar capire, anzi, cercano in ogni modo di nascondere, il piccolo dettaglio che l’ecumenismo nato dopo la Seconda guerra mondiale, e guardato con favore da Pio XII, non era affatto l’ecumenismo che oggi sta mietendo i suoi discutibili successi nella neochiesa di Bergoglio e della Comunità di Sant’Egidio, quella che trasforma l’antica e gloriosa basilica di Santa Maria in Trastevere, il giorno di Natale, in un una sala mensa per i poveri, invece di dar loro da mangiare in un qualsiasi salone parrocchiale, con la precisa volontà di dissacrare quel luogo di preghiera e di far passare l’ideologia di Marta: l’idea, cioè, che il fare sia più importante del pregare, del contemplare, dell’ascoltare la parola di Dio, capovolgendo la raccomandazione di Gesù Cristo (Luca, 10, 41-42): Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta.

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Chi potrebbe essere tanto ingenuo da non capire che la posta in gioco rischia di essere niente di meno che la fedeltà al Vangelo e, quindi, la sopravvivenza di una chiesa che sia ancora quella santa, apostolica, cattolica e romana, voluta da Gesù Cristo?

La Unitatis Redintegratio merita – e lo faremo – un ragionamento e uno studio più specifico di quel che possiamo fare adesso, in questa sede. Per intanto, ci basta evidenziare una terribile ambiguità, forse voluta, che inquina quel documento e che si presta alle peggiori distorsioni, alle quali  stiamo ora assistendo, con la santa Messa profanata dalla presenza di non cattolici, e addirittura di non cristiani, i quali partecipano perfino al Sacrifico eucaristico. Nel secondo capitolo, intitolato Esercizio dell’ecumenismo, si dice fra l’altro:
6. Siccome ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in una fedeltà più grande alla sua vocazione, esso è senza dubbio la ragione del movimento verso l'unità. La Chiesa peregrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma di cui, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno. Se dunque alcune cose, sia nei costumi che nella disciplina ecclesiastica ed anche nel modo di enunziare la dottrina - che bisogna distinguere con cura dal deposito vero e proprio della fede--sono state osservate meno accuratamente, a seguito delle circostanze, siano opportunamente rimesse nel giusto e debito ordine. Questo rinnovamento ha quindi una importanza ecumenica singolare. I vari modi poi attraverso i quali tale rinnovazione della vita della Chiesa già è in atto - come sono il movimento biblico e liturgico, la predicazione della parola di Dio e la catechesi, l'apostolato dei laici, le nuove forme di vita religiosa, la spiritualità del matrimonio, la dottrina e l'attività della Chiesa in campo sociale--vanno considerati come garanzie e auspici che felicemente preannunziano i futuri progressi dell'ecumenismo.
LA CONVERSIONE DEL CUORE
7. Non esiste un vero ecumenismo senza interiore conversione. Infatti il desiderio dell'unità nasce e matura dal rinnovamento dell'animo, dall'abnegazione di se stessi e dal pieno esercizio della carità. Perciò dobbiamo implorare dallo Spirito divino la grazia di una sincera abnegazione, dell'umiltà e della dolcezza nel servizio e della fraterna generosità di animo verso gli altri. « Vi scongiuro dunque - dice l'Apostolo delle genti - io, che sono incatenato nel Signore, di camminare in modo degno della vocazione a cui siete stati chiamati, con ogni umiltà e dolcezza, con longanimità, sopportandovi l'un l'altro con amore, attenti a conservare l'unità dello spirito mediante il vincolo della pace» (Ef4,1-3). Questa esortazione riguarda soprattutto quelli che sono stati innalzati al sacro ordine per continuare la missione di Cristo, il quale « non è venuto tra di noi per essere servito, ma per servire » (Mt20,28).
Anche delle colpe contro l'unità vale la testimonianza di san Giovanni: « Se diciamo di non aver peccato, noi facciamo di Dio un mentitore, e la sua parola non è in noi» (1 Gv 1,10). Perciò con umile preghiera chiediamo perdono a Dio e ai fratelli separati, come pure noi rimettiamo ai nostri debitori.
Si ricordino tutti i fedeli, che tanto meglio promuoveranno, anzi vivranno in pratica l'unione dei cristiani, quanto più si studieranno di condurre una vita più conforme al Vangelo. Quanto infatti più stretta sarà la loro comunione col Padre, col Verbo e con lo Spirito Santo, tanto più intima e facile potranno rendere la fraternità reciproca.

0 LEHMANN E RAHNER
Karl Rahner al posto di Gesù? Nelle Chiese e nei seminari alla parola di Cristo e dei Vangeli, si è sostituita la teologia conciliare della svolta antropologica dell'eretico Karl Rahner.

Fin dall’inizio si fa un uso improprio del termine rinnovamento, perché la Chiesa non è chiamata a rinnovarsi in quanto istituzione, poiché essa è la custode del Deposito della fede, che non si rinnova essendo in sé perfetto e definitivo, non soggetto ad alcuna variazione. Al tempo stesso, si suggerisce che rinnovamento e riforma sono la stessa cosa e che il rinnovamento della Chiesa, cioè la sua riforma, deve essere continuo, perché continuo deve essere il rinnovamento dell’animo, e continua la conversione del cuore.Così, come nel gioco delle tre carte, il fedele resta confuso e si trova di fronte a una conclusione che non capisce bene da quali passaggi sia scaturita: cioè la Chiesa deve continuamente riformarsi, e tale processo consiste essenzialmente in una fedeltà più grande alla sua vocazione. Ora, se il concetto di continua riforma, anzi, di una serie di riforme (siccome ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente, eccetera), il che fa pensare a delle discontinuità, sembra pensato apposta per compiacere i “fratelli separati” protestanti, il concetto di far discendere l’ecumenismo dalla conversione del cuore (non esiste un vero ecumenismo senza interiore conversione) sembra pensato per far credere che il primo scaturisce naturalmente dalla seconda, il che non è accettabile, finché non si definisce cosa sia l’ecumenismo. Perché il punto è sempre lo stesso: se l’unità dei cristiani sia un valore “a prescindere”, oppure se il valore davvero imprescindibile, per un cattolico, sia sempre e innanzitutto la Verità. Se il cattolico non può transigere sulla Verità, ne consegue che non sempre l’ecumenismo è una cosa buona. Lo è, se si tratta di ottenere il riconoscimento, da parte di tutti, della sola Verità di cui la Chiesa stessa si è fatta interprete nella storia, pur nella sua fragilità riguardo alla sua componete umana, ma forte della infallibilità della sua componente soprannaturale (lo Spirito Santo e la Comunione dei Santi); non lo è, se si tratta di scendere a componessi che mutilano e sfigurano la Verità della fede, sulla quale nessuno, nemmeno il papa, ha la benché minima facoltà di operare modifiche. Questo è il punto sensibile dell’intera questione e chi lo minimizza, o fa finta di non vederlo, non opera secondo verità, perché non pensa e non agisce da cattolico, ma da politico, interessato ad arrivare ad una intesa a qualsiasi prezzo con chi cattolico non è. Molte altre cose ci sarebbero da dire su tale aspetto, e ci riserviamo di tornare sull’argomento; per intanto, siamo paghi di aver evidenziato un concetto fondamentale: che l’ecumenismo non è un bene in se stesso, non è un valore auto-evidente; ma è un bene solo a determinate condizioni, e, in particolare, alla condizione che, per attuarlo, non si operi la benché minima modifica della dottrina cattolica.

0 VESCOVE
Non è solo questione di forma, ma di sostanza e verità "teologica": oggi la Chiesa Cattolica non è più la "Chiesa di sempre", ovvero la Chiesa voluta da Gesù Cristo.


Unità dei cristiani o tradimento del Vangelo?

di Francesco Lamendola
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