ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 1 settembre 2018

Il novello san Sebastiano é anche afasico?

VIGANÒ SMENTISCE IL VATICANO SUL CASO KIM DAVIS. IL PAPA SAPEVA. E HA APPROVATO, COME BECCIU E GALLAGHER.

Nella campagna di denigrazione della persona dell’ex Nunzio negli Stati Uniti Viganò i giornalisti vicini ideologicamente, fisicamente e finanziariamente al Pontefice regnante hanno cercato e cercano di spargere dubbi e insinuazioni sul suo operato. Uno dei casi utilizzati è stato quello di Kim Davis, la donna americana messa in prigione per non aver voluto – per ragioni di coscienza – firmare l’atto di matrimonio fra due omosessuali. Il Pontefice la incontrò nel suo viaggio negli Stati Uniti, e ne nacque una polemica. Ora monsignor Viganò fornisce a LifeSiteNews un documento scritto , corredato da un memorandum preparato allora per il Pontefice e i responsabili della Segreteria di Stato, in cui racconta come si è svolta la storia di Kim Davis, e smentisce (anche con un documento dell’epoca…) che il Pontefice e il Vaticano non fossero stati informati. Vi consigliamo, se leggete l’inglese, di andare sul sito. Noi forniamo qualche elemento essenziale. Dopo aver smantellato nei giorni scorsi le altre accuse dei suoi denigratori l’ex nunzio, che dimostra di avere non solo buona memoria, ma anche un portadocumenti, chiarisce questo episodio. Mentre, ancora, si attende una risposta che non siamo attacchi personali al contenuto della sua testimonianza. Un silenzio inesplicabile, da parte dei vertici della Santa Sede.

Siamo nel settembre del 2015, e papa Francesco compie la sua prima visita negli USA (in assoluto, non ci ha ma messo piede). La notizia dell’incontro del Pontefice con Kim Davis fu data dopo il ritorno a Roma. L’avvocato della Davis, Matthew D. Staver, disse che “l’incontro privato” era durato 15 minuti, aveva avuto luogo in “una stanza separata” per mantenerlo segreto, e che chi aveva organizzato l’incontro aveva insistito affinché fosse tenuto segreto fino a dopo il suo ritorno a Roma. Secondo Staver, il Papa disse che voleva “ringraziare Kim Davis per il suo coraggio”, le disse di “restare forte” e le diede due rosari. Staver descrisse l’incontro come molto “cordiale” e “caldo” e Davis e il Papa promisero di pregare l’uno per l’altra.
Le fonti ufficiali si rifiutarono di commentare, all’inizio. Il 2 ottobre padre Federico Lombardi in un comunicato ammise che “un breve incontro” c’era stato ma non doveva essere considerato una forma di appoggio alla posizione della (Davis) “un appoggio alla sua posizione in tutti i suoi risvolti particolari e complessi”.
Lombardi aveva detto anche: “Il Papa ha incontrato presso la Nunziatura di Washington successivamente diverse decine di persone invitate dalla Nunziatura per salutarlo in occasione del suo congedo prima della partenza da Washington per New York City, come avviene durante tutti i viaggi del Papa. Si è trattato di saluti molto brevi di cortesia a cui il Papa si è prestato con la sua caratteristica gentilezza e disponibilità. L’unica “udienza” concessa dal Papa presso la Nunziatura è stata ad un suo antico alunno con la famiglia”.
Questo tema è tornato alla ribalta dopo che il New York Times – che è schierato anima e corpo con papa Bergoglio, come lo era peraltro con la Clinton, con il successo che si è visto – ha pubblicato un articolo di una vittima cilena di abusi sessuali, Juan Carlos Cruz, omosessuale, ha dichiarato che il Papa “di recente mi ha detto che l’arcivescovo Viganò ha quasi sabotato la visita (negli Usa) invitando Kim Davis, un funzionario di contea del Kentucky che si era rifiutata di firmare l’atto di matrimonio di una coppia gay”. Secondo il New York Times, il Pontefice disse a Cruz: “Non conoscevo chi fosse quella donna, (Viganò) la fece intrufolare dentro per dirmi buongiorno e naturalmente fecero un sacco di pubblicità da questo”. “Rimasi inorridito e licenziai quel nunzio”, Cruz sostiene il Pontefice abbia detto.
All’epoca poi fu detto che l’unica udienza del Pontefice quel giorno era stata con un suo ex alunno, omosessuale anche lui.
Ora Viganò vuole chiarire questo capitolo controverso, e lo fa con una dichiarazione scritta, a cui è allegato anche il memorandum su Kim Davis che consegnò al Pontefice e ai responsabili della Segreteria di Stato – il Sostituto Becciu e il Ministro degli Esteri Callagher – con cui discusse la vicenda.
“Al trmine della cena in nunziatura a Washington la sera del 23 ettembre 2015, dissi al papa che avevo bisogno che mi concedesse una mezz’ora, perché desideravo sottoporre alla sua attenzione, ed eventualmente alla sua approvazione un’iniziativa delicata, e facilmente realizzabile”. Era l’incontro con la Davis, “la prima cittadina americana condannata e imprigionata per una settimana per aver esercitato il suo diritto all’obiezione di coscienza”.
“All’inizio del nostro incontro, la sera del 23 settembre, diedi al papa un appunto di una pagina in cui era sintetizzato il caso della Davis. Il papa si mostrò immediatamente favorevole a tale iniziativa, ma aggiunse che l’incontro avrebbe avuto risvolti politici e affermò: ‘Io di queste cose non me ne intendo, quindi è bene che lei senta il parere del cardinal Parolin’”.
Viganò si recò nell’albergo che ospitava la delegazione vaticana. Parolin era già a letto, e allora ci fu un incontro con il Sostituto, mons. Becciu, e con mons: Gallagher. Con Viganò c’erano due dei consiglieri della Nunziatura (un italiano e un lituano).
In cinque si riunirono in un salottino, e tutti ebbero copia del memorandum già consegnato al Papa. “Mons. Becciu si dimostrò immediatamente favorevole a che il Papa avesse a ricevere privatamente la Davis”. Mons. Gallagher, “pur mostrandosi favorevole all’idea, attesa l’importanza di difendere il diritto all’obiezione di coscienza”, disse che bisognava considerare se la procedura contro la Davis fosse conclusa o aperta.  Risolto questo problema, mons. Gallagher “diede un parere incondizionatamente favorevole a che il Papa avesse a ricevere la Davis”.
Il giorno seguente, dopo la messa, “riferii al papa il parere positivo dei suoi due principali collaboratori, i quali avrebbero poi riferito al Cardinal Parolin il nostro incontro. Il papa diede quindi il suo consenso”. Viganò organizzò le cose in modo che la Davis venisse in maniera discreta in nunziatura. “Il papa, nel primo pomeriggio del 24 settembre, prima di partire per NY, entrò come previsto nel salotto dove lo aspettavano la Davis e suo marito, l’abbracciò affettuosamente, ringraziandola per il suo coraggio, e invitandola a perseverare. La Davis rimase molto emozionata e si mise a piangere”. Un’auto guidata da un gendarme, e un monsignore americano della nunziatura la riaccompagnarono in albergo.
Poi ci fu – senza che il Nunzio fosse consultato – il comunicato della Sala Stampa. “A rincarare la dose di menzogne ci pensarono poi padre Rosica e padre Lombardi”. Una mattina il card. Parolin telefonò: “Devi venire subito a Roma perché il papa è furioso con te”. Il 9 ottobre  era a Santa Marta. Scrive Viganò: “Il papa mi ricevette per quasi un’ora, in modo affettuoso e paterno. Si scusò immediatamente con me, per avermi dato questo disturbo di venire a Roma, e si effuse n continui elogi nei miei confronti per come avevo organizzato la sua visita negli USA, per l’incredibile accoglienza che aveva ricevuto in America,, come mai si sarebbe aspettato. Con mia grandissima sorpresa, durante questo lungo incontro, il papa non menzionò neanche una volta l’udienza con la Davis”.
Viganò telefonò a Paroli, per dirgli come il papa fosse stato buono con lui. Parolin rispose: “Non è possibile, perché con me era furioso nei tuoi confronti”.
A conclusione, ricordando la frase di Juan Carlos Cruz, Viganò scrive: “Uno dei due mente: Cruz o il papa? Quello che è certo è che il papa sapeva benissimo chi fosse la Davis, e lui e i suoi collaboratori avevano approvato l’udienza”.
Se quello che racconta mons. Viganò è vero – e a quanto pare c’è anche un documento, a rinforzare la sua testimonianza – la credibilità delle fonti ufficiali vaticane ne esce devastata. Figuriamoci quelle non ufficiali, ma gli amici degli amici…Povera Chiesa.

Ecco il pdf del documento.

1 settembre 2018 Pubblicato da  22 Commenti --

http://www.marcotosatti.com/2018/09/01/vigano-smentisce-il-vaticano-sul-caso-kim-davis-il-papa-sapeva-e-ha-approvato-come-becciu-e-gallagher/


Il caso Kim Davis e la commedia degli equivoci

«Il New York Times del 28 agosto 2018 ha riferito parte di un colloquio di papa Francesco con Juan Carlos Cruz, la più nota vittima cilena degli abusi sessuali del sacerdote Karadima e del vescovo Barros. Inspiegabilmente, nel colloquio con Cruz, il papa avrebbe parlato del suo incontro con Kim Davis, in occasione della visita a Washington, il 24 settembre del 2015, affermando che non aveva saputo nulla sul suo caso prima dell’incontro. Di fronte a tale affermazione del papa, mi vedo obbligato a raccontare come i fatti si sono realmente svolti».
Scrive così monsignor Carlo Maria Viganò all’inizio di un nuovo memoriale (che ci ha fatto pervenire), dedicato questa volta a un episodio specifico: l’incontro che la signora Kim Davis ebbe con il papa in nunziatura a Washington nel settembre 2015.
Kim Davis, lo ricordiamo, è la cancelliera (di religione cristiana protestante apostolica) di una contea del Kentucky che, facendo valere il suo diritto all’obiezione di coscienza, nel 2015  rifiutò di firmare la licenza matrimoniale a coppie gay, e per questo finì in carcere,  nonostante la Corte suprema avesse garantito che per motivi religiosi le persone potessero continuare a sostenere che per precetto divino il matrimonio fra persone dello stesso sesso non può essere ammesso.
È dunque la sera del 23 settembre 2015, siamo nella nunziatura di Washington. Il papa è lì perché sta visitando gli Usa e il nunzio Viganò chiede al pontefice di concedergli una mezz’ora, perché desidera sottoporre alla sua attenzione, ed eventuale approvazione, un’iniziativa delicata ma facilmente realizzabile:  incontrare personalmente, e in modo del tutto riservato in nunziatura, al di fuori della luce dei media, la signora Kim Davis, funzionaria della Rowan County nel Kentucky, la prima cittadina americana condannata e imprigionata per una settimana per aver esercitato il suo diritto all’obiezione di coscienza.
Racconta Viganò: «All’inizio del nostro incontro, la sera del 23 settembre, diedi al papa un appunto di una pagina in cui era sintetizzato il caso della Davis. Il papa si mostrò immediatamente favorevole a tale iniziativa, ma aggiunse che l’incontro avrebbe avuto risvolti politici, e affermò “io di queste cose non me ne intendo, quindi è bene che lei senta il parere del cardinal Parolin”».
«Erano già le 9:30 di sera, perciò – continua Viganò – mi recai di persona con due dei consiglieri della nunziatura (un italiano e un lituano) all’albergo poco distante, dove era ospitato il seguito del papa. Poiché avevo preavvertito telefonicamente del mio arrivo, mi attendevano nella hall dell’hotel sua eccellenza monsignor Angelo Becciu (sostituto della Segreteria di Stato) e sua eccellenza monsignor Paul Gallagher (segretario per i Rapporti con gli Stati, responsabile della sezione politica della Segreteria di Stato). Essi mi avvertirono subito che il cardinal Parolin si era già ritirato nella sua stanza, e non ritennero opportuno disturbarlo, dato che facilmente avrebbero potuto metterlo al corrente del nostro incontro la mattina seguente».
«Ci riunimmo, quindi, in un salottino dell’albergo. Come ho già detto eravamo in cinque. Consegnai a loro lo stesso appunto che avevo dato al papa, esponendone il contenuto e spiegando il motivo della mia visita, che era stata richiesta dal papa. Dopo le considerazioni sul caso, monsignor Becciu si mostrò immediatamente favorevole a che il papa avesse a ricevere privatamente la Davis, prima che lasciasse Washington per New York. Monsignor Gallagher, pur mostrandosi favorevole all’idea, attesa l’importanza di difendere il diritto all’obiezione di coscienza, disse che era opportuno verificare dal punto di vista del “common law” se vi fossero ragioni che sconsigliavano l’incontro, e cioè se la procedura giudiziaria intentata alla Davis era conclusa o ancora aperta. Lo feci quindi parlare al telefono con il canonista della nunziatura, il quale prima di diventare sacerdote era stato giudice nei tribunali militari americani e poi professore di diritto canonico. Dopo il colloquio chiarificatore con il canonista, il quale disse che non c’erano ostacoli procedurali, monsignor Gallagher diede un parere incondizionatamente favorevole a che il papa avesse a ricevere la Davis».
«L’indomani mattina, dopo la Messa che il papa aveva concelebrato con noi in nunziatura, riferii al papa il parere positivo dei suoi due principali collaboratori, i quali avrebbero poi riferito al cardinal Parolin del nostro incontro. Il papa diede quindi il suo consenso, ed io organizzai il modo per far venire in nunziatura la Davis senza che nessuno se ne accorgesse, facendola accomodare in un salotto separato. Tutto fu molto facilitato dal fatto che la Davis si trovava già a Washington, dove era stata invitata per ricevere un riconoscimento ufficiale (The Cost of Discepleship Award) dal Family Research Council. Prima che avvenisse detto incontro, avvertii il fotografo dell’Osservatore Romano che non avrebbe dovuto rilasciare le fotografie di questo incontro senza l’autorizzazione dei superiori. Egli naturalmente osservò la consegna, ma prese molte fotografie, mai pubblicate, attualmente custodite nell’archivio fotografico dell’Osservatore Romano. Così pure feci previamente promettere alla Davis che non ne avrebbe dato notizia ai media se non dopo il ritorno del papa a Roma al termine della visita pastorale negli USA. La Davis mantenne fedelmente la sua promessa».
«Il papa, nel primo pomeriggio del 24 settembre, prima di partire per New York, entrò come previsto nel salotto dove lo aspettavano la Davis e suo marito, l’abbracciò affettuosamente, ringraziandola per il suo coraggio, e invitandola a perseverare. La Davis rimase molto emozionata e si mise a piangere. Fu poi ricondotta al suo albergo su un’auto guidata da un gendarme pontificio, accompagnata da un monsignore americano dello staff della nunziatura».
Prosegue Viganò: «Rientrato il papa a Roma da Filadelfia dopo l’Incontro mondiale con le famiglie, la notizia del suo incontro con la Davis scoppiò su tutti i media. Una valanga di telefonate, fax e email arrivarono alla nunziatura di Washington e alla Sala Stampa Vaticana, molti con insulti e proteste, ma anche tanti favorevoli all’incontro del papa con la Davis. Il New York Times, in un articolo del 30 settembre del 2015, riporta che “Vatican officials initially would not confirm that the meeting occurred, finally doing so on Wednesday afternoon, while refusing to discuss any details” [”I funzionari vaticani inizialmente non confermarono che l’incontro fosse avvenuto, poi lo fecero mercoledì pomeriggio, ma rifiutando di entrare nei dettagli”]. La Sala Stampa Vaticana emise poi un comunicato, senza che mai io fossi consultato dai superiori dalla Segreteria di Stato, in cui si affermava che il papa non aveva mai ricevuto in udienza privata la Davis, e che al massimo avrebbe potuto averla salutata tra molte altre persone prima di partire per New York».
Il New York Times del 2 ottobre 2015 scrive: «But the Rev. Thomas Rosica, a Vatican spokesman, said on Friday that the office of Archbishop Viganò had extended the invitation to Ms. Davis and that the pope was probably not briefed about her case. And the Rev. Federico Lombardi, the chief Vatican spokesman, depicted the meeting as one meet-and-greet among many”». Insomma, secondo la versione ufficiale Viganò estese l’invito alla signora Davis ma il papa probabilmente non era stato informato sul suo caso, e padre Lombardi, allora direttore della sala stampa vaticana, derubricò l’incontro a un rapido saluto informale.
Continua Viganò: «L’indomani mattina, verso le sei ora di Washington – ricordo bene perché ero appena entrato nella cappella della nunziatura – ricevevo una telefonata concitata dal Cardinal Parolin, il quale mi disse “Devi venire subito a Roma perché il papa è furioso con te!”».
«Partii appena mi fu possibile e fui ricevuto dal papa alla Domus Sanctae Marthae, verso le sette di sera del 9 ottobre, alla conclusione di una delle sessioni pomeridiane del secondo Sinodo sulla famiglia. Il papa mi ricevette per quasi un’ora, in modo affettuoso e paterno. Si scusò immediatamente con me, per avermi dato questo disturbo di venire a Roma, e si effuse in continui elogi nei miei confronti per come avevo organizzato la sua visita negli USA, per l’incredibile accoglienza che aveva ricevuto in America, come mai si sarebbe aspettato. Con mia grandissima sorpresa, durante questo lungo incontro, il papa non menzionò neanche una volta l’udienza con la Davis!».
«Appena terminata la mia udienza con il papa, telefonai subito al Cardinal Parolin, e gli dissi: “Il papa è stato buonissimo con me. Non una parola di rimprovero, solo elogi per il successo della sua visita negli Usa”. Al che il Cardinal Parolin mi rispose: “Non è possibile, perché con me era furioso nei tuoi confronti”. Questo il riassunto degli eventi».
Afferma dunque Viganò: «Come menzionato all’inizio, il 28 agosto 2018, il New York Times riportava un’intervista con Juan Carlos Cruz, in cui il Cruz riferiva che durante il suo incontro con il papa, nell’aprile 2018, Francesco gli avrebbe parlato del caso della Davis. Secondo Cruz il papa avrebbe affermato “I did not know who the woman was [non sapevo chi fosse la donna] and he [Msgr. Viganò] snuck her to say hello to me [la intrufolò per un rapido saluto] and of course they made a whole publicity out of it [fecero una grande pubblicità fuori]. And I was horrified [rimasi inorridito] and I fired that nuncio [licenziai quel nunzio]”».
Ora, dichiara Viganò, «uno dei due mente». Ma Chi? Cruz o il papa?
«Quello che è certo – scrive Viganò – è che il papa sapeva benissimo chi fosse la Davis, e lui e i suoi stretti collaboratori avevano approvato l’udienza privata. I giornalisti possono sempre verificare, chiedendo ai prelati Becciu, Gallagher e Parolin, nonché al papa stesso».
«È comunque evidente – conclude Viganò nella sua dichiarazione firmata – che papa Francesco ha voluto nascondere l’udienza privata con la prima cittadina americana condannata e imprigionata per obiezione di coscienza».

Aldo Maria Valli

UN ALTRO VESCOVO USA DICE AL PAPA: RISPONDA, PER FAVORE. SUPER EX, IL PAPA E DANNEELS. DOV’È WUERL?

1 settembre 2018 Pubblicato da  20 Commenti --

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, dobbiamo purtroppo continuare a occuparci delle conseguenze della testimonianza di mons. Viganò, della singolare e sconcertante afasia del Pontefice regnante alle semplici domande che gli vengono poste e alla narrazione ingannevole che viene proposta dai media, e naturalmente da quella della Bergoglio Press Gang. Ci ha scritto Super Ex, per ricordarci che se l’America ha avuto il suo caso McCarrick fra i consiglieri e gli amici del Pontefice, l’Europa non è stata da meno. Ma prima di leggere SuperEx (ex dal Movimento per la Vita, ex di Avvenire – la novella Unità – ma non ex credente in Dio e nella Chiesa) diamo un paio di notizie.
La prima è una lettera che il vescovo di Charleston, Roberto Guglielmone, ha scritto al Nunzio Christophe Pierre e al Pontefice.  “La nostra Chiesa è in crisi, e scrivo con urgenza per esprimere i miei sentimenti e fare eco a quelli della gente di cui ho cura. Ci sentiamo traditi, arrabbiati e ingannati”. Il vescovo appoggia la richiesta del presidente della Conferenza Episcopale Di Nardo affinché “la Santa Sede abbia un ruolo leader nell’investigare sull’ascesa dell’arcivescovo McCarrick” a dispetto del suo record in campo sessuale e finanziario. Ci deve essere un’azione “immediata e pubblica”. Il vescovo appoggia poi l’idea di una commissione nazionale di laici “per verificare la verità delle dicharazioni dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò”. Questo perché “queste recenti dichiarazioni hanno provocato varie versioni diverse di ciò che è realmente accaduto ed è necessario che il santo padre risponda alle accuse fatte dall’arcivescovo. Per favore, incoraggi il Santo Padre a rispondere direttamente a queste accuse. È nel miglior interesse di ciascuno; la mancanza di conoscenza e l’incertezza contribuiscono alla confusione”.
Da notare che fino ad oggi sono 24 i vescovi che hanno chiesto che il Pontefice faccia chiarezza.
L’altra notizia – che è stata data su Church Militant e su LifesiteNews è che l’arcivescovo di Washington, il cardinale Donald Wuerl, è scomparso da quarantotto ore. Ha saltato alcuni appuntamenti di tabella, e il suo cellulare è spento. Sembra che sia stato convocato a Roma in maniera urgente per colloqui. I siti d’oltreoceano ipotizzano addirittura che la sua partenza sia una misura precauzionale per anticipare iniziative giudiziarie.
Su Lifesitenews l’arcivescovo Viganò ha spiegato alcuni dettagli relativi alle misure imposte da Benedetto a McCarrick. Vi consigliamo di leggerle per esteso su Messa in Latino.
Qui ci limitiamo a riportare quello che l’arcivescovo risponde per chiarire l’episodio del video messo in circolazione dal Catholic News Service in cui Viganò in una cerimonia ufficiale porge il suo saluto ai presenti, fra cui McCarrck.
“Mons. Viganò ha anche detto di aver parlato a McCarrick già al tempo del video (in cui il Papa saluta vari prelati), ribadendo le misure impostegli da Papa Benedetto, cosa che fece anche il Nunzio predecessore, l’Arcivescovo Pietro Sambi.
Viganò, Nunzio dall’ottobre 2011 all’aprile 2016, ha spiegato come fosse solo ai primi passi del suo nuovo ruolo come rappresentante del Papa quando accaddero gli eventi riportati nei video montati dalla CNS, e come stesse imparando a conoscere l’ambiente e la gerarchia del suo nuovo incarico negli Stati Uniti.
Oltre ad essere all’inizio della sua missione, ha detto, il Nunzio non può forzatamente imporre le sanzioni in modo diretto, specialmente nei confronti di un Cardinale, che è considerato un superiore. Una tale imposizione sarebbe spettata ad un uomo nella posizione del Cardinal Donald Wuerl, Arcivescovo di Washington e successore di McCarrick, ha soggiunto Viganò”.
Questo perché il video era stato utilizzato ieri dai vaticanisti schierati a difesa del Pontefice per cercare di indebolire le dichiarazioni dell’ex nunzio. (Un sito para-vaticano lo fa anche oggi, usando le spiegazioni dell’ex nunzio per accusarlo di strumentalizzazione…).Non abbiamo bisogno qui di ricordare che la strategia, dal momento che il Pontefice non può o non vuole rispondere alla domanda: ma Viganò dice o no la verità? è quella di inventare complotti internazionali o interecclesiali, e chissà quali trame, da una parte; e dall’altra (Antonio Spadaro sj) di far apparire il Pontefice un San Sebastiano trafitto dalle frecce, che subisce umilmente gli affronti. Il che, per chi conosce Jorge Mario Bergoglio, può solo suscitare l’ilarità. Ma raccontate, raccontate; qualcuno ci crederà…
Ecco Super Ex. E scusate la lunga premessa.
Danneels, il McCarrick belga sponsor di Bergoglio
Basta andare un po’ intorno con la memoria, per trovare che se il dossier Viganò ha un limite è questo: dice tanto, ma non dice tutto. Semplicemente perchè Viganò racconta ciò che ha visto lui.
Ma ciò che ha visto lui, questo lo diciamo noi, concorda perfettamente con altri fatti ed altre vicende che l’ex nunzio non ha vissuto in prima persona.
Viganò sottolinea gli ottimi rapporti di Bergoglio con gli uomini di Chiesa aperti al mondo gay ed LGBT in generale: così è, e bastano alcuni nomi -Galantino e Paglia in Italia, Kasper e Marx in Germania, Wuerl, Farrell, Tobin, Cupich e Martin negli Usa ecc.- a dimostrarlo.
Se rispetto a McCarrick, chi vivrà vedrà (e non ho dubbi nel ritenere esatto il dossier Viganò, che altrimenti sarebbe stato smentito, almeno su questo punto, o da Bergoglio o da Benedetto), possiamo però spostarci di un po’ di chilometri per trovare un altro soggetto analogo, un McCarrick belga: il cardinale Godfried Danneels.
Su Vatican Insider del 24/9/2015 Marco Tosatti recensiva una biografia dello stesso Danneels, in questo modo:
“Danneels secondo gli autori, avrebbe lavorato per anni a preparare l’elezione di papa Francesco, avvenuta nel 2013. Egli stesso d’altronde, in un video registrato durante la presentazione del libro a Bruxelles ammette di aver fatto parte di un club segreto di cardinali che si opponevano Joseph Ratzinger. Ridendo, lo definisce “un club mafia e portava il nome di San Gallo”. Il gruppo voleva una drastica riforma della Chiesa, molto più moderna e attuale, con Jorge Bergoglio Papa Francesco alla testa. Come poi è accaduto. Oltre a Danneels e Martini, del gruppo secondo il libro facevano parte il vescovo olandese Adriaan Van Luyn, i cardinali tedeschi Walter Kasper e Karl Lehman, il cardinale italiano Achille Silvestrini e quello britannico Basil Hume, oltre ad altri”.
Quale la posizione di Dannels riguardo all’ideologia gay?
Il 16 ottobre 2014 Paolo Rodari su Repubblica ricordava che il cardinale belga, “grande elettore” di Bergoglio, era favorevole a leggi sulle unioni civili tra omosessuali, oltre che all’idea di concedere la comunione anche ai divorziati risposati (mi si conceda qui una parentesi: tutti i prelati favorevoli alle unioni gay, guarda caso, si sono schierati per minare l’indissolubilità dell’unica unione voluta da Dio, cioè quella tra uomo e donna, anticipando o difendendo, dopo la sua uscita, Amoris laetitia. Oppure è un caso che Marcello Semeraro, patron dei raduni gay in Italia e segretario del C9, o il cardinal Coccopalmerio, il cui segretario è stato sorpreso in un festino a base di droga e sesso, o Kevin Farrell, autore della prefazione al libro pro LGBT del gesuita James Martin, siano tutti anche autori di almeno un libretto a sostegno di Amoris laetita, e in risposta polemica, implicita o esplicita, ai Dubia?).
Ma torniamo a Danneels. Alcuni politici belgi sostengono che il cardinale, ai tempi della legalizzazione dell’aborto, abbia invitato il re Baldovino a non opporsi, e a firmarla. La notizia è dibattuta, ma è acclarato che molti anni dopo, l’11 aprile 2003, Danneels arriverà a scrivere al primo ministro belga, Guy Maurice Marie Louise Verhofstadt, invitandolo ad appoggiare la legge allora in discussione sulle unioni civili (si ricordi che il governo Verhofstadt nel 2005 concederà ai gay anche il diritto di adottare figli).
Come non mettere in relazione l’appoggio di Dannels al riconoscimento di unioni gay, con l’analogo atteggiamento tenuto in Italia, anni dopo, da Bergoglio stesso e dal suo fedele Nunzio Galantino? Tutti ricorderanno che in occasione della legge Cirinnà, Bergoglio non intervenne mai, neppure per salutare i due Family day, mentre il fido Galantino cercò in ogni modo di fermare Massimo Gandolfini, leader del movimentismo cattolico, ed espresse in vario modo la sua approvazione per la schieratissima coppia Cirinnà-Boschi!
Torniamo ancora a Danneels, grande elettore di Bergoglio.
Lo abbiamo definito il McCarrick belga, ma non sappiamo se anch’egli abbia una storia di abusi alle spalle.
Certamente è stato anch’egli accusato più e più volte di essere un insabbiatore seriale, che ha protetto ecclesiastici omosessuali e pedofili: nel 1998 Danneels è stato condannato a 500 mila franchi di multa per aver protetto un parroco gay abusatore; poi è finito sotto le accuse di un ex sacerdote, Rik Devillé, e di un’altra ventina di persone; poi alcuni fedeli lo hanno accusato di non aver vigilato riguardo ad un inquietante Gruppo di Lavoro Ecumenico sulla Pedofilia sponsorizzato persino dalla Conferenza episcopale belga, ed infine è stato sospettato di aver coperto il vescovo di Bruges, reo confesso di violenze sul nipotino!
Nel 2010 si è arrivati persino alla perquisizione della casa del cardinale e al sequestro del suo computer!
Così Il Post del 30 agosto 2010: “Nei giorni scorsi la stampa belga ha pubblicato le registrazioni audio di due incontri dello scorso aprile tra il cardinale Godfried Danneels – ex arcivescovo di Bruxelles – e una delle vittime degli abusi di pedofilia commessi dall’ex vescovo di Bruges Roger Vangheluwe, costretto a dimettersi lo scorso giugno dopo aver chiesto scusa per i suoi reati. Nelle registrazioni Danneels cercava di convincere la vittima, ora un uomo di 42 anni, a non rivelare il suo caso a distanza di così tanto tempo, o almeno ad aspettare fino al pensionamento del prelato: «Si ritirerà il prossimo anno, e per te sarebbe meglio aspettare», riportano le intercettazioni pubblicate da De Standaard e Het Nieuwsblad…”
Come concludere? Con Emiliano Fittipaldi, che nel suo “Lussuria: Peccati, scandali e tradimenti di una Chiesa fatta di uomini”, dedica alcune pagine proprio agli intrighi del cardinale belga, ricorda le pubbliche richieste di scuse del cardinale stesso, e conclude con questa frase: “Il 13 marzo 2013 sarà uno dei grandi sponsor di Bergoglio. Sarà lui uno dei fedelissimi (convocato perosnalmente dal papa, ndr) che cercherà di spingere le istanze progressiste al Sinodo sulla famiglia. Tutto è perdonato”.

Marco Tosatti

http://www.marcotosatti.com/2018/09/01/un-altro-vescovo-usa-dice-al-papa-risponda-per-favore-super-ex-il-papa-e-danneels-dove-wuerl/

E no card. Wuerl, è proprio una “massive, massive crisis”

Il card. Donald Wuerl, attuale arcivescovo di Washington, in sostituzione dell’ex cardinale Theodore Edgar McCarrick (dimessosi alcune settimane fa da cardinale perché abusatore seriale), allo scoppiare degli scandali degli abusi sessuali aveva minimizzato dicendo che quella non era in fondo una “massive, massive crisis”. Ora, però, è nell’occhio del ciclone, perché nel rapporto del Grand jury della Pennsylvania, il suo nome figura 200 volte, e non sempre in maniera positiva, tanto che anche voci autorevoli  chiedono le sue dimissioniIeri, la stampa ha riportato che il card. Wuerl ha pubblicamente chiesto scusa “per errori di giudizio da lui commessi.
A proposito della “massive crisis” riporto questa interessante riflessione di Benjamin Wiker, nella mia traduzione.
Foto: reperto antica Grecia
Foto: reperto antica Grecia

Contrariamente alla valutazione iniziale e spesso citata del cardinale Donald Wuerl, la Chiesa cattolica si trova di fatto di fronte a una “crisi massiccia e massiccia”.  Una maggiore chiarezza sulla natura di questa crisi si può ottenere guardando alla più ampia prospettiva storico-morale.

C’è solo un motivo per cui la pedofilia oggi è anche una questione morale: storicamente, la Chiesa cattolica l’ha resa una cosa sola. Il sesso con i ragazzi e le ragazze, ma soprattutto con i ragazzi, era una parte accettata dell’antica cultura greca e romana, la cultura in cui Cristo stesso, e quindi la Chiesa, nacque. Il cristianesimo rifiutò questa comune pratica sessuale pagana come una distorsione della sessualità, e la evangelizzò di conseguenza.  Se non fosse stato per il successo degli sforzi evangelici del cristianesimo, le leggi contro la pedofilia ancora oggi in vigore non ci sarebbero mai state.

Per dare a questo disegno storico alcuni dettagli importanti, l’età più desiderabile per gli uomini che cercavano sesso con i ragazzi nell’antica Grecia e a Roma era quella nella fascia di 12-18 anni, quando i ragazzi stavano sbocciando nella maturità sessuale sul loro cammino verso l’essere uomini.  In breve, l’attività omosessuale è stata definita principalmente dalla pedofilia. Non vi erano distinzioni artificiali tra omosessualità, pedofilia, ephebofilia (sesso con qualcuno tra i 12-14) ed hebefilia (sesso con qualcuno 15-18). C’era semplicemente il desiderio culturalmente comune degli uomini di fare sesso con i ragazzi di età compresa tra i 12 ei 18 anni.

Inoltre, la pedofilia con i maschi non era limitata a pochi individui perversi con orientamento esclusivamente omosessuale.  La stragrande maggioranza degli uomini vi si impegnò come parte accettata della cultura greco-romana, sia che fossero (come li definiremmo noi) omosessuali o eterosessuali.  Così, la pedofilia non era un problema morale, ma una pratica culturale praticata dalla maggior parte degli uomini. (Questo è un punto importante che tratterò in un articolo futuro, perché significa che il nostro attuale tentativo di fissare una certa “percentuale” omosessuale nella popolazione, diciamo il 2 per cento o il 10 per cento, non tiene conto che l’omosessualità e la pedofilia possono diffondersi alla maggioranza attraverso una cultura deformata).
Questa era precisamente la situazione nell’antica Grecia pagana e a Roma.  Poi venne Cristo. Il cristianesimo ha fatto della pedofilia un problema morale.  Mentre il cristianesimo evangelizzava lentamente l’Impero Romano pagano, l’accettazione diffusa di uomini che facevano sesso con i ragazzi fu sostituita da una diffusa repulsione morale (e dalla comparsa di leggi anti-pedofilia che ne seguivano).  Lo stesso vale per l’omosessualità, la schiavitù sessuale, l’aborto, l’infanticidio e l’eutanasia. Diventarono questioni morali, piuttosto che pratiche sociali pagane accettate, solo a causa dell’evangelizzazione cristiana.

Ecco le lezioni che dobbiamo trarre da questa storia.

L’unico motivo per cui ci sono ancora leggi laiche in vigore che proibiscono e puniscono la pedofilia è che il cristianesimo è venuto a dominare la cultura in Occidente attraverso l’evangelizzazione.  L’unica ragione per cui abbiamo accettato l’omosessualità nella cultura e nel diritto è la crescente scristianizzazione della cultura in Occidente. Man mano che ci si laicizza (cioè ci si ripaganizzqri), la pedofilia sarà presto accettata, così come l’omosessualità, l’aborto, l’infanticidio e l’eutanasia sono già stati abbracciati.

Si tratta di una crisi massiccia, massiccia dentro e per la Chiesa, perché una rete omosessuale mondiale profondamente radicata tra i nostri sacerdoti, vescovi e cardinali è attivamente impegnata a realizzare la piena scristianizzazione del mondo predando i ragazzi tra i 12 e i 18 anni, ricreando letteralmente la cultura sessuale greco-romana nei nostri seminari e nelle nostre diocesi.  Se volete sapere come era nei sordidi giorni sessuali dell’antica Grecia e di Roma, basta leggere il rapporto della Pennsylvania (quello che ha messo in evidenza gli abusi sessuali praticati da circa 300 sacerdoti su oltre 1000 bambini in sole 6 diocesi. Ma negli Stati Uniti ci sono 192 diocesi, ndr).
Non è forse un’ironia piuttosto orribile?  Gli stessi uomini più autorevolmente incaricati dell’evangelizzazione di tutte le nazioni sono in pieno svolgimento nel portare avanti la devangelizzazione delle nazioni.  Così facendo, questi sacerdoti, vescovi e cardinali nel cuore stesso della Chiesa cattolica agiscono come volenterosi agenti della ripaganizzaziine, annullando 2.000 anni di storia della Chiesa.

Per essere più precisi, questi sacerdoti, vescovi e cardinali sono i principali agenti della de-vangelizzazione, della scristianizzazione e della ripaganizzazione.  Non c’è nulla, nulla, che mina l’autorità morale e teologica del magistero più rapidamente e a fondo che il matrimonio diabolico dello scandalo e dell’ipocrisia. Distrugge la capacità di evangelizzare.

E si noti che io dico sia morale che teologico.  Perché qualcuno dovrebbe prendere sul serio qualcosa che il magistero ha da dire, che si tratti degli insegnamenti della Chiesa sulla pedofilia e l’omosessualità o di quelli sulla Santissima Trinità?

E’ una crisi abbastanza massiva, massiva per lei, cardinale Wuerl?  Riesce ad immaginare qualcosa di più massiccia?

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