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mercoledì 26 settembre 2018

La Chiesa è in crisi?

Gli schieramenti in Vaticano: ecco sostenitori e critici del Papa

Papa Francesco è sostenuto nella sua azione dalla maggior parte dei cardinali, ma c'è anche chi, durante questi anni, lo ha criticato. Anche in Vaticano esistono le "correnti". Alcuni porporati si sono sempre schierati dalla parte del Pontefice, ma altri hanno avanzato dubbi o posto questioni poco in linea con questo pontificato. Ecco le "correnti vaticane"


Il pontificato di papa Francesco ha superato il quinquennio, ma il tempo non sembra attenuare le divisioni presenti nella Chiesa cattolica. Circa un anno fa, sempre sulle pagine de IlGiornale.it, avevamo provato a elencare i membri di quelli che, usando una dose consistente di semplificazione, vengono definiti "schieramenti vaticani".
Adesso ci limiteremo ai cardinali e a qualche prelato di peso.

I papati (e i pontefici) amati da tutti non sono mai esistiti o quasi. Dal primo articolo riguardante questo tema è trascorso un po' di tempo e più di una vicenda è risultata utile per far emergere le divisioni. Ci sono ecclesiastici più critici (pochi, a onor del vero). Altri (la maggior parte) hanno sempre difeso il pontefice argentino dagli attacchi. Poi ci sono gli ambienti: quelli "tradizionalisti" o "conservatori", che continuano a risultare sfavorevoli, con tutte le differenze del caso, nei confronti dell' operato del Santo Padre e quelli "progressisti", che si sono sempre schierati dalla parte, per così dire, del vescovo di Roma.
Sì, perché all'interno della Chiesa cattolica non funziona come in politica: le correnti, dato per scontato che imperino davvero, sono molto più sfumate. La premessa, valevole per tutti, è sempre costituita dalla fedeltà al vertice supremo. A meno di strappi clamorosi. Avevamo citato una serie di giornalisti e comunicatori: in quell'ambito la situazione non è cambiata. Il quadro è molto più mutevole nella Curia e tra i cardinali, dove sono emersi nuovi 'protagonisti' e nuove difformità di vedute. L'accordo tra la Santa Sede e il governo cinese sulla nomina dei vescovi ha portato alla ribalta la figura del cardinale Zen, che da anni è impegnato in una sorta di battaglia campale per evitare che Roma scenda a patti con il partito comunista. L'arcivescovo emerito di Hong Kong è convinto che il potere dei comunisti non sia eterno e che i "signori del Vaticano" abbiano sbagliato a stipulare un accordo, seppur "provvisorio", col 'dragone'.
Bisognerebbe, sostiene Zen, avere pazienza in attesa della nascita di una "nuova Cina". Il porporato cinese è arrivato persino a chiedere le dimissioni del segretario di Stato, quindi del cardinale Parolin. Se dalle parti di Piazza San Pietro esistono due "schieramenti", in sintesi, Zen è ascrivibile nell'elenco dei 'ribelli'. E proprio di ribellione ( e di "offesa grave") ha parlato poche settimane fa il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, poco dopo la pubblicazione del "memoriale" di Carlo Maria Viganò.
Il dossier dell'ex membro del Governatorato, prescindendo dalla veridicità del quadro descritto, ha portato in superficie la spaccatura presente nella Chiesa americana. Chi si è espresso a favore di un'inchiesta indipendente, che è più o meno la stessa proposta avanzata da Steve Bannon (leggi qui), o ha richiesto una visita pastorale straordinaria di Bergoglio negli Stati Uniti, è stato apprezzato da coloro che, anche in Italia, non sono certo dei grandi sostenitori di Papa Francesco. Stiamo parlando del cardinale Raymond Leo Burke, che vuole chiarezza sul 'caso Viganò' oltre che una risposta sui dubia, del cardinal Di Nardo, che è il presidente della USCCB, di Charles Chaput, arcivescovo di Philadelphia e di Salvatore Cordileone, arcivescovo di San Francisco.
Alcune ricostruzioni giornalistiche assegnano invece all'insieme dei "bergogliani" gli ecclesiastici americani che hanno ricevuto la berretta dopo l'elezione dell'ex arcivescovo di Buenos Aires: Donald Wuerl, arcivescovo di Washington, Blaise Cupich, arcivescovo di Chicago e Joseph Tobin, arcivescovo di Newmark. Questi ultimi tre nominativi vengono spesso associati a una 'corrente' progressista statunitense, sviluppatosi attorno ai gesuiti, di cui farebbe parte anche James Martin, il consulente della Santa Sede in materia di comunicazione, favorevole alle aperture dottrinali verso la comunità Lgbt, e di cui avrebbe fatto parte, magari sino a prima che Bergoglio gli togliesse la berretta rossa, il cardinal Theodore McCarrick, accusato di "comportamenti inapprorpiati" e di almeno un abuso ai danni di un seminarista. Poi c'è Timothy Dolan, arcivescovo di New York, accostato al papato cinque anni fa, che ora rappresenterebbe una sorta di via mediana. Ma se l'America piange, in termini di fratture ecclesiastiche, l'Europa non ride. L'Est è molto legato a papa Giovanni Paolo II e sembra far fatica ad accettare un certo modo d'intepretare il pontificato. Chiedere al cardinale ungherese Peter Erdo o a quello di Praga, Dominik Duka. ridenominato pure come "il cardinale 'anti - immigrati '".
I vertici della Chiesa tedesca sono impegnati nella proposizione di una sorta di rivoluzione dottrinale. Dall'intercomunione alla benedizione delle coppie omosessuali, dalla presuntua celebrazione ecumenica con i protestanti alla possibile rilettura in chiave contemporanea dell'enciclica Humanae Vitae, la Germania, non certo a paritre da questi cinque anni, ha fatto registrare tutta una serie di divisioni. Da un parte i cardinali Reinhard Marx Walter Kasper, dall'altra i "ratzingeriani" Gerhard Müller e Walter Brandmüller. L'ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ha da poco parlato della "radice del male" in riferimento agli scandali legati agli abusi ai danni di minori e di adulti vulnerabili. Se per il papa l'origine di questi mali è rappresentata dal clericalismo, per l'ex vertice del Sant'Uffizio il problema risiede nell'allontanamento della verità. "Non nel clericalismo", ci ha tenuto a ribadire il cardinale. Poi c'è monsignor Gaenswein, che non è un porporato, ma che ricopre, al contempo, l'incarico di prefetto della Casa pontificia e di 'segretario particolare' del papa emerito. Per mesi si è vociferato di una sostituzione, ma don Georg è rimasto al suo posto.
Il porporato austiaco Christoph Schönborn sarebbe stato il primo a benedire una coppia omosessuale. Anche l'arcivescovo di di Vienna, nel caso in cui la notizia venisse confermata, entrerebbe a pieno titolo, e un po' a sorpresa, nell'elenco dei progressisti. Sulla dottrina si discute anche altrove. Il cardinale olandese Willem Jacobus Eijk si è esposto pubblicamente tanto su Amoris Laetitia quanto sull'intercomunione. La Francia e l'Italia sembrano un po'dormienti: sono soprattutto i laici ad alimentare il dibattito. Con qualche eccezione. Il cardinale Angelo Scola, per esempio, che ha rivelato a IlGiornale di non essere il "grande sconfitto" del Conclave che ha eletto Bergoglio, ha affermato, all'interno della sua biografia, che concedere la comunione ai divorziati risposati contraddice l'insegnamento della Chiesa. Ma per descrivere anche la situazione italiana sarebbe necessario un articolo a parte. E i "bergogliani"? Cioè quelli che non solo sono fedeli al papa, ma non hanno neppure mai osato criticare una sua decisione o una sua preposizione dottrinale? Sono alcuni di quelli citati in contrapposizione ai "conservatori" più tutti gli altri. Da O'Malley a Maradiaga, passando per una serie di berrette rosse che è più semplice dedurre per esclusione.
Un 'monocolore papale' sembra esistere in Sud America, dove non si sono quasi mai levate voci ecclesiastiche contrariate. Anche gli africani non sono soliti contestare il pontefice, ma da quel continente proviene Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, che è stato ripreso, da Bergoglio, sull'interpretazione di un Motu proprio e che è considerato il vertice spirituale, non organizzativo o curiale, del conservatorismo. In Asia, invece, c'è il giovane Tagle, che Sandro Magister ha già indicatocome uno dei tre papabili per la successione all'argentino. Un ecclesiastico che potrebbe rappresentare la più nitida continuità. Ma non è nostro compito prevedere cosa potrebbe accadere nel futuro né alimentare le divisioni raccontandole in modo più accentuato dell'evidenza.
La Chiesa è in crisi? Sembrerebbe di si. Ma, secondo la profezia attribuita a Beda il Venerabile, "finché esisterà il Colosseo, esisterà Roma; quando cadrà il Colosseo, cadrà anche Roma; ma quando cadrà Roma, anche il Mondo cadrà". Nessuno perciò ha interesse, alla luce dell'esito finale, a far cadere Roma.
http://www.ilgiornale.it/news/schieramenti-vaticano-chi-sta-col-papa-e-chi-no-1580576.html

Abusi nella chiesa, il Papa: “Fatto mostruoso, prima si nascondeva ora lo affrontiamo”

“In tempi antichi queste cose si coprivano perché erano una grande vergogna. Era il modo di pensare del secolo scorso” ha ammesso il Pontefice davanti ai giornalisti sull’aereo che da Tallinn lo riportava a Roma, aggiungendo però che ora la “la Chiesa ha preso coscienza di questo, si è accorta che doveva lottare in un altro modo e ce l’ha messa tutta”

"In tempi antichi queste cose si coprivano. Si coprivano anche a casa, quando lo zio violentava il nipotino, quando il papà violentava il figlio. Si copriva perché era una vergogna molto grande. Era il modo di pensare del secolo scorso. Ora invece si combatte" e anche la "la Chiesa ha preso coscienza di questo e ce l'ha messa tutta". Così Papa Francesco è tornato sul delicato tema degli abusi nella chiesa,  condannando ancora una volta le violenze e gli insabbiamenti delle gerarchie vaticane ma ricordando cheora  i tempi sono cambiati e i colpevoli puniti. "C'è un'accusa alla Chiesa: tutti conosciamo le statistiche, non sto a ripeterle. Benché fosse stato un solo prete ad abusare di un bambino o una bambina, questo è mostruoso, perché quell'uomo è stato scelto da Dio per portare quel bambino o bambina al Cielo. Io capisco che i giovani si scandalizzano di questa corruzione così grave. Sanno che c'è dappertutto, ma nella Chiesa è più scandaloso, perché essa deve portare i bambini a Dio, non distruggerli", ha riconosciuto Bergoglio rispondendo ai cronisti durante il volo che da Tallinn lo ha riporta a Roma dopo la visita in Estonia.


Se si dice che "la Chiesa non fa le cose come deve fare in questo per pulire questa corruzione", però "io vedo il caso della Pennsylvania, i primi anno erano tanti preti che sono caduti in questa corruzione. Poi, in tempi più recenti, sono diminuiti, perché la Chiesa se n'è accorta che doveva lottare in un altro modo" ha tenuto a precisare il Pontefice, proseguendo: "In tempi antichi queste cose si coprivano. Era il modo di pensare del secolo scorso". "C'è un principio che mi aiuta tantissimo per interpretare la storia: un fatto va interpretato con l'ermeneutica dell'epoca nella quale è avvenuto. Non con l'ermeneutica di oggi, tramandata. Così è avvenuto per l'indigenismo, dopo che ci sono state tante ingiustizie e brutalità. O con la pena di morte: anche il Vaticano l'aveva, fino al 1870. Ma poi la coscienza morale cresce" ha aggiunto Papa Francesco. "Guardate alle proporzioni in Pennsylvania e vedete che quando la Chiesa ha preso coscienza di questo e ce l'ha messa tutta" ha ribadito Bergoglio, concludendo: "Negli ultimi tempi io ho ricevute tante, tante condanne fatte dalla Dottrina della Fede, e ho detto che vada avanti, avanti. Mai, mai ho firmato dopo una condanna una richiesta di grazia. Su questo non c'è negoziato".
di Antonio Palma

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