ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 27 settembre 2018

La maggior parte dei Cristiani ha apostatato

LA CONVERSIONE DI ISRAELE
IN SAN PAOLO (ROMANI, XI)

COMMENTO DI SAN TOMMASO D’AQUINO E DI
PADRE MARCO SALES



Conversione di San Paolo
Antonio Bresciani - 1796 - Cattedrale di Parma

Prologo

San Paolo, nel capitolo XI dell’Epistola ai Romani, affronta la questione se Dio abbia ripudiato per sempre tutto Israele o se una parte di esso tornerà, nel corso della storia, a Cristo oppure se il popolo “una volta eletto” si convertirà in massa, verso la fine del mondo, tornando a Dio. Egli afferma che la riprovazione di Israele a causa del deicidio è parziale e temporanea. Infatti “un piccolo resto” di Israele, già sùbito dopo il deicidio, ha creduto a Cristo (gli Apostoli, i Discepoli e i primi neofiti convertiti dalla predicazione apostolica),  e alla fine del mondo anche Israele “in massa” si convertirà, tornando a Colui che ha crocefisso.

Per capire meglio quel che è stato rivelato in San Paolo è bene studiare innanzi tutto il Commento che San Tommaso d’Aquino ha fatto dell’Epistola ai Romani, accompagnandolo con quello di padre Marco Sales.

Il significato del Testo sacro paolino

I PARTE (ROM., XI, 1-10)

IL TESTO

«1Io domando dunque: Dio ha forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! Anch’io infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino. 2 Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha scelto fin da principio.
Non sapete ciò che dice la Scrittura, nel passo in cui Elia ricorre a Dio contro Israele?
Signore, hanno ucciso i tuoi profeti, hanno rovesciato i tuoi altari, sono rimasto solo e ora vogliono la mia vita4 Che cosa gli risponde però la voce divina? Mi sono riservato settemila uomini, che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal5 Così anche nel tempo presente vi è un resto, secondo una scelta fatta per grazia. 6 E se lo è per grazia, non lo è per le opere; altrimenti la grazia non sarebbe più grazia.
7 Che dire dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava; lo hanno ottenuto invece gli eletti. Gli altri sono stati resi ostinati, 8 come sta scritto:
Dio ha dato loro uno spirito di torpore,
occhi per non vedere
e orecchi per non sentire,
fino al giorno d’oggi.
9 E Davide dice:
Diventi la loro mensa un laccioun tranello,
un inciampo e un giusto castigo!
10 Siano accecati i loro occhi in modo che non vedano
e fa’ loro curvare la schiena per sempre!».

IL SIGNIFICATO

L’Angelico nella Lezione I sul Capitolo XI (vv. 1-10) dell’Epistola ai Romani insegna che “la caduta dei Giudei è da commiserare” (Cap. XI, Lezione I, n. 859), e, riprendendo quanto già detto sopra, riafferma che “tuttavia non è del tutto scusabile” (n. 813) poiché volontaria e colpevole.

Quindi entra nel vivo della questione che ci siamo posti ed in primo luogo asserisce: «l’Apostolo, mostra che la caduta dei Giudei non è universale” (n. 860), ossia ammette delle singole eccezioni ed in séguito scrive che dopo il deicidio “Dio non ha respinto del tutto il popolo dei Giudei” (n. 861). Infatti gli Apostoli sono Israeliti e lui stesso lo è: “anche io, chiamato alla fede di Cristo, sono un Israelita della stirpe di Abramo”» (Rom., XI, 2; cfr. 2 Cor., XI, 22).

In breve “la riprovazione di Israele è solo parziale, giacché alcuni Israeliti si sono convertiti a Cristo” (M. SALES, Le Lettere degli Apostoli, S. PAOLO, Epistola ai Romani, cap. XI, II ed., 2016, Effedieffe, Proceno di Viterbo, p. 141 (1)).

In secondo luogo l’Apostolo dei Gentili mostra che “il popolo ‘una volta eletto ‘non è stato respinto totalmente da Dio anche per i suoi numerosi eletti, che si son convertiti e si convertiranno singolarmente (non ancora ‘in massa’ come verso la fine del mondo) a Cristo nel corso dei tempi” (n. 862). Infatti non solo San Paolo non è stato respinto, ma Dio non ha respinto il popolo ‘una volta eletto’ “quanto a quelli che ha prescelto” (n. 863), ossia quanto a coloro che si convertiranno singolarmente a Cristo.

Padre Marco Sales commenta: “Dio non ha rigettato tutto il suo popolo senza eccezione. In prova l’Apostolo porta l’esempio di se stesso, dicendo ‘sono Israelita’. Ora se Dio avesse rigettato il suo popolo non avrebbe scelto tra gli Israeliti ‘i ministri di Cristo e i dispensatori dei suoi misteri’ e non  li avrebbe mandati a predicare la fede tra i Pagani” (cit., p. 141).

Poi San Paolo porta un esempio quanto a ciò che avvenne ai tempi del profeta Elia. Infatti “al tempo di Elia, quando sembrava che tutto il popolo avesse deviato dal culto dell’unico Dio” (n. 864), inducendo il profeta a dire: “io son rimasto solo nel culto dell’unico Dio; cosa che Elia disse per il fatto che altri non manifestavano così apertamente di essere cultori di Dio” (n. 869), Dio gli rispose: “Io ho riservato per Me, cioè per il mio culto, non permettendo che essi cadessero nel peccato d’infedeltà, settemila uomini, ove il numero settemila viene posto per indicare una certa grande quantità a motivo della pienezza e della perfezione del settenario e del migliaio, e, questi non hanno piegato le ginocchia davanti a Baal, ossia non hanno abbandonato il culto dell’unico vero Dio” (n. 870). Così anche nel tempo presente, cioè durante l’età apostolica e sùbito dopo il deicidio «“la maggior parte del popolo giudaico sembra aver deviato, mentre ‘un piccolo resto o una reliquia’ è rimasto nel culto del vero Dio in Cristo, secondo l’elezione gratuita della grazia divina”» (n. 871).

Ai tempi di Elia, scrive padre Sales (cit., p. 141), sembrava che “tutto il popolo” fosse caduto nell’idolatria, e il profeta credeva di essere rimasto “solo” nell’adorare Dio, ma Dio gli rivelò che si era riservato un certo numero o “un piccolo resto” di fedeli. Così anche dopo il deicidio, Israele è stato riprovato, ma parecchi Israeliti si sono convertiti a Cristo. Inoltre il numero 7 qui come altrove indica un numero pieno e relativamente abbastanza grande (p. 142). Perciò anche adesso, nonostante l’incredulità della maggioranza degli Ebrei, alcuni (= “un resto, un avanzo”) furono riservati e mantenuti fedeli in virtù della grazia gratuita e di un’elezione indipendente da ogni merito. Israele, nella sua grande maggioranza, non ha conseguito la salvezza. Invece gli eletti, ossia il “piccolo resto”, per grazia gratuita hanno conseguito la giustizia e la santificazione (M. SALES, cit., p. 142).

In breve “Israele, per quanto riguarda la maggior parte del popolo, non ha conseguito la giustizia o la fedeltà al vero Dio, ma una reliquia tra i Giudei (gli Apostoli e i discepoli) ha conseguito la giustizia, mentre la maggior parte del popolo è stata abbandonata a causa della sua malizia” (n. 872).

Il Dottore Angelico, seguendo il testo paolino, affronta ora la questione della futura conversione in massa dei Giudei a Cristo scrivendo: “alla fine del mondo i cuori dei figli saranno convertiti” (n. 875).


II PARTE (ROM., XI, 11-16)

IL TESTO

«11 Ora io dico: forse inciamparono per cadere per sempre? Certamente no. Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta alle genti, per suscitare la loro gelosia. 12 Se la loro caduta è stata ricchezza per il mondo e il loro fallimento ricchezza per le genti, quanto più la loro totalità!
13 A voi, genti, ecco che cosa dico: come apostolo delle genti, io faccio onore al mio ministero, 14 nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. 15 Se infatti il loro essere rifiutati è stata una riconciliazione del mondo, che cosa sarà la loro riammissione se non una vita dai morti?
16 Se le primizie sono sante, lo sarà anche l’impasto; se è santa la radice, lo saranno anche i rami».

IL SIGNIFICATO

Nella Lezione II del Capitolo XI del suo Commento all’Epistola ai Romani (vv. 11-16) l’Angelico, fondandosi su San Paolo, scrive che “la caduta dei Giudei non solo non è assoluta e universale, ma inoltre aggiunge che non è neppure inutile né irreparabile” (n. 878).

Brevemente: “questa riprovazione di Israele fu occasione a ciò che i Gentili si convertissero, e i Gentili convertiti a loro volta sono occasione della conversione dei Giudei. Infatti finalmente verrà un giorno in cui Israele si convertirà ‘in massa’ a Gesù Cristo” (M. SALES, cit., p. 141). Inoltre “come la riprovazione di Israele è solo parziale, così è anche temporanea. Tuttavia il loro peccato è stato occasione di salvezza per i Pagani. Infatti il Vangelo fu innanzi tutto predicato ai Giudei, ma siccome questi in massa non vollero ascoltarlo, gli Apostoli si rivolsero  ai Pagani, i quali in massa accolsero con trasporto la loro predicazione (M. SALES, p. 143).

Perciò la caduta della maggior parte dei Giudei 1°) è utile in quanto “Dio ha permesso che i Giudei lo offendessero, crocifiggendo il Figlio, non esclusivamente solo in modo che cadessero, ossia senza nessuna altra utilità che derivasse dal loro peccato. Dio non permetterebbe mai che accadesse qualche male se non per un bene che scaturisce da quel male. […]. Per cui Dio non permise il deicidio perché restassero per sempre in quella caduta” (n. 879).

Dunque “la caduta dei Giudei è utile. Quindi non sia mai che siano caduti inutilmente, ma piuttosto la salvezza è giunta ai Pagani, prendendo occasione dal peccato dei Giudei in tre modi. Primo: in quanto dal delitto che commisero uccidendo Cristo è conseguita la salvezza dei Gentili mediante la Redenzione col Sangue di Cristo. In secondo  luogo riguardo al delitto con cui respinsero anche la dottrina predicata loro dagli Apostoli e dal quale derivò che gli Apostoli predicassero ai Gentili, convertendoli. In un terzo modo in quanto i Giudei furono dispersi tra tutte le Genti per la loro colpa e così Cristo ebbe testimonianza in ogni passo dei Libri sacri dei Giudei per convertire i Gentili, i quali avrebbero potuto sospettare che le profezie riguardo Cristo fossero inventate dai cristiani, se non fossero provate come vere dalla testimonianza dei Giudei, nemici dei cristiani” (n. 881).

La caduta di Israele è stata utile anche perché “i Gentili emulassero i Giudei imitandoli nel culto dell’unico Dio che avevano prestato prima del deicidio” (n. 882), ma siccome emulare significa non solo imitazione, ma anche indignazione, San Paolo vuol dire anche che «i Gentili emulassero i Giudei, indignandosi per il loro peccato di incredulità. In un terzo modo si può interpretare affinché i Giudei imitassero i Gentili quando, in qualche parte e in questo tempo alcuni di essi si convertono individualmente e non in massa (come avverrà verso la fine del mondo) alla fede cristiana, imitando la nuova fede in Cristo dei Gentili, e così ‘alla fine tutto Israele sarà salvato’ quando entrerà nella Chiesa la pienezza dei Gentili» (n. 882).

Secondo padre Sales “Dio volle provocare la gelosia dei Giudei rimasti increduli e indurli, così, ad abbracciare anch’essi il Cristianesimo” (cit., p. 143).

Ora l’Apostolo passa a descrivere 2°) la riparabilità della colpa dei Giudei. “Infatti, se il peccato dei Giudei è l’occasione per la riconciliazione dei Pagani con Cristo, cosa sarà la futura riammissione dei Giudei, se non la loro resurrezione alla vita eterna dalla morte del peccato? Inoltre la si può intendere nel senso che i Gentili cadranno ingannati dall’Anticristo e restituiranno ai Giudei il fervore iniziale. Così dopo la conversione dei Giudei, quando sarà prossima la fine del mondo, vi sarà il Giudizio finale e gli uomini da morti torneranno alla vita immortale” (n. 890).

Se la caduta dei Giudei, chiosa padre Sales, fu la salvezza dei Pagani, in quanto fu l’occasione che venissero aperte ai Pagani le porte del regno di Dio e della fede e il piccolo numero o resto di Giudei che si convertirono ha portato inestimabile abbondanza di grazia ai Pagani, quanto maggior vantaggio non recherà la loro pienezza, ossia la loro conversione in massa, che avverrà verso la fine del mondo? Quindi la condizione dei Giudei non è totalmente disperata” (p. 143).

Infine quando l’Apostolo dice “Se è santa la primizia lo è anche la massa” occorre specificare che per S. Tommaso “non segue che se la radice è santa lo siano anche i rami” (n. 893), ma “bisogna dire che l’Apostolo qui non parla della santità attuale dei Giudei di oggi, ma della santità potenziale dei Giudei di domani. Infatti San Paolo non vuole dimostrare che i Giudei increduli siano santi, ma che in futuro possano venire recuperati alla santità mediante la loro conversione coloro i cui antenati furono in passato santi” (n. 893).

In breve padre Marco Sales commenta: “L’Apostolo paragona la Chiesa ad un grande albero, il seme del quale fu gettato a terra con la promessa del Redentore; i Patriarchi ne furono come le radici; gli Israeliti ne furono come il tronco e i rami. I Pagani son rappresentati come un albero selvatico, che non produce frutti di salvezza. Quindi, se alcuni rami (Giudei) sono stati svelti per la loro infedeltà, ossia tagliati dall’albero e quindi esclusi dal regno messianico, e i Pagani, essendo come un olivo selvatico, per pura misericordia di Dio e senza alcun merito, sono stati innestati sul tronco dell’olivo fruttifero (il Giudaismo mosaico fedele a Dio) al posto dei rami tagliati, i Pagani non vogliano vantarsi contro quei rami (i Giudei infedeli). Si ricordino che una volta loro erano fuori dell’Alleanza con Dio e che son stati liberati da tanta miseria quando sono stati innestati al vero olivo (l’Israele fedele). Quindi i Pagani non hanno motivo di gloriarsi contro i rami naturali, se molti di loro furono  recisi. Che se pure si vantano, sappiano che altro non sono che un ramo innestato alla fede dei Giudei e che essi nulla debbono ai Pagani, mentre loro devono molto ai Giudei, perché la salvezza viene dai Giudei ai Gentili e non viceversa” (p. 144).


III PARTE (ROM., XI, 17-24)

IL TESTO

«17 Se però alcuni rami sono stati tagliati e tu, che sei un olivo selvatico, sei stato innestato fra loro, diventando così partecipe della radice e della linfa dell’olivo, 18 non vantarti contro i rami! Se ti vanti, ricordati che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te.
19 Dirai certamente: i rami sono stati tagliati perché io vi fossi innestato! 20 Bene; essi però sono stati tagliati per mancanza di fede, mentre tu rimani innestato grazie alla fede. Tu non insuperbirti, ma abbi timore! 21 Se infatti Dio non ha risparmiato quelli che erano rami naturali, tanto meno risparmierà te!
22 Considera dunque la bontà e la severità di Dio: la severità verso quelli che sono caduti; verso di te invece la bontà di Dio, a condizione però che tu sia fedele a questa bontà. Altrimenti anche tu verrai tagliato via. 23 Anch’essi, se non persevereranno nell’incredulità, saranno innestati; Dio infatti ha il potere di innestarli di nuovo! 24 Se tu infatti, dall’olivo selvatico, che eri secondo la tua natura, sei stato tagliato via e, contro natura, sei stato innestato su un olivo buono, quanto più essi, che sono della medesima natura, potranno venire di nuovo innestati sul proprio olivo!».

IL SIGNIFICATO

Nella III Lezione del Capitolo XI (vv. 17-24) del Commento di S. Tommaso all’Epistola ai Romani leggiamo: «dopo aver mostrato che la caduta dei Giudei è stata utile e riparabile (n. 878), l’Apostolo qui esclude il gloriarsi dei Gentili contro i Giudei» (n. 894).

Sembra che «l’occasione di gloriarsi contro i Giudei provenisse ai Gentili da due parti: a) in primo luogo dal difetto dei Giudei. Infatti l’Apostolo dice: “se alcuni rami tra i Giudei sono stati recisi, tuttavia non tutti i rami sono stati tagliati”, cioè separati dalla fede dei padri, che son paragonati alla radice dei rami; b) in secondo luogo dalla loro promozione allo stato di fedeli. Ora solitamente la promozione di qualcuno tanto più lo innalza ad una certa vanagloria, quanto più è basso lo stato da cui è stato elevato. E l’Apostolo mostra lo stato abietto dal quale erano stati assunti alla grazia  e alla fede i Gentili, ossia dallo stato di oleastro o di olivo infruttuoso e selvatico» (n. 895), stato infimo di cui non devono mai dimenticarsi.

In séguito parla della loro promozione, ossia di essere stati assunti a rimpiazzare il popolo “una volta eletto” ed ora deicida ed infedele (n. 896).

Quindi San Paolo esorta i Gentili a non vanagloriarsi contro i rami dell’olivo, ossia contro i Giudei poiché “se tu Gentile ti glori insultando i Giudei che son stati recisi, considera, per trattenere la tua vanagloria, che non sei tu a portare la radice, ma la radice porta te, ossia i Giudei fedeli del Vecchio Testamento sono la radice perché gratuitamente e senza nessun loro merito son stati chiamati per primi da Dio, anche se ora non hanno perseverato nella fede. Infatti ad Abramo fu promesso (Gen., XXII, 18) che in lui sarebbero state benedette tutte le nazioni della terra” (n. 897).

Perciò l’Apostolo esclama: “tu, dunque, o Gentile che ti glori contro i Giudei, dici che i rami son stati tagliati perché io fossi innestato nel tronco dell’olivo fruttifero, vale a dire che Dio ha permesso la caduta dei Giudei e la loro apostasia dalla fede per fare entrare i Gentili nella vera fede ed ora la condizione del Gentile convertito è più gradita a Dio che non quella del Giudeo infedele” (n. 899).

Brevemente padre Sales commenta: “Il fatto costatato è vero; la riprovazione dei Giudei è stata l’occasione della chiamata dei Gentili. Ma l’Apostolo fa notare sùbito che i Giudei furono divelti dall’albero per l’incredulità, invece i Gentili sono stati innestati sul vero ulivo perché hanno creduto al Vangelo. Ora la fede è un dono puramente gratuito di Dio e, se non è accompagnata dall’umiltà, si può perdere. Quindi i Gentili non debbono insuperbirsi, ma piuttosto temere” (p. 145) di perdere la fede come i Giudei, ed è quello che oggi è successo: la grande apostasia delle nazioni cristiane da Dio. La questione della conversione di Israele è, quindi, sommamente attuale e interessante per noi Pagani convertiti a Cristo.

San Paolo in primo luogo stabilisce la causa del peccato dei Giudei e della promozione dei Gentili, scrivendo: “Dio permise che i rami fossero tagliati per innestare il Gentile, ma bisogna ben considerare la causa della recisione dei rami, ossia l’incredulità. Essi infatti son stati tagliati poiché non vollero credere in Cristo” (n. 900).

In secondo luogo ammonisce i Gentili a non insuperbirsi, ossia non presumete di voi, ma temete affinché non veniate tagliati anche voi a causa della vostra futura incredulità, cosa che appartiene al timor filiale” (n. 901).

In terzo luogo stabilisce “il motivo del suo ammonimento a non insuperbirsi. Infatti se Dio non ha risparmiato i rami naturali (i Giudei), che discendevano dai Patriarchi (la radice) per origine naturale e carnale, permettendo che fossero tagliati, temete (voi Gentili) che Dio non risparmi neppure voi, se cadendo nell’incredulità dobbiate essere recisi. Infatti quando un uomo vede che consegue la grazia mentre un altro cade e la perde, non deve innalzarsi e gonfiarsi contro quest’ultimo, ma piuttosto temere per sé in quanto la superbia è la causa di ogni caduta mentre il timor filiale è la causa della perseveranza” (n. 902).

Padre Sales commenta: “Occorre osservare attentamente i due aspetti della condotta di Dio verso i Giudei e verso i Pagani. La misericordia con cui Dio trattò i Pagani, chiamandoli alla fede senza alcun loro merito; la severità con cui Dio trattò i Giudei, che non vollero credere al Vangelo. Così Dio continuerà a mostrarsi misericordioso verso i Gentili, se persevereranno in quella fede, la quale è un dono gratuito della misericordiosa bontà di Dio; altrimenti, se non persevereranno, saranno recisi dall’albero come i Giudei infedeli” (p. 145).

Poi l’Apostolo mostra che anche i Giudei potranno convertirsi in massa e tornare a Dio, scrivendo: “Anche quelli (i Giudei), se non rimarranno nell’incredulità saranno innestati nel tronco dell’olivo fruttifero, cioè saranno restituiti al loro stato primitivo con la onnipotenza divina. Infatti Dio ha la potenza di innestarli nuovamente e per questo non bisogna disperare della loro salvezza. Perciò se tu, o Gentile, sei stato preso da un oleastro selvatico (la Paganità) naturalmente infruttuoso e sei stato innestato in un olivo fruttifero, cioè nella vera fede che prima era professata dai Giudei, contro il corso normale della natura, poiché normalmente il ramo di un albero selvatico o infruttifero non viene innestato in un albero buono, ma piuttosto tutto il contrario. Dunque se ciò viene operato contro il corso normale della natura, quanto più i Giudei che appartengono per origine naturale alla buona radice e all’albero fruttifero saranno innestati nelle proprie radici e nel proprio tronco, ossia saranno ricondotti alla dignità primitiva del loro popolo” (nn. 903-911).

In breve: “come i Gentili, se non saranno fedeli alla grazia, saranno recisi dall’albero; così al contrario i Giudei, se non resteranno nell’incredulità, ossia se abbracceranno la fede in Cristo, saranno di nuovo innestati sull’albero di Dio. Infatti se Dio ha innestato i Gentili sul tronco di Israele, col quale non avevano nessuna affinità, molto più facilmente potrà innestarvi i Giudei, che per natura sono figli di Israele” (M. SALES, p. 145).


IV PARTE (ROM., XI, 25-32)

IL TESTO

«25 Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l’ostinazione di una parte d’Israele è in atto fino a quando non saranno entrate tutte quante le genti. 26 Allora tutto Israele sarà salvato, come sta scritto:
Da Sion uscirà il liberatore,
egli toglierà l’empietà da Giacobbe.
27 Sarà questa la mia alleanza con loro
quando distruggerò i loro peccati.
28 Quanto al Vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla scelta di Dio, essi sono amati, a causa dei padri, 29 infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! 30Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, 31 così anch’essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia. 32 Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti!».

IL SIGNIFICATO

Nella Lezione IV al capitolo XI (vv. 25-32) l’Angelico mostra e sottolinea come l’Apostolo parli della “caduta di alcuni Giudei, ossia solo di una parte di Israele e non di tutto Israele in modo universale e pone un termine dell’accecamento o indurimento di Israele che ha abbandonato Dio e la fede, scrivendo ‘finché entri nella fede la pienezza dei Gentili’, ossia quando fosse fondata la Chiesa in mezzo a tutte le Genti o totalmente terminerà l’indurimento dei Giudei. Il finché può essere inteso in due modi: in primis indicherebbe la causa dell’accecamento dei Giudei, ossia Dio permise che essi fossero accecati affinché entrasse nella Chiesa di Dio la pienezza delle Genti. In secondo luogo può designare il termine o la fine temporale, in quanto il peccato d’infedeltà o la cecità dei Giudei sarebbe durata sino a quando la pienezza dei Gentili sarebbe entrata nella fede. Ora l’Apostolo si accorda a questo secondo punto quanto dice che ‘tutto Israele sarà salvo’ quando la pienezza de Gentili sarà entrata nell’Alleanza con Dio e con la frase ‘tutto Israele’ vuol significare tutti gli Israeliti in modo universale e non solo alcuni in modo particolare” (n. 918).

“Ecco la grande verità rivelata a San Paolo: la conversione futura in massa dei Giudei al Cristianesimo, che avverrà dopo la conversione dei Gentili e all’approssimarsi della fine del mondo. L’Apostolo svela questo mistero affinché i Gentili non si insuperbiscano, quasi siano stati chiamati per loro merito e non disprezzino i Giudei come totalmente e per sempre indegni di salvezza. Infatti non solo ‘un resto’ degli Israeliti si son convertiti, ma anche l’accecamento della gran parte di quelli che si sono induriti e son rimasti nell’infedeltà non durerà sempre, però solo sino a che la totalità dei Pagani sia entrata nella Chiesa. Quindi Dio ha chiamato Israele alla fede, l’incredulità di quella parte che si è indurita ha occasionato la conversione dei Gentili e a suo tempo la conversione dei Pagani sarà seguìta dalla conversione in massa dei Giudei” (p. 146).

Quanto detto riguardo alla futura conversione di Israele, manifesta che ora, dopo il deicidio, Israele è “nemico di Cristo quanto al Vangelo” poiché Israele combatte la dottrina del Vangelo (n. 922).

Tuttavia Israele è “carissimo a Dio per i padri”, cioè quanto alla Vecchia Elezione e al Vecchio Patto fatto con i Patriarchi, ma ciò non deve essere compreso come se i meriti procurati dai padri fossero causa di elezione eterna per i figli, infatti l’Apostolo non dice che i meriti dei padri sono sufficienti alla salvezza dei figli, i quali invece hanno rifiutato Gesù ed hanno perso la fede. Tuttavia ‘sono carissimi a Dio per i padri’, il che “non va compreso come se fossero causa di eterna elezione per i figli, bensì in quanto Dio dall’eternità elesse gratuitamente i padri, ma non dice ciò come se i meriti dei padri fossero sufficienti alla salvezza dei figli” (n. 923).

Verso la fine del mondo verrà il Redentore e “toglierà l’empietà da Giacobbe” per mostrare la facilità della conversione dei Giudei  alla fine del mondo, data l’onnipotenza divina (n. 919). Ora “dicendo che i loro peccati saranno tolti rende manifesto che ora (dopo il deicidio e prima della Parusia) sono nemici di Cristo ‘quanto al Vangelo’, ossia quanto alla dottrina evangelica che essi combattono” (n. 923). Infatti “i Giudei, sebbene un tempo son stati cari a Dio a motivo dei padri ossia dei Patriarchi, ora non lo sono più a motivo dell’inimicizia che esercitano contro il Vangelo, ma ciò non vuol dire che saranno impediti di essere convertiti in futuro, se torneranno a Cristo” (n. 923). Infatti “i doni di Dio sono senza ripensamento”, ossia Dio non si pente di ciò che ha fatto, ma siccome ora i Giudei si oppongono a Cristo e al Vangelo, Dio non li ama più come per il passato. Non è Dio che cambia giudizio, Egli non abbandona se prima non è abbandonato, ma “spesso i doni fatti da Dio si perdono da parte di chi li riceve, ossia i doni di Dio non vengono meno per un mutamento di Dio che si pente, ma per un mutamento dell’uomo scelto, che trascura la grazia di Dio e la perde” (n. 926).

Padre Sales riassume: “Dio promette che  contrarrà con gli Israeliti una nuova alleanza, con la quale conferirà loro il suo spirito, la sua dottrina e la sua grazia, togliendo o perdonando il loro peccato di infedeltà del quale si saranno pentiti. Infatti ora i Giudei considerati in quanto rigettano il Vangelo, sono nemici o in odio a Dio, e quindi da lui severamente puniti ed esclusi dal regno messianico, ma non bisogna dimenticare che per riguardo ai loro padri o all’elezione primitiva essi furono chiamati cronologicamente per primi e i Patriarchi, dai quali discendono, erano molto amati da Dio. Perciò un giorno, quando si pentiranno del loro peccato, Dio avrà misericordia di loro e si convertiranno in massa alla fede in Cristo. Quindi benché per la sua infedeltà Israele ora è rigettato, un domani si convertirà in massa, tornando a Cristo. I Pagani debbono ricordarsi che una volta anche loro erano disobbedienti al vero Dio ed ora hanno conseguito misericordia. Così i Giudei ora non credono, ma a motivo della conversione dei Pagani a Cristo si sentono provocati a emulazione e così vicini alla fine del mondo conseguiranno perdono e misericordia. L’Apostolo vuol persuadere i Gentili e gli Ebrei convertiti a non rimproverarsi reciprocamente il loro precedente stato” (p. 146).

Quindi “non si disperi della salvezza futura dei Giudei a causa del fatto che ora non si pentono ancora del loro peccato” (n. 927). Infatti in futuro “tutto Israele sarà salvato, sebbene ora sia nemico; come anche i Gentili una volta non credevano ed erano senza Dio, ma ora hanno conseguito misericordia. ‘Dio ha rinchiuso tutti nell’infedeltà per far a tutti misericordia’. Dio ha voluto che la sua misericordia avesse luogo su tutti ed ha permesso che tutto il genere umano (Pagani e Giudei) fosse rinchiuso  nell’incredulità, come in una catena di errore” (nn. 931-932).

“Qui si parla del popolo di Israele nel senso reale e non già nel senso spirituale. Similmente la totalità di cui parla l’Apostolo è una pienezza morale e non totale, assoluta o matematica. Da ciò si deduce che la fine del mondo non verrà prima che i popoli dei Gentili e il popolo giudaico si siano convertiti al Vangelo” (M. SALES, p. 146).


Conclusione

Sebbene la maggior parte del popolo d’Israele dopo il deicidio non sia in amicizia con Dio, ma abbia apostatato dalla fede, tuttavia non per questo le promesse divine fatte ai Patriarchi restano senza il loro compimento. Infatti queste promesse non vanno riferite agli Israeliti nel senso materiale e biologico del termine, ossia ai discendenti carnali dei Patriarchi; ma nel senso spirituale, ossia a coloro che credono alla Rivelazione divina prima nell’Antico Testamento e poi nel Nuovo Testamento, cioè per tutti coloro che abbracciano la vera fede nel Dio unico, trascendente, trinitario e nel Verbo Incarnato, sia che essi provengano materialmente e biologicamente dal Paganesimo o dal Giudaismo.

Coloro che Dio chiama a salvezza li chiama per pura sua grazia gratuita e misericordia; coloro che rigetta, li rigetta per un atto di giustizia, ossia per il loro peccato di incredulità. Così ora (dopo il deicidio) il Signore chiama molti Gentili alla salvezza messianica per pura grazia e misericordia, e respinge molti Giudei per giustizia, essendo Cristo diventato per loro una “pietra d’inciampo”. L’esclusione di Israele dall’Alleanza con Dio è dovuta alla incredulità del popolo “una volta eletto” e non a una mancanza di bontà da parte di Dio. Il Vangelo è stato annunziato prima a Israele e se Israele non ha creduto la colpa della sua incredulità è tutta sua e non del Signore, ma da ciò non si può concludere che tutto Israele sarà per sempre riprovato. I Giudei non sono riprovati totalmente né per sempre: si convertiranno in massa prima della fine del mondo e un “piccolo resto”, una “reliquia” di veri Israeliti secondo lo spirito si è convertita, si converte e si convertirà a Cristo in tutte le ere della Nuova ed Eterna Alleanza.

I Giudei hanno apostatato da Dio crocifiggendo Cristo e perseguitando gli Apostoli. I Gentili si son convertiti. Ma nel tempo presente assistiamo all’apostasia anche dei Gentili da Cristo e dalla sua Chiesa. Le nazioni una volta cristiane non lo sono più, le leggi di esse sono oramai contrarie alla legge divina e naturale; la fede è rimasta solo in “un piccolo resto” o “una reliquia” di Gentili. I Giudei non si stanno convertendo, anzi colmano la misura dei loro peccati. La fine del mondo non è ancora vicina perché i Giudei non danno segni di conversione in massa a Cristo.

Cosa dire? Dio ha rinchiuso tutti (Pagani e Giudei) nell’incredulità per fare a tutti misericordia. Noi Gentili convertiti al Cristianesimo non dobbiamo e non possiamo (data la nostra triste situazione attuale e generale, tranne l’eccezione di “una piccola reliquia”) eccedere, disprezzando e gonfiandoci contro i Giudei. Non dobbiamo neppure difettare aderendo al sofisma del “giudeo-cristianesimo”. Perché i Giudei tuttora perseverano nel loro indurimento contro Cristo e il Vangelo e si convertiranno in massa (secondo le Scritture) solo alla fine del mondo. Il Giudaismo attuale è in totale opposizione al Cristianesimo.

Il problema ebraico è essenzialmente un problema teologico, che comporta la loro vocazione primitiva (dai Patriarchi sino all’Avvento di Cristo) e la loro apostasia (dal deicidio sino alla vigilia della fine del mondo). Tuttavia esso ha anche delle conseguenze politiche, sociali, economiche, data la preponderanza che il Giudaismo ha conquistato a partire dalla scristianizzazione del mondo (Umanesimo e Rinascimento) e che con la fondazione dello Stato d’Israele ha toccato il suo culmine. Occorre sempre distinguere un aspetto dall’altro e vederli tutti alla luce della fede e della Rivelazione per non errare per eccesso (anti-semitismo biologico) o per difetto (filo-giudaismo teologico).

Siamo alla vigilia di qualcosa di terribile e di grande: la giustizia e la misericordia di Dio stanno per  esercitarsi potentemente su tutto il mondo moderno, che sta affrontando i sussulti della sua estrema agonia. L’apostasia dei Giudei portò alla distruzione della Giudea (70-135 d. C.). L’apostasia dei Gentili ci porterà a qualcosa di analogo. Infatti le nazioni non possono essere punite come i singoli uomini con l’inferno eterno nell’aldilà e quindi debbono essere corrette nella vita terrena (S. Agostino).

La fede cristiana ci deve tenere lontani dalla attuale perfidia giudaica, ma non ci deve portare a desiderare la distruzione totale e definitiva dei Giudei. San Paolo ci ha insegnato che non tutto Israele e non per sempre sarà nemico del Vangelo come oggi lo è. La “piccola reliquia” di Israeliti convertiti al Vangelo di Cristo ha permesso a Gesù di fare dei due popoli (ebraico e pagano) una sola cosa come il costruttore (Dio), mediante una pietra d’angolo (Cristo), fa di due muri (Ebrei e Pagani) una sola casa (Chiesa). Occorre saper distinguere tempi e quantità nel portare un giudizio complessivo sulla teologia della storia, che abbraccia il Vecchio e il Nuovo Testamento.     


NOTE

1 -   Quando cito il numero (n.) mi riferisco al Commento di San Tommaso d’Aquino e quando cito la pagina (p.) a quello di padre Marco Sales. 



di Don Curzio Nitoglia


Gli articoli di Don Curzio Nitoglia sono reperibili nel suo sito



ANCORA SU IL “PICCOLO RESTO” DI ISRAELE


di Don Curzio Nitoglia


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Il piano di Dio è fallito?

Il popolo d’Israele fu scelto e preparato da Dio - tramite la Rivelazione - alla Venuta del Messia, ma quando venne il Messia non fu accettato dalla maggior parte di quel popolo, anzi da questo fu condannato alla crocifissione dietro l’istigazione dei sacerdoti e degli scribi.

Si tratta, forse, di un fallimento del piano di Dio, che vide respinta la sua pazienza e la preparazione bimillenaria alla venuta del Messia da parte del popolo che si era gratuitamente scelto? No! I piani di Dio non possono fallire, anche se a noi possono sembrar apparentemente non riusciti.

S. Paolo, Epistola ai Romani, cap. XI


Questo problema lo abbiamo già affrontato nello scorso articolo sul capitolo XI dell’Epistola ai Romani di San Paolo, in cui l’Apostolo delle Genti dimostra che Dio non ha fallito, poiché pure se la maggior parte del popolo d’Israele ha apostatato in massa, tuttavia un “piccolo resto” di questo popolo ha accettato il Messia ed ha creduto al Vangelo assieme alla maggior parte dei popoli pagani, che sono accorsi alacremente a Gesù con fede.

Gesù vero Dio e vero uomo, spiega San Paolo nell’Epistola ai Romani (capp. I-XI), è l’oggetto del Vangelo o della dottrina della Nuova Alleanza, la quale è la realizzazione di quanto promesso nel Vecchio Testamento. Nel Nuovo Patto per salvarsi basta accettare il Vangelo con fede e adempierlo con le buone opere. In breve il Vangelo o la Nuova Alleanza realizza la Vecchia e dimostra la fedeltà di Dio alle sue promesse formulate in quella, nonostante le violazioni di essa da parte della massa di Israele (ossia del contraente umano) con l’eccezione del “piccolo resto” rimasto fedele a Dio.


Il piano salvifico divino è razziale?
Tutti gli uomini (anche gli Israeliti) sono nati nel peccato originale. Quindi tutti (Israele compreso) hanno bisogno di salvezza. Perciò il disegno salvifico di Dio non può realizzarsi razzialmente, ossia solo nei Gentili (il mito della razza ariana) o solo nei Giudei (il mito della razza ebraica) in quanto biologicamente tali, ma si attua per la cooperazione umana al dono di Dio, offerto gratuitamente all’intera umanità (macchiata dal peccato originale in tutte le razze che la compongono), tra la quale il Signore ha scelto un piccolo popolo (Israele) per mantenere la fede nel Dio unico e vero e far conoscere il Messia a tutti gli uomini (i Gentili).

I Pagani sono immersi nel politeismo, nell’idolatria e nei disordini morali che ne derivano. I Giudei a motivo dei benefici straordinari ricevuti dal Signore, ai quali non sempre e non nella loro maggior parte hanno corrisposto, sono ancora più colpevoli dei Gentili e perciò sono anch’essi (nella misura della loro infedeltà) lontani dalla via della salvezza.

I Gentili son giudicati da Dio secondo la legge naturale iscritta nel loro animo; i Giudei secondo la Legge divina rivelata a Mosè, la quale è un privilegio che però rende Israele più responsabile dei Gentili di fronte a Dio e dunque anch’essi sono lontani dalla via della salvezza. Per questi motivi il possedere la Legge divina rivelata a Mosè è un privilegio il quale, anziché evitare ai Giudei ogni giudizio, rende più grande la loro responsabilità e, quindi, la pena. Perciò più che possedere la Legge è importante metterla in pratica ed è per questo che il Gentile, il quale osserva i dettami della legge naturale, condanna il Giudeo violatore. La salvezza è offerta a tutti gli uomini da Dio mediante l’adesione integrale a Cristo. Gesù realizza il Patto di Dio con gli uomini e compie le promesse contenute nell’Alleanza con Abramo: l’adesione a Cristo con la fede e le buone opere è l’unica condizione perché ogni uomo, a qualsiasi razza appartenga, faccia suoi i benefici reali della Redenzione e partecipi al dono gratuito elargito da Dio. “Quindi ogni pretesa giudaica di fare della salvezza un monopolio di razza, si condanna da sé” (F. SPADAFORA, Dizionariobiblico, Roma, Studium, III ed., 1963, p. 526).


S. Paolo accusa Israele, ma salva il “piccolo resto”

Israele, dopo l’Avvento di Cristo, si trova messo in stato d’accusa proprio da un suo zelante rabbi (Saulo di Tarso), che però si è convertito a Cristo ed ha mostrato 1°) come, dopo il deicidio, una maledizione gravi sulla maggior parte d’Israele, tranne “una piccola reliquia” che ha aderito a Cristo; 2°) come i suoi diritti di popolo eletto siano decaduti e 3°) come la sua missione di annunziare al mondo intero il Messia sia stata persa e sia passata ai Gentili.

Secondo i Giudei talmudisti o post-biblici San Paolo sarebbe un blasfemo, un infedele perché Israele sarebbe ancor oggi e per sempre il popolo che Dio ha scelto e non “il popolo una volta eletto”, non potendo essere mai respinto neppure da Dio poiché discende razzialmente da Abramo.

Tuttavia non bisogna neanche eccedere e annichilare completamente il ruolo del “resto” d’Israele nei provvidenziali piani di salvezza di Dio. Infatti San Paolo dimostra che nonostante la massa o la maggior parte del popolo d’Israele abbia abbandonato Dio, un “piccolo resto” gli è rimasto  fedele. Dio ha mantenuto fede alle sue promesse riguardo agli Israeliti fedeli, mentre ha rigettato coloro che gli son stati infedeli. “Dio abbandona solo se prima è abbandonato da noi” (S. Agostino). Ora Israele nella sua maggior parte ha abbandonato Dio, ma in un “piccolo resto” gli è rimasto fedele. Quindi Dio non ha abbandonato la “reliquia” fedele d’Israele, l’ha ammessa nella Chiesa di Cristo della Nuova ed Eterna Alleanza ed aspetta pazientemente la conversione di Israele in massa verso la fine del mondo.


La discendenza spirituale di Abramo

S. Paolo mostra come i suoi compatrioti si siano ingannati nel valutare le promesse fatte loro da Dio. Infatti esse vennero rivolte ad Abramo e ai suoi discendenti, ma non solo e necessariamente a coloro che avevano nelle loro vene il sangue del patriarca. Invece anche a coloro che, pur non essendo Giudei di stirpe, avevano la fede di Abramo nel Messia venturo, discendendo spiritualmente da Abramo. “Abramo desiderò vedere il giorno del Messia, lo vide e ne tripudiò” (Giov., VIII, 56). I Giudei nella maggior parte non lo vollero vedere né riconoscere, anzi lo condannarono a morte e vennero riprovati da Dio.


La vocazione dei Pagani

Ecco allora che Dio si sceglie un altro popolo (i Pagani) cui rivelare il Messia ed essi diventano il nuovo popolo di Dio. Anche il “piccolo resto” o la “piccola parte” di Israele che ha accettato Gesù fa parte di questo nuovo popolo scelto da Dio, ossia la Chiesa di Cristo della Nuova ed Eterna Alleanza stabilita nel Sangue versato sulla croce dal Verbo Incarnato.

Dio avrebbe potuto abbandonare totalmente Israele, mentre scegliendone solo una piccola parte che gli era rimasta fedele, gli ha risparmiato la triste sorte di Sodoma e Gomorra (S. GAROFALO, La nozione profetica del “Resto d’Israele”, Roma, Lateranum, nn. 1-4, 1962, p. 5).

L’errore che ha sviato gli Israeliti è stato la presunzione di poter acquistare la grazia e la santità non per dono gratuito di Dio al quale si deve corrispondere, ma per appartenenza razziale al popolo d’Israele, con le loro opere esteriori o rispettando esteriormente il cerimoniale delle leggi ebraiche.

Dopo la morte di Cristo l’umanità (Pagani e Giudei fedeli) è in pace con Dio ad opera dell’unico Redentore del genere umano. Infatti se Dio ci ha amati mentre eravamo lontani da Lui, mandandoci il suo Figlio, siamo certi che ora che ci siamo riconciliati  con Lui, ci darà ogni bene e la salvezza eterna mediante il nostro Mediatore Gesù Cristo.


La Nuova Alleanza completa la Vecchia

La Nuova Alleanza è il compimento della Vecchia, ma, se i Giudei, ossia l’Israele scelto una volta dal Signore, che è la parte contraente umana del Patto Antico con Dio, rimane fuori del Nuovo Patto - nella sua maggior parte, in massa o come popolo - allora significa forse che la Redenzione salvifica non si realizza pienamente? No! Sostanzialmente il piano divino non è stato modificato né reso vano, infatti l’Israele chiamato da Dio non è quello secondo la carne (ossia tutta la discendenza razziale di Abramo), ma quello chiamato gratuitamente secondo lo spirito o secondo la fede di Abramo, che entra nell’Alleanza col Signore solo se l’uomo corrisponde alla chiamata e non per presunti privilegi di razza.
La chiamata al Cristianesimo riguarda sia i Pagani sia i Giudei per libera scelta divina senza che il fattore razziale determini minimamente la scelta di Dio, la quale si fonda unicamente sulla salvezza eterna ed esige dall’uomo una risposta di fede accompagnata dalle buone opere. Dunque si trovano fuori della Nuova Alleanza i Giudei come popolo (nella loro maggior parte o in massa) e quei pochi Gentili, che non accettano la fede in Cristo, rifiutando la predicazione degli Apostoli. “I Giudei si trovano fuori per loro propria colpa. Essi hanno misconosciuto la natura del piano divino, fondando la loro pretesa alleanza sul fattore razziale. Essi si illudevano che bastasse essere Giudei di sangue per aver pieno diritto alla salvezza” (F. SPADAFORA, Dizionario biblico, cit., p. 528).

Dio ha rigettato il suo popolo, ma come nell’Antico Testamento ai tempi del profeta Elia (I Re, XIX, 10-18), tra l’apostasia generale del popolo, Dio si riservò un “residuo”, una “reliquia” di 7 mila fedeli, ignota persino al profeta; così nel Nuovo Testamento, fra la nazione deicida indurita e accecata, Dio ha scelto una minoranza, un “piccolo resto”, il quale consegue il fine mancato dalla maggior parte: l’unione soprannaturale con Dio, mediante la grazia santificante e l’entrata nel regno del Signore.

L’appartenenza al nuovo popolo di Dio è conferita per grazia gratuita e non per appartenenza razziale o in considerazione delle osservanze esteriori e legali. Quindi la maggior parte di Israele infedele moltiplica inutilmente le osservanze rabbiniche e talmudiche di ordine naturale, che non possono produrre la grazia, la quale è di ordine sostanzialmente soprannaturale.

L’allontanamento della maggior parte di Israele ha favorito l’avvicinamento o la conversione dei Gentili a Dio e tutto ciò è uno stimolo salutare per Israele spinto all’emulazione dei Pagani convertiti a Cristo. Infatti al termine, vicino alla fine del mondo, Israele in massa entrerà anch’essa nel regno di Dio.

Gli Ebrei presumono ancor oggi che solo a loro è stato promesso il Messia e il regno di Dio. “Israele ha sentito profondamente di essere un popolo prescelto da Dio, ma questo indistruttibile sentimento ha raggiunto troppo spesso gli estremi limiti dell’accecamento e del parossismo” (S. GAROFALO, cit., p. 207).


L’intervento dei Profeti

I Profeti sono intervenuti spesso, illuminati da Dio, per ristabilire l’equilibrio. Quando Israele eccedeva, supervalutando la propria elezione, ma dimenticando gli impegni che essa imponeva; i Profeti hanno denunziato le indegnità del popolo eletto, ricordando la gratuità della scelta di esso e la doverosa corrispondenza con le buone opere soprannaturalmente meritorie al dono di Dio. Invece quando, in determinate circostanze sfavorevoli, il popolo vedeva la fine prossima e irreparabile, i Profeti hanno ricordato l’elezione divina e la conseguenza che nessuno avrebbe potuto distruggere tutto e per sempre il popolo di Dio, nonostante le sue indegnità nella sua maggior parte.


La “decimazione” del popolo una volta eletto

Ecco spiegata la “decimazione” del popolo (cfr. S. GAROFALO, p. 207), che ha apostatato nella sua maggior parte ed è rimasto fedele a Dio solo in un “piccolo resto”. Tutto è conseguenza dell’infedeltà a Dio, del deicidio e della persecuzione degli Apostoli, che sono stati costretti a lasciare la Terra santa per evangelizzare i Pagani poiché respinti dalla massa di Israele.

Purtroppo il “popolo una volta eletto” si è indurito e non solo ha fatto crocifiggere Gesù, ma ha resistito alla predicazione degli Apostoli, facendoli mettere a morte ed ha opposto alla tenerezza con cui Dio lo chiamava a pentimento un accecamento ostinato, diabolico. “Diocastigherà la sacrilega audacia decimando largamente il popolo” (S. GAROFALO, p. 208), di cui solo “una piccola reliquia” resterà fedele a Dio.

Il peccato di Israele è così clamoroso ed universale che Dio dovrebbe distruggere tutto il popolo infedele senza lasciarne neppure un resto, ma il Signore è fermamente deciso a non annientare Israele” (ibidem, p. 209).


Dio è onnipotente: il suo piano non può fallire

Così non si può attribuire il fallimento di Israele all’impotenza di Dio. No! Dio è onnipotente. Un “piccolo resto” di Israele ha perseverato e assieme ai Pagani ha dato luogo al popolo della Nuova ed Eterna Alleanza. Dio non ha fallito.

Dopo aver sfrondato l’olivo fruttifero resterà un ceppo (i Patriarchi) dal quale nasceranno nuovi germogli: gli Israeliti fedeli e al quale saranno innestati i Pagani convertiti.

Dio non può permettere che il suo popolo faccia la fine di Sodoma e Gomorra, perciò ne risparmierà un piccolo resto. […]. Il piccolo resto è il risultato di un’accuratissima selezione alla quale Dio perviene purificando ad oltranza il suo popolo per eliminare gli elementiindegni. […]. Il piccolo resto è essenzialmente un seme santo, un’accolta di Giusti perché dal flagello divino scampano solo i buoni e i veri Israeliti, secondo lo spirito o la fede di Abramo. Invece gli Israeliti malvagi, indegni della loro vocazione saranno eliminati, separati ed esclusi dal piccolo resto” (ibidem, p. 211).


L’apostasia attuale dei Pagani convertiti una volta a Cristo

Nell’attuale grande apostasia delle nazioni una volta convertite a Cristo dal Paganesimo ci troviamo a vivere una situazione analoga a quella in cui scriveva San Paolo ai Romani. La maggior parte dei Cristiani ha apostatato ed ha aderito ai princìpi della modernità: il culto dell’uomo. Tuttavia non si può negare che “un piccolo resto” sia rimasto fedele a Dio e al suo Cristo. Un piccolo resto umile, nascosto, perseguitato, reputato come “spazzatura” (1 Cor., IV, 13) agli occhi del gran mondo.

Conclusione 

È probabile che tra poco Dio castighi coloro che lo hanno pubblicamente abbandonato per adorare il “Vitello d’oro” (Exod., XXXII, 4). Allora cerchiamo di far parte del “piccolo resto”, restando uniti al Signore tramite la fede e le opere buone. Che la Madonna mediatrice e dispensatrice di ogni grazia ci aiuti a perseverare nell’Alleanza cui Dio ci ha chiamati quando il suo Figlio Incarnato morì sulla croce e ci lavò col suo preziosissimo Sangue.
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2622_Nitoglia_Ancora_su_Resto_di_Israele.html

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