ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 27 settembre 2018

Nel mezzo del cammin..

Noi, cristiani nella selva oscura. Rod Dreher a cuore aperto

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“Credo che la mia vocazione sia aiutare gli altri ad amare Gesù Cristo e a servirlo”.
Parola di Rod Dreher, giornalista e scrittore americano, autore del best seller mondiale L’opzione Benedetto. 
Nell’intervista che Rod mi ha concesso racconta di sé, del suo lavoro, della sua vita interiore, oltre che della situazione in cui si trova la Chiesa oggi.
L’opzione Benedetto ormai è qualcosa di più di un libro, per quanto di successo: è un’idea, una proposta rivolta ai cristiani di oggi per vivere la fede in una civiltà che non è più cristiana e si avvia a diventare post-umana.
Nel quadro attuale, se la Chiesa, tutta tesa a guadagnare il consenso del mondo, tradisce la sua missione e non si occupa della salvezza delle anime, occorre fare come San Benedetto, che lasciò Roma quando vide che era troppo corrotta. “Bisogna riconoscere le rovine e prenderne le distanze”, dice Rod. Non significa uscire dalla Chiesa, ma adoperarsi per la sua purificazione. Dobbiamo vivere, suggerisce Rod, nella preghiera e con lo sguardo rivolto a Dio. Anche se certamente noi laici “non siamo chiamati ad essere monaci, dovremmo però seguire l’esempio monastico per vivere vite più ordinate, oranti e contro-culturali”.
Rod Dreher (Baton Rouge, 1967) nell’intervista racconta anche la sua doppia  conversione e la sconvolgente scoperta della corruzione morale nella Chiesa cattolica. “Fin dal 2002 – rivela – sapevo del cardinale McCarrick”.
*
Perché secondo te, Rod, L’opzione Benedetto ha avuto tanto successo?
Il libro è così popolare perché legge i segni dei tempi e descrive lo spirito dell’attuale momento culturale. I cristiani che credono veramente nella nostra fede percepiscono chiaramente che viviamo in un momento di grande confusione e turbamento. Le risposte standard fornite dalla Chiesa non sembrano sufficienti per affrontare la realtà della nostra situazione.
Essere un cristiano autentico non è mai stato facile, ma oggi le sfide sono davvero grandi. Il problema non è solo che la civiltà occidentale sta diventando via via meno cristiana, ma anche che questa stessa civiltà sta diventando post-umana. In molti modi diversi stiamo perdendo la capacità di riconoscere la nostra stessa umanità e di avere fiducia nella verità. Questa crisi non è iniziata ieri e nemmeno negli anni Sessanta, ma è cresciuta nell’arco di secoli diventando sempre più forte. Ora ci troviamo in un momento decisivo nella storia del mondo e nella storia della Chiesa.
Sebbene io abbia venduto più copie de L’opzione Benedetto negli Stati Uniti che in Europa, trovo che in generale i cristiani europei – specialmente quelli al di sotto dei quarant’anni di età – capiscano il mio libro meglio degli americani. Perché? Penso per due ragioni.
La prima: gli europei sono più avanti di noi nel processo di scristianizzazione. Per noi cristiani americani è più difficile capire che cosa sta accadendo, perché non abbiamo ancora sperimentato ciò che gli europei invece hanno già sperimentato. Certo, la stessa cosa sta avvenendo ora anche da noi, ma per gli americani è più facile negare tutto ciò.
La seconda: noi americani siamo per temperamento ottimisti e orientati al futuro. Ci manca il senso del tragico. Crediamo che le cose possano solo andare meglio e preferiamo non ascoltare chi la pensa diversamente. È una pericolosa forma di autoinganno propria della cultura americana.
Ma devo dire che noto anche un divario generazionale, anche in Europa. Un anno fa il mio libro è stato pubblicato in Francia e ho passato molto tempo lì per la sua promozione. Ho notato che i cattolici della mia età e più anziani (io ho 51 anni) fanno più fatica a confrontarsi con le tesi del libro rispetto ai cattolici più giovani. Perché? Credo che ciò abbia a che fare con le speranze del Concilio Vaticano II. È difficile, per i cattolici di una certa età, ammettere che il Concilio non ha prodotto il rinnovamento che aveva promesso. Inoltre, per i cattolici delle generazioni più anziane è difficile accettare che, per vivere fedelmente il cristianesimo ora e negli anni a venire, bisognerà accettare una maggiore emarginazione sociale. Si sono convinti che, se solo facessimo qualche piccolo cambiamento nel modo in cui presentiamo il Vangelo, il mondo ci lascerebbe ancora sedere alla sua tavola, per così dire.
I cattolici più giovani, perlomeno quelli che ho incontrato, non si fanno questo genere di illusioni. Rispetto ai loro genitori e nonni, comprendono più chiaramente che il regime liberale ci vuole catechizzare, e che i tentativi della Chiesa di avvicinarsi a questo regime liberale basandosi sui suoi medesimi termini produce come unico effetto una Chiesa che è meno se stessa.  Due anni fa Andrea Tornielli ha scritto di alcune ricerche condotte dal dottor Franco Garelli, che ha esaminato le convinzioni religiose degli italiani. Dai risultati di queste ricerche, Garelli ha scoperto che tra le famiglie cattoliche che si descrivono come “credenti convinti e attivi” solo il 22 per cento ha figli che descrivono se stessi allo stesso modo.
In Italia gli atei e i credenti “deboli” non hanno problemi a trasmettere la loro visione del mondo ai propri figli. Ma per quanto riguarda le famiglie cattoliche “impegnate”, solo una su cinque riesce a passare ai propri figli la sua visione del mondo. Per le famiglie, vivere in totale simbiosi con questo mondo post-cristiano è una sorta di suicidio spirituale. Quei cattolici che sono attratti dall’Opzione Benedetto lo capiscono, e vogliono qualcosa di più resistente. Ne va della sopravvivenza del cristianesimo.
Monsignor Gäenswein presentando il tuo libro ha detto che anche Papa Benedetto vede se stesso come un vecchio monaco in preghiera. E tu, Rod, come vedi Benedetto XVI? E che idea ti sei fatto della sua rinuncia?
Io lo considero un padre spirituale. È un profeta. Un amico ebreo, che lo ammira fortemente, mi ha detto di essere convinto che Papa Ratzinger fosse l’ultima opportunità dell’Occidente per salvare se stesso, opportunità che l’Occidente ha rifiutato. La tragedia del suo pontificato è stata che lui non era abbastanza forte per combattere i suoi nemici. Ammetto di averlo giudicato severamente quando si è dimesso, e di essere stato tentato di pensare a lui duramente quando il pontificato di Francesco è degenerato in un disastro per la Chiesa cattolica.
Recentemente, però, ho iniziato a pensarla diversamente. Un amico vicino a Benedetto mi ha detto che il Papa si è dimesso nel momento in cui si è accorto che la corruzione all’interno della Curia andava ben oltre ciò che lui aveva il potere di combattere. Potrebbe essere che Papa Ratzinger abbia visto in Roma (in questo caso intesa come simbolo del Vaticano) le stesse cose che San Benedetto vide a Roma al suo tempo? Potrebbe essere che il modo migliore di combattere la corruzione sia davvero quello di ritirarsi a Subiaco (nel caso di Papa Ratzinger, in contemplazione all’interno del Vaticano)? Probabilmente al suo tempo San Benedetto sembrò pazzo agli occhi della gente per quello che fece. Avranno detto: se sei un vero cristiano, perché non resti a Roma a combattere per ripulire la Chiesa? Ad ogni modo, oggi sappiamo che l’atto di rinuncia del santo ha portato grandissimi frutti nei secoli a seguire.
Potrebbe essere che l’atto di rinuncia di Papa Benedetto sia destinato a produrre lo stesso effetto? È impossibile saperlo, ma non possiamo scartare questa possibilità. Potrei sbagliarmi. Tutto ciò che posso dirti è che lo adoro e che penso che sia un santo.
Che cosa dice Benedetto da Norcia alla Chiesa di oggi?
San Benedetto ha lasciato Roma quando ha scoperto che era troppo corrotta. Temeva che rimanendo lì, vivendo nella città, avrebbe perso la fede. Benedetto però non ha abbandonato Dio, ma ha solamente cercato un modo nuovo di vivere la fede in quelle condizioni così difficili. Allo stesso modo, è chiaro che la Chiesa oggi è diventata molto fragile e disgregata, e addirittura corrotta. Papa Giovanni XXIII voleva “aprire le finestre della Chiesa e lasciar entrare aria fresca”. Ora è chiaro che i ladri si sono lanciati dentro e, in molti modi, hanno ridotto la Chiesa contemporanea in rovina. I cattolici che vogliono restare cattolici dovranno trovare nuovi modi per vivere come cattolici. Questo non implica lasciare la Chiesa cattolica, ma richiede di scavare più profondamente alle radici della fede cattolica e di vivere una vita spiritualmente più disciplinata. La comunità dei Tipi Loschi a San Benedetto del Tronto  (http://www.tipiloschi.com/chisiamo.aspx) mostra una possibile modalità di come i laici possano riuscire in questo, ma sono sicuro che non sia l’unica. Il punto è che i cristiani fedeli che oggi vivono nella Chiesa devono essere come San Benedetto, nel senso che devono riconoscere chiaramente le rovine attorno a loro, prendendo con coscienza la decisione di allontanarsi da ciò che potrebbe costar loro la fede. Bisogna ricordare che San Benedetto non ha solamente voltato le spalle a qualcosa di cattivo, bensì è andato incontro a qualcosa di buono. E il buono che trovò a Subiaco, nella vita monastica, Benedetto riuscì a riportarlo nel mondo. I suoi figli spirituali furono capaci di ricostruire sulle rovine che portarono il loro padre San Benedetto ad andarsene. È questa la chiamata dei cattolici di oggi.
Per passare ad un’altra metafora, prendiamo in considerazione la selva oscura di Dante. Nei primi canti della Commedia, Dante sa che deve scappare dalla selva oscura oppure morirà. Il Cielo gli manda Virgilio per guidarlo. Allo stesso modo, penso che il Cielo ci abbia mandato l’esempio di San Benedetto per aiutare i cattolici intrappolati nella selva oscura della Chiesa contemporanea e guidarli verso un rinnovamento spirituale all’interno della Chiesa. Il problema che i cattolici stanno affrontando oggi è legato al fatto che troppi dei loro capi non riescono ad ammettere i fallimenti della Chiesa postconciliare, credendo che la selva oscura sia invece il Giardino dell’Eden.
Assieme a molti complimenti, il tuo libro ha ricevuto anche critiche, per esempio dalla rivista La Civiltà Cattolica. Come interpreti queste critiche?
Non posso certo leggere nel pensiero di tutti questi critici, ma è evidente che sono intimoriti dal mio libro. Per chiarezza: non mi dispiacciono i critici onesti, anzi traggo beneficio dalle loro critiche. Non pretendo certo di avere tutte le risposte per i cristiani di oggi, e accolgo con favore le critiche costruttive. L’opzione Benedetto non è un progetto per la mia autogratificazione, ma qualcosa che io stesso perseguo perché sono alla ricerca, per me e per i miei figli, di una via per vivere una vita cristiana più fedele. Un critico onesto che segnala i miei errori mi può solo essere d’aiuto.
Il problema sono le critiche disoneste, come quelle che ho ricevuto da La Civiltà Cattolica. Perché questi critici si sentono minacciati dall’idea dell’Opzione Benedetto al punto da sentirsi liberi di travisarla? Nel libro io dico molto chiaramente che non credo che i cristiani laici debbano nascondersi sulle montagne e costruire una roccaforte contro il mondo moderno. Noi non siamo chiamati ad essere monaci. Dovremmo però seguire l’esempio monastico per vivere vite più ordinate, oranti e contro-culturali. Ciò che intendo è che se vogliamo vivere come fedeli cristiani in un mondo post-cristiano, dobbiamo stabilire una certa distanza tra noi e le pratiche normali di questo mondo, per una nostra maggiore fedeltà. Dobbiamo rafforzare la nostra resilienza interiore.
Che i gesuiti progressisti, come altri cristiani progressisti, siano intimoriti dal mio libro è dovuto al fatto che io ritengo che il loro approccio al mondo non sia fedele e autentico; io credo che sia piuttosto una resa allo spiritus mundi. Ma ci sono anche cristiani non progressisti che rifiutano l’Opzione Benedetto, considerandola troppo radicale. La trovano minacciosa perché dice loro: dovete cambiare la vostra vita. La gente non vuole farlo. La gente vuol credere di poter continuare a vivere come ha sempre vissuto, aspettandosi che in questo modo tutto andrà comunque per il meglio. Ciò è semplicemente falso. Viviamo in un tempo in cui i cristiani hanno dimenticato che la fedeltà può richiedere sofferenza. Come disse una volta la scrittrice cattolica americana Flannery O’Connor, i cristiani moderni vogliono credere che il cristianesimo sia una coperta calda, ma in realtà il cristianesimo è la croce.
Ciò che dico a tutti coloro che mi criticano è: se non pensate che l’Opzione Benedetto sia la risposta, quale risposta suggerite? Perché quello che noi cristiani già stiamo facendo, evidentemente non sta funzionando. Papa Francesco esorta i cattolici ad andare nel mondo e condividere la fede, e non sbaglia a farlo. Ma non puoi dare al mondo ciò che tu non hai. Ci sono sempre meno cristiani, e molti di quelli che ancora si definiscono tali hanno una scarsa comprensione di che cosa significhi essere cristiano. La crisi è grave e pressante.
Caro Rod, che cosa trovi di più e di più buono nell’ortodossia rispetto alla Chiesa cattolica?
Questa è una domanda delicata. Di certo la Chiesa ortodossa ha molti problemi. Nessuna Chiesa è perfetta. Una cosa che la Chiesa ortodossa ha preservato nei tempi moderni, più difficile da trovare nelle chiese cattoliche, è un viscerale senso del sacro, del trascendente, soprattutto nella liturgia. Gli anni della mia vita trascorsi da cristiano ortodosso sono ormai quasi quanti quelli trascorsi da cattolico e devo dire, con rispetto, che vivere e pregare da ortodosso coincide con quello che mi aspettavo di trovare nel cattolicesimo, quando da giovane mi convertii diventando cattolico. Ora mi rendo conto che le mie idee sul cattolicesimo si erano formate leggendo libri scritti prima del Concilio Vaticano II. Inoltre, l’ortodossia è guidata da un senso della tradizione molto più forte di quello presente nel cattolicesimo moderno. L’ortodossia sembra essere più stabile e consapevole del passato.
Devo però spiegare che non ho lasciato il cattolicesimo per l’ortodossia dopo aver soppesato nella mia testa le due confessioni e aver trovato più argomenti a favore dell’ortodossia che argomenti a favore del cattolicesimo. Per me non è stato affatto così. Mi sono convertito al cattolicesimo a ventisei anni. È stata una conversione profonda. Ero cresciuto protestante, ma la mia famiglia non era molto religiosa. Da adolescente avevo perso completamente la fede. Sono arrivato a Cristo più tardi, da giovane, attraverso la Chiesa cattolica. Credevo fortemente nel cattolicesimo, e usavo la mia fede come una sorta di arma contro il mondo.
Nel 2001, come giornalista a New York, ho iniziato a scrivere sul tema degli abusi sessuali da parte dei preti. Ero un vero giornalista cattolico “crociato” e volevo ripulire la Chiesa – la mia Chiesa – anche in difesa dei miei figli. A quel tempo, un buon prete che conoscevo mi avvertì che se io avessi continuato a scrivere su questo argomento, mi sarei ritrovato in luoghi più oscuri di quanto io non potessi immaginare. Questo non mi fermò. Lui allora mi incoraggiò a continuare a scrivere, raccomandandomi però di stare attento ai pericoli spirituali che ciò poteva comportare. Io non lo presi sul serio quanto avrei dovuto. Negli anni seguenti, scoprii cose veramente diaboliche sulla Chiesa. Ad esempio, fin dal 2002 io sapevo del cardinale McCarrick, ma non potevo scrivere nulla su di lui, perché le persone che mi avevano informato su quello che aveva fatto non volevano essere citate. E c’era ben di peggio.
Avevo sempre creduto che se avessi avuto la dottrina ben chiara nella mia testa e buoni argomenti a favore del mio cattolicesimo, la mia fede avrebbe potuto resistere a qualsiasi cosa. Mi sbagliavo. Nel corso delle mie indagini vedevo vescovi mentire, e mentire costantemente. Mi resi conto che era impossibile fidarsi di loro. Erano disposti a mentire per proteggere il sistema e se stessi. Ciò che infine distrusse me e mia moglie fu la vicinanza con un prete cattolico in Texas, dove ci eravamo trasferiti nel 2003, che ci convinse di essere un conservatore che era stato vittima di progressisti. Noi, che eravamo cattolici conservatori, gli credemmo. Solo per caso scoprii la verità, cioè che lui era accusato di molestie su un ragazzo ed era stato sospeso dal suo vescovo nello stato della Pennsylvania. Poi era venuto in Texas e aveva convinto un parroco a farlo tornare al ministero, ma impedendo al vescovo del luogo di saperlo. Ne ho scritto in questo mio articolo sul Dallas Morning News:
http://www.bishop-accountability.org/news2004_07_12/2004_07_01_Dreher_BlowingThe.htm
Mia moglie ed io stavamo permettendo a questo prete di entrare nelle nostre vite. Dopo questa scoperta, qualcosa in noi si ruppe. Non potevamo più fidarci di nessuno di loro. Continuammo ad essere cattolici ancora per un anno, ma spiritualmente eravamo come degli zombie. La nostra intera esperienza di fede non era altro che paura, ansia e rabbia.
Come cattolici, sapevamo che la Chiesa ortodossa ha sacramenti validi. Con il cuore pesante, iniziammo a pregare in una chiesa ortodossa. Non avevamo intenzione di convertirci. Volevamo solo poter stare alla Presenza Reale di Nostro Signore nell’Eucaristia, pur non potendo riceverla, e partecipare ad una liturgia che fosse bella, dove per noi fosse possibile uscire da quella nube scura di rabbia. Alla fine ci rendemmo conto di non poter più tornare indietro: diventammo ortodossi.
Non fraintendetemi: sono grato per la mia fede ortodossa, sono felice di essere ortodosso. Ma perdere la mia fede cattolica è stata la cosa più dolorosa che mi sia mai capitata. Non avevo mai immaginato che sarebbe potuto accadere. Ora vedo che la mia fede era troppo intellettuale e che riponevo troppa fiducia nell’istituzione cattolica. Devo confessare, tuttavia, che Dio mi ha umiliato in modo tale da salvare la mia anima. Non sono diventato ortodosso perché pensavo che la Chiesa ortodossa avesse meno peccati, nonostante io creda che, perlomeno negli Stati Uniti, non abbiamo lo stesso livello di problemi con preti omosessuali e abusi sessuali rispetto alla Chiesa cattolica. Ma non c’è chiesa senza peccato e senza corruzione. Sono diventato ortodosso per salvare la mia fede in Gesù Cristo e la fede della mia famiglia. Mia moglie ed io semplicemente non potevamo più continuare a credere come cattolici. Io raccomando a tutti i cristiani con cui parlo – cattolici, protestanti ed ortodossi – di non dare mai per garantita la propria fede, e di non pensare di poter resistere a qualsiasi prova di fede. Io ero sicuro di farcela, ma non sono sopravvissuto.
Questo ha drasticamente influenzato il tipo di cristiano ortodosso che sono ora. Non ho lo stesso tipo di fiducia nell’istituzione della Chiesa che io avevo da cattolico. Passo molto meno tempo a pensare alla dottrina e molto più tempo a pregare. E cerco fortemente di essere fedele a ciò che credo essere vero senza essere arrogante com’ero una volta. Dopo alcuni anni vissuti come cristiano ortodosso, ho recuperato l’amore per tutto ciò che c’è di buono, vero e bello nella fede cattolica. Spero che i lettori de L’opzione Benedetto se ne accorgano, specialmente nel mio rispetto e amore per i monaci di Norcia e per i Tipi Loschi. Credo che la mia vocazione sia aiutare gli altri ad amare Gesù Cristo e a servirlo. Sebbene io non sia più un cattolico romano, resto sempre un uomo dell’Occidente e credo che la mia civiltà abbia bisogno che la Chiesa cattolica sia forte e pura. Spero che L’opzione Benedetto contribuisca a questa causa.
Stai lavorando a un nuovo libro?
No, non sto ancora lavorando ad un nuovo libro, ma ho qualche idea. Penso continuamente ad una conversazione avuta un anno fa a Parigi con un famoso filosofo francese. Concordavamo sul fatto che l’Occidente sia in rapido declino. Gli chiesi allora dove lui trovasse speranza. Mi disse: “Io non ho speranza”. Gli dissi che la mia speranza è in Gesù Cristo, che io non sono ottimista per quanto riguarda il breve termine, ma sono fiducioso, perché la speranza cristiana ci dà la certezza che Dio mantiene il controllo, e che anche le nostre sofferenze hanno significato se le uniamo a quelle di Cristo. Il professore mi ascoltò rispettosamente, poi disse: “Questo è un bene per voi americani, ma qui in Francia crediamo che questa vita sia l’unica cosa che esiste. Quando tu muori, sei morto.”
Non seppi più che cosa dirgli dopo questa sua affermazione. Ma non riesco a smettere di pensare a quella conversazione. Sto pensando di scrivere un libro per far vedere come possiamo scoprire Dio in questo mondo post-cristiano. Avrà qualcosa a che fare con l’osservazione di Benedetto XVI secondo cui i migliori “argomenti” per la fede sono l’arte prodotta dalla Chiesa e i suoi santi: in altre parole, la bellezza e la bontà rese visibili.
a cura di Aldo Maria Valli
(hanno collaborato: Giovanni, Alessandra, Giuseppe)

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