ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 4 ottobre 2018

Liberi e felici, sì: anche di dannarci?

PARLARE CON DIO O COL DIAVOLO?


Se non si parla con Dio è col Diavolo che si parla. Gesù ha sconfitto il Diavolo, ma ora il Diavolo si sta prendendo la rivincita seminando false dottrine nel clero infedele spingendo le anime nella confusione e nel turbamento 
di Francesco Lamendola   

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La vita, abbiamo battuto e ribattuto questo concetto, non è una gita di piacere, ma una lotta, una vera e propria guerra, una guerra del male contro il bene e del bene contro il male; una guerra nella quale non è possibile rimanere neutrali, perché l’apparente neutralità favorisce una sola delle due parti, una ben precisa, il male. Il male infatti si giova anche dell’ignavia e dell’accidia; il bene è sempre attivo e generoso. Ne consegue che ogni pensiero che formuliamo, ogni parola che diciamo, ogni azione che compiamo, non sono mai neutri, non sono mai indifferenti: hanno sempre una valenza buona o cattiva. Conosciamo la reazione spazientita dell’uomo di buon senso, dell’uomo moderno, razionale e ponderato, alieno da ogni eccesso, da ogni aut-aut: ma chi lo dice cos’è il bene e cos’è il male? E chi lo dice cos’è il vero e cos’è il falso? E il giusto e l’ingiusto? E il bello e il brutto? È la solita, trista tiritera del relativismo: mettere in dubbio ogni cosa, scalzare ogni certezza dalle sue fondamenta, rendere tutto precario, effimero, inattendibile e illusorio. I signori del relativismo, gli Eco, i Galimberti, se fossero seduti nell’aula di Tommaso d’Aquino, alzerebbero la mano e direbbero, con aria di sfida:Non si può dire che questa è una mela. Al massimo si può dire che sembra una mela, in certe condizioni di luce, e solo se si ha la vista perfetta, ad esempio se non si è affetti da daltonismo, o da una forte miopia. Ma vista dagli ultimi banchi, non siamo più sicuri che sia una mela: siete voi che lo dite, maestro, e noi siamo portati a credervi. Tuttavia, se qualcuno non ci credesse? Non siete stato voi a insegnarci a riflettere e a decidere con la nostra ragione, a non fidarci ciecamente di alcuno?


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Bergoglio si rifiuta di benedire i fedeli nel nome di Gesù, ma si compiace di simili gesti.

San Tommaso li guarderebbe con occhi penetranti, poi domanderebbe loro: E allora, che dite che sia questo oggetto che ho posato sulla cattedra, se non è una mela? Una pera, forse? E quelli, con aria compunta: Non sia mai! Noi non affermiamo una cosa simile. Solo, ci limitiamo a mettere in dubbio che si possa dire, con tutta sicurezza, che è una mela. Che cosa sia, in realtà, resta da vedere. E l’Aquinate, allora: Benissimoe chi lo deciderà? E quelli: Le circostanze, senza dubbio; il fatto che ci sia abbastanza luce e che la vista dei presenti sia abbastanza buona. E anche il fatto che abbiano visto una mela e la possano confrontare con l’oggetto che si trova sulla cattedra. Se un abitante degli Iperborei non ha mai visto una mela, ad esempio, non potrà mai concordare con la vostra affermazione, a meno che vi creda ciecamente sulla parola, per sola fede. Ma per fede si deve credere solamente a Dio. San Tommaso, a questo punto, li soppeserebbe con il suo sguardo intenso, e direbbe piano, senza alterarsi: Vedo bene chi siete voi: siete lo spirito della negazione. Non v’importa della verità; v’importa di distruggere la verità. Avete per scopo di distruggere la credenza nella verità da parte degli altri. Volete dimostrare che nessuno può affermare alcunché; volete paralizzare il pensiero, ma il vostro obiettivo è un altro; incrinare la fede. Perché il pensiero, alla fine, è sempre pensiero di qualcosa, su qualcosa e per qualcosa, che non può essere ulteriormente dimostrato: cioè una fede. Voi siete gli agenti del diavolo, perché avete in animo di scalzare le basi della fede, distruggendo la validità del pensiero. E quelli, con studiata ipocrisia: Voi ci fate torto, maestro. Noi applichiamo i suoi insegnamenti, i vostri e quelli di Aristotele. Noi adoperiamo la logica, e solamente la logica. Chi può dire che questa è una mela, se non si è mai vista una mela? Certo, noi l’abbiamo vista e la conosciamo, perché la mela è un frutto che cresce sugli alberi in questo clima, alle nostre latitudini. Ma il ragionamento deve essere universale; la validità della logica deve prescindere dalle circostanze del luogo e del tempo. Se non è in grado di farlo, allora la logica deve avere l’onestà di arrendersi, di riconoscere il proprio limite. Non è forse questo che voi ci avete sempre insegnato, maestro: che la sola ragione, alla fine, deve riconoscere il proprio limite?

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Sì, decisamente gli piace...

San Tommaso allora li guarderebbe con un misto di disprezzo e di pietà: Io vi ho insegnato, disgraziati, che la ragione deve cedere davanti a qualcosa che è più grande di lei, la fede; non già che deve arrendersi davanti al nulla, e girare a vuoto su se stessa. Non per questo Dio ci ha dato l’uso della ragione, che ci distingue dai bruti: non perché noi ne distruggiamo stupidamente i fondamenti, al solo scopo di creare il deserto. Il relativismo che voi suggerite è qualcosa di meno della ragione, non qualcosa di più. Non si getta un tesoro d’argento per riempire le borse di terra, ma si getta il tesoro d’argento se si è capaci di riempire le borse d’oro massiccio. Voi non avete capito, perché non avete voluto capire: per vostra malizia avete preso quella parte del mio insegnamento che faceva comodo ai vostri perversi disegni, e avete lasciato cadere l’altra parte, la più importante. Io ho tentato d’insegnarvi che la ragione è una scala che conduce l’anima verso il Cielo, non che è una scala sospesa sul vuoto e che non serve a nulla, se non a contraddire se stessa. Ma la spirito di contraddizione, che è il vostro signore e padrone, vi ha suggerito di fare quest’uso della vostra ragione, per gloriarvi della vostra finezza logica: ha fatto leva sulla vostra superbia intellettuale, e voi vi siete caduti fin dall’inizio. Non avete capito che la ragione, se è un dono inestimabile di Dio, comporta anche una immensa responsabilità: quella del suo retto uso. Voi l’adoperate come uno strumento per scardinare l’edificio della verità; essa invece è stata data all’uomo perché si inginocchi davanti a Colui che, nella sua perfezione, conosce tutti i pensieri e guida le anime di buona volontà verso la loro destinazione naturale, il Bene. Ma a voi non importa né del bene, né del vero; a voi importa solo della vostra gloria: volete divenire famosi per aver fatto la grande scoperta, che nessuno può affermare la verità. Siete anime perse, e che Iddio abbia pietà di voi, getti un poco di luce nelle tenebre della vostra superbia e vi faccia trovare le vie della conversione; per intanto, uscite da quest’aula. Oggi voi negate che questa mela si possa definire una mela; domani negherete ogni criterio di verità; e alla fine negherete anche Colui che garantisce l’esistenza della verità, perché è la Verità stessa: Dio.

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... e gli piace che li ripetano tutti...

Ma ora torniamo al presente e domandiamoci di nuovo: se la vita è una guerra fra il bene e il male, e noi, ciascuno di noi, nella sua vita, pensa, parla e agisce in un certo modo, non è forse vero che combatte, pur non sapendolo, o per il bene, o per il male? Limitiamoci, per ragioni di brevità e di semplicità, ai discorsi: quante parole diciamo nel corso della nostra vita! Ebbene, a chi parliamo, quando non stiamo parlando con Dio? Secondo logica, se non si fa nulla che sia per il bene o per il male, chi non parla con Dio, sta parlando col Diavolo, ispirato dal Diavolo, nell’interesse del Diavolo. Vi sembra esagerata, una simile affermazione? Sa di medioevo? No, spiacenti: sa di cristianesimo; il cristianesimo è questo: o prendere, o lasciare. Certo, i cristiani “moderni” trovano che questo linguaggio sia troppo duro; ma la verità è che non esistono cristiani moderni o non moderni; esiste il cristianesimo, ed esiste chi ha fede in Gesù Cristo; oppure si è fuori del cristianesimo.
Ascoltiamo quel che ha detto Lui stesso (Mt 5,37): Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. È chiaro il concetto? Quel che non viene da Dio, viene dal Diavolo: e non è un modo di dire, perché Gesù non parlava per modi di dire, ma è una espressione precisa, da prendere con estrema serietà, in tutto il suo significato. Anche Léon Bloy e anche Giovanni Papini erano di questo avviso: loro, dei cristiani che si trovavano a vivere nella modernità, ma non erano cristiani moderni, erano cristiani e basta, o almeno cercavano di esserlo, coerentemente e lealmente. Ecco cosa scriveva Papini nel suo libro Il diavolo. Appunti per una futura diabologia (Firenze, Vallecchi, 1954, p. 197-199):
“Quand nous ne parlons pas à Dieu ou pour Dieu, c’est au Diable que nous parlons, et il nous écoute dans un formidabile silence…”.
Queste parole furono scritte da Léon Bloy e non potevano essere scritte che dal “Pélerin de l’Absolu”. Sono terribilmente vere. Per il cristiano non v’è che una sola essenza e una sola esistenza: quella di Dio, di Colui che è. Non si può dunque parlare che a Lui o intorno a Lui o al servizio di Lui. Ogni altro discorso, ogni discorso che non abbia per tema il Creatore e la sua Creazione e la sua Redenzione, non può essere che un discorso su ciò che si contrappone a Dio, cioè sul Male e sul Principe del Male. V’è chi parla sul nulla e intorno al nulla – il che avviene, più spesso che non si crede, agli oratori politici e ai ciarlatori metafisici – ma il Nulla è, in definitiva, uno dei nomi del Demonio in quanto esso è lo spirito che nega e la forza che distrugge.
Questa paurosa verità illumina di paurosa luce la vita dei nostri tempi. Vu sono ancora, in tutte le parti del mondo, dei sacerdoti che parlano di Dio, dei solitari che cercano di unirsi a Dio, degli infelici che si rivolgono a Dio. Ma sono, a paragone della massa parlante, come alcioni sperduti sopra un oceano furioso e muggente. I discorsi degli uomini – nelle case, nelle piazze, nei parlamenti, nei teatri, nelle scuole, nei giornali – sono di tutt’altra materia e natura. Si parla universalmente di affari e di piaceri, di denaro da guadagnare e da spendere, di macchine e di tariffe,  di stipendi e di dividendi, di armi e di guerre, di mezzi per vincere lo spazio e di mezzi per distruggere ciò che esiste. Si discorre per ingannare le donne e per ingannare i popoli, per accrescere la propria fortuna o la propria potenza, per placare i rivali o per minacciare i nemici, per far ridere gli oziosi o per incantare i raffinati. Le parole umane, pronunciate o stampate, collaborano ai fini più comuni degli uomini moderni: godere e possedere, sopraffare e sopprimere.
Bloy, dunque, ha ragione. Tutti questi discorsi sono, in realtà, discorsi intorno al Male, discorsi rivolti al Diavolo o che si riferiscono al Diavolo, anche se il suo nome non è mai pronunciato dai suoi inconsapevoli servitori. E Satana ascolta questi innumerevoli, ripetuti, quotidiani discorsi in silenzio. Che cosa, infatti, potrebbe rispondere? Gli uomini parlano il suo linguaggio, parafrasano i suoi principi, obbediscono ai suoi voleri. Il Diavolo non ha nulla da dire, nulla da replicare. Hanno imparato bene la sua lezione, si occupano di lui e soltanto di lui, anche senza nominarlo. Il Diavolo ascolta in silenzio, per non turbare la disciplina dei suoi allievi: la sua ora di parlare verrà.

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Oggi parlare del Diavolo è diventato inopportuno: né mancano gli eccellenti corifei del signore argentino, come Sosa Abascal, il generale dei gesuiti, che dicono chiaro e tondo, che il Diavolo non esiste, non è mai esistito, è solo un’allegoria del male.

Se non si parla con Dio, è col Diavolo che si parla

di Francesco Lamendola
continua su: 

L'OFFICIO DELLA BEATA VERGINE
Quando era normale pregare con l’Officio della B.Vergine. Se nel '500 erano considerati all’a-b-c della formazione i lettori che approfondivano i salmi con libri di oltre 500 pagine, che dovremmo dire dei cristiani di oggi? 
di Don Floriano Pellegrini  
  

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«Sicome non è nessuno, che non debbia havere in peculiare devotione la Gloriosa Vergine Madre del figliuolo di Dio, così anco voglio credere, che siano pochi quelli, che sapendo leggere, non dichino il suo santo officio, & questi con le viscere del core, & quanto io posso per gli infiniti obblighi, che noi tutti teniamo alla Gloriosa Vergine, prego che anco loro voglino ogni giorno dirlo. Et per la consolazione delle devote persone, & massime di quelle, che non hanno tanta intelligentia, ho preso à dechiarare i salmi che si leggano nel suo Santo officio, à gloria di Dio, & della sua Santa Madre, e ad utilità delle anime nostre».
Così inizia e si afferma in un libretto del 1583, stampato a Firenze. Era normale, insomma, che una persona in grado di leggere, tra le sue prime letture avesse l’Officio della Madonna, prima ancora di ogni altro libro di preghiera o della stessa Bibbia o, almeno, insieme ad essi, per chi poteva procurarsene qualche copia o avere una storia sacra. Oggi l’Officio della Madonna è dimenticato da quasi tutti i cristiani; non sanno neppure che esista o sia esistito e questo è uno degli indici della profonda e radicale trasformazione, non certo positiva, avvenuta dopo il concilio Vaticano II.
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Il libretto da cui ricaviamo l’affermazione è: Esposizione de Salmi de tre notturni dell’Officio della Beata Vergine. / Esposti e letti nel Duomo di Firenze l’anno 1582 dal M. R. M. Cosimo Filiarco Pistorese. / Canonico & Teologo Fiorentino. / All’Illustriss. & Reverendiss. Monsig. Il Sig. Cardinale Alessandrino. / In Firenze, Appresso Giorgio Marescotti. MDLXXXIII. / Con Licentia de Superiori.
Tale libretto è così composto: pp. I-II n.n. in bianco + p. III n.n. frontespizio + p. IV n.n. in bianco + pp. V-VIII n.n. dedica «All’Illustrissimo et Reverendissimo Monsignore / Il Sig. Cardinale Alessandrino Signore, & Patrone mio Colendissimo.» + pp. IX-XII n.n. «L’Autore a’ benigni Lettori salute nel Signore.» + pp. XIII-XV n.n. «Errori piu [!] principali della Stampa.» + p. XVI n.n. immagine della Madonna + pp. 1-534 «Esposizione de Salmi […].» (sono i salmi 94, 8, 18, 23, 44, 45, 86, 95, 96, 97) + pp. 535-561 n.n. «Tavola delle materie principali.» + p. 562 n.n. marchio della tipografia Marescotti + pp. I-II n.n. in bianco.
Riporto il resto del brano centrale, quello della esposizione ossia spiegazione spirituale dei salmi, introduttiva all’analisi del primo (salmo 94):
«Essendo che innanzi à l’oratione sia necessario che noi ci prepariamo, Ante orazione prepara animam tuam, & noli esse quasi homo qui tentat Deum, la Chiesa prima ci prepara al santo officio accio fruttuosamente lo recitiamo, perche recitandolo senza alcuna preparazione, & con la bocca e non col il cuore, nonsolo non ne caveremo frutto ma ci provocheremo anco contra di noi l’ira di Dio il che significò lo Spirito Santo quando per bocca del savio ammonitoci à questa preparazione sottogiunse, Et noli esse quasi homo qui tentat Deum. Dirai non posso io nell’istesso atto dell’orazione elevare la mente à Dio, ancora ch’io non mi fussi punto preparato all’orazione, anzi vi fussi andato à caso? Non nego che non possa esser, ma questo è solo per gratia di Dio che non guardando à tuoi demeriti ti illumina, della qual gratia andando tu à l’oratione à caso, te ne rendi indegno, & pero dichiamo che innanzi à l’oratione è necessaria la preparazione. Primo per conto dell’essentia, & natura dell’Oratione poiche è una elevatione della mente à Dio, un parlare con Dio per lodarlo & magnificarlo, come sommo bene, per ringratiarlo de beneficij ricevuti, per pregarlo che ci perdoni le offese fattegli, & ci dia i suoi doni, & gratie, & c’aiuti ne nostri bisogni, & al fine ci conceda la sua Celeste gloria, & eterna beatitudine; & tutto questo ragionamento con Dio, lo fa l’huomo vilissimo, & in se indegno d’ogni bene; ne seguita dunque che innanzi al sommo, & eterno Dio debbe andare con ogni humiltà, timore, & reverentia, perche cosi lo ricerca la suprema Maestà Divina, che si prega; l’estrema viltà dell’huomo, che la prega; & la grandezza della causa per la quale prega. E anco Secondo necessaria la preparazione per stare nell’oratione attento, & havere la mente elevata à Dio, il che altrimenti è molto difficile, perche per il più & ordinariamente tali siamo nell’oratione, quali siamo inanzi à essa, & pero diceva l’Abbate Isaac nelle collationi di Cassiano Abbate, che quali vogliamo esser trovati nell’oratione è necessario, che tali innanzi à essa ci prepariamo. Il che ben conosceva il Regio Profeta, il quale non aspettava à prepararsi nel Tempio, ma molto prima si preparava all’oratione che doveva fare nel Tempio; onde diceva, Introibo in domum tuam adorabo ad templum sanctum tuum in timore tuo. [Psal. 5.] Et Dio per bocca dell’Istesso Profeta ci mostrò la necessità di questa oratione con attribuire à essa preparatione, che la nostra oratione sia essaudita, quando disse, Preparationem cordis eorum audivit auris tua; [Psal. 9.] Et à questa preparatione la Chiesa c’invita quando, prima che s’entri nelle Chiese, ci mette nanzi à gl’occhi le sante Croci, & sacre imagini, che sono sopra i campanili, sopra i muri, & sopra le porte, accio da lontano siano viste; & all’entrare nelle porte delle chiese ci mette innanzi l’acqua benedetta, accio con essa bagnati, & segnati con il santo segno della Croce eleviamo la mente à Dio, ci si perdonino i peccati veniali, & si scaccino i mali pensieri, & le diaboliche fraudi & tentationi; & questa è la causa per la quale noi siamo freddi, & non siamo esauditi nelle nostre orationi, perche ad esse non ci prepariamo.
«Quale debbia essere la nostra preparatione ce l’insegna la Chiesa con la preparatione, che come forma & essempio ci propone inanzi al Divino officio. Quando noi vogliamo fare oratione prima dobbiam’fare un fondamento, & un presupposto, che doviamo prima, & principalmente parlare à Dio con il core, & che la oratione sia piu mentale, che vocale, cioe che di tal modo parliamo à Dio con la bocca, che molto piu parli il core, & che, ex abbundantia cordis os loquatur, [Luc. 6.] che doviamo dimandare solo cose, che siano à gloria di Dio, & à salute dell’anime nostre, & doviamo esser’armati di fede, & di speranza, postulet autem in fidem nihil hesitans, [Iac. 1.] & chiamare in aiuto nostro i santi, & principalmente la Gloriosa Vergine, accio con noi preghino per noi, & offerischino le nostre orationi à Dio, e questo la Chiesa c’insegna, ordinando che inanzi all’Offiicio con voce bassa dichiamo il Pater Noster, l’Ave Maria, & il Credo; fatto adunque questo fondamento, che l’oratione debbe esser’fatta principalmente con il core, & di cose, che siano à gloria di Dio & salute nostra, & con fede, & speranza, & per nostri intercessori dobbiamo pigliare i Santi & sopra tutti la Regina del Cielo; Tre cose si ricercano per ben prepararci all’oratione, Prima che invochiamo il Divino aiuto. Secondo che consideriamo che cosa doviamo fare nell’oratione, terzo è necessario, che conosciamo i frutti che si cavano nell’oratione, & perche si cominciano à havere nel principio dell’oratione, pero è necessario prima conoscerli. Alla prima c’invita la Chiesa con le prime parole dell’officio incominciando, Domine labia mea aperies &c. Signore volendoti io degnamente lodare, è necessario che tu apra le labbra mie poiche, nemo dicit dominus Iesus nisi in spiritu sancto, [I. Cor. 12.] Et però Deus in adiutorium meum intende, Domine ad adiuvandum me festina, perche senza il tuo Divino aiuto non posso fare oratione, che bene stia, ne manco posso resistere alle tentazioni, che mi sopravengano, aiutami adunque, & fa, che altro non cerchi se non la tua gloria, & honore, Gloria Patri, & filio, & spiritui sancto, sicut erat &c. Le altre due condizioni necessarie alla preparatione si contengono nel Salmo, Venite exultemus Domino, il quale brevemente esporremo» [e inizia l’esposizione dei salmi].  
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Nelle parole rivolte «a’ benigni Lettori» l’autore si mostra fiducioso che le sue meditazioni saranno lette da molti, perché in volgare(che alla lettera significa popolare, anche se oggi ha un altro senso), cioè in italiano e non in latino: «persuaso, & non senza qualche ragione, che per esser volgari, le persone almeno semplici & idiote siano per cavarne frutto, & giovamento», andando al di là del senso materiale delle parole e delle frasi, ben consapevole che (dice lui) «non sia permesso à tutti di tenere & leggere libri sacri volgari, essendo che molti come idioti e semplici, fermatisi solamente nella scorza della lettera, habbino havuto occasione di errare, non sapendo che la lettera in se stessa considerata occida, & lo spirito nascostovi vivifichi».
Ebbene, se allora erano considerati all’a-b-c della formazione cristiana, semplici e idioti, lettori che approfondivano i salmi con libri di oltre 500 pagine, che dovremmo dire dei cristiani di oggi? La risposta è anche troppo semplice: che non sono più cristiani, per quanto si irritino se lo si dice loro! E al posto di una soda cultura hanno soggettivismi teologici e morali, sentimentalismi da pseudo ispirati dallo Spirito Santo e pseudo aperture al dialogo che nascondono terribili preclusioni e incapacità di dialogo minimo con chi non la pensi come loro e sia altrettanto intransigente!

Don Floriano Pellegrini

Baliato dai Coi
( in Val di Zoldo )
Coi, 4 ottobre 2018

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Quando era normale pregare con l’Officio della Beata Vergine

di

Don Floriano Pellegrini


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