ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 28 gennaio 2019

La misera concezione di Gesù e del cristianesimo

GESU' NON E' UN OCULISTA


 Ma Gesù non è un oculista, né un assistente sociale. Dal Regno di Dio, al Regno dell'Uomo? Perchè l'errata lettura del Vangelo "materialista e immanentista" della neochiesa sta conducendo alla negazione della divinità di Cristo 
di Francesco Lamendola

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Se dovessimo sintetizzare in una sola, estrema formula, il senso complessivo dell’eresia neomodernista e dell’apostasia strisciante che stanno imperversando nella Chiesa cattolica, sostituendo ad essa, pezzo a pezzo, una neochiesa falsa e bugiarda, che inganna i fedeli e li trascina verso l’errore, diremmo così: l’interpretazione materialistica e immanentistica del Vangelo, sostituendo dei significati materiali, e specialmente sociali, al posto dei significati autentici, spirituali e soprannaturali, da esso proclamati. Per i neoteologi e i neopreti si tratta di un progresso, di un approfondimento della fede, e se ne vantano, dicendo che ora, finalmente, grazie ad essi (la modestia non è il loro forte) la Chiesa ha trovato, o ritrovato, il giusto e vero significato del messaggio evangelico: non più l’attesa di un Regno di Dio che deve venire, ma non arriva mai, bensì l’attuazione di un Regno di Dio che è ancora tale, in effetti, solo di nome, mentre è diventato, di fatto, il Regno dell’Uomo: nel senso che in esso la trascendenza scompare, la dimensione soprannaturale evapora, l’attesa del ritorno di Cristo diventa una chimera, o peggio, una colpa, cioè una fuga nel misticismo (quindi anche il misticismo diventa una colpa) e un disimpiego dalle lotte che sono necessarie qui e ora, in questo mondo, per cambiarlo e renderlo più giusto. 

Una volta imboccata questa via, il Lieto Annuncio diventa uno dei tanti annunci di “liberazione” che hanno contrassegnato la storia dell’umanità: con quali risultati, e a quali costi, ciascuno è libero di giudicare; ma un vero cristiano sa, o dovrebbe sapere, che sono stati tutti tragicamente fallimentari, dal primo all’ultimo. Né dovrebbe suscitare poi tanta meraviglia il fatto che l’esito estremo di una simile lettura del Vangelo, materialista e immanentista, conduca alla negazione della divinità di Cristo: passo che puntualmente è stato compiuto da sedicenti teologi come Enzo Bianchi, e che ha ricevuto l’autorevole, si fa per dire, imprimatur, del Grande Bugiardo che abita nella Casa di Santa Marta. Ma se Cristo è solo un uomo, allora non è affatto risorto dai morti, e in tal caso -  come dice san Paolo - la nostra fede è vana. Così il cerchio si chiude e si giunge alla negazione del cristianesimo: perché un “cristianesimo” senza la divinità di Gesù Cristo è un controsenso, una impossibilità di ordine logico, per non dire teologico: infatti un semplice uomo, per quanto illuminato, non redime dal male e della morte nulla e nessuno, figuriamoci redimere l’intera umanità e l’universo insieme ad essa.

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 Oggi il Vangelo di Gesù è diventato il vangelo di Che Guevara?

Sorge la domanda, a questo punto, se un simile esito sia giunto in maniera poi così inaspettata per i neoteologi e i neopreti che, a partire della “grande stagione” del Concilio Vaticano II, delle sue straordinarie riforme e delle sue mirabolanti promesse di rinnovamento, hanno posto le basi per la deriva materialista e immanentista dell’autentica interpretazione del Vangelo di Gesù Cristo. A noi sembra che la cosa sia molto, ma molto improbabile; così come è improbabile che un impiegato di banca, suggerendo a un cliente sprovveduto l’acquisto di titoli finanziari “derivati”, non sappia che lo sta, di fatto, esponendo alla possibilità di perdere tutti i suoi risparmi. Ci sono degli “effetti collaterali” che non sono affatto tali, se si ragiona con mente lucida e spassionata. Quando il pilota di un aereo da bombardamento sgancia il suo carico di bombe sul cielo di una città nemica, forse ignora che sta attentando alla vita di un grande numero di persone innocenti, di bambini, di donne, di gente che non indossa affatto l’uniforme e che, pertanto, non costituisce in alcun modo un potenziale pericolo per la sua patria o le sue forze armate? Ma certo che lo sa; lo sa benissimo; di più: la sua missione consiste proprio in ciò, nell’uccidere il maggior numero di persone innocenti. Lui può raccontarsela come vuole, per non sentirsi in colpa, e poter riabbracciare sua moglie e i suoi figli, quando la guerra sarà finita, non solo privo di rimorsi, ma addirittura fiero di aver combattuto per la patria: ma la verità è che sa benissimo di essere solo un volgare assassino, e che le medaglie che porta sul petto sono altrettanti simboli d’infamia, dei quali dovrà rendere conto a Dio, un giorno, quando si troverà di fronte, come tutti, al solo vero e  giusto Giudice. Certo, quel pilota può sempre dire a se stesso che non aveva alternativa; che quelli erano gli ordini; che in guerra gli ordini non si discutono; e che le guerre moderne, del resto, ormai si fanno a quel modo. Sì, queste cose egli può dirsele, e sono in gran parte vere: ma negare di aver commesso un’azione criminale e assassina, e sia pure perché comandato di farla, questo no, non può farlo, per poco che sia una persona moralmente onesta. Ebbene: è impossibile che i padri conciliari, allorché, al Vaticano II, aprirono le porte alla degenerazione dell’autentica dottrina e al suo progressivo travisamento in senso modernista e protestante, non avessero almeno qualche dubbio e qualche timore, sempre che fossero in buona fede, su quali avrebbero potuto essere le conseguenze delle loro decisioni, dalla stesura di alcuni documenti, come la Dignitatis humanae, che afferma il principio della libertà religiosa, in totale antitesi a ciò che il Magistero della Chiesa ha sempre insegnato; alla cosiddetta riforma liturgica, che ha completamente stravolto la prospettiva della relazione fra l’uomo e Dio, particolarmente nella celebrazione della Santa Messa, trasformando il più spirituale, il più sublime e il più mistico di tutti i riti, il Sacrificio Eucaristico, in una specie di laica assemblea del popolo, non priva d’inquietanti analogie con i rituali massonici. Analogie che, peraltro, ricorrono fin troppo esplicitamente nell’architettura di numerose chiese post-conciliari, e perfino nel santuario di San Giovanni Rotondo, eretto in memoria di san Pio da Pietrelcina e letteralmente disseminato di simboli massonici.
Nel Vangelo di Luca si legge (4, 16-21):
Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:
“Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto
messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi,
e predicare un anno di grazia del Signore.”
Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi».

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 Gesù ha sempre insegnato che la povertà peggiore di tutte è la lontananza da Dio; e che a nulla giova essere liberi, ricchi e potenti, se non si sa resistere alle tentazioni peccaminose: la superbia, la lussuria, l’avarizia.

Ora, il Magistero della Chiesa ha sempre interpretato queste parole in un senso allegorico e trascendente; ha sempre saputo, e insegnato, che Gesù non è venuto a risanare i ciechi nel corpo, anche se qualche cieco lo ha pure guarito; né a restituire l’udito ai sordi, anche se qualche sordo lo ha sanato; né a liberare i carcerati, e neppure a dare del denaro ai poveri, anche se lui e i suoi discepoli certamente hanno fatto delle offerte per i poveri e gli orfani. La Chiesa ha sempre saputo che i versi del profeta Isaia, che Gesù ha letto e commentato nella sinagoga di Nazareth, non alludono, in linea di massima, a una guarigione fisica dei malati, né a una liberazione materiale dei prigionieri o dei deportati, bensì a una guarigione di ordine spirituale  e a una liberazione dell’anima dalle spire del demonio. Opinare diversamente, significa fare di Gesù un tappabuchi, un guaritore tuttofare, anzi, un oculista, un otorinolaringoiatria, nonché un assistente sociale e un consulente sindacale. Ma stiamo scherzando? Il fatto che Gesù ha guarito alcuni ciechi e alcuni sordi è stato, per lui, solamente una metafora: voleva far capire che la peggiore sordità è quella di chi ode, ma è come se non udisse; e la peggior cecità è quella di chi vede, ma è come se non vedesse. Rettamente ha inteso la Chiesa, secondo l’insegnamento dei Padri e dei Dottori, fin dai primi secoli, la valenza metaforica delle guarigioni miracolose operate da Gesù. Poi, dopo millenovecento anni di sana dottrina cattolica e di Magistero infallibile, sono arrivati gli stupidini modernisti e i marxisti travestiti da preti, e cosa hanno capito, o hanno fatto finta d’aver capito (perché in realtà avevano capito benissimo)? Che Gesù è venuto a ridare l’udito e la vista, a tirar fuori i carcerati dalle patrie galere, e far sì che i poveri non siano più poveri. Ma Gesù ha sempre insegnato che la povertà peggiore di tutte è la lontananza da Dio; e che a nulla giova essere liberi, ricchi e potenti, se non si sa resistere alle tentazioni peccaminose: la superbia, la lussuria, l’avarizia. Che misera concezione di Gesù e del cristianesimo, che squallido rimpicciolimento e travisamento del Vangelo! Vorrebbero fare di Gesù un agente di commercio della Amplifon e del cristianesimo una delle tante organizzazioni non governative - ma anche una potenza finanziaria, con tanto di banca privata dai conti supersegreti: perché disprezzare il denaro, con tutto il bene che permette di fare?, e sia pure in combutta con banchieri mafiosi e massoni?

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