ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 3 maggio 2019

Ci vorrebbe un eterno Totò?

Ma anche Platone aveva capito quel che c’era da capire

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Le parole di Paolo contro la sodomia andrebbero “contestualizzate” perché l’apostolo non aveva una conoscenza appropriata delle coppie “omoaffettive”. Questa la tesi sostenuta da don Gian Luca Carrega, biblista delegato della diocesi di Torino per la “pastorale degli omosessuali”. Una posizione contestata ieri su Duc in altum da Claudio Miselli, secondo cui la Lettera ai romani in realtà è molto chiara quando parla di “atti ignominiosi”.
Riflessioni, quelle di Claudio Miselli, che hanno suscitato ampio interesse e sulle quali torna oggi Giovanni Formicola, con questo contributo che ci ha inviato.
A.M.V.

***
Caro e stimatissimo Valli, leggo sul suo sito questa tesi di don Carrega: “Nelle città pagane Paolo si trova di fronte a un fenomeno che non ha gli strumenti per comprendere. Lo considera una devianza. Ma non ha mai conosciuto una coppia omoaffettiva: non possiamo giudicare con categorie moderne quello che allora non esisteva”. E ancora: “Paolo e Gesù vivono in un’epoca precisa, non si possono estrapolare testi e non contestualizzarli”.
E va bene, Paolo era dunque un sempliciotto – diremmo oggi un “cafoncello di paese” -, che non aveva gli “strumenti per comprendere” la sofisticata maturità affettiva operante nella grande città. Un giudizio che somiglia molto a quello che i nuovaiorchesi upper class di oggi riservano ai loro compatrioti e concittadini repubblicani e quindi per forza buzzurri e arretrati.
Però Platone non era un provinciale. Ateniese quando Atene era Atene, intellettuale di spicco del  tempo, lo possiamo definire un nuovaiorchese di quell’epoca. Possedeva inoltre prestigiosi titoli accademici e ben quattro secoli prima di Paolo aveva capito quello che c’era da capire, e certo qualche “coppia omoaffettiva” l’aveva conosciuta, visto l’andazzo attorno a lui.
Ed ecco che cosa scriveva: “[…] bisogna considerare che l’uno e l’altro sesso hanno avuto da natura questo piacere della copula in vista della procreazione, e che invece le unioni di maschi con maschi e di femmine con femmine sono contro natura” (Le Leggi, 636c, che prosegue, 636d, con un riferimento al mito di Ganimede, cioè all’unione erotica tra un adulto, Zeus, e un giovinetto, ch’era costume a Creta come conseguenza di questa propensione contro natura).
E in un altro punto dello stesso dialogo il gigante della filosofia di tutti i tempi ribadisce il concetto, stavolta in termini prescrittivi. “[…] i maschi non si uniscano tra loro o con ragazzi, usando gli altri come se fossero donne per una materiale unione carnale” (836c), e “[…] che nessuno abbia l’ardire […] di spargere la propria semenza, non consacrata ed illegittima, in seno a concubine, o, sterile e contro natura, su maschi” (841d).
Gentile don Carrega, le chiedo: tutto questo come si dovrebbe “contestualizzare”?
Ci vorrebbe forse un eterno Totò: “Ma mi faccia il piacere!”.
Giovanni Formicola

La sodomia era accettata dagli antichi Greci?

Il tema presentato nel titolo ricopre indubbiamente un certo interesse, in quanto la narrazione generica che viene evulgata sul mondo antico tende, negli ultimi due secoli, a presentare la sodomia come atto comune presso gli Antichi; taluni hanno poi naturalmente usato questa supposizione per screditare i principi morali della Religione Cristiana che vieterebbero qualcosa di naturale.

La risposta a questa questione è decisamente complessa, e deve partire sicuramente dalla definizione di "naturale". In senso filosofico, "naturale" è ciò che è conforme alla legge eterna: nella quadripartizione tomistica del diritto, lo jus naturale è difatti la partecipatio legis aeternae in rationali creatura. Già nella formulazione aristotelica, il "naturale" dunque riguarda solo la "creatura razionale", cioè l'uomo, nella misura in cui egli è l'unica creatura in grado di pensare in modo complesso, cioè di elaborare e attuare la lex aeterna, costituita da principi assoluti (Kierkegaard li definirebbe "scandali") non rispondenti necessariamente (anzi, quasi mai) all'istinto. In teologia classica, infatti, quando l'istinto, che è distintivo dell'anima sensitiva, per Aristotele propria degli animali, prevale sulla ratio della legge eterna, l'uomo in tal guisa umilia la sua dignità razionale e regredisce a bestia: è questa una delle conseguenze più notevoli del peccato originale. In questo significato, la parola "naturale" implica un giudizio, perché non si limita ad osservare una realtà, ma la elabora intellettualmente, conferendole un senso e un posto all'interno di una costruzione più ampia e razionale.
In senso biologico, "naturale" è banalmente qualcosa che si manifesta nella natura: è un criterio cioè puramente osservativo, descrittivo, che non implica un giudizio.
In questo modo, tuttavia, diventa assolutamente insensata la pretesa di certuni paladini dei "diritti moderni" di giustificare alcuni atti perché "naturali": essi confondono ripetutamente i piani, poiché parlano di qualcosa di naturale in senso biologico (dicono infatti ad esempio che gli atti "omosessuali" sono diffusi tra gli animali...) e subito poi lo traslano in un senso pseudo-filosofico (...e quindi sono giusti). Ma la trasposizione risulta chiaramente falsa e illogica. La summenzionata posizione è facilmente smentibile nel momento in cui si espongono tutti quegli atti che sono biologicamente naturali, praticati da animali, ma finanche da taluni consorzi umani (verbigrazia, il cannibalismo), che nemmeno il corrotto giudizio dei contemporanei si sognerebbe di classificare come giusti.

Venuto meno il criterio di naturalità, si potrebbe chiudere la questione; in realtà è interessante analizzare la parte più prettamente storica: era la sodomia accettata presso gli Antichi Greci? Se parlando delle tribù indigene delle Antille (le quali appunto praticavano il cannibalismo) si può banalmente premettere che il loro stato d'irredenzione permetteva lo svilupparsi delle pratiche più turbi, è maggiormente difficile applicare questo ragionamento agli Antichi Greci, nella misura in cui essi erano -giusta i Padri d'Occidente- i depositarj dei Semina Verbi, nonché la cui cultura costituisce ineluttabilmente il fondamento della Cristianità (da Lisbona a Vladivostok, e da Amburgo ad Alessandria d'Egitto). Tuttavia, possiamo affermare che la società della Grecia classica non accettava in alcun modo la sodomia. Si deve infatti nettamente distinguere il fatto che fosse praticata (come lo è sempre stato, anche nei secoli più moralisti; ma del resto anche l'omicidio si è sempre praticato) da quello che fosse socialmente e culturalmente accettata. Il carattere morale della società non dipende dalla moralità dei suoi singoli individui.

In soluzione dei predetti dubbj, mi permetto di tradurre un intervento in merito del prof. Dimitrios Michmizos, docente presso l'Università della Tessaglia, nonché apprezzato filosofo e cultore di Storia Greca. Un intervento simile potrebbe farsi anche per quanto riguarda l'Antica Roma, basta vedere, per esempio, cosa ne pensano Marziale e Giovenale dei sodomiti.

Contrariamente a quanto potreste aver sentito, l'omosessualità non fu mai accettata dalle culture antiche. Il caso più emblematico è la Grecia classica.

I Greci erano consci del fatto che l'omosessualità esistesse, e riconoscevano che potesse essere un'inclinazione transitoria, ma certamente non un modo di vivere in società. La nozione che i Greci classici accettassero l'omosessualità tra adulti [questo è fondamentale: la pederastia, costume che anche gli omosessualisti odierni rifiutano, era praticata all'interno di ristrette cerchie aristocratiche, ma l'omosessualità tra adulti, cioè come condotta sessuale ordinaria, era inconcepibile, ndt] è un mito, generato e propagato soprattutto dall'aristocrazia britannica, che, tra XVIII e XIX secolo, si dedicava agli "studi classici": essendo nobili oziosi, tuttavia, la maggior parte si avvicinava ai testi a casaccio, in isolamento culturale e con occhiali in stile vittoriano, pervenendo così, il più delle volte, a risultati erronei.

Nel V secolo a.C. ad Atene, per esempio, era costume che un uomo di potere attraesse numerosi seguaci, sia femmine che maschi, tutti sgomitanti per il suo favore e, in cambio, offerenti ogni tipo di favore fisico per assicurarselo. Nondimeno, la società Greca trattava questi pedissequi con il peggior disprezzo, come immorali arrampicatori sociali.

Questo è il motivo per cui Aristofane, il famoso commediografo, quando voleva insultare Socrate nella sua commedia "Nuvole", lo chiama "evriproctos", che si può tradurre "dal largo sfintere", intendendo così ch'egli fosse un μαλακός, cioè un omosessuale effeminato e passivo. [è importante notare che la distinzione di sesso, nella cultura greco antica, è molto marcata, e nell'atto sessuale l'uomo è sempre la parte attiva, la donna la parte passiva; quale immoralità più grande per un maschio prendere parte passivamente all'atto?, ndt]

Durante la sua breve egemonia sulla Grecia, la città-stato di Tebe aveva uno speciale distaccamento, il Battaglione Sacro, formato da 150 coppie di amasi. Questi erano forti guerrieri, famosi per essere una delle poche unità a esser riuscite a vincere gli Spartani un aperta battaglia. Nel 338 a.C., Tebe si scontrò con l'esercito di Filippo di Macedonia e suo figlio Alessandro III (che fu poi chiamato il Grande) a Chronea. L'armata oplitica tradizionale tebana non durò a lungo, e cadde sotto i colpi della nuova falange macedone. Nondimeno, il Sacro Battaglione resisté sul campo e combatté eroicamente fino all'ultimo uomo, guadagnando il rispetto di Filippo. Per onorare i suoi avversari caduti, il re macedone fece costruire un monumento al loro sacrificio, dichiarando, secondo lo storico Plutarco: "Che muoia chiunque sospetti che questi uomini abbiano mai fatto o subito qualcosa di sconveniente". S'intenda: morire in battaglia difendendo i propri altari e le proprie case è la morte più onorevole per un greco. Quindi, la necessità di un tale chiarimento, anche dopo una morte così onorevole, rivela quanto negativamente l'omosessualità fosse considerata in tutta la Grecia in quel momento.

E alla comune obiezione, che porta il Simposio e le relazioni amorose ivi descritte, come esempio contrario, si consideri che nella lingua greca vi sono quattro livelli di amore, non tutti fisici. Non certo fisico era l'amore platonico, dove l'amore rappresenta la forza vitale che muove il pensiero, costituendo un tramite tra la dimensione terrena e quella sovrasensibile delle idee nell'Iperuranio. Talora ci possono essere dei fraintendimenti dovuti a errori di troduzioni: ce ne sono persino in alcune versioni della Bibbia, figurarsi in un testo filosofico di difficile accesso.

Si pensi anche al fatto che, in tutta la letteratura greca classica, dall'Iliade e l'Odissea alla lirica, alla prosa e ai testi scientifici di età ellenistica, non c'è una singola descrizione, esplicita o implicita, di un atto omosessuale, quando invece vi sono abbondanti descrizioni di atti eterosessuali.

1 commento:

  1. Della serie: mondo da schifo...
    1) Federico Fubini, pupillo di Soros e vicedirettore del Corriere della sera, ammette di avere nascosto "per non danneggiare l' ideale europeista" il decesso di 700 neonati l'anno in Grecia, causato dalle politiche economiche della troika. Il "fratello maggiore" e sorcigno Fubini, evidentemente, svolge il proprio ruolo in funzione del NWO. Mi consola pensare che al Corriere della sera non c'è più un lettore in Italia che dia un minimo di credito.
    Punto 2): secondo voi da cosa é causato tutto il cancan sulla criptonascita dell'anno, quella del figlio dei duchi di Sussex? Semplice: la Casa Reale inglese sta scommettendo in questi giorni furiosamente, tramite suoi emissari, sul sesso e nome del bebè, mentre il popolo bue, sull'orlo della rovina economica, giura che si tratti di due gemelle femmine, Allegra e Diana, i furbissimi Windsor sanno ovviamente già la verità (uno solo, maschio, nome ancora segreto) e si riempiono le mani di sterline ai danni dei poveri gonzi dei loro sudditi, gonfi di birra come palloni e spremuti fino all'ultimo penny. Ciò successe già in occasione della nascita dell'ultimo erede al trono; scoppiò uno scandalo, prontamente messo a tacere in tre giorni. Amen

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