ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 23 maggio 2019

"Una fabbrica di nani"

QUALE CULTURA DEI "DIRITTI"?


Dove ci porta la cultura dei diritti dell’individuo? La modernità è: "Una fabbrica di nani". Da quando ha fatto irruzione sulla scena del mondo la statura morale e spirituale degli esseri umani, si è costantemente rimpicciolita 
di Francesco Lamendola  

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La modernità è una fabbrica di nani: da quando essa ha fatto irruzione sulla scena del mondo, la statura complessiva degli esseri umani – intellettuale, spirituale, morale – si è costantemente rimpicciolita. Solo la statura fisica è cresciuta, nel corso degli ultimi decenni: da quando siamo diventati animali ben nutriti e sgravati da tutta una serie di responsabilità, è come se ci fossimo slanciati verso l’alto, quasi per il sollievo di non dover più camminare al passo con la terra che ci sostiene. È come quando ci si toglie un gravoso fardello dalle spalle durante una camminata in montagna: subito la schiena si raddrizza, le spalle si espandono, i polmoni aspirano l’aria con tutta la loro capacità e il passo si fa più leggero, più spedito e gioioso. Peccato che il fardello di cui ci siamo liberati, o del quale ci stiamo liberando, è quanto, da sempre, connota la nostra condizione umana e definisce il nostro statuto ontologico. In altre parole: il nostro passo si è fatto più audace, però non abbiamo la minima idea della direzione da prendere, della meta da raggiungere; mentre prima, quando avanzavamo lentamente e con fatica, lo sapevamo benissimo, e ogni passo che facevamo ci avvicinava ad essa.


http://www.accademianuovaitalia.it/images/0-02QUADRITRIS/00-NANO_FRONTE.jpg    La modernità è una fabbrica di nani?

Di conseguenza, i nostri nonni conducevano un’esistenza più faticosa e più gravata di responsabilità, ma al tempo stesso più sicura, più serena, più naturale e soprattutto più sensata. Siamo diventati leggeri, parafrasando Nietzsche, troppo leggeri, perché la nostra è la leggerezza dei nani. I nani pesano poco perché sono piccoli; noi pesiamo poco perché la nostra mente, il nostro cuore, la nostra curiosità, la nostra memoria, la nostra sensibilità, il nostro senso morale si sono rattrappiti, impoveriti, svuotati, banalizzati. Solo la statura fisica si è innalzata, ragion per cui si è innalzata l’asticella del salto in alto e degli altri primati nelle varie discipline olimpioniche: la corsa, il nuoto, il ciclismo su pista e su strada, il lancio del disco e del peso, eccetera. Ma è dubbio, estremamente dubbio, se i giovani di oggi, col loro metro e ottanta di statura media, saprebbero affrontare anche solo la centesima parte delle fatiche fisiche che erano normali per i nostri nonni, e che i nostri piccoli fanti e i piccoli alpini del 1915-18 (piccoli fisicamente, come li descrivono tutti i documenti e le testimonianze dell’epoca) seppero affrontare e superare, nelle trincee o sulle cime innevate, a 3.000 metri d’altezza, nel cuore dell’inverno, con temperature di venti gradi sotto zero, trasportando cannoni, anche di medio calibro, per sentieri sui quali neanche le capre, per non dire i muli, osavano avventurarsi.

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Questi sono i frutti della modernità! E' diventato difficilissimo, quasi impossibile, fare conto sul senso di responsabilità di un ragazzo, anche solo per le cose più semplici, come ricordarsi di dare il cibo al gatto o innaffiare le piante in terrazza!

E che la statura complessiva degli uomini d’oggi si sia intellettualmente, spiritualmente e moralmente contratta, lo vede benissimo chiunque abbia avuto a che fare, per un periodo abbastanza prolungato, con le nuove generazioni. Gli studenti di quinta liceo di oggi non saprebbero tradurre, non diciamo Virgilio o Cicerone, ma neppure Cesare o Eutropio, con la sicurezza e la precisione degli studenti di terza media di prima della riforma scolastica del 1963; uno studente di quinta liceo di oggi non sa imparare a memoria una poesia di Leopardi o qualche terzina di Dante con la facilità e la disinvoltura di un ragazzino di seconda media di allora. Non parliamo delle abilità pratiche: compilare un bollettino di conto corrente, effettuare un pagamento per via elettronica, o anche semplicemente spedire una raccomandata: se non ci fossero papà e mamma, quella raccomandata potrebbe restare sul tavolo della cucina fino all’anno prossimo. E che dire delle responsabilità morali e della saldezza spirituale? Anche se si tratta di cose non sempre facilmente osservabili dall’esterno, bisognerebbe esser ciechi per non vedere che è diventato difficilissimo, quasi impossibile, fare conto sul senso di responsabilità di un ragazzo, anche solo per le cose più semplici, come ricordarsi di dare il cibo al gatto o innaffiare le piante in terrazza o nel giardino. Gli studenti si presentano a scuola col telefonino acceso e le cuffie della musica, entrano in classe e siedono al loro posto con aria annoiata e infastidita, e pare che facciano un favore agli insegnati se li sopportano per tutto l‘arco della mattinata. Similmente, pare che i figli facciano uno speciale favore ai genitori se stanno ad ascoltare le loro raccomandazioni, mentre i rimproveri, anche quelli meritatissimi, non li accettano. Ma perché limitarsi a parlare dei giovani, i quali, dopotutto, esprimono quello che hanno ricevuto? Parliamo pure degli adulti. Quanto è frequente imbattersi in un adulto di parola, assiduo, scrupoloso, responsabile, sul quale si può fare affidamento in caso di necessità, perché quando dice una cosa, quando assume un impegno, li rispetta sino in fondo, costi quello che costi? Al contrario: si direbbe che gli adulti, e perfino gli anziani, vogliamo gareggiare coi ragazzini e le ragazzine nel dedicarsi con entusiasmo alle cose più futili, la moda, i telefonini, loshopping e tutte le altre idiozie del consumismo, incuranti di rendersi ridicoli e, quel che è peggio, di dare un pessimo esempio ai loro figli, ai loro nipoti, ai loro studenti, ai loro vicini, ai loro dipendenti, ai compagni di lavoro più giovani. L’educazione e la sensibilità sono precipitate di pari passi: imperversano la cafonaggine e l’aridità più desolanti. È sempre più difficile riuscire a fare una conversazione intelligente con qualcuno, non parliamo di trovare qualcuno, anche fra i più cari amici, che sia capace di ascoltare e di dire la parola giusta, che sappia comprendere, che ci venga incontro in un momento di difficoltà. Anzi sono proprio gli amici quelli che più deludono: non ci restituiscono gli oggetti o il denaro che abbiamo prestato loro, non mantengono la parola data, non si fanno trovare quando abbiamo bisogno di loro, perché si fanno vivi solamente quando sono loro ad aver bisogno di un favore.

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Gli islamici nelle nostre Chiese: quale reciprocità caro Bergoglio? Perché nelle moschee un cristiano non può entrare, se non togliendosi le scarpe, facendosi piccolo e umile, e scordandosi puramente semplicemente di pronunciare le sue preghiere a voce alta, perché quella è la dimora di Allah, non certo della Santissima Trinità?

Questi sono i frutti della modernità. La modernità, come abbiamo detto altre volte, si fonda su due principi fondamentali: l’assolutizzazione del Logos strumentale e calcolante, e l’affermazione apodittica dei diritti dell’individuo.L’applicazione di questi due principi, ma soprattutto del secondo, ha creato una situazione di squilibrio e disarmonia sia nel corpo sociale, sia all’interno stesso dell’essere umano. Una società sbilanciata, confusa e perennemente in affanno e un individuo disarmonico, tendenzialmente sociopatico e anaffettivo, sono il risultato di questa linea di sviluppo. Come è possibile assicurare sempre più diritti all’individuo, senza contestualmente educarlo al rispetto dei doveri e all’assunzione delle responsabilità? E come è possibile porre tutti gli individui sullo stesso piano, sul terreno della demagogia più sfrenata, assicurando le stesse garanzie e le stesse agevolazioni all’individuo laborioso e al fannullone, all’individuo onesto e al delinquente abbituale, all’individuo collaborativo e a quello egoista, all’individuo responsabile e a quello irresponsabile, superficiale, attaccabrighe, pusillanime, maldicente, pigro e parassita?

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Chi sono i più deboli, oggi: una coppia di anziani, che dopo una vita di sacrifici hanno comprato un appartamento o una famiglia di inquilini nomadi "abusivi", dediti al furto di professione?

Eppure, è esattamente quel che si sta facendo, e non solo all’atto pratico, ma anche a livello giuridico e legislativo. Una famiglia di nomadi, che non ha mai conosciuto la serietà e l’onestà del lavoro, che è sempre vissuta di furti e imbrogli, non sa dove andare e si stabilisce in un appartamento momentaneamente vuoto, ma di proprietà di qualcun altro: di qualcuno che ha sudato e faticato per acquistarlo, che lo ha arredato con amore, e che paga regolarmente le bollette e le quote condominiali. Ebbene, che cosa fa lo Stato moderno, progressista, illuminista, buonista, nemico delle ingiustizie e delle discriminazioni? Consente a quegli abusivi di restare in quell’appartamento, e dice al legittimo proprietario di aspettare e portare pazienza: poverini, dove potrebbero andare? Ci sono anche dei bambini: bisogna avere un cuore di pietra per non commuoversi al loro incerto destino. E non a una singola famiglia di inquilini abusivi si consente di fare ciò, ma a decine, centinaia,  migliaia. Si arriva al punto che il solito magistrato, misericordioso e caritatevole, fa rimettere in libertà il clandestino che è stato arrestato per spaccio di droga, anche se recidivo, con la motivazione che bisogna capirlo perché, in fin dei conti, non possiede altre fonti di reddito, e quindi che altro poteva fare, se non vendere l’eroina ai giardinetti? E così, avanti coi diritti, e specialmente dei più “deboli”: ammesso che sia più debole una famiglia di nomadi dediti alla delinquenza quotidiana, e occupanti abusivi di case, che non una coppia di anziani pensionati, costretti a vivere con somme di denaro irrisorie e per giunta vessati quotidianamente, in casa propria e nel proprio quartiere, dopo una vita di lavoro onestissimo, da vicini prepotenti, incivili e aggressivi. Ma a chi importa di quei poveri anziani? Hanno la colpa di essere italiani (o comunque europei), dunque di appartenere alla razza bianca: una razza malefica, che ha sempre sfruttato e oppresso gli altri popoli, che ne ha derubato le ricchezze, che ha seminato guerre e genocidi ovunque sia passata: è ben giusto, adesso, che i membri di questa mala razza risarciscano la gente di coloro per le passate nefandezze, che si facciano perdonare le antiche e recenti crudeltà.

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La cultura dei diritti dell’individuo, del dialogo (senza reciprocità) e di una falsa misericordia? Viviamo in un mondo alla rovescia: qui il falso pontefice gesuita con la signora Bonino autrice "personalmente" di centinaia di aborti e storica nemica della vera Chiesa di Cristo, oggi da lei definita "una grande italiana"!

Dove ci porta la cultura dei diritti dell’individuo?

di Francesco Lamendola
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LIBERARSI DAL GRANDE INGANNO


Liberarsi dal grande inganno e dal grande ricatto. L'Unione Europea è il "Campo di concentramento" deciso per i popoli europei da quella stessa "Grande finanza" che dopo aver attizzato le 2 guerre mondiali ora li vuole spolpare
di Francesco Lamendola  

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Gli europei, e specialmente gli italiani e i tedeschi delle ultime tre generazioni, quelli nati dopo la fine della Seconda guerra mondiale, sono stati ingannati quasi su ogni aspetto del loro passato e sono stati sottoposti a un tremendo lavaggio del cervello, avente come fine la creazione, in essi, di un senso di colpa inestinguibile e di un permanente disprezzo di sé. Visto il successo ottenuto da questo piano strategico, attuato con l’azione convergente della scuola, dell’università, della stampa, dell’editoria, del cinema e della televisione, nonché, ovviamente, con la volonterosa collaborazione degli uomini politici e degli eterni parassiti e prostituti di professione, i cosiddetti intellettuali, la regia occulta di questa operazione, che fa capo al grande potere finanziario internazionale, è passata alla seconda fase, quella della cancellazione pura e semplice del passato e alla distruzione definitiva della memoria. 

In altre parole, dopo aver indottrinato le nuove generazioni come si fa con i pappagalli o con le scimmie ammaestrate, si è svuotato dal loro bagaglio di conoscenze, e perfino dalla loro curiosità, il ricordo di ciò che l’Europa delle nazioni è stata prima del 1945; si è fatto il vuoto, una grande tabula rasa, e lo si è riempito surrettiziamente coi materiali scadentissimi, sovente escrementizi, della tarda modernità: scuola di massa per cervelli all’ammasso, morale buonista, pedagogia inesistente, psicologia fiancheggiatrice di tutte le derive e di tutte le aberrazioni esistenziali, musica demenziale, arte brutta, antiromanzo, antipoesia, antifilosofia, antiteologia, cattolicesimo taroccato secondo le direttive massoniche del Vaticano II, così che i giovani non arrivino neanche a immaginare come realmente si viveva, cosa si pensava, quali sentimenti avevano i loro nonni e bisnonni fino al 1945, oppure, meglio di tutto, che in loro non sorga mai la benché minima curiosità di saperlo, accontentandosi del qui e ora, inteso come felice pascolare e brucare l’immondizia che viene loro offerta dalla società dei consumi.

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Il passato, la storia deve essere cancellata! I giovani non devono immaginare come realmente si viveva, cosa si pensava e quali sentimenti avevano i loro nonni: a loro deve bastare l’immondizia offerta dalla società dei consumi! 

L’unica cosa che essi devono sapere, se proprio è necessario parlare di quell’epoca oscura che è stata etichettata sotto il nome di età del nazionalismo, dell’imperialismo e dei totalitarismi (come se oggi il totalitarismo non esistesse più…), è che, fra il 1943 e il 1945, l’Europa è stata liberata dai gloriosi vincitori della Seconda guerra mondiale, dai mostri che la angariavano e la terrorizzavano, liberatori che si sono generosamente sacrificati sulle spiagge della Sicilia e su quelle della Normandia, oltre che sulle sconfinate pianure russe, per restituire ai popoli europei libertà, dignità e democrazia, per liberare Auschwitz e gli altri campi dell’orrore (quelli nazisti; silenzio quasi totale su quelli sovietici, almeno fino a pochi anni fa), con la partecipazione dei combattenti, anch’essi gloriosi, delle varie resistenze antifasciste, tutti circonfusi da un alone di gloria perché tutti, pur nella diversità delle loro storie e delle loro prospettive, impegnati in una lotta eroica per tagliare, una dopo l’atra, tutte le teste della velenosa idra nazifascista, ovviamente sorvolando sulle atrocità da loro commesse, e specie dai comunisti, sulle foibe, gli stupri, gli assassinii, i triangoli della morte, e, soprattutto, tacendo sul fatto che le resistenze altro non furono che altrettante guerre civili, di europei contro europei, di italiani contro italiani, di francesi contro francesi, di croati contro croati, di polacchi contro polacchi, di russi contro russi, eccetera.

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L'Unione Europea è il "Campo di concentramento" deciso per i popoli europei da quella stessa "Grande finanza" che dopo aver attizzato le 2 guerre mondiali ora li vuole spolpare!

In un certo senso, la condizione dei giovani europei, e anche dei meno giovani, visto che l’inganno e il lavaggio del cervello sono all’opera da oltre settant’anni e che dipendono dall’esito politico, militare, economico e finanziario della Seconda guerra mondiale, è paragonabile a quella di un figlio il cui padre è partito, o è stato rapito, o è stato ucciso, quando lui era ancora molto piccolo, e che è cresciuto con la madre e coi parenti di lei, nonni, zii, i quali tutti, ma la madre specialmente, non hanno fatto altro che ripetergli quanto quell’uomo, che fortunatamente ha liberato la famiglia della sua presenza, fosse cattivo, violento, incivile, e come si sia meritata la sua sventura; per poi sentirsi dire, ogni volta che contraddice la volontà di sua madre, che somiglia tutto a quella canaglia del padre, in modo da alimentare in lui un divorante senso di colpa. Il padre che non c’è più (e questa similitudine calza alla lettera, visto come si è denigrata e resa insignificante la figura paterna, da Freud in poi, nella cultura odierna, a tutto vantaggio di un neomatriarcato femminista tanto più feroce, quanto più ipocritamente mascherato) non è assolutamente Hitler o Mussolini, non è il fascismo o il nazismo, non è l’imperialismo o il nazionalismo esasperato che ha concorso allo scoppio delle due guerre mondiali, cioè al suicidio d’Europa. Niente affatto: non intendiamo riabilitare il fascismo, né, meno che mai, il nazismo; non è una discutibile nostalgia di quei regimi politici che ci spinge alla presente riflessione. Il padre negato, vilipeso, disprezzato, insultato, calunniato, è l’Europastessa: l’Europa tutta quanta, a eccezione della Gran  Bretagna, che fece la scelta “giusta” e che anzi fu il motore della liberazione dei popoli; e dei piccoli Paesi neutrali, i quali, se non altro, non si resero complici dell’infamia nazifascista. Il padre calunniato e disprezzato è la nostra stessa civiltà, gettata nel cestino dell’immondizia per la sola ragione che, fra il 1914 e il 1945, provocò le guerre mondiali (cosa non del tutto vera, perché ignora il regista occulto di quegli eventi, cioè la grande finanza internazionale), e che, per non essere tentata di ripetere gli errori e i crimini del passato, deve accettare la gabbia d’una Unione Europea che altro non è se non il campo di concentramento deciso per i popoli europei da quella stessa grande finanza che, dopo aver attizzato le due guerre mondiali, ora vuole divorare in santa pace le sue vittime, spolpandole di ogni ricchezza, partendo dal debito pubblico e giungendo a impossessarsi del risparmio privato, come già ha fatto con i greci e come conta di fare con gli italiani e, uno dopo l’altro, con tutti gli altri prigionieri, cioè, volevamo dire, con tutti gli altri membri.

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E' il trionfo della menzogna: si è fatto il vuoto, una grande tabula rasa, e lo si è riempito surrettiziamente coi materiali scadentissimi, sovente escrementizi, della tarda modernità: scuola di massa per cervelli all’ammasso, morale buonista, pedagogia inesistente, psicologia fiancheggiatrice di tutte le derive e di tutte le aberrazioni esistenziali!

Speriamo di esserci spiegati abbastanza da scongiurare possibili equivoci e deliberate alterazioni del nostro pensiero. Non stiamo facendo alcuna apologia, implicita o esplicita, delle dittature del passato, dell’imperialismo e del fascismo; stiamo affermando che si è voluto gettar via il bambino insieme ai pannolini sporchi, e che la civiltà dell’Europa, la sua tradizione, la sua cultura, non meritavano di essere criminalizzate come si è fatto per settanta anni, a eccezione, beninteso, di quelli che, allora, scelsero di schierarsi dalla parte giusta, che fu, alla resa dei conti, la parte vincitrice, i comunisti in primissima fila. Proprio loro, che avrebbero voluto costruire un’Europa ancor più orribile di quella che aveva in mente Hitler; proprio loro, che con le guerre civili europee – dalla Spagna alla Jugoslavia, dall’Italia alla Francia - hanno dato un piccolo saggio di quel che avrebbero fatto se fossero giunti al potere, assassinando, a guerra ormai finita, nel 1945, decine di migliaia di persone e liquidando, insieme ai fascisti e a delle vittime non politiche, assassinate per motivi di vendetta, di furto o per motivi ancor più sordidi, come quello di coprire con la morte le violenze sessuali perpetrate, anche molti capi dei movimenti partigiani che avevano il grave torto di non essere comunisti.

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E' un piano strategico, attuato con l’azione convergente della scuola, dell’università, della stampa, dell’editoria, del cinema e della televisione, nonché, ovviamente, con la volonterosa collaborazione degli uomini politici e degli eterni parassiti e prostituti di professione, i cosiddetti intellettuali!

Chi si prende la briga di studiare gli ultimi giorni della gloriosa resistenza italiana, ad esempio, e specie le giornate di aprile e maggio 1945 nell’Italia settentrionale, si imbatte in una serie di fatti strani: capi prestigiosi delle brigate azioniste, o cattoliche, o monarchiche, persero la vita negli ultimi giorni di lotta, perfino nelle ultimissime ore, in circostanze insolite, uccisi da raffiche di mitra che vengono puntualmente attribuite agli ultimi reparti tedeschi o fascisti in ritirata, ma che vi sono molte ragioni per pensare siano partite, invece, dai “compagni” comunisti, i quali fiutavano l’aria di una resa dei conti generale e si accingevano a decapitare le bande non comuniste, privandole dei loro capi, così come Stalin aveva decapitato il popolo polacco della sua élite politica e militare, ordinando la soppressione fisica di molte migliaia di ufficiali presi prigionieri, e scaricando poi il crimine sul conto dei tedeschi. Per i partigiani comunisti, infatti, tutti i non comunisti erano, a pieno titolo o potenzialmente, dei “fascisti”, socialisti compresi; erano tutti dei borghesi reazionari e nemici del proletariato, che avevano flirtato col fascismo e che adesso andavano eliminati, per non intralciare il loro assalto finale per la conquista del potere, nello stile bolscevico del 1917. Dunque, lo ripetiamo: nessuna sterile nostalgia, tanto meno nostalgia dei totalitarismi; ma una certa qual nostalgia della vecchia Europa, della sua anima, non ancora omologata e banalizzata dal rullo compressore dell’american way of life, e soprattutto un desiderio di riprendere un filo interrotto, il filo della nostra civiltà e della nostra tradizione: quello sì. Senza le nostre radici, senza la nostra identità, senza la nostra anima, siamo nulla: carne all’ammasso. E infatti, proprio questo è il progetto: ridurci a nulla, mediante l’ignoranza di noi stessi e il disprezzo di ciò che eravamo, onde facilitare la fase successiva del piano globalista: la nostra sostituzione fisica con immigrati africani e asiatici di fede islamica, il cui tasso d’incremento demografico moltiplicherà in progressione geometrica gli effetti delle prime ondate già arrivate in Europa, sotto l’inganno trasparente dell’accoglienza umanitaria. Inganno cui si sta prestando, con particolare zelo, quella Chiesa cattolica (ma dovremmo piuttosto dire: quella contro-chiesa conciliare) che, in teoria, era l’ultimo bastione della nostra identità e della nostra civiltà.

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Senza le nostre radici, senza la nostra identità, senza la nostra anima, siamo nulla: carne all’ammasso in balia del "Turbo-capitalismo"!


Liberarsi dal grande inganno e dal grande ricatto

di  Francesco Lamendola
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