ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 5 ottobre 2019

Quantomeno cadono frammenti di soffitto

È iniziato l'assedio a Bergoglio


Il Papa assediato




Il Papa ha chiesto di pregare per lui perché “assediato“. Diversi i segni di tale assedio, dalla minaccia ricorrente di uno scisma agli scandali che si susseguono di continuo, dalla pedofilia alle vere o asserite malefatte di presuli che lavorano in Vaticano.

Francesco cerca di fare quel che può, avvalendosi di collaboratori sui quali ha riposto fiducia, qualcuno dei quali deve avergli suggerito una mossa finalmente azzeccata, quella di chiamare l’ex procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, alla guida del Tribunale vaticano.
Nell’aria tossica della Curia, il magistrato che ha arrestato il boss Bernardo Provenzano potrà essere utile.
La guerra al Papa è reale, dura e feroce. Come lo fu quella contro Benedetto XVI, che lo costrinse alle dimissioni. Non potendo nulla contro i suoi nemici, egli affidò la Chiesa al Signore. Non una rinuncia strictu sensu, un lancinante, abbandonato, affidamento.
La guerra è riesplosa ieri, a ridosso della creazione dei nuovi cardinali annunciati il 1 settembre scorso. Il concistoro del 5 ottobre, che doveva sancire una sorta di vittoria del Pontefice, se così si può dire, è sporcato dal nuovo scandalo che ha investito la Segreteria di Stato.
Un concistoro che dicono importante, dato che con queste nomine i cardinali creati dall’attuale Papa sono maggioranza (Avvenire), con asserite proiezioni sul futuro Conclave (in realtà aleatorie).
L’annuncio del concistoro fu funestato da un piccolo incidente, che vide il Papa intrappolato nell’ascensore. L’inizio del concistoro vero e proprio da un’inchiesta su una speculazione finanziaria. Coincidenze infauste, quantomeno.
Il Papa chiede ai fedeli di pregare per lui, con una umiltà che merita di essere assecondata. Resta che l’isolamento papale – tale l’assedio – non è fatto odierno. E vi hanno contribuito vari fattori.
Da quando è iniziato il Pontificato, tutte le voci critiche di qualche sua scelta o direttiva sono state viste da collaboratori e amici di Francesco come parte di un complotto per abbatterlo o come un attacco irricevibile alla Chiesa di Francesco, quella chiamata a dare compimento al Concilio Vaticano II in contrapposizione a quella della cosiddetta Tradizione (la Chiesa è “una”, recita il Credo).
In questo modo, amici e collaboratori del Papa sono riusciti in una missione impossibile: consegnare ai nemici di Francesco, che all’inizio del Pontificato erano davvero pochi, tanti presuli, sacerdoti e cardinali che non erano apriori suoi antagonisti. Semplicemente non ne condividevano alcune scelte e prospettive.
La papolatria, in tutte le sue declinazioni, ha fatto il resto: vero siamo in un’epoca multimediale, ma la sovraesposizione papale in questi anni ha raggiunto il parossismo e avuto come esito l’identificazione del Papa con la Chiesa del Signore, annullando quella multiforme diversità che è ricchezza e presidio.
Tutti fattori che hanno determinato un isolamento progressivo, alimentato da una schiera di esaltatori di Bergoglio, più papisti del Papa, che hanno creato altra confusione e spesso reso odiose a tanti iniziative e dichiarazioni, pure ben indirizzate, del successore di Pietro e la sua stessa persona.
Anche la simpatia generale che aveva suscitato Francesco all’indomani della sua elezione, si è logorata, non solo nell’ambito dei fedeli, ma anche in quello laico.
Il feeling con il popolo di Dio, che all’inizio del Pontificato appariva presidio, non è più così scontato; basta fare un giro per le parrocchie per rendersi conto (certo, restano le masse ai raduni, ma quella è altra cosa, legata all’evento).
Peraltro si trattava di un errore di prospettiva: il feeling (per usare una parola bruttina) che un Pastore deve alimentare non è con se stesso, ma con il Signore.
Ma al di là, Bergoglio è assediato, e ne va preso atto. Chi tira le fila è un ambito composito, dentro e fuori la Chiesa (e non solo in Curia), che vuole imporre un nuovo “nocchiero”. Tanti i modi per conseguire tale successo, date le tante leve che il Potere può usare.
Una guerra sta sconvolgendo la Chiesa. Una lotta continua che alimenta la confusione, peraltro funzionale al progetto di cui sopra. Il Papa è isolato e tanti dei suoi entusiasti estimatori sono già pronti a salire sul carro del futuro, per fortuna ancora eventuale, vincitore. Sic transit gloria mundi.
Esito incerto. Ai poveri fedeli, che di tale confusione sono le prime vittime, non resta che una povera preghiera. Per il Papa, certo, ma anzitutto per la Chiesa. Perché il Signore abbia pietà della Sua povera, diletta, Chiesa.
Perché l’essenziale della fede, molto più importante della persona del Papa, messo a repentaglio dal pelagianesimo e dalla gnosi dilagante – da cui l’altrettanto dilagante follia -, sia salvo. “Quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà ancora la fede sulla Terra?” È domanda di Gesù nel Vangelo. E non è eludibile.

Dettagli di «frammenti piccolissimi» - Danilo Quinto - 5.10.'19

Durante la Messa celebrata da Bergoglio per l'ordinazione di quattro nuovi vescovi, cadono piccoli frammenti dal soffitto della basilica di San Pietro.

«Si è trattato di frammenti piccolissimi», fanno sapere dal Vaticano; la zona, per precauzione, è stata evacuata.

Dio si manifesta anche attraverso i dettagli, a volte «piccolissimi». Trascurare o non dare importanza ai dettagli, è molto pericoloso, perchè si brancola nel buio. Occorre valorizzarli - i dettagli - come accade nei romanzi gialli ben fatti.

Qui il dettaglio è grande come una casa. I «frammenti piccolissimi» non sono caduti di notte, quando nella Basilica non c'è nessuno o in angoli o spazi remoti o nascosti. Sono caduti in pieno giorno, accanto all'altare centrale, mentre si stava celebrando la Messa e chi celebrava era Bergoglio.

Se ne sarà accorto? Si sarà chiesto perchè? Avrà pensato al caso? Sa che il caso non esiste?

Non possiamo credere che nell'intimo della sua coscienza non sia rimasto uno spazio, anche se piccolissimo, di timore nei confronti della Giustizia di Dio, che lascia fare e nel lasciar fare sembra abbandonare il mondo che ha creato.

Questo, però, non può essere, perchè quel mondo è solo Suo. Non è nè di questo o quel papa. Non è di questa o quella parte della gerarchia ecclesiastica. Non appartiene a nessuna ideologia.

Il mondo è governato dalla potenza di Colui che l’ha creato. Una potenza pregna di Amore, alla quale si contrappone – e questo accade da quando l’uomo ha tradito quell’Amore, disobbedendo – l’abominio della desolazione, rappresentato dall’Angelo ribelle, al quale Dio permette ancora di agire, nonostante sia stato sconfitto dalla Croce di Suo Figlio.

Con la morte in Croce dell’Uomo-Dio, della Persona-Dogma, tutto ha avuto compimento. «Tutto è compiuto», dice Cristo in base alle parole riportate nel Vangelo di Giovanni (19, 30). Sono le Sue ultime parole. E’ compiuto il passato, il presente e il futuro. L’intero disegno di Dio, che riguarda l’uomo, si è realizzato. Per sempre. Fino alla fine dei tempi. Nessun avvenimento umano potrà scalfirlo o deteriorarlo. La Rivelazione termina con quella Croce e con La Resurrezione della Persona-Dogma, che ha già rivelato a coloro che egli ama quello che avverrà nelle generazioni future.

Dio, attraverso piccoli, piccolissimi o grandi dettagli-avvertimenti, ricorda all’uomo – nel corso del tempo che ancora concede - questa Verità, che sta a fondamento della Fede.

Lo fa perchè la Sua Misericordia si accompagna sempre alla Sua Giustizia, perchè non opera solo con la prima, come insegna l’intera storia della salvezza.

Che ciascuno allora dia il vero significato a quei «frammenti piccolissimi».

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Vi ringrazio di cuore. Sia Lodato Gesù Cristo, Danilo Quinto
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Bergoglio blinda la maggioranza del conclave e prepara l’elezione del prossimo Papa
Nel pedigree delle 10 nuove porpore il profilo globalista-progressista del prossimo Pontefice

                                             ASSOCIATED PRESS
                                  (AP Photo/Gregorio Borgia, file)

Un concistoro da “esportazione”, anti-sovranista e globalista, libero dai dazi e “aiuti di stato”. Il più geopolitico del pontificato di Francesco. Un Risiko espressivo del linguaggio geografico e del messaggio biografico che il pontefice argentino, più di qualsiasi predecessore, è avvezzo a iscrivere sulle investiture cardinalizie.
Bastano a evidenziarlo, nel cv e pedigree delle dieci nuove nomine, i percorsi e trascorsi dei due gesuiti, confratelli del Papa. Occidentali entrambi, ma esotici e cosmopoliti. Panasiatico l’uno, il lussemburghese Jean – Claude Hoellerich, a lungo docente a Tokyo e oggi presidente dei vescovi UE. Panafricano l’altro, il canadese di origini danubiane, con delega per i migranti, Michael Czerny. Come dire dalle barriere carpatiche di Visegrad ai laboratori multietnici dell’Ontario, per approdare infine a Trastevere, nel dicastero di recente conio dello Sviluppo Umano Integrale, passando per la Rift Valley e l’Hekima College di Nairobi.
O le due porpore andaluse, panarabe, protese sull’altra sponda del Mediterraneo, a gettarvi berretta e cappello, tra Suez e Gibilterra: Cristóbal Lopez Romero, arcivescovo salesiano di Rabat, e Miguel Ángel Ayuso Guixot, islamista comboniano, una vita sulle rive del Nilo tra le università del Cairo e di Khartoum, erede di Jean-Louis Tauran alla guida del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.
Cinque – sei ottobre, il parlamento della Chiesa, ossia le due camere alta e bassa, dei cardinali e dei vescovi, del concistoro e del sinodo, si riunisce in “seduta comune”.
Sotto il cielo di un ottobre romano dal clima tiepido, che resiste come un presidio d’estate all’assalto serrato del calendario, nello scopo manifesto di prolungare i tempi e maturare i frutti dell’ora presente. Battagliando con le avvisaglie dell’autunno e ritardando il cambiamento incombente, incalzante di stagione. Dialettica meteorologica che svela e sottende la prova di forza politica.
Nel momento in cui ammette apertis verbis la eventualità di uno scisma e mette, prudente, le mani avanti, conversando in aereo con i cronisti, Bergoglio sceglie nondimeno di andare alla conta e porre la fiducia sulla svolta, teologica e dottrinale, metodologica e istituzionale da lui operata.
Così, la maggioranza episodica e congiunturale (“provvidenziale” per chi legge la vicenda con sguardo di credente, cogliendovi un segno, e disegno, dello Spirito), che aveva puntato sull’arcivescovo di Buenos Aires, dislocato ai confini del mondo, con intento più contro che pro, coalizzando alleati del tutto improbabili, quali Nord e Sud America, yankee e latinos, conservatori e progressisti, nel proposito di sconfiggere il partito romano e ridimensionare il peso della curia, diventa ora organica e strutturale, ampia e impermeabile.
La globalizzazione attraverso sei tornate o infornate consecutive ha inciso in maniera irreversibile sul paesaggio geografico e passaggio nevralgico della Sistina, ossia sulla distribuzione per area e pigmentazione purpurea del planisfero, dilatando la zona rossa e la forma mentis, la provenienza e l’orizzonte ideale del club più esclusivo del pianeta, preposto a eleggere il successore di Pietro e composto a numero chiuso di 120 ambiti scranni.
Revisione sistematicamente attuata nei primi tre concistori - con un calo perentorio del vecchio continente, da un quaranta per cento circa nel 2014 a un trenta nel 2015, a un venti quasi nel 2016 – ed espressamente motivata il 2 ottobre di quell’anno sul volo di ritorno dall’Azerbaigian: “A me piace che si veda nel collegio cardinalizio l’universalità della Chiesa, non soltanto il centro europeo”.
Un “centro” che osserviamo, tuttavia, con una inversione di tendenza e contraddizione in apparenza rispetto alle parole testé riportate, ha repentinamente, inaspettatamente fatto registrare dal 2017 una rimonta, con il 40 per cento dei prescelti, che salgono al cinquanta nel 2018 e confermano in questo 2019 la impennata, mediante cinque nomine su dieci complessive: il doppio dello spazio che l’Europa di per sé occupa nella ripartizione mondiale dei cattolici (appena un quinto del miliardo e trecento milioni di battezzati).
La discontinuità numerica e correzione di rotta in superficie non devono però distogliere dalla comprensione unitaria del fenomeno, in profondità, e dalla sua direttrice d’insieme: come se Bergoglio, in sincronia con l’ascesa e recrudescenza dei sovranismi, avesse avvertito l’urgenza d’intervenire a monte, oltre che a valle. Al capezzale, cioè sui capi e sul nerbo gerarchico del cattolicesimo europeo. Rafforzandone o ricostituendone il gruppo dirigente attraverso una robusta iniezione di anticorpi, anziché indebolirlo ulteriormente. Come se anche il Pontefice argentino, aggiungiamo, si fosse convinto alla stregua di Benedetto XVI che la partita in definitiva si gioca in Europa: optando al dunque per il campo del predecessore ma modificando, drasticamente, uomini e schemi. Dal catenaccio al “meticciato”. Senza remora o paura di potersi snaturare.
Misura che evoca sfiziosamente, non fosse altro per la suggestione della coincidenza cronologica, l’ultimo quantitative easing e colpo di coda dell’ex-allievo dei gesuiti Mario Draghi: un mix d’investimenti sui titoli europei e, congiuntamente, disincentivi a immobilizzare il capitale nei depositi. Analogamente a quanto accade con il “depositum fidei” del Vangelo, cristallizzato e imbrigliato, agli occhi del Papa, nel retaggio dell’imprinting grecoromano – si tratta del punto di maggiore divergenza notoriamente tra lui e Ratzinger – per timore di sforare i parametri tradizionali e incorrere in possibili deficit dottrinali.
“Grazie per averci ricordato che la Chiesa non è una gabbia per lo Spirito Santo” - disse a riguardo un anno fa Bergoglio, chiudendo gli esercizi quaresimali e indirizzandosi al predicatore, il prete poeta, intellettuale portoghese Tolentino Mendonça, chiamato nel frattempo in Vaticano quale nume della Biblioteca e creato, subitaneamente, cardinale: “Lo Spirito vola e lavora fuori, nei non credenti, nei pagani, nelle persone di altre confessioni religiose, è universale”.
Sicché il concistoro 2019 risulta il più europeo per dimensione, ma non propensione. Operando una manovra espansiva però selettiva sui “titoli” cardinalizi, che gratifica i globalizzatori, aperti verso gli altri continenti, ma mortifica i “guardiani del carcere di Pietro”, difensori del vincolo preferenziale con l’Occidente.
In una congiuntura di guerre commerciali e globalizzazione a go-go, utilizzando una ulteriore metafora di attualità, il Papa intende affrancare il cristianesimo, una volta per tutte, dal rischio di venire percepito come un marchio e prodotto dell’Europa: soggetto ai dazi e alle penalizzazioni che in tal caso ne conseguirebbero.
Un esperimento che a Bologna, città in cui cultura e gastronomia da sempre interagiscono gustosamente, si trasferisce dalla scrivania dei poeti alla tavola dei poveri. Dalle parole astratte ai tortellini ripieni, sostituendo la carne di pollo a quella suina e consentendo alla comunità islamica di prendere parte alla festa di Matteo Zuppi, arcivescovo felsineo e unico italiano del gruppo, parroco trasteverino e mediatore di pace in Mozambico.
Accanto ai fantasisti Mendonça e Zuppi, completano il quadro e lo allargano, a centrocampo, i quattro cardinali equatoriali, posti a presidio della fascia mediana dei tropici, dove il clima si surriscalda e si arroventa, non solo sulla scala di mercurio.
Il guatemalteco Alvaro Ramazzini e il congolese Ambongo Besungu, interdittori tenaci e censori mordaci dei rispettivi governi, al centro di due continenti, statici benché instabili. Sul cordone ombelicale, indio e precolombiano dell’istmo caraibico e nel ventre, violato e violentato, dell’Amazzonia d’Africa, tra i Grandi Laghi e il grande fiume. Leader di una chiesa d’opposizione, pasionaria e martire, all’occorrenza, della democrazia: sul piano formale, sponsorizzando elezioni e stigmatizzandone i brogli, come a Kinshasa. Su quello sostanziale, contestando e contrastando le spoliazioni degli autoctoni, discendenti dei Maya, come a Huehuetenango, tra compagnie minerarie multinazionali e signorie locali latifondiste.
Infine le due porpore “insulari” dell’indonesiano Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo e del cubano Juan de la Caridad García Rodríguez, impegnate in contesti diversi a tessere rapporti e rompere l’isolamento del “tre per cento”: cifra che indica in un caso la consistenza esigua dei cattolici, su duecento e passa milioni di abitanti musulmani dell’arcipelago. Nell’altro dei fedeli praticanti, dopo decenni di comunismo castrista e più recentemente consumismo capitalista, che hanno spezzato e spazzato via le tradizioni religiose con la veemenza, e insistenza, delle piogge caraibiche.
L’investitura, rotonda, dei 10 odierni membri con diritto di voto del sacro collegio offre una immagine, nonché vertigine, di Chiesa in esodo sul crinale, scosceso e sospeso tra il passato e il futuro. Tra il lascito eurocentrico, glorioso ma in scadenza, dei papi del Novecento (ai quali anche Benedetto può essere ascritto in quanto fuori quota, schierato nei tempi supplementari) e il prospetto in uscita, poliedrico e coraggioso, temerario e in fieri, del loro successore sudamericano.
Contestualmente l’apertura del sinodo sull’Amazzonia, in programma il giorno successivo a tamburo battente, canonizza il simbolo universale dell’ambientalismo e consacra il primato del tema ecologico. Eredità innovativa, codificata in una enciclica, e tratto caratterizzante nonché coagulante del magistero di Francesco, sin dall’inizio, il 19 marzo dell’anno del Signore 2013, festa di San Giuseppe, custode di Dio in terra e dell’opera del creato.
Camere alta e bassa, dunque. Dove gli aggettivi non rivestono valenza ornamentale, ma descrivono il meccanismo funzionale di selezione delle due assemblee: dal basso i padri sinodali, per elezione, in rappresentanza di ogni singola conferenza episcopale. Dall’alto invece i cardinali, per designazione del regnante pontefice.
Prove tecniche di democrazia e geografia, o di rappresentatività più avanzata. Globalizzata e orizzontale. Ferma restando la figura del Papa e la natura di per sé verticale dell’istituzione. Che concettualmente non si fonda sull’adesione degli uomini e sull’estensione dei suoi domini, ma ciclicamente se ne serve, in sede di verifica: per comprovare la provvidenza divina e riscontrarne il mandato, tassativo ancorché detassato, di “andare in tutto il mondo”.
Piero Schiavazzi

1 commento:

  1. L'unico assedio che il signor Bergoglio avverte è quello di Maria Santissima che sta per liberare la Sposa di Cristo dal falso profeta:la sua unica preoccupazione dovrebbe essere, come per tutti,quella di salvarsi l'anima almeno in estremis,soprattutto per chi,per libera scelta e deliberato consenso, ha deciso di non servire DIO per servire satana!!!

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