ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 4 febbraio 2020

Pusillus grex

LETTERA APERTA A S.E. MONS. CARLO MARIA VIGANÒ




Eccellenza Reverendissima,

ho avuto il piacere di vedere quanto l’adagio evangelico Estote prudentes ut serpentes, simplices ut columbae abbia trovato applicazione a Monaco, dove Vostra Eccellenza è sfuggita allo stilum Sanctae Marthae. Costretti ad esser parte del pusillus grex, ostracizzati da coloro che viceversa dovrebbero difenderli; perseguitati dal Satrapo e dai suoi accoliti, quasi fossero dei criminali; fatti oggetto di una caccia tanto vergognosa quanto grottesca: questa è la sorte di quanti vogliono percorrere la via regia della Croce. 

Vostra Eccellenza avrà la grazia di veder portate a compimento le promesse di Nostro Signore, e con Lei anche i tanti sacerdoti e Prelati che zelano per la Sua gloria e la salvezza delle anime. A quel punto potrà dire anch’Ella con Simeone: Nunc dimittis servum tuum, Domine... quia viderunt oculi mei salutare tuum. Ma questo è il momento della prova, e di una prova tremenda. Una prova che deve scuotere gli animi di quanti ancora si rifiutano di scegliere da che parte stare. 

Ad esser sincero, temevo che le mie posizioni nettamente critiche sul Concilio potessero suscitare in Vostra Eccellenza, se non scandalo, quantomeno quel comprensibile disagio che mostrano quanti si sentono toccati nel vivo. E ad esser  ancora più esplicito temevo che, pur condividendo l’analisi sulla crisi presente che affligge il corpo ecclesiale, Ella preferisse mantenersi sulle posizioni più politicamente corrette che ad esempio hanno assunto in passato - ed in parte ancor oggi assumono - alcuni venerabili Confratelli di Vostra Eccellenza; vedo però che anche tra costoro la supina accettazione degli errori conciliari va progressivamente cedendo il posto alla consapevolezza dell’inconciliabilità tra la professione integrale della Fede per amore di Dio e la sua deliberata adulterazione per compiacere il mondo.  

Non mi riferisco ovviamente al latitudinarismo di quanti pensano di poter affiancare senza contraddizione la Sposa di Cristo con la meretrice che abbiamo sotto gli occhi, o la Liturgia cattolica con la sua contraffazione;  quanto piuttosto a quella ritrosia umanissima e certamente comprensibile di chi non osa credere che quel che la ragione gli mostra e il cuore gli suggerisce sia vero: il tradimento di chi si fida da parte dei vertici stessi della Chiesa. Poiché cos’altro è, se non tradimento, quello del Pastore che non solo tace deliberatamente la Verità salvifica, ma che anzi le sostituisce l’errore, mascherandolo con parole volutamente equivoche? Non è tradimento l’elogiare gli eretici e i peccatori, e dileggiare quanti ad essi si oppongono eroicamente per difendere la purezza della Fede? Non è tradimento di Dio e della Chiesa lasciar che gli idoli siano adorati nel luogo santo, con lo scandalo dei fedeli? Non è tradimento il deificare la natura mentre se ne lascia offendere il Creatore? Eppure questo accade sotto i nostri occhi, e sotto gli occhi di tanti chierici, Presuli e Cardinali che tacciono, che volgono lo sguardo altrove, che fingono di non sentire e di non vedere per non dover reagire. Gli uni per pusillanimità, gli altri per complicità, ma sempre e comunque dimostrando di aver più a cuore la conservazione del proprio posto, che non la gloria di Dio e l’onore della Chiesa. 

E qui vorrei ricordare un passo del colloquio del Cardinale Federigo con don Abbondio: “Ma!” disse il cardinale, con voce e con aria grave fuor del consueto: “è il vostro vescovo che, per suo dovere e per vostra giustificazione, vuol saper da voi il perchè non abbiate fatto ciò che, nella via regolare, era obbligo vostro di fare”. Vien da osservare che ai nostri giorni il Cardinal Federigo sarebbe probabilmente ricercato dai bravi del novello don Rodrigo, mentre don Abbondio avrebbe meritato la Sacra Porpora. E mi chiedo cosa possa aver reso eunuchi tanti sacerdoti e Vescovi, nel volgere di soli cinquant’anni. 

Anch’io, come moltissimi  chierici e laici, ho vissuto momenti della mia vita in cui non volevo e non potevo accettare che un padre potesse ripudiare i propri figli, che un pastore volesse deliberatamente disperdere il gregge affidatogli, lasciandolo in balia dei lupi. Illusioni e ingenuità di chi pensava d’aver dinanzi un Noé ebbro e discinto, cui i figli pietosi dovessero coprir le vergogne, meritandone le benedizioni una volta rinsavito. E questa posizione di composta operosità, non disgiunta dal desiderio di salvare l’immagine compromessa della Chiesa - rectius: dei suoi Prelati - mi è sembrato fosse la stessa di chi, un tempo convintissimo sostenitore della mens conciliare e suo attivo cooperatore, era alfine giunto a teorizzare quell’ermeneutica della continuità in nome della quale cercar di conciliare, appunto, la dottrina immutabile della Chiesa di Cristo con le innovazioni dell’assise romana. Questo tentativo era frutto di un abbaglio, perché abbiamo creduto in buonafede di aver davanti degli interlocutori animati da rette intenzioni, che avessero solo adottato metodi sbagliati per ottenere un fine buono. Ma così non era e non è, e il tempo l’ha dimostrato.

Alcuni devono ancora prender le distanze dagli errori che purtroppo inquinano le loro buone intenzioni, ed in particolare devono comprendere l’indole eversiva della frode modernista: troppo spesso chi difende la dottrina e la morale cattolica non osa disfarsi delle deviazioni insinuate dal Vaticano II e par voler pagare il tributo all’idolo conciliare col citarne questo o quel passo a sostegno delle proprie tesi. Ma Ella sa bene che un’acqua contaminata dal veleno è veleno essa stessa, e che quel che di buono è sopravvissuto nei testi conciliari si è rivelato essere uno schermo dietro il quale nascondere le peggiori insidie. 

Ed è quello che avviene anche in ambito civile: chi vorrebbe sottrarci alla morsa del mondialismo non riesce a prendere le distanze dai principi condivisi dall’avversario. Così, come il politico che desidera avere diritto di parola nel consesso civile deve accettare i preambula regiminis del pensiero massonico, anche il Presule che voglia levar la voce contro la crisi presente ritiene di perdere credito se mette in discussione il Vaticano II. Ma con ciò stesso spunta le armi con le quali intende combattere, perché la sua battaglia - ancorché meritevole e combattuta in buona fede - non gli permetterà di minare dalle fondamenta la cittadella in cui è asserragliato l’avversario, né di proteggere la propria, lasciata sguarnita sui lati più strategici.

Quel che si riesce a far comprendere più facilmente ai laici e al basso Clero, non giunge ahimè a molti Confratelli di Vostra Eccellenza, forse perché per essi è più difficile scrollarsi di dosso il grave fardello di questi cinquant’anni di corresponsabilità, riconoscendo con umiltà di esser stati tratti in inganno. Eppure questa è l’unica via percorribile, e senza ripudiare mezzo secolo di compromessi e adulterazioni non sarà possibile ottenere dal Cielo quella vittoria schiacciante che invece il Signore riserva ai pochi che Lo seguono. Poiché se è vero che siamo in pochi, e che la nostra battaglia è umanamente persa sin dal principio, è altresì vero che il nostro Re può permetterci di sbaragliare i più temibili avversari, se solo sapremo militare senza compromessi sotto i Suoi vessilli.

Ho la gioia di veder venir meno i miei timori e di constatare che Vostra Eccellenza condivide con me la consapevolezza di non poter più accettare alcun compromesso. Perché in questione non è tanto il prestigio personale - di cui Vostra Eccellenza certamente e meritatamente gode, e che pure non esita a metter in gioco - ma la Verità in sé, cioè Dio. Quel che Vostra Eccellenza difende non sono le Sue idee, ma la Verità oggettiva, cui Ella coerentemente non può non aderire. Come uno specchio che, una volta deterso dall’appannatura, rifletta fedelmente l’immagine reale. 

Ecco: quello che mi dà speranza è proprio vedere quale sia la forza e la potenza della Verità, ch’è necessariamente intollerante e divisiva, così come divisivo è Nostro Signore, pietra di scandalo contro cui sono destinati a schiantarsi coloro che non Lo vogliono riconoscere come testata d’angolo. Questa santa intolleranza ci sprona a cercare il bene altrui, ad annunciare coraggiosamente che la Verità è impreteribile, ineluttabile, e che prima o poi chi ha retta intenzione non potrà che riconoscerla ed inchinarvisi, così come non ci si può sottrarre alla luce e al calore del sole anche se lo si nega.

Ma più che di una liberazione dall’odioso giogo conciliare, quello che è indispensabile suscitare nelle anime buone è la fiducia assoluta nella Grazia, affinché si abbandonino i rispetti umani, per confessare Gesù Cristo, che è Verità e Via alla Verità e Vita nella Verità. Se non sapremo riconoscere quanto ridicoli e falsi siano gli spauracchi che il demonio ci leva davanti; se non troveremo il coraggio di gettarci nelle braccia della Vergine affrontando il martirio che la Provvidenza ha preparato per noi - piccolo o grande che sia; se non disprezzeremo questi attimi di vita terrena preferendo l’eternità beata che ci aspetta, ribellarci all’errore sarà un esercizio di logica forse, ma non di virtù. 

Esser ostracizzati da un tiranno arrogante; derisi da chi sa di non avere argomenti; scacciati come indegni per far posto a personaggi compromessi e ricattabili; incarcerati, torturati, forse uccisi: questo è accaduto anche ai tempi di Sant’Atanasio, ed ogniqualvolta il potere civile si è alleato con gli eretici per distruggere la Chiesa; questo accade oggi anche a noi, secondo la croce che il Signore fattosi nostro Cireneo ci aiuta a portare. So che Vostra Eccellenza è pronta a dar testimonianza della Verità e ha già dimostrato di esserlo. Nella mia nullità oso sperare che quel che dovremo sopportare ci apparirà come una cosa da poco, quando nell’attraversar la prova ci accorgeremo quanto maggiore fosse il suo timore umano rispetto alla realtà dell’aiuto celeste. Jacta cogitatum tuum in Domino (Salmo 54, 23).

Confermo a Vostra Eccellenza il mio ricordo nella preghiera, soprattutto ai piedi del tabernacolo, dove il divino Prigioniero ci attende per colmarci di grazie e benedizioni. 


Di Vostra Eccellenza Rev.ma
dev.mo in Christo

Cesare Baronio

Copyright MMXVIII - Cesare Baronio

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