TEOLOGIA "PARACONCILIARE"
È sorta una teologia «paraconciliare» che vorrebbe cancellare l’idea stessa del sacro. La svolta antropologica nella cultura della Chiesa e nell’atteggiamento dei vescovi e dei sacerdoti in cui ogni cosa, anche i sacramenti sono una conquista umana
È sorta una teologia «paraconciliare» che vorrebbe cancellare l’idea stessa del sacro
Non è successo molte volte, nella storia, che di un nome, di una espressione oggettiva, mirante a indicare un fatto preciso, si sia fatto un simbolo, un’astrazione, un programma per il futuro: e che quel programma non avesse niente a che vedere con il nome, anzi, che si sia creata una sfasatura abissale, una discontinuità incolmabile, fra il significato ed il significante – come direbbe un esperto di linguistica.
Stiamo parlando del Concilio Vaticano II:
di un evento ben definito, che ha una storia ed una storiografia; che ha avuto un principio ed una fine: che ha fatto discutere, ma, soprattutto, che ha prodotto una serie di testi, di documenti, di indicazioni abbastanza precise: ma che, fin dall’inizio, prima ancora che fosse chiuso – anzi, per dirla tutta, prima ancora che fosse aperto – già aveva subito, nel racconto deformante dei media e nelle manipolazioni dell’immaginario collettivo, un significato, una portata, una direzione ed un’interpretazione univoci, discutibili, parziali, tali da forzarne la realtà e la verità, per proiettarlo in un mondo mitico, in una dimensione utopistica, in uno spazio magico sottratto alla vera e razionale discussione, tutto rivolto alla palingenesi dell’umanità, a una sorta di messianismo secolare, a una paradossale escatologia del finito, a una sconcertante metafisica dell’immanenza.
Fin da subito, insomma fin dal 1962, e poi, naturalmente, a partire dal 1965, quando ormai i suoi documenti ufficiali erano stati consegnati alla storia, nel bene e nel male, affinché gli storici – e, naturalmente, i fedeli – li valutassero e li giudicassero, al fatto storicodel Concilio si era sostituita e sovrapposta una entità nuova e inafferrabile, onnipresente e insindacabile: una particolare lettura di quei documenti e di quell’evento che, immediatamente, assurse alla auto-proclamata esclusività di quanto era avvenuto, sotto l’espressione, tanto suggestiva e poetica, quanto vaga e indefinita sul piano concreto, di “spirito del Concilio”.
Per i sostenitori delle novità ad ogni costo; per gli alfieri di un dialogo col mondo che si traduceva in una adozione delle prospettive del mondo; per gli abili e infaticabili sostenitori di una rivincita modernista, dopo gli scacchi sofferti durante quattro successivi pontificati – di Pio X, Benedetto XV, Pio XI e Pio XII – l’espressione “spirito del Concilio” diveniva, nello stesso tempo, la clavis universalis per aprire tutte le porte – teologiche, liturgiche, pastorali – e la clava per fracassare tutte le opposizioni, implicitamente o esplicitamente tacciate di opporsi alla “attuazione” del Concilio, nello “spirito” (appunto) del Concilio: un sofisma neanche troppo mascherato, una tautologia alquanto prepotente, che però hanno funzionato benissimo, dal momento che qualunque voce di dissenso è stata sottoposta ad una sorta di ricatto permanente, con la minaccia di presentarla come “nemica del nuovo spirito conciliare” e, quindi, non fedele, anzi, gravemente disobbediente – scismatica? - rispetto alle magnifiche sorti e progressive che il nuovo spirito dei padri conciliari aveva introdotto nella vita della Chiesa cattolica.
Del resto, avanzare dubbi o perplessità, anche sommessi, anche limitati, a codesto nuovo spirito conciliare, equivaleva ad opporsi alle grandi e coraggiose riforme volute da Giovanni XXIII e non ostacolate da Paolo VI; laddove si presentavano la generosità, l’apertura, l’attualità del messaggio di questi due ultimi pontefici, e specialmente del primo, come la manifestazione evidente della direzione che il cammino della Chiesa avrebbe dovuto proseguire, se essa non voleva “tradire” quanto voluto, quanto fatto e quanto auspicato dal “papa buono”.
Non tutti erano convinti, non tutti erano persuasi; e tuttavia, da quel momento in poi, costoro – indipendentemente dal loro numero – divennero, o apparvero, come la minoranza: la minoranza degli irriducibili, dei conservatori, degli oscurantisti, che, evidentemente, aveva torto, perché non era in linea con lo “spirito” del Concilio. Tanto per dare voce ad uno di codesti perplessi, citiamo quanto scriveva Ernesto Zanin nel lontano 1981 («Per una Chiesa che non scenda a patti con il mondo», su «La vita cattolica», Udine, 30 maggio 1981; in: E. Zanin, «Un assenso ragionevole»
Udine, La Nuova Base Editrice, 2006, pp. 17-20):
«.-.. Il Papa [Giovanni Paolo II], osservando quanto è avvenuto dal 1965 in poi, dice: “Purtroppo, dopo il Concilio Vaticano II, si è fatta avanti una nuova ecclesiologia…che ha preteso di indicare alla Chiesa vie che non sono quelle del Concilio Ecumenico Vaticano II.”.Questa, a mio parere, è una analisi realistica della situazione. Moltissimi guai sono sorti all’interno della Chiesa, come il crollo delle vocazioni sacerdotale religiose, la perdita del concetto di peccato, la perdita assoluta dell’idea di grazia santificante…, a causa non dei nemici esterni, non dello spirito del mondo, ma in conseguenza del venir meno della sana dottrina nell’ambito di coloro che, per missione, avrebbero dovuto predicare la verità di sempre. [Henri de Lubac] dice chiaramente che i documenti conciliari sono stati monopolizzati da teologi il cui teologare partiva dal preconcetto di aggiornare la fede alle esigenze del mondo, allo scopo di emancipare la Chiesa da un presunto stato di inferiorità rispetto alla società moderna. Ne è nata così una scissione tra teologia ed esperienza cristiana, una separazione tra teologia e santità. In questo senso, il post-Vaticano II ha rappresentato la vittoria del protestantesimo all’interno del cattolicesimo. È sorto […] un paraconcilio che ha dato costantemente interpretazioni completamente diverse da quella che è la lettera e da quello che è lo spirito del Concilio, e queste interpretazioni – come si può bene osservare – sono entrate, mediante i mezzi di comunicazione sociale, un po’ dappertutto, nei seminari, nelle scuole di teologia, nei catechismi, nei tanti movimenti, nelle comunità nelle parrocchie… Così si parla di rivoluzione copernicana della Chiesa; si esalta il nuovo solo perché nuovo; si dice che bisogna reinterpretare il contenuto della fede in funzione dei problemi nuovi che il mondo pone, si afferma che la comunità deve essere il luogo della creatività, dell’invenzione; si vuole distruggere il “sacro” come residuo di un tempo passato, e si crede che, sotto il preteso impulso dello spirito, ogni cosa che si fa o si farà, ogni atteggiamento o comportamento anche nel campo morale, non solo non sia condannabile, ma semplicemente sia il risultato auspicato e auspicabile di questa nuova realtà, verso cui bisogna tendere con tutta tranquillità e senza alcuna preoccupazione, a dispetto di un mondo di fede che se era valido ieri, oggi non ha più né senso, né significato. Ci sono anche nella nostra diocesi dei periodici che anche recentemente, hanno ospitato articoli in cui si nega la distinzione essenziale tra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale; in cui si deride la vita interiore come un ritorno nel privato; in cui si dà per scontata la scomparsa di principi assoluti sui quali basarsi, per indicare invece il sorgere di modelli d’azione dalla stessa comunità, volta per volta. A seconda delle circostanze, in cui perfino la violenza, qualora sia indirizzata al cambiamento di questa iniqua società, trova la sua giustificazione. Il male che si è ridotto dal 1965 in poi è incalcolabile. Si è voluto ridurre la Chiesa, che è madre e maestra di verità, a povera “sguattera”, incerta e titubante, sempre ansiosa e complessata, desiderosa di apprendere dagli altri, in continua ricerca della verità, pronta a battere le mani al mondo dei potenti, ai partiti e a certi movimenti che vanno per la maggiore… Lo sconcerto che si è creato nei buoni è indescrivibile, lo smarrimento che si è diffuso ovunque è inimmaginabile, il calo della pratica della vita cristiana è visibile tutti i giorni sotto i nostri occhi. Nonostante questo discorso, io non sono pessimista, perché so che il Cristo ha vinto il mondo… Il Concilio vero ha fatto tanto bene e il Signore, mediante lo Spirito Santo, ha effuso, dopo il Concilio, attraverso l’opera del Concilio, una grande quantità di doni. […]
Ma ci vuole, nella sfera individuale e in quella ecclesiale, lo spirito di discernimento per scegliere le strade giuste e abbandonare quelle sbagliate; non bisogna assolutamente allontanarsi dalla tradizione, anzi è necessario farla crescere perché essa possa presentarsi, in tutta la sua validità, per la gente di oggi; occorre far rivivere tutti i principi del cristianesimo, come il principio ascetico, il principio sacramentale, il senso mistico della Scrittura, il principio della Grazia. La Chiesa deve qualificarsi specificandosi, non venendo a patti con il mondo; essa proclami, senza mezzi termini, la verità che possiede allontanando ogni timore di essere incompresa o di scandalizzare; proponga con energia, come faceva Gesù Cristo, il messaggio divino, nella certezza che è proprio quello che gli uomini, stanchi e avviliti per le troppe cose materiali, domandano ardentemente, perché assetati di infinito.»
E questo, di fatto, è avvenuto: è sorto, non si sa bene da dove, né come, un nuovo indirizzo teologico, o meglio, per dirla tutta, è sorta una nuova teologia, talmente lontana da quella preconciliare, quanto la Terra lo è dal Sole. Di più: si può dire che è sorta una teologia paraconciliare, parallela al Concilio, e che, del Concilio, si proclamava la fedele interprete e la legittima prosecutrice, ma che, al contrario, si discostava alquanto, e su punti sostanziali, dall’autentica teologia conciliare, così come si evince dai documenti. Forzando sistematicamente il significato delle espressioni, il valore delle parole, perfino le intenzioni dei Padri, si faceva passare per coerente con il Concilio una visione teologica inedita e discutibile, fonte d’infinite perplessità e, sovente, di autentico scandalo nel popolo dei fedeli, attraverso una operazione alquanto spregiudicata, che consentiva ad alcuni “nuovi” teologi di accreditarsi come i registi, i depositari, i custodi e gli esegeti più attendibili e disinteressati di ciò che il Concilio era stato e di quel che aveva discusso, deciso, pubblicato.
Insomma: per la prima volta, una mentalità democraticista ed egualitarista – questa, sì, realmente “nuova” nella storia della cultura cattolica – si proponeva l’obiettivo di conquistare le posizioni chiave, non tanto nella gerarchia ecclesiastica, ma nella teologia cattolica: come se i teologi, nel cattolicesimo, rappresentassero di fatto una sorta di Corte di Cassazione, atta a giudicare e a stabilire irrevocabilmente, una volta per tutte, che cosa il cattolico deve credere e che cosa la Chiesa stessa deve accettare, cosa respingere. Per la prima volta il pontefice, i vescovi, i sacerdoti, i fedeli si rimettevano completamente, senza riserve, alle decisioni dei teologi: i quali, da parte loro, per la prima volta, non partivano da un approccio realmente teologico ai problemi dell’uomo e della società, ma da un approccio terreno e immanente, per giungere a Dio solo in un secondo momento dopo avere affermato la suprema dignità dell’uomo, la sua capacità di agire in senso morale, la sua libertà, la sua intelligenza. Era la cosiddetta “svolta antropologica” nella cultura della Chiesa cattolica e nell’atteggiamento dei vescovi e dei sacerdoti: una “svolta” in base alla quale ogni cosa, perfino i Sacramenti, diveniva sostanzialmente una conquista umana, e la Grazia passava in secondo piano rispetto alla volontà e alla capacità dell’uomo di andare con passo sicuro incontro a Dio, quasi da pari a pari, senza timore e tremore, ma, anzi, con piglio deciso e con la ferma coscienza del proprio valore e con l’audace convinzione di poter realizzare, lui, il regno di Dio sulla Terra, se non oggi, domani o dopodomani.
Un esempio sulla liturgia e uno sul dogma ci permetteranno di illustrare questo concetto. Per quanto riguarda la riforma liturgica, nessun documento conciliare proclama l’abolizione del latino: al contrario, si dice esplicitamente che il latino può essere sostituito (e non che deve essere sostituito) dalle lingue nazionali, nella celebrazione della Messa, qualora particolari circostanze specifiche lo rendano opportuno. Eppure, quel che si trova scritto nei libri e quel che, da subito, è stato fatto, e avallato dalla stampa e dai media, è stato l’esatto contrario: si disse che il Concilio aveva abolito il latino. A livello dogmatico, si operò una sfumatura sul concetto che solamente la fede cattolica porta alla salvezza (il nulla salus extra ecclesiam di Pio X): e ciò in linea con il cosiddetto dialogo interreligioso. Tuttavia, fin da subito, la sfumatura divenne un’affermazione netta e recisa: ci si salva seguendo altre religioni (e nonnonostante questo fatto): se ne deduce che anche il Vodù o Scientology, possono andar bene; quel che conta, è la buona fede dell’uomo. Come si vede, un (giusto) scrupolo davanti al mistero della salvezza, che Dio solo conosce, è diventato la pietra d’angolo di un relativismo e di un indifferentismo assoluti: qualunque strada è buona, tra quelle che vanno, o promettono di andare, verso Dio.
A questo punto, una domanda: c’è ancora il sacro, e c’è ancora Cristo, in codesta “nuova” teologia?
di
Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
una teologia paraconciliare??? O michione, è sorta una nuova chiesa, una controchiesa!
RispondiEliminaChi si focalizza solo sul termine "paraconciliare", che non è affatto sbagliato né ambiguo, é meglio che cerchi di capire quel che legge.
EliminaPer fortuna a questo mondo non ci sono solo integralisti!
detto da chi ha intitolato il suo blog "apostati si diventa" con sottotitolo il messaggio di LaSalette "Roma perderà le Fede e diventerà la sede dell'Anticristo"
Eliminacomunque io non mi focalizzo sul termine "paraconciliare" di cui conosco il significato, ho semplicemente espresso il mio disappunto per l'ennesimo tentativo di assolvere un conciliabolo i cui effetti sono nefasti. La teologia paraconciliare non si propone in alternativa al Sinodo ma si impone come frutto tra i più maturi dello stesso. Ogni nefandezza postconciliare ha origine nel conciliabolo non i chi lo ha mal interpretato. Quando la Chiesa parla insegna non propone dei ragionamenti passibili di molteplici interpretazioni, già questo la dice lunga su quanto possa considerarsi cattolico il conciliabolo vaticano secondo!
errata corrige: La teologia paraconciliare non si propone in alternativa al CONCILIOVAT2
Eliminacomunque per essere ancora più chiaro provo a riformulare il mio primo commento:
Eliminaun'unghia incarnita??? O minchione non vedi che gli hanno perforato un polmone???
Io non credo proprio che l'articolo intenda assolvere il "conciliabolo", ma, anche qui, di discernere il grano dalla zizzania.
EliminaNel CONCILIOVAT2, non c'é soltanto l'errore ma tanti errori mescolati a verità e si deve stare attenti a distinguere il grano dalla zizzania, come ci ha insegnato NSGC, altrimenti si sradicano entrambi.
Quindi anche qui, occorre aspettare i SUOI tempi e trattenere il "buono", scartando il "cattivo".
Poi se sia un'unghia incarnita o un polmone perforato, si può discutere all'infinito.
Ma non è dando del minchione a qualcuno che si può curare la malattia, semmai cercando di curarsi con le medicine che ci dà il Signore, cioè i sacramenti e la preghiera.
Mi dica se dovessi preparare un frullato con ottimi ingredienti ma vi aggiungessi una dose mortale di cianuro, come faccio di grazia, a trattenere ciò che di buono ho messo nel frullato. Non è forse più logico pensare che il buono sia stato messo come esca per farmi attirarmi e morire avvelenato. Lei ragiona proprio come un modernista il cu padre è Satana! Per me il discorso è chiuso. La rispetto e prego per lei ma quello che dice è inaccettabile, dal momento che per giustificare le sue illogiche posizioni si permette pure di distorcere il significato delle Parole di Nostro Signore.
Eliminaconcordo con Anonimo, o il concilio lo si accetta come consiglio o non lo si accetta per niente. Cosa significa dire che nel Concilio ci sono errori ma anche cose buone. Ma lo sa che un vero Concilio NON può insegnare errori? Ma caro Brontolo, si sente bene ultimamente?Sempre il sig. Anonimo le ha dato del normalista e subito mi viene in mente Padre Livio, starà mica seguendo la sua stessa strada! Caro Brontolo, senza offesa, ma si sta contraddicendo, mi duole ammetterlo ma i suoi ultimi commenti mi suonano assai poco cattolici! Che le succede?
EliminaCari anonimi A e B (o 2x1?) grazie per le preghiere e per la mia salute.
EliminaSpiacente per voi ma l'esempio del frullato non é giusto.Ritengo molto più corretto l'esempio (cattolico fino a prova contraria) del campo di grano e della zizzania, nonostante A ritenga siano illogiche posizioni e mi accusi di "distorcere il significato delle Parole di Nostro Signore."
Per quanto riguarda il normalista forse vi conviene rileggere cosa significa "normalista" sul vocabolario:
normalista s. m. e f. e agg. [der. di (scuola) normale] (pl. m. -i). – In passato, studente o studentessa delle scuole normali; oggi, studente della Scuola normale superiore di Pisa, o chi a suo tempo lo è stato (in questa accezione, anche ex-normalista)[Treccani].
Ammetto di aver frequentato solo scuole normali, non differenziali.
Se vi può interessare ritengo di essere un semplice cattolico che ama la Tradizione e che si trova molto male nella situazione ecclesiale attuale, che non dipende unicamente dal CV2 anche se questo é stato la punta di un iceberg sul quale la barca della Chiesa ha sbattuto e che rischia di farla naufragare.
Mi sembra che il vs frullato vi abbia già avvelenato di eresia catara, come i puri&duri sedevacantisti e che forse per schiarirvi le idee avreste bisogno di leggere oltre al dizionario anche dei libri che vi possano fornire degli antidoti, come ad esempio:
Stefano Carusi, Antonio Livi, Enrico Maria Radaelli *
DOGMA E PASTORALE L’ERMENEUTICA DEL MAGISTERO DAL VATICANO II AL SINODO SULLA FAMIGLIA
o LA CHIESA RIBALTATA.Indagine estetica sulla teologia, sulla forma e sul linguaggio del Magistero di Papa Francesco, anche alla luce del pensiero gnostico sul mistero d’iniquità così come esposto nella Seconda ai Tessanocinesi, 2,6-7.
Se vi sembra che mi succeda qualcosa di strano, forse non avete compreso che la citazione di A
"detto da chi ha intitolato il suo blog "apostati si diventa" con sottotitolo il messaggio di LaSalette "Roma perderà le Fede e diventerà la sede dell'Anticristo" riguarda oltre i pastori, anche noi pecore, che non siamo immuni dagli stessi errori
l'esempio evangelico del campo e della zizzania è evidentemente applicabile alle persone e comunque non ad un concilio che in quanto atto supremo di Magistero non dovrebbe avere di questi problemi. Per il resto io NON sono un sedevacantista, so solo che vi è un problema circa l'autorità nella Chiesa e vorrei che non si facesse finta di nulla. Oltretutto pensi pure quello che vuole è talmente contraddittorio ciò che dice che non vale la pena insistere. Certamente lei offre con il suon blog un positivo contributo alla causa quindi non posso neppure un attimo dubitare della sua buona fede. saluti nella speranza che in futuro il suo sarcasmo possa cedere il passo a più serietà e buon senso!
EliminaAnch'io sono d' accordo con il Brontolone, non tutto del CVII è da buttare; ma certo è , che purtroppo i frutti che il CVII ha generato , sono frutti avvelenati da qual cianuro che è stato messo nel frullato . jane
RispondiEliminami auguro che sia consapevole di aver detto una cosa senza senso, vero? Io non capisco o si accetta il conciglio o non lo si accetta. Da quando un Concilio Ecumenico lo si può accettare solo in parte? Certo ci saranno delle affermazioni ortodosse ed ineccepibili(ci mancherebbe altro) ma le stesse non sono nate col concilio bensì riaffermate dal concilio e preesistevano in tutto il Magistero precedente al concilio stesso. Così come i buoni frutti preesistono rispetto al frullato, così la Sana Dottrina preesiste rispetto al Concilio. Il veleno sono le affermazioni problematiche nate all'interno del concilio stesso, non è più possibile separare i frutti una volta che il frullato, all'interno del quale è stato aggiunto del cianuro, è stato fatto. Sig.ra Jane, provi l'esperimento se non ne è convinta. E' pacifico quindi che siano da salvare non i frutti ormai corrotti ma l'albero sano dal quale sono cresciuti ossia il Magistero precedente. Oltretutto se gli effetti del frullato sono nefasti, quale altra soluzione si prospetta per aver salva la vita se non quella di smettere di bere il frullato, sottoporsi ad una lavanda gastrica ed impedire, per carità cristiana, che altri lo bevano? Davvero sembra che la logica oggigiorno sia andata a farsi fottere. Evidentemente dopo aver perso la Fede, tocca al cervello fare le valige!
EliminaPerchè avrei detto una cosa senza senso ? Non è la questione se accettare il CVII o meno, la questione, mi pare è se il CVII è tutto da buttare. Comunque sia , io la valigia l'ho pronta, e lei ? jane
RispondiEliminaMatteo 7,15-20
RispondiElimina15 Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. 16 Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? 17 Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; 18 un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. 19 Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. 20 Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere.
Un frullato non genera frutti semmai, nel caso in cui sia avvelenato, intossica chi lo beve. E poi NON è cattolico continuare a considerare il Concilio come qualcosa che può essere analizzato a pezzi. Tutto un Concilio impegna l'infallibilità del Papa, nel caso in cui sia problematico o lo si riforma o lo si abroga. Un Concilio non lo si convoca per dire tutto va bene che bello festeggiamo, lo si convoca per definire, per insegnare, per dirimere controversie, per dare una parola DEFINITIVA. Possono chiamarlo Pastorale finchè vogliono ma nell'apparenza ha tutti i crismi di un autentico concilio dottrinale dal momento che nei documenti praticamente viene citato d continuo di continuo e quindi appare completamente assorbito come Magistero. Ripeto: il concilio o lo si condanna o lo si accetta, esso impegna l'infallibilità in tutto quanto è stato dichiarato. Se quindi insegna l'errore non si può far altro che non riconoscerlo come concilio bensì come CONCILIABOLO e prendere atto che non potendo un Papa impeganre la propria infallibilità in un conciliabolo, forse questo non possedeva sin dal principio l'assistenza promessa a Pietro in quanto NON Pontefice. Non si scappa da questa conclusione. Alcuni infatti che non se la sentono di affermare che Roncalli non è stato Papa(pur pensandolo) non hanno il benché minimo dubbio nel dichiarare che Montini, se mai lo fosse stato, smise di esserlo nell'istante in cui promulgò i documenti conciliari! Sono cose che non si vorrebbero dire ma fingere che la realtà non sia tale non servirà certo a cambiarla.
Buon viaggio. con affetto jane
RispondiEliminabuona apostasia e se non è troppo tardi il mio povero cervellino che almeno è rimasto porge i suo omaggi al suo!
RispondiEliminaVede che siamo compagni ! . Un abbraccio jane
RispondiEliminacerto... anche se la parola compagni proprio non mi piace, meglio fratelli...mi auguro non separati però!
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