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I cardinali nella Chiesa hanno diritti di …
Tuttavia
il presule greco non è stato l’unico dimostratosi ultra zelante a
ergersi contro i presunti atteggiamenti indebiti dei cardinali (leggi ad
es. qui).
Persino
il decano della Rota Romana, mons. Pio Vito Pinto, ha sentito il dovere
di esprimere “oltre le righe” il proprio «scandalo» nei confronti dei
quattro Cardinali, giungendo persino a prospettare che il Papa privi i
cardinali della Sacra Porpora (qui, quie una sintesi qui).
Su questo argomento è intervenuto sul suo blog il canonista Edward N. Peters
(1957-), dottore in diritto e in diritto canonico, nonché dal 2010
referendario della più alta istituzione giuridica della Chiesa
cattolica, il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.
I cardinali nella Chiesa hanno diritti di …
di Edward Peters
La più precipitosa risposta ai dubia dei quattro Cardinali rimane, finora, quella del vescovo Frangkiskos Papamanolis, presidente della Conferenza episcopale greca, le cui invettive – contro le questioni (dubia) poste dai cardinali Brandmüller, Burke, Caffarra, e Meisner a riguardo al documento Amoris laetitia
di papa Francesco – sono tali che, affinché si possa credere che sono
state pronunciate, bisogna leggerle. Il prelato greco urla epiteti del
tipo apostasia, sacrilegio, eresia, scisma contro quattro
fratelli nell’episcopato, dando pochi indizi sul fatto che egli abbia
qualche nozione di quale sia il significato di quei termini
canonico-teologici. Ma li urla contro quattro confratelli che fanno
niente più che un uso da manuale del loro diritto (can. 212 § 3) di
porre questioni dottrinali e disciplinari che necessitano di essere
affrontate al momento. Mi piace pensare che anche i più accaniti
difensori di Amoris laetitia abbiano visibilmente inorridito leggendo Papamanolis. Ma forse sono ingenuo.
E benché si possano suggerire altri concorrenti per il Primo premio di reazione esagerata,
io qui prendo in considerazione le speculazioni cui ha dato voce il
decano della Rota romana, mons. Pio Vito Pinto, e cioè che papa
Francesco potrebbe privare i quattro Cardinali della loro dignità
cardinalizia.
Lasciando
da parte quanto sia inappropriato che l’officiale giuridico più alto
della Chiesa si dedichi a pubbliche speculazioni sulla possibile
responsabilità giuridica e relative conseguenze canoniche contro vescovi
fino ad oggi incensurati, passiamo invece a parlare di quale sia
l’autorità canonica del Papa su prelati che rivestono la dignità di
cardinali.
Undici canoni
(cann. 349-359) regolano l’istituzione cardinalizia nella Chiesa
romana, inclusa una norma (can. 351 §1), che stabilisce, in un passaggio
qui pertinente, che «dal momento della pubblicazione [quando il papa
annuncia i loro nomi] essi sono vincolati dai doveri e godono dei diritti definiti dalla legge». E quali sono questi diritti?
Benché in gran parte di natura onorifica, il titolo di cardinale
– almeno per coloro che non sono giunti agli 80 anni – comporta anche
un «ufficio» nella Chiesa (can. 145) dando, tra le altre cose,
l’autorità di eleggere il papa nel conclave (Universi Dominici Gregis,
n. 33). La nomina all’«ufficio» di cardinale è fatta per un «tempo
indeterminato», nel senso che chi detiene tale nomina può essere
«rimosso» dal detto ufficio «per cause gravi e osservato il modo di
procedere definito dal diritto» (can. 193 § 1) o può essere «privato»
dal detto ufficio come punizione per un crimine canonico presunto e
provato a norma di diritto (can. 196 § 1). Poiché il pensiero che
Brandmüller e gli altri abbiano commesso un «crimine» canonico farebbe
semplicemente ridere, rimane solo considerabile la possibilità che
Francesco voglia trattare un cardinale che pone domande sul documento Amoris laetitia
come una «causa grave» e rimuovere così quattro cardinali dall’ufficio
cardinalizio (e eliminando così anche due elettori attualmente elegibili
al prossimo conclave). Ma Francesco (che è l’unico a poter giudicare un
cardinale, can. 1405 § 1, 2°) non ha detto una parola circa la
rimozione di quattro cardinali dalla loro dignità e nemmeno circa la
messa al bando di qualcuno di loro dal futuro conclave; finora queste
sono soltanto speculazioni di Pio Vito Pinto.
Ma
anche volendo considerare, contro ogni precedente e contro lo stesso
buon senso, che chiedere al papa chiarimenti su importanti questioni
sorte a seguito del suo documento costituisca una «grave causa» per
sollevare più d’un prelato dal proprio ufficio, rimarrebbero ancora da
onorare, ad ogni stadio del processo di rimozione, numerosi diritti di
natura canonica garantiti espressamente per tutti i fedeli cristiani. Il
diritto a «difendere legittimamente i diritti di cui godono nella
Chiesa presso il foro ecclesiastico competente», il diritto «di essere
giudicati secondo le disposizioni di legge, da applicare con equità» e
il diritto «di non essere colpiti da pene canoniche, se non a norma di
legge» (can. 221). E si noti che privare qualcuno «della potestà,
dell’ufficio, dell’incarico, di un diritto, di un privilegio, di una
facoltà, di una grazia, di un titolo, di un’insegna, anche se
semplicemente onorifica» costituisce una pene espiatoria per un crimine (can. 1336 § 1, 2°), perciò gli standard delle prove addotte devono essere davvero assai alte (can. 18).
Stando
ai fatti, dunque, a me sfugge il modo per il quale qualcuno possa
giungere alla conclusione che i quattro Cardinali rischiano di essere
privati del loro ufficio.
Nessuno,
ultimi poi tra tutti i quattro Cardinali in parola, mette in dubbio la
speciale autorità che un papa gode sulla Chiesa (can. 331) e nemmeno
essi nutrono l’illusione che un papa possa essere forzato a dare una
risposta alle questioni da loro avanzate. La mia impressione è che
quattro cardinali, per quanto accoglierebbero volentieri una risposta
papale, sono probabilmente contenti d’aver comunque posto in cantiere
alcune questioni vitali in vista di un giorno nel quale sarà possibile
che esse abbiano finalmente una risposta. Tuttavia essi potrebbero
senz’altro esercitare il loro proprio ufficio episcopale di maestri
della fede (can. 375) e proporre risposte fondate sull’autorità loro
propria. Infatti, essi sono uomini, credo, preparati ad accettare anche
la derisione e a soffrire l’incomprensione e la cattiva interpretazione
delle loro azioni e dei loro motivi.
Ma,
un reale attacco contro i loro uffici o contro i loro possibili ruoli
in una futura elezione papale? No, io questo non lo vedo accadere.
Fonte: traduzione da In the Light of the Law - A Canon Lawyer's Blog, Nov. 29th, 2016
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