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Tre riflessioni a margine della morte di Marco Pannella
Prima riflessione: La storia riserverà sorprese all’intellighenzia
Ci siamo mai chiesti perché quando si studiano i fatti storici, è facile conoscerli, anche analizzarli, sicuramente non è difficile poterli categorizzare, cioè collocarli all’interno di una visione più ampia della storia, ma è sempre estremamente difficile poter conoscere tutte le loro cause? Il che non vuol dire che non se ne possa conoscere nessuna, né tantomeno non si possa conoscere quella che può essere identificata come la causa principale. Ebbene, questa difficoltà è il segno manifesto che la storia ha un mistero in sé; è fondata sul mistero e in un certo qual modo strutturata su di esso. Ma perché questo? Perché al centro della storia ci sono le scelte individuali che sono prerogative di ognuno e non solo dei potenti, dei famosi, di coloro che gestiscono situazioni importanti. E così la Storia, che è in sé mistero, riserverà anche grandi sorprese.
La dottrina cattolica ci dice che oltre al giudizio particolare, che toccherà ad ognuno subito dopo la morte, ci sarà anche quello universale. Quest’ultimo però non sarà una sorta di giudizio nuovo, nel senso che potrebbe avere un esito diverso da quello particolare, no: si tratterà di una conferma del primo. Se l’anima è stata condannata alla dannazione dell’Inferno, continuerà a restare all’Inferno per l’eternità. Se l’anima è stata premiata alla beatitudine del Paradiso, continuerà per l’eternità a godere del Paradiso. Ma allora – verrebbe da chiedersi – perché c’è il giudizio universale? La risposta è molto semplice: perché Dio esige che vengano messi “i puntini sulle i”, cioè che la Giustizia trionfi… E trionfi dinanzi a tutti; ecco perché quel giudizio sarà “universale”, cioè riguarderà tutti, dinanzi a tutti. Il santo, anche se nascosto, anche se semplice, dovrà essere dinanzi a tutti glorificato; così il reprobo, anche se famoso, lodato e osannato dal mondo, dovrà essere, dinanzi a tutti, riprovato.
E così con il giudizio universale si vedranno crollare stazioni ferroviarie, aeroporti… E anche corsi, viali, piazze… Nel senso che si capirà quanti di quei personaggi a cui sono stati intitolate stazioni, aeroporti, piazze e strade hanno completamente fallito la loro esistenza. Mentre tanti uomini sconosciuti, povere madri che si sono sacrificate nel loro nascosto lavoro quotidiano, poveri padri che hanno fatto il loro dovere per amore di Dio e della famiglia, bambini innocenti la cui sofferenza è stata preziosa per compensare i peccati contro Dio, sconosciuti a cui il mondo non ha tributato nessun onore, verranno glorificati perché hanno completamente realizzato la loro esistenza.
Perché queste considerazioni? Perché la morte di Marco Pannella ci porta di suo a farle. Fermo restando che non siamo certo noi a dover giudicare la sua anima (anzi, a noi resta l’obbligo di affidarla alla misericordia di Dio), la morte del leader radicale ci conduce a queste riflessioni. La società italiana e la sua intellighenzia si sta prostrando dinanzi alla fresca memoria del defunto, eppure si tratta di colui, che politicamente, più di ogni altro, ha contribuito affinché l’Italia smarrisse la sua reale identità per disgregarsi nella dissoluzione morale e giuridica più tragiche.
Seconda riflessione: La gravissima responsabilità della Chiesa
Ma non solo a questa riflessione ci conduce la morte di Pannella. Purtroppo c’è anche dell’altro. Quello che è stato detto da padre Lombardi in una sorta di dichiarazione ufficiale della Sala Stampa vaticana è scandaloso, nel senso letterale del termine, cioè nel senso di dare “scandalo”.
Non mi riferisco tanto all’affermazione secondo la quale nelle varie azioni politiche di Pannella ci sia stato anche qualcosa di buono. Non si tratta di questo, anche perché – si sa – il male assoluto non esiste; anzi, la pericolosità del male sta proprio nel fatto che ha in sé anche qualcosa che male non è; ovviamente ciò non basta: se in un bicchiere di cianuro gettiamo una goccia di acqua limpida di montagna, certamente nel bicchiere non c’è più solo il cianuro, ma non per questo il cianuro non è più letale… Ma dicevo: il problema non sta tanto in quella affermazione, quanto nell’aver completamente taciuto la responsabilità morale del personaggio, le sue gravissime azioni politiche contro la famiglia, contro la vita, contro i giovani, contro la Civiltà.
Io non amo il linguaggio irrispettoso, figuriamoci nei confronti di chi è stato investito da Dio di un’autorità importante. Ma questo non solo non mi impedisce, anzi mi rafforza nell’idea che le persone vadano messe dinanzi alle loro responsabilità, le quali, più aumenta l’autorità, più diventano gravi. Nel caso di uomini di Chiesa aver parlato in questi termini di Pannella, tacendo ciò che egli ha fatto, significa assumersi una responsabilità gravissima dinanzi a Dio. La Verità non va mai taciuta, e non solo perché ha i suoi diritti, ma anche per la salvezza delle anime. Quante persone, sentendo le parole di padre Lombardi, potrebbero facilmente pensare che tutto sommato le politiche di Pannella siano state in un certo qual modo compatibili con la Legge Naturale e quindi con la Legge di Dio? Chi si è cronicizzato nell’errore, potrebbe facilmente trovare conferma per non cambiare opinione; e chi pensa tendenzialmente in maniera corretta potrebbe essere indotto a convincersi che tutto sommato certe questioni (divorzio, aborto, eutanasia, liberalizzazione di alcune pratiche pedofile, liberalizzazione delle droghe…) non sono poi tanto importanti.
Insomma, non riconoscere e mettere in pratica le opere di misericordia (in questo caso spirituale), soprattutto da parte di chi di dovere, è grave mancanza di cui si dovrà rendere conto a Dio.
Terza riflessione: Pannella “icona” dell’errore liberale
Un’ultima riflessione. Se proprio a Pannella si vuole riconoscere un “merito” storico, questo è ovviamente nel male. Egli amava definirsi “liberale, libertario e liberista”. Ebbene, egli ci ha fatto capire quanto non sia possibile arrestarsi ad una posizione “liberale” senza sfociare in quelle “libertaria” e “liberista”.
Se, come si fa con l’ideologia liberale, si nega il valore vincolante della Verità che giudica tutto, anche la libertà; anzi si pretende affermare che è questa (la libertà) a dover giudicare ciò che è vero e ciò che è falso, riducendo tutto ad opinione personale; allora la libertà diventa anche criterio della prassi e quindi oltre a ciò che è vero e ciò che è falso potrà giudicare anche ciò che è giusto e non ciò che non è giusto, riducendo tutto al desiderio individuale e agli istinti più sfrenati. Ed ecco l’esserelibertario. Da qui il passaggio al liberismo economico è facile: se non c’è una verità né una morale oggettive, ma esiste solo l’opinione e il desiderio personale, allora l’unico criterio diventa l’utilitarismo che in chiave economica non può che sostanziarsi nella deriva liberista.
Insomma possiamo dire che Pannella sta al nostro tempo come già de Sade stette all’Illuminismo. Come il riprovevole marchese francese seppe visibilmente e intellettualmente portare alle estreme conseguenze le istanze illuministiche, così il leader radicale ha saputo, altrettanto visibilmente e intellettualmente, portare a compimento le radici del pensiero liberale.
Il simbolo della “quarta rivoluzione”
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MARTINO MORA · 21 MAGGIO 2016
Giacinto Pannella detto Marco non era soltanto un uomo. Era un simbolo. Era il simbolo, in Italia, della quarta Rivoluzione, cioè di quel fenomeno che possiamo sintetizzare in due celebri slogan sessantottini: “proibito proibire” e “godere senza ostacoli”. Pannella era il simbolo del post-Sessantotto depurato dall’anticapitalismo, quindi nella sua pura essenza.
Sostenitore del divorzio, dell’aborto, degli esperimenti sugli embrioni, della liberalizzazione delle droghe, dell’eutanasia, della libera sodomia, della depenalizzazione dell’incesto, dell’immigrazione di massa, dell’abolizione dell’ergastolo, particolarmente “aperto” nei confronti del fenomeno della pedofilia, si è sempre definito “liberale, liberista, libertino e libertario”. Pannella riconobbe lucidamente che la società dei consumi, ben lungi da essere “repressiva”, liberava gli istinti delle masse e di questi istinti faceva mercato. A sua volta ne fece mercato politico.
A differenza di tante menti confusionarie a sinistra come a destra, Pannella il consumismo l’ha amato sempre e mai esecrato, consapevole del suo ruolo dissolutore. Globalista, americanista, sionista, non ha mai finto di combattere il regno di Mammona. Il pannellismo allo stato puro non è molto diverso dall’ideologia dei Gates, degli Zurckenberg, dei Rockefeller, dei Bloomberg e dei Soros (quest’ultimo anche generoso finanziatore del Partito Radicale).
A parte qualche mobilitazione azzeccata (come quella a difesa di Enzo Tortora contro la prepotenza di certa magistratura) il suo quasi unico merito si riduce nell’avere umanizzato – attraverso il suo istrionico e a tratti simpatico narcisismo estremo – il cinismo spietato dell’ideologia dominante, il cui slogan potrebbe essere “egoisti di tutto il mondo unitevi”. Nemico del sacro, della trascendenza, del legame sociale, dell’afflato comunitario, delle identità, delle radici, delle tradizioni, umanizzava nel suo istrionismo quel processo implacabile di massificazione e di emancipazione da tutti i vincoli umani e trascendenti così freddamente interpretato dalla sua arcigna sodale Emma Bonino.
Infine occorre riconoscere che Giacinto Pannella detto Marco muore da vincitore. Non solo perché l’ex Pci è divenuto – realizzando la nota profezia di Augusto Del Noce – il Partito Radicale di massa, come attesta anche la legge sulle unioni (in)civili. Ma perché la sua cultura politica nichilista si è imposta sia destra che a sinistra. L’estrema liberazione dell’individuo da ogni legame religioso, etnico, familiare e persino biologico procede inarrestabile a livello mondiale.
Possiamo solo sperare, pregando e lottando, che si fermi. E inizi la riconquista.
http://www.civiltacristiana.com/il-simbolo-della-quarta-rivoluzione/
Ad posterum rei memoriam
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MASSIMO VIGLIONE · 21 MAGGIO 2016
Chiunque sia, non dico cattolico, ma perlomeno una persona che vive cercando di perseguire un criterio di razionalità e onestà, non può apprezzare quasi nulla di quest’uomo, tanto meno elogiarne gli atti. Se poi è un ecclesiastico a elogiarlo, diviene scandaloso l’elogio. Un ecclesiastico, dovrebbe pregare per la sua anima (in quanto fino all’ultimo istante di vita ci si può salvare) ma al contempo condannare pubblicamente tutto l’immenso male compiuto da costui, a partire dalla corresponsabilità nell’uccisione di milioni di bambini nel grembo delle madri per arrivare a quella di decine di milioni di giovani rovinati o uccisi dalla droga, a partire dall’aver dissolto ogni senso di morale pubblica nella società italiana per arrivare all’appoggio dato per far entrare in parlamento assassini, terroristi e prostitute, a partire dal sostegno dato a qualsivoglia pratica frankeinsteiniana ed eugenetica per arrivare alla normalizzazione della sodomia, dell’incesto, e di quant’altro possibile e immaginabile. A partire dalle sue campagne per il divorzio e la distruzione della famiglia per arrivare – pochi lo sanno o lo ricordano – alla proposta della legalizzazione della pedofilia “pacifica”… E potremmo continuare a lungo con le malefatte di questo nemico del bene e degli uomini. Tutti ricordano Cicciolina, ma pochi ricordano Toni Negri…
Quanta morte sulla coscienza di quest’uomo, e quanti morti. Quanta corruzione morale, e quanti moralmente corrotti.
Chi lo elogia, si rende complice di tanta infamia. E se ecclesiastico, la complicità è mostruosa, come e più del corruttore. Chiunque sia.
Certamente, su una cosa sono d’accordo con tutto l’elogio laico e non laico di queste ore e dei prossimi giorni: è stato senza dubbio un altissimo esponente di questa Repubblica Italiana. Su questo, non vi può essere dubbio alcuno.
Ora è al cospetto di Dio. Ed è al cospetto di tutte le sue vittime e delle vittime delle sue battaglie e dei suoi complici.
A Dio la sentenza. A noi la memoria imperitura dei suoi atti pubblici.