ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 29 luglio 2017

Morti che parlano e camminano

 
La sindrome dell’eletto
Non si creda che ce l’abbiamo con qualcuno in particolare: sono semplici osservazioni di vita su un difetto che si riscontra fra militanti di fronti opposti, ma accomunati da atteggiamenti analoghi. Proviamo, per cominciare, a fare una breve lista di sintomi caratteristici (simili nella sostanza e differenziati nell’apparenza), descritti con brevi proposizioni alla prima persona singolare, quasi dando voce ai segreti pensieri di due rappresentanti delle rispettive categorie.
- Mi faccio la legge a modo mio; decido io quali norme osservare e quali no.
- Nel sistema che ho in tal modo costruito, osservo con il massimo scrupolo le più piccole regole, ma il mio cuore può pure essere di ghiaccio verso Dio e verso il prossimo.
- Può anche non importarmi nulla dell’amore, l’importante è che io mi senta a posto.
- Qualsiasi cosa faccia o non faccia, ho sempre una giustificazione.
- Chi non ha esattamente le mie idee, anche in cose secondarie o inessenziali, è eretico, perché mette in discussione il mio sistema.
- Tutto mi è dovuto, mentre io non devo niente a nessuno.
- Mi faccio la legge a modo mio; decido io quali sono i veri valori.
- Nel sistema che ho in tal modo costruito, sono convinto di avere tanto amore per il mondo e per il prossimo quanto più i miei princìpi sono trasgressivi.
- Può anche non importarmi nulla della correttezza, l’importante è che io mi senta a posto.
- Qualsiasi cosa faccia o non faccia, ho sempre una giustificazione.
- Chi non ha esattamente le mie idee, anche in cose secondarie o inessenziali, è reazionario, perché mette in discussione il mio sistema.
- Tutto mi è dovuto, mentre io non devo niente a nessuno.
In poche parole, è il trionfo dell’ego: in due sensi opposti, ma secondo la medesima dinamica di un estremismo soggettivistico. Per questo i due orientamenti si assomigliano molto in profondità e divergono solo in superficie. La coscienza retta, al contrario, si conforma all’ordine oggettivo indipendentemente dal fatto che ciò convenga o meno alle sue preferenze soggettive, che vengono sottomesse a princìpi superiori ancorati alla realtà, piuttosto che determinati da quelle. Ciò richiede indubbiamente un’ascesi dell’intelligenza e del senso morale, ma nessun essere ragionevole ne è esonerato. L’individualismo esasperato, che sia di segno tradizionalista o rivoluzionario, si puntella sempre con sofismi contorti che, a lungo andare, inducono patologie di involuzione mentale più o meno acute, i cui sintomi sono evidenti a chiunque abbia un po’ di buon senso.
Non crediate però di poter ottenere qualche beneficio sforzandovi di curare tali sintomi: vi imbarchereste in discussioni senza via d’uscita che non fornirebbero altro ai vostri interlocutori che un’occasione per rafforzare i propri convincimenti. In molti casi ci vorrebbe un miracolo; il fatto è che certi miracoli (quelli che devono toccare e trasformare la coscienza) richiedono l’assenso dell’individuo, che suppone a sua volta il riconoscimento di aver bisogno di aiuto. Ora, questo tipo di assenso è proprio quello che l’eletto non è disposto a dare perché esige da parte sua l’umile ammissione di esser finito fuori strada, ciò che farebbe inevitabilmente crollare il mito che alimenta di se stesso. La sua salvezza è a un millimetro dal suo cuore, perché gli basterebbe un piccolo atto di umiltà per ottenerla; ma quel millimetro è per lui invalicabile.
La sindrome dell’eletto si riconosce di solito da una malsana autoesaltazione che sconfina spesso in un misticismo macabro e in una visione manichea, i quali denunciano una radicale insoddisfazione di sé stessi, un violento rifiuto della vita e un invincibile sospetto nei riguardi di Dio. L’unico modo di placare queste perenni sorgenti di angoscia consiste nel cercare di corrispondere perfettamente al proprio ideale di sé (che sia l’ineccepibilità farisaica o la sregolatezza anarchica), onde dare un senso alla propria esistenza (anziché accogliere quello che ha già) e assicurarsi l’approvazione o, viceversa, l’affrancamento da quell’Essere supremo che è comunque tenuto a debita distanza (ossequiandolo o bestemmiandolo). In un caso come nell’altro, l’uomo ne teme la prossimità e la presenza, dalle quali sente inevitabilmente schiacciate le pretese del suo ego, nonché smascherata l’inconsistenza del sistema che si è costruito come una torre difensiva.
Una volta ammessa la radice comune dei due atteggiamenti, non fa più meraviglia che lo stesso soggetto possa passare come niente fosse dall’uno all’altro, magari separandone le espressioni – al fine di salvaguardare un minimo di coerenza, almeno apparente – nell’ambito privato e in quello pubblico. È così che, nella vita nascosta di un granitico tradizionalista, si possono scoprire altarini in totale contraddizione con il culto degli altari, mentre un irriducibile anarchico può dar sfogo in famiglia alla sua asfissiante pedanteria. In fondo, sono due facce della stessa medaglia: la volontà di porsi al di sopra di tutto per poter vincere la percezione della propria radicale insufficienza, ovvero la volontaria illusione di possedere in sé il principio del proprio essere, dalla quale consegue la ribellione (di segno ossequioso o trasgressivo) contro l’unico vero Principio.
Deus superbis resistit, humilibus autem dat gratiam (1 Pt 5, 5): la trascendente Maestà divina, evidentemente, non si lascia nemmeno scalfire da questi prometeici assalti, mentre effonde gli effluvi della Sua bontà misericordiosa su quanti Le si arrendono in muta adorazione. Il dramma è che il nichilismo contemporaneo, volenti o nolenti, ci ha contagiati tutti in modo più o meno diretto e profondo, inquinando anche le intenzioni e gli sforzi più virtuosi. Il primo fronte sul quale siamo obbligati a combattere la sovversione è quindi il nostro cuore. Non basta indire crociate e sguainare le spade, se il nemico si è infiltrato nell’accampamento o taglia inosservato le retrovie. A lungo andare, paradossalmente, ci si potrebbe svegliare un mattino e accorgersi di non avere più la fede, quella fede per difendere la quale si è combattuto con tanto ardore, ma dimenticando la necessità di una reale adesione personale a quanto affermato a parole, così da trascurare la propria vita spirituale e lasciar inaridire l’intima relazione amorosa con Dio.
Nella nostra battaglia, i burattini manovrati dal sistema per imporre il disordine massonico sono bersagli fin troppo evidenti; se non si lasciano utilizzare per motivi di puro interesse, si considerano probabilmente anch’essi degli eletti chiamati a realizzare quello che, nella loro mente offuscata, è il migliore dei mondi possibili. In un caso come nell’altro, sono degni di compianto in quanto morti nell’anima: morti che parlano e camminano, certo, ma – umanamente parlando – spacciati. Che non ci accada di combatterli mossi dalla stessa superbia che muove loro in senso opposto; sarebbe la peggiore delle disgrazie. Anche per questo si rivela quanto mai urgente ed efficace la consacrazione a quel Cuore immacolato mediante il quale il nostro cuore sconvolto e insidiato può conformarsi al Cuore divino-umano in cui Dio si è unito all’uomo allo scopo di divinizzarlo

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http://lascuredielia.blogspot.it/2017/07/la-sindrome-delleletto-nonsi-creda-che.html 

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