di Mons. Daniel L. Dolan 1
l La crisi nella Chiesa 2 È per me un'immensa gioia essere qui in Francia su invito di don Philippe Guépin (vedi foto a lato), per la festa dell'Assunzione della Madonna. L'Assunzione è la maggiore delle feste della Beata Vergine Maria, ed è in Francia che questo splendido trionfo della Madonna viene celebrato con grande solennità. Come sapete, il vostro re, Luigi XIII (1601-1643), fece di questo giorno una festa nazionale, e comandò di procedere ad una consacrazione annuale della Francia alla Madonna. La pietà e la devozione dei francesi per la Beata Vergine Maria sono assai conosciute nel mondo intero. Ma la nostra gioia è diminuita dalla tristezza che proviamo ogni giorno a causa della crisi che attanaglia la Chiesa cattolica. Portiamo nel nostro cuore questa tristezza da trentacinque anni, e spesso ci chiediamo: «Domino usquequo»? Signore, fino a quando? La nostra tristezza è ancora più profonda a causa dell'incapacità dei fedeli cattolici di formare un fronte unito e consistente contro il nemico. Quando osserviamo il campo della resistenza cattolica, siamo addolorati a causa della sua mancanza di unità e - fatto ancora più inquietante - constatiamo che la maggior parte di coloro che resistono non riconoscono il nemico come tale, ma piuttosto come se fosse dotato dell'autorità stessa di Cristo. Così, considerando i modernisti come la vera autorità di Cristo e della Sua Chiesa, essi si sono posti sotto l'obbedienza dei modernisti, come nel caso della Fraternità San Pietro, o desiderano di essere in comunione con i modernisti, di essere assoggettati e operare con loro, come nel caso della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Come Vescovo, sono convinto che la mia missione consista nel fare conoscere ai fedeli la vera risposta cattolica alla crisi attuale della Chiesa. Inoltre, spero di poter ordinare al sacerdozio dei giovani che siano stati formati solidamente nei principî cattolici, e che non rispondano all'apostasia di Giovanni Paolo II con uno spirito scismatico. Oggi, affronterò con voi due argomenti: primariamente l'apostasia di Giovanni Paolo II e le sue conseguenze teologiche; secondariamente, la vera risposta cattolica che bisogna dare a tale apostasia. l L'apostasia di Giovanni Paolo II Bisogna innanzi tutto notare che non ho scelto la parola «eresia», ma bensì la parola «apostasia». Gli errori di Giovanni Paolo II costituiscono veramente un'apostasia e non semplicemente un'eresia. Quest'ultima consiste nel dubitare o negare una o più verità di fede, come ad esempio la divinità di Gesù Cristo, la Presenza Reale di Cristo nel Santissimo Sacramento, l'Immacolata Concezione, ecc... Sicuramente conoscete gli eretici più famosi della Storia: Ario (280-336), Martin Lutero (1483-1546), Giovanni Calvino (1509-1564), ecc... L'apostasia è il rifiuto completo della fede cristiana. Ad esempio, nel IV secolo, l'imperatore romano Giuliano (331-363) abiurò completamente la fede, divenne un apostata e ristabilì il culto degli dèi pagani. Egli è infatti più conosciuto con il nome di Giuliano l'Apostata.
Perché utilizzare una parola così forte per Giovanni Paolo II, che asserisce di essere cattolico, e che, di tanto in tanto, dice parole edificanti e devote? Perché, in realtà, egli non aderisce a nessuno dei dogmi ai quali pretende di credere. Non aderisce ai dogmi perché per lui queste sacre verità non escludono ciò che gli è contrario. Per Giovanni Paolo II, ciò che contraddice queste verità non è falso. Perché non pensa che ciò che contraddice la verità sia falso? Innanzi tutto, e soprattutto, perché Giovanni Paolo II è un ecumenista, e non un cattolico. L'ecumenista è una persona convinta che tutte le religioni contengano una parte di verità - talune di più, altre di meno - e che, di conseguenza, tutte possiedano un certo valore. Per l'ecumenista, tutte le religioni sono delle vere religioni, alcune delle quali sono migliori di altre. Il pizzico in più che egli concede alla Chiesa cattolica è che essa possiede la pienezza della verità, mentre le altre possiedono solamente una verità parziale. Ma quando parla della Chiesa cattolica, parla della Chiesa cattolica che io e voi conosciamo? No, egli si riferisce a questo cattolicesimo riformato, a questanuova religione scaturita dal Concilio Vaticano II (1962-1965), a questa copia infame della vera fede. Inoltre, egli pensa che ci sia una differenza tra la Chiesa e la Chiesa cattolica. Per lui, la Chiesa è tutta l'umanità, come dice il Vaticano II nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes, poiché Cristo è in un certo modo unito ad ogni uomo a causa dell'Incarnazione: «Poiché in lui (in Cristo) la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata ad una dignità sublime. Con l'incarnazione, il Figlio di Dio si è unito in certo modo con ogni uomo» 3. Giovanni Paolo II lo ha ripetuto anche nella sua prima Enciclica 4, e ne ha fatto il tema centrale della sua dottrina. Ascoltiamo altri testi di Giovanni Paolo II. Parlando a proposito della giornata ecumenica pancristiana di Assisi, tenutasi il 27 ottobre 1986, egli ha dichiarato: «Un giorno come questo sembra esprimere, in modo visibile, l'unità nascosta ma radicale stabilita dal Verbo tra gli uomini e le donne di questo mondo [...]. Il fatto di essere venuti insieme qui ad Assisi è come un segno dell'unità profonda tra coloro che cercano dei valori spirituali nella religione. Il Concilio ha creato un legame tra l'identità e l'unitàdel genere umano» 5. Perciò, ogni uomo, essendo unito a Cristo per la sola virtù della Sua Incarnazione, è un membro della Chiesa di Cristo. Quest'ultima non è nient'altro che tutto il genere umano, senza eccezione. Nello stesso discorso, egli continua su questo tema spiegando che l'ordine divino delle cose è costituito dall'unità di tutti gli uomini che cercano i valori religiosi. Le diversità di fede e di morale che esistono tra le varie religioni sono frutto degli uomini che hanno corrotto l'ordine divino. Così, secondo Giovanni Paolo II, occorre far sparire le differenze tra le religioni e di far prevalere l'ordine divino, ovvero l'ordine panteistico. Citiamo un altro brano del suo discorso: «Le differenze religiose dipendono da un altro ordine. Se l'ordine dell'unità è divino, le diversità religiose sono un fatto umano e devono essere cancellate dalla realizzazione del grandioso disegno di unità che presiede alla creazione. È possibile che gli uomini non siano coscienti della loro unità d'origine e della loro partecipazione allo stesso piano divino. Ma a dispetto di tali divisioni, essi sono partecipi del grande ed unico disegno di Dio in Gesù Cristo, il quale si è unito in un certo modo ad ogni uomo, anche se non ne è cosciente». Da queste parole, percepiamo l'apostasia di Giovanni Paolo II: tutti gli uomini appartengono ad un Cristo panteistico che è unito ad ogni uomo - coscientemente o meno - in virtù dell'Incarnazione. Ascoltiamo ancora Giovanni Paolo II: «Tutti gli uomini sono chiamati a questa unità cattolica del popolo di Dio; a questa verità, e in forme diverse, appartengono i fedeli cattolici, le persone che guardano con fede verso Cristo, e finalmente tutti gli uomini senza eccezione». Queste parole di Giovanni Paolo II ci forniscono la chiave dell'enigma di quest'uomo: da una parte, egli professa le verità della fede cattolica, ma dall'altra professa un completo rifiuto della fede compiendo atti abominevoli contro il Primo Comandamento. Per Giovanni Paolo II, il valore e l'utilità della fede cattolica e della Chiesa cattolica sono solamente degli strumenti per unire l'umanità, non per guidarla verso il vero Salvatore, ma piuttosto verso questo Cristo panteistico che abbraccia tutti gli uomini, malgrado le differenze religiose. In breve, egli ha creato una Chiesa adogmatica che cerca di riunire l'umanità sotto un Cristo adogmatico. Siccome la Chiesa cattolica, trasformata dal Vaticano II, è utile a questo fine, Giovanni Paolo II professa molte dottrine cattoliche. Ma aderisce a queste dottrine con la certezza e la fermezza della fede divina? Assolutamente no! Nessuno, avendo veramente la fede cattolica, avrebbe potuto: - Baciare il Corano, la «bibbia» di Maometto; - Affermare che tutti gli uomini sono uniti a Cristo unicamente in virtù dell'Incarnazione; - Dire che tutti gli uomini sono salvi; - Permettere le abominazioni ecumeniche; - Approvare il sacrilegio del Santissimo Sacramento autorizzando i non-cattolici a riceverLo; - Sostenere e insegnare una nozione blasfema ed eretica di Chiesa, ossia che la Chiesa di Cristo non è esattamente la Chiesa cattolica, ma che la prima sussiste semplicemente nella seconda. Questa dottrina ereticale venne insegnata dal Vaticano II in Lumen Gentium 6, e il suo significato eretico fu sostenuto da Giovanni Paolo II in numerose occasioni; - Dire che i musulmani e i cattolici adorano lo stesso Dio; - Approvare pubblicamente la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione che contiene numerose eresie esplicite, e contraddice fondamentalmente l'insegnamento solenne del Concilio di Trento concernente la giustificazione. Queste non sono che alcune eresie di Giovanni Paolo II. Non dobbiamo mai dimenticare che qualcuno può manifestare non solo la sua adesione all'eresia mediante le parole, ma anche attraverso gli atti. Così, i suoi molteplici atti ecumenici, che sono un affronto all'unico e vero Dio, sono altrettante manifestazioni di un'adesione interiore all'eresia. Tutti questi errori e tutte queste eresie sono sostenuti e insegnati da Giovanni Paolo II in nome dell'ecumenismo. Questo stesso ecumenismo è un'apostasia. L'ecumenismo è un'apostasia perché relativizza tutti i dogmi della fede cattolica. Nel sistema ecumenico, tutte le religioni hanno un certo valore. È per questa ragione che Giovanni Paolo II ha spesso ripetuto l'eresia enunciata dal Vaticano II: «Lo Spirito di Cristo infatti non ricusa di servirsi di esse (delle chiese acattoliche e delle religioni non-cristiane) come di strumenti di salvezza» 7. Trattare i dogmi dalla Chiesa cattolica in questo modo ha per conseguenza la loro svalorizzazione. L'ecumenismo abbandona tutti i dogmi della Chiesa cattolica poiché non li considera come verità di fede. Quest’ultima è l'adesione ad un dogma fondato sull'autorità di Dio rivelato. Dunque, ciò che crediamo per virtù della fede è assoluto e immutabile. I martiri professarono la loro adesione a questi dogmi perenni perdendo la loro vita, talvolta dopo avere subito atroci torture. Perciò, la virtù di fede non può tollerare l’ecumenismo, il quale è assolutamente contrario alle verità di fede ed è una grave violazione del Primo Comandamento di Dio: «Io sono il Signore tuo Dio: non avrai altro Dio all'infuori di me».
Occorre ricordare che l'ecumenismo sta edificando la grande religione ecumenica, un grande tempio ecumenico in cui tutte le religioni potranno coesistere, al di là del loro credo. È possibile che, fra non molto tempo, nessuna di queste religioni sosterrà che i proprî dogmi siano assolutamente veri ed esclusivi di altri dogmi che gli sono contrari. Questo fatto spiega perché Giovanni Paolo II parli solo occasionalmente della dottrina cattolica, perché ciò implica un ritorno alle nostre questioni interne, alla nostra esperienza religiosa, ai nostri dogmi. Ma per lui, questi dogmi vanno sostenuti e insegnati nel contesto ecumenico, vale a dire privati di ogni significato assoluto. Ciò può essere paragonato alla cucina locale delle diverse province della Francia: ogni provincia ha i proprî piatti, i proprî vini, i proprî formaggi. Sono tutti buoni in sé stessi, e la cucina di una provincia non esclude le specialità di un'altra provincia. Giovanni Paolo II vede la religione in modo simile. Tutte le religioni sono l'effetto del lavorio di Dio sull'anima, tutte le religioni possiedono una certa verità. È dunque missione della Chiesa cancellare le divisioni tra le diverse religioni e condurre tutti gli uomini in una grande religione mondiale, senza tuttavia eliminare la legittima diversità di dogmi. Questa è l'apostasia. Lo sappiamo non per nostro giudizio, ma grazie all'insegnamento della Chiesa cattolica. Papa Pio XI (1857-1939), nella sua Lettera Enciclica Mortalium animos (del 6 gennaio 1928), facendo riferimento ai Congressi ecumenici, dichiarò: «Orbene, i cattolici non possono in nessuna maniera appoggiare tentativi come questi, i quali suppongono essere tutte le religioni più o meno buone e lodevoli, in quanto che tutte o per una via o per l'altra manifestano e attestano quel senso nativo e spontaneo in noi, che ci porta verso Iddio e verso il riconoscimento devoto del Suo impero. Teoria questa, che non è soltanto una falsità vera e propria, ma che ripudia la vera religione falsandone il concetto, e così spiana la via al naturalismo e all'ateismo. Chi dunque tien mano a codesti tentativi e ha di queste idee, con ciò stesso, per conseguenza manifesta, si allontana dalla religione rivelata da Dio». l Conseguenze dell'apostasia di Giovanni Paolo II È una certezza che l'apostasia, che è il peggiore dei peccati contro la fede, ha delle terribili conseguenze nella Chiesa, la quale è appunto un'istituzione fondata sulla fede. Il nostro biglietto per entrare nella Chiesa cattolica è la professione della vera fede. Al momento del battesimo, prima ancora di entrare nella Chiesa, il sacerdote chiede al battezzando: «Che cosa chiedi alla Chiesa di Dio»? La risposta è: «La fede». Senza questa professione di fede, il sacerdote non può acconsentire ad ammetterci nella Chiesa. Dunque, la perdita della fede, o per eresia, o per apostasia, ha la conseguenza immediata e automatica di separarci dalla Chiesa cattolica. Tuttavia, affinché ciò possa aver luogo, la nostra eresia o la nostra apostasia devono essere pervicaci. La nostra eresia e la nostra apostasia sono pervicaci se siamo volontariamente, e con conoscenza di causa, contrari all'insegnamento della Chiesa cattolica. L'unico fattore che può scusare l'eretico che persiste nel suo errore è l'ignoranza del fatto che la dottrina che professa è contraria all'insegnamento della Chiesa cattolica. Possiamo scusare Giovanni Paolo II affermando che pecca per ignoranza? Certamente no. Sarebbe assurdo pensare che un uomo che è cresciuto nella fede preconciliare possa ignorare l'insegnamento della Chiesa cattolica. Se si può concepire una simile ignoranza in un semplice fedele, è impossibile immaginarla in un professore di seminario, titolare di un dottorato in Teologia conseguito all'Angelicus. Se l'ignoranza fosse possibile in un uomo come Giovanni Paolo II, chi potrebbe dunque essere colpevole di eresia o di apostasia? Siamo certi della pervicacia di Giovanni Paolo II quando analizziamo il suo pontificato che dura ormai da più di vent'anni: la distruzione della fede regna sovrana in tutti gli ambiti della Chiesa. Se egli non fosse pervicace, sarebbe almeno inorridito da questa perdita di fede e prenderebbe le misure necessarie per fermarla. Le uniche misure che ha preso, tuttavia, sono contro la preservazione della fede tradizionale; in questo, egli ha agito con un vigore e con una severità tutta particolare. l Separazione dalla Chiesa cattolica Così, la prima conseguenza dell'apostasia di Giovanni Paolo II è la sua separazione della Chiesa cattolica. La conclusione certa che consegue direttamente dalla natura della fede e della Chiesa cattolica, è che Giovanni Paolo II non è, e non può essere, un vero Sommo Pontefice. Va da sé che non si può essere a capo di una comunità di cui non si è membri. Il problema che si affaccia è che la sua separazione dalla Chiesa cattolica, e così anche il suo non-papato, non è stata legalmente dichiarata. Se un Concilio generale o un conclave dichiarassero la sua apostasia e le sue conseguenze, la crisi della Chiesa cesserebbe immediatamente. La confusione sarebbe finita. Egli si troverebbe nella stessa posizione di Martin Lutero. Ma il dramma di questo problema è che questa dichiarazione legale non è mai avvenuta, e che perciò egli possiede ancora le apparenze di un vero Papa, pur aderendo e promulgando una falsa religione. Non c'è niente che non sia più naturale per il papato della vera fede; e non c'è niente di più contrario al papato della professione e la promulgazione di una falsa religione. L'autorità del papato fu concessa da Gesù Cristo alla Chiesa per confermarci nella verità rivelata. Così, non c'è perversione più grande di questa falsa autorità che ci conferma nell'apostasia. l La promulgazione dell'apostasia come regola - Nella fede e nella disciplina La seconda conseguenza dell'apostasia di Giovanni Paolo II è ancora più importante della prima. Dobbiamo sottolineare che Giovanni Paolo II non è semplicemente caduto nel peccato personale di eresia e di apostasia, ma - cosa infinitamente più perniciosa - promulga questa apostasia come regola di fede e di disciplina della Chiesa cattolica romana. In una parola, Giovanni Paolo II chiede a tutti i cattolici di diventare degli apostati ecumenici come lui. Si tratta di un fatto più importante, perché il tentativo di alterare la fede e la disciplina della Chiesa cattolica colpisce l'indefettibilità della Chiesa e la sua costante assistenza assicurata da Cristo fino alla fine dei tempi: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20). Così, Paolo VI (1897-1978) e Giovanni Paolo II hanno promulgato le false dottrine del Vaticano II, la falsa liturgia e le false discipline che ne derivano. Possiamo dire che queste false dottrine, questa falsa liturgia e queste false discipline ci sono state date per mezzo dell'autorità di Cristo? Possiamo ammettere che la Chiesa cattolica abbia autorizzato la promulgazione universale e l'adozione di tali errori? Assolutamente no! Se attribuissimo tutte queste defezioni alla Chiesa cattolica e, di conseguenza, all'autorità di Cristo, come potremmo dire che la Chiesa è indefettibile? Come possiamo affermare che essa è assistita da Cristo? La nostra santa fede ci obbliga a rifiutare simili bestemmie contro Cristo e la Sua Chiesa. Perciò, siamo obbligati a concludere che, in un modo o nell'altro, le persone che hanno promulgato questi errori non hanno l'autorità di Cristo e della Chiesa. La conclusione è certa: la fede che abbiamo nell'assistenza divina alla Chiesa ci induce a dire che è impossibile che Paolo VI, Giovanni Paolo I (1912-1978) e Giovanni Paolo II siano stati dei veri Papi cattolici. Riassumendo, la vera risposta cattolica, la risposta cattolica all'apostasia di Giovanni Paolo II è chiara: egli non può essere il vero Papa.
Ciò è evidente per due fatti e grazie a due argomenti distinti: - a causa della perdita personale e pubblica della vera fede che lo pone fuori dalla Chiesa; - per la promulgazione di false dottrine, di una falsa liturgia e di false discipline, il che prova che non gode dell'assistenza di Cristo che è stata promessa alla vera autorità nella Chiesa. l La risposta non cattolica - La risposta della Fraternità San Pietro e dell'Indulto La Fraternità San Pietro e coloro che seguono l'Indulto riconoscono la gerarchia del Novus Ordo come se fosse la vera Gerarchia cattolica, e accettano il Vaticano II e tutte le riforme ufficiali che ne sono conseguite. I modernisti hanno loro concesso (l'Indulto) il diritto di conservare la Messa di Giovanni XXIII (1881-1963), e di dirigere un seminario e un Istituto secondo le regole preconciliari. La loro soluzione, dunque, è quella di aderire alla Tradizione sotto gli auspici e sottomessi all'obbedienza della gerarchia del Novus Ordo. In fin dei conti, la loro adesione alla Tradizione non è vista come una difesa della fede contro i modernisti, ma piuttosto come una preferenza, qualche cosa che assomiglierebbe all'High Church («Chiesa Alta») della chiesa anglicana. Secondo ciò che abbiamo detto più sopra, sappiamo che questa non è assolutamente una soluzione. Poiché essi hanno riconosciuto che il Novus Ordo è cattolico, hanno ridotto la loro adesione alla Tradizione ad una semplice nostalgia. Sono diventati l'High Church in seno al religione ecumenica di Giovanni Paolo II, una religione che ammette anche il vudù, il culto di Shiva, di Buddha, e la lode di un eresiarca come Lutero. Ma una cosa dev'essere detta in favore di quelli che seguono la Fraternità San Pietro: essi almeno sono logici e coerenti nel loro pensiero, dato che comprendono che si non può, allo stesso tempo, riconoscere Giovanni Paolo II come Papa e ignorare la sua dottrina e la sua autorità disciplinare. Ma è assolutamente deplorevole che queste persone si permettano di essere così cieche al punto di essere in comunione, ovvero di essere «correligionari» dei modernisti, a proposito dei quali San Pio X(1835-1914) dichiarò che dovevano essere colpiti con pugno di ferro. - La risposta della Fraternità Sacerdotale San Pio X La risposta di questo gruppo importante e influente consiste nell'opporre all'apostasia di Giovanni Paolo II unospirito scismatico. La soluzione lefebvrista, enunciata in modo semplice, è la seguente: riconoscere l'autorità di Giovanni Paolo II, ma non seguirlo nei suoi errori. Mons. Marcel Lefebvre (1905-1991) insisteva affinché la Fraternità Sacerdotale San Pio X riconoscesse Giovanni Paolo II come Papa, e allontanò da detta Fraternità tutti coloro che sostenevano pubblicamente il contrario. Egli ha sempre negoziato con i modernisti come se fossero dotati dell'autorità, cercando la loro approvazione per la sua Fraternità Sacerdotale. Per Mons. Lefebvre, la soluzione alla crisi modernista risiedeva nella creazione di un movimento tradizionale popolare che avrebbe, in ogni diocesi del mondo, richiesto dei sacerdoti tradizionali e rigettato quelli modernisti. Egli riteneva che la soluzione sedevacantista avrebbe distrutto questo movimento popolare perché pensava che dichiarare che Giovanni Paolo II non è il Papa fosse un'affermazione troppo forte per il cattolico medio. All'evidente problema dell'obbedienza che pone la sua soluzione, Mons. Lefebvre replicava che nessuna autorità, inclusa quella del Papa, aveva il diritto di comandare al cattolico di fare qualcosa di cattivo. Il Novus Ordo è nel torto. Perciò, il Papa non può obbligare i fedeli ad accettare tale Novus Ordo. Questo ragionamento conduce alla necessità di opzione tra il Novus Ordo e il cattolicesimo.
Come un cercatore d'oro che vaglia il fondo dei fiumi per trovare le pepite d'oro, così il cattolico deve esaminare il «magistero» e i decreti di Paolo VI e di Giovanni Paolo II per trovare le verità della fede. Tutto ciò che è tradizionale viene accettato, mentre tutto ciò che è modernista viene rigettato. Siccome Mons. Lefebvre era il personaggio più importante tra quelli che aderivano alla Tradizione, la sua parola divenne la norma immediata di fede e di «obbedienza» per centinaia di sacerdoti e per decine di migliaia di fedeli. Essendo però la supposta autorità di Giovanni Paolo II insufficiente per convincere gli spiriti e le volontà dei cattolici fedeli alla Tradizione, essa doveva ricevere l'approvazione di Mons. Lefebvre. Questo ruolo di «cernitore», acquisito dalla Fraternità San Pio X, venne gelosamente custodito, e chiunque al suo interno avesse osato ignorarlo sarebbe stato considerato come un sovversivo e, da ultimo, espulso. La Fraternità San Pio X utilizza spesso l'analogia di un padre di famiglia che dice ai suoi figli di fare qualcosa di cattivo. In un tale caso, i figli dovrebbero disubbidire al padre per ubbidire alla Legge superiore di Dio. Ma, allo stesso tempo, il padre resterebbe sempre il padre. Allo stesso modo, secondo loro, il Papa è nostro padre, e questo padre ci chiede di fare qualcosa di cattivo, ovvero di accettare il Vaticano II e le sue riforme. Dobbiamo disubbidire - dice la Fraternità San Pio X - poiché ciò è contrario alla Legge divina. Tuttavia, Giovanni Paolo II resta Papa. Purtroppo, in questo caso, tale analogia non può essere applicata. Innanzi tutto, un padre non può essere sostituito perché ciò deriva dalla generazione fisica. Ma un padre spirituale può essere sostituito perché ciò deriva dalla generazione spirituale. Di fatto, un Papa può dimettersi e non essere più il padre spirituale dei cattolici. Ma, nel caso che ci riguarda, questo argomento è inaccettabile per una ragione di ordine superiore. Se un Papa impartisse un ordine particolare, di per sé cattivo, ad una persona particolare (ad esempio, profanare un crocifisso) l'argomento si potrebbe applicare. Difatti, in tal caso, il Papa non impegnerebbe tutta la pratica della Chiesa, e dunque non implicherebbe l'indefettibilità della Chiesa. Ma se promulgasse una legge generale secondo la quale tutti i cattolici devono profanare i crocifissi, allora l'indefettibilità della Chiesa sarebbe coinvolta. Come potrebbe la Chiesa di Cristo promulgare una legge del genere? Non condurrebbe forse tutte le anime all'inferno? Il fatto che Giovanni Paolo II abbia emanato delle leggi generali che prescrivono e persino permettono delle cose cattive costituisce una violazione dell'indefettibilità della Chiesa. Dunque, l'argomento proposto dalla Fraternità San Pio X non può essere applicato alla crisi attuale della Chiesa. Se Giovanni Paolo II è il Papa, dobbiamo ubbidirgli. Anche il fatto stesso di ammettere la possibilità che il Papa possa promulgare delle false dottrine e decretare delle discipline universali che sono cattive è in sé un'eresia contro l'insegnamento secondo cui la Chiesa cattolica è infallibile in queste materie. È assolutamente inconcepibile che seguendo gli insegnamenti universali della Chiesa o le sue discipline universali, possiate imboccare una falsa strada e possiate andare all'inferno. Se ciò fosse possibile, bisognerebbe concludere che la Chiesa cattolica non è la vera Chiesa, ma un'istituzione umana, come una delle altre false chiese. Inoltre, scegliere tra l'insegnamento della Chiesa ciò che più ci aggrada significaporsi al di sopra del Papa stesso, poiché la nostra adesione a questi insegnamenti non sarebbe fondata sull'autorità della Chiesa, ma piuttosto sulla nostra scelta esercitata verso i suoi insegnamenti. Uno dei Superiori di Distretto della Fraternità San Pio X scrisse in una lettera che criticava le riforme di Vaticano II: «Ecco perché insistiamo sul fatto che bisogna riconoscere il Papa e la Gerarchia malgrado il fatto che non ci sentiamo in nessun caso in comunione con loro». Questa frase è molto rappresentativa della loro posizione, una posizione che combina due elementi che sono intrinsecamente incompatibili, ossia riconoscere Giovanni Paolo II come Papa, ma non essere in comunione con lui. È più che evidente che la loro posizione implica delle inestricabili contraddizioni dal punto di vista dell'ecclesiologia cattolica. Innanzi tutto, essi considerano il Vaticano II e le sue riforme come se fossero al tempo stesso cattolici e non cattolici, ed è la ragione per cui scelgono nell'insegnamento e nelle discipline del Novus Ordo per recuperare dalla massa corrotta tutto ciò che potrebbe essere cattolico. Essi considerano la gerarchia del Novus Ordo come una gerarchia cattolica, dotata dell'autorità di Gesù Cristo per insegnare, governare e santificare i fedeli. Ma allo stesso tempo, sono stati scomunicati da questa stessa autorità poiché agiscono come se essa non esistesse, spingendosi così lontano fino a consacrare dei Vescovi, sfidando un ordine pontificio diretto. La posizione lefebvrista è una posizione completamente inconsistente, e soprattutto fà a pezzi l'indefettibilità della Chiesa cattolica, perché i lefebvristi identificano la Chiesa cattolica con la defezione dottrinale e disciplinare del Vaticano II e delle sue riforme. La nostra posizione è la seguente: il Concilio Vaticano II e le sue riforme non sono cattoliche, perciò coloro che li hanno promulgati non possono essere detentori dell'autorità cattolica. Se avessero la vera autorità cattolica, avrebbero goduto dell'assistenza di Cristo e sarebbero stati incapaci di promulgare una dottrina e una disciplina deficienti in nome della Chiesa cattolica. I lefebvristi, inoltre, sono in una posizione insostenibile per resistere all'autorità della Chiesa cattolica in materia di dottrina, di disciplina e di culto. Questi tre campi sono l'effetto di tre funzioni essenziali della Gerarchia cattolica: la funzione di insegnamento, la funzione di governo e la funzione di santificazione. Queste funzioni sono i fondamenti della triplice unità della Chiesa cattolica: l'unità di fede, l'unità di governo e l'unità di comunione. Resistere alla Chiesa cattolica su queste materie è unsuicidio spirituale poiché l'adesione alla Chiesa cattolica è necessaria per conseguire la salvezza. Se dunque è lecito resistere alla Chiesa in materia di dottrina, di disciplina e di culto, la Chiesa di che cosa è arbitro? Dov'è l'autorità di San Pietro se può essere ignorata in queste materie? Per riassumere, la Fraternità San Pio X riconosce l'autorità di Giovanni Paolo II, ma allo stesso tempo rigetta le prerogative di tale autorità. Su questo ultimo punto, essi sono purtroppo legati ai gallicani, ai giansenisti e ai diversi riti pseudo-ortodossi che fecero esattamente la stessa cosa, ovvero filtrarono le dottrine e i Decreti dei Sommi Pontefici secondo le loro preferenze. Secondo queste sètte, il Magistero non poteva obbligare a meno che fosse in accordo con la Tradizione. Gli insegnamenti e i Decreti dei Sommi Pontefici furono riveduti da queste sètte, le quali effettuarono una cernita tra gli atti dei Papi. I giansenisti dissero in particolare che per determinare se una dottrina fosse tradizionale o meno, bisognava condurre un studio storico. È esattamente ciò che fà la Fraternità San Pio X: gli atti del Magistero devono essere rifiutati se - storicamente - i cattolici non hanno creduto a tali cose. Ma chi è l'arbitro della Tradizione? Non è forse il Magistero? Non è forse il Papa che è investito dell'autorità di Cristo? Certamente sì! In realtà, la dottrina giansenista della «cernita» non è che un misero mascheramento del libero esame protestante. La sola differenza tra i protestanti e i giansenisti è che i primi applicavano il loro libero esame alla Sacra Scrittura, mentre i secondi l'applicavano alla Tradizione. La posizione della Fraternità Sacerdotale San Pio X concernente il Magistero e la Tradizione non differisce in nulla da quella dei giansenisti. Mentre i protestanti sostengono il libero esame della Sacra Scrittura, la Fraternità San Pio X sostiene il libero esame del Denziger. Perciò, essi hanno risposto all'apostasia di Giovanni Paolo II non con una risposta propriamente cattolica, ma piuttosto con la risposta del libero esame delle dottrine, dei decreti e delle discipline universali emanati da ciò che essi pensano sia la Chiesa. Purtroppo, il libero esame è assolutamente contrario allo spirito del cattolicesimo! «Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me» (Lc 10, 16), ha detto Nostro Signore. «A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt16, 19), ha detto il Signore a San Pietro. L'autorità di Dio affidata a San Pietro da Nostro Signore Gesù Cristo è ciò che fà che la Chiesa cattolica sia ciò che è. L'atteggiamento della Fraternità San Pio X riduce la missione apostolica della Chiesa, assegnata a San Pietro, a qualcosa che è poco più di un accidente. Ma è proprio questa stessa autorità, il suo possesso e la sua trasmissione legittima che fanno sì che la Chiesa cattolica sia cattolica. Essa è la forma, lo spirito della Chiesa cattolica, ossia che fà sì che essa sia ciò che è. Niente può essere più sostanziale per la Chiesa cattolica della sua autorità. Inoltre, bisogna precisare che esercitare un potere d'ordine senza l'approvazione della Gerarchia cattolica è un peccato mortale molto grave, e diventa un atto scismatico se è fatto in modo permanente e sistematico. Noi giustifichiamo il nostro apostolato con il principio dell'épichéia. Per questo principio, presumiamo che l'autorità della Chiesa, un vero Papa, se fosse presente, desidererebbe che celebriamo la Messa e distribuiamo i Sacramenti. Sappiamo che la nostra supposizione è ragionevole, perché diversamente i fedeli non avrebbero più né la vera Messa, né i Sacramenti. Il principio dell'épichéia può essere applicato solamente quando il legislatore è assente. Utilizzare questo principio contro un Papa regnante che possiede la giurisdizione sui Sacramenti, avrebbe come conseguenza una vera carneficina per tutta la Chiesa cattolica, e questo significherebbeaffondare nel protestantesimo, nel quale ogni ministro ottiene direttamente il suo potere da Dio. Che senso ha una Gerarchia e una giurisdizione se ognuno può decidere se ha il diritto di esercitare i suoi ordini supponendo che la Chiesa glieli fornisca direttamente? In tal caso, la Gerarchia sarebbe puramente accidentale, e ogni sacerdote, come un semplice pastore protestante, potrebbe condurre il proprio apostolato. Lo spirito scismatico della Fraternità Sacerdotale San Pio X è un'evidenza anche per il fatto che essi celebrano la Messa una cum («in comunione») con Giovanni Paolo II. Dunque, o Giovanni Paolo II è Papa, o non lo è. Se lo è, la loro Messa è scismatica perché viene celebrata pubblicamente e contro la sua autorità. È un altare contro un altro altare, perché la loro Messa non è autorizzata dal Sommo Pontefice. Ma se egli non è il Papa, allora la loro Messa una cum è comunque scismatica poiché viene celebrata fuori dalla Chiesa e in unione con un falso papa. In altre parole, o l'altare del sacerdote tradizionale è il vero altare di Dio, o l'altare di Giovanni Paolo II è il vero altare di Dio. Perché un sacerdote tradizionale possa andare all'altare e condurre un apostolato contro l'apostolato del Novus Ordo - che è quello di Giovanni Paolo II - è evidente che i due altari non possono essere al tempo stesso dei legittimi altari cattolici, e che i due apostolati non possono essere al tempo stesso due veri apostolati cattolici. Cristo non può autorizzare al contempo l'altare del Novus Ordo e l'altare tradizionale. Uno è legittimo, l'altro è illegittimo. Se diciamo che il nostro altare è legittimo, siamo logicamente tenuti a dire che l'altare del Novus Ordo - così come il suo sacerdozio e il suo apostolato - sono illegittimi. Ma se il sacerdote si unisce all'altare, al sacerdozio e all'apostolato di Giovanni Paolo II e del Novus Ordo, rende il proprio altare, il proprio sacerdozio e il proprio apostolato illegittimo e perciò scismatico. Se i membri della Fraternità San Pio X sono caduti in questi errori, è anche perché mancano di una buona formazione. I seminaristi si presentano alla Fraternità San Pio X e non conoscono nient'altro. Si impregnano di questi errori durante i loro anni in seminario. Sono sicuro e certo che se fossero stati formati correttamente, non aderirebbero a questi errori. Metto in luce i loro errori, così gravi, non per attaccarli personalmente o per mettere in dubbio la loro buona fede, ma per rispetto della verità. Sono persuaso del fatto che amino la Chiesa tanto quanto me, e spero con sincerità che accettino queste critiche con lo stesso spirito di carità con cui le ho formulate. l Conclusione Come Vescovo, sono profondamente rattristato dalla cattiva influenza esercitata dalla Fraternità San Pio X. Invece di elaborare una risposta cattolica all'apostasia di Giovanni Paolo II, essa ha disseminato i germi dello spirito scismatico nello spirito di molte, troppe anime. I giovani cresciuti nella Fraternità San Pio X avranno un'idea assolutamente falsata di ciò che è realmente l'autorità cattolica, ossia l'autorità del Sommo Pontefice. Probabilmente non conosceranno mai la santa e profonda riverenza che i cattolici devono sempre nutrire per la più augusta autorità confidata ad un uomo. È la nostra fede cattolica in questa autorità che ci induce a dire che gli autori del Novus Ordo non possono possederla. Come sarebbe formidabile se i cattolici potessero formare un fronte unito contro i modernisti! Se potessimo dire con una sola voce che la defezione del Vaticano II non viene dall'autorità di Cristo! Sarebbe una potente professione di fede tra i cattolici. Al contrario, la maggioranza dei cattolici ha agito come l'High Church anglicana (la Fraternità San Pietro), o come gli scismatici gallicani o giansenisti (la Fraternità San Pio X). Chissà come se la ridono i nemici della Chiesa di fronte a questo desolante spettacolo, per il fatto che dopo duemila anni di professione di fede, e dopo così tanti gloriosi martiri, sia tutto lì ciò che i cattolici sono capaci di opporre al peggior nemico della Chiesa cattolica. Vi prego di non restare indifferenti a questi problemi. La necessità di una risposta cattolica è molto importante. È molto importante che evitiamo di sostituire l'apostasia di Giovanni Paolo II con lo spirito scismatico, con il libero esame e con il disprezzo dell'autorità pontificia, che è la posizione evidente della Fraternità San Pio X. Vi invito anche a pregare per i membri di questa Fraternità che, come ho detto già, sono persone di buona volontà e desiderano essere dei buoni cattolici. Essi sono paralizzati dalla paura di dire la verità su Giovanni Paolo II, perché pensano che ciò svuoterebbe le loro chiese. Tutti sanno molto bene che numerosi sacerdoti della Fraternità San Pio X hanno, in privato, la nostra posizione. Ma hanno paura di ciò che può succedergli se partono. Tuttavia, dobbiamo incoraggiarli a lasciare questa Fraternità, e dobbiamo dirgli che la loro posizione non è conforme alla fede cattolica. La nostra esperienza, in America, ci mostra che i fedeli aiutano con entusiasmo i sacerdoti che hanno preso pubblicamente posizione contro il falso pontificato di Giovanni Paolo II. Quando sentono queste spiegazioni, come quella che vi ho appena dato, vedono che sono in conformità con i principî cattolici, e abbracciano con tutto il cuore la nostra posizione. Ma se anche non lo facessero, se anche i sacerdoti fossero ridotti a mendicare il loro pane, ogni prete deve sapere che deve amare la verità cattolica più di sé stesso. Abbiamo davanti a noi il meraviglioso esempio di don Guépin che, nel 1980, ha sostenuto i principî che vi ho esposto, e che è stato, perciò, brutalmente espulso dalla Fraternità San Pio X. Sebbene egli avesse consacrato la sua vita al sacerdozio, fu sommariamente buttato sulla strada. Ma non fu spaventato da questa croce, e la portò generosamente, sapendo - grazie alla sua forte fede e al suo ardente amore per Dio - che sarebbe meglio morire piuttosto che compromettere la fede cattolica. Possano gli altri sacerdoti della Fraternità San Pio X prendere esempio dal coraggio di don Guépin, e comprendere che Dio benedice l'apostolato dei sacerdoti che amano la Sua verità più delle loro comodità. Ricordiamoci anche, nelle nostre preghiere, dell'anima di Mons. Lefebvre che, malgrado l'inconsistenza delle sue posizioni, fece tuttavia molto per la preservazione della Santa Messa. Infine, non dimentichiamo di pregare la Madonna che da sola ha schiacciato tutte le eresie, come dice la santa liturgia, e San Giuseppe, Patrono della Chiesa universale. NOTE 1 Traduzione dall'originale francese Une réponse catholique à l'apostasie de Jean-Paul II («Una risposta cattolica all’apostasia di Giovanni Paolo II»), a cura di Paolo Baroni. Scritto reperibile alla pagina web 2 Il presente scritto è il testo di una conferenza tenuta da Mons. Daniel Dolan a Saint-Maurice (in Francia), il 13 agosto 2000. 3 Cfr. Costituzione pastorale Gaudium et spes, sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, del 7 dicembre 1965, § 22. 4 Cfr. Lettera Enciclica Redemptor Hominis, del 4 marzo 1979, § 13. 5 Costituzione dogmatica Lumen gentium, sulla Chiesa, del 21 novembre 1964, § 1, § 9; Gaudium et spes, § 42. 6 Nella Costituzione Lumen gentium figura la seguente formula: «Questa Chiesa [...] sussiste nella Chiesa cattolica» («Hæc Ecclesia [...]subsistit in Ecclesia catholica»). Tale formulazione è stata più volte interpretata come se volesse dire: «La Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica; ma può sussistere anche in un'altra chiesa cristiana». 7 Cfr. Decreto Unitatis Redintegratio, sull'ecumenismo, del 21 novembre 1964, § 3. |
Il Cardinale Ciappi, il teologo di papi, da Pio XII a Giovanni Paolo II (all’inizio del suo pontificato): “Il Terzo Segreto dice che la grande apostasia nella Chiesa inizia dal suo vertice. La conferma ufficiale del segreto de La Salette (1846): “La Chiesa subirà una terribile crisi. Essa sarà eclissata. Roma (il Vaticano) perderà la fede e diventare la sede dell’Anticristo “.
ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...
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