Le profezie del Concilio sul disastro UE
Pochi giorni fa su Facebook commentavo così la manovra Euro-Monti: “una riforma affidata ad intellettuali, per una primavera sociale che una ostintata minoranza intuisce essere l’inizio di un disastro maggiore; stai a vedere che il Concilio era davvero profetico”.
La battuta, fastidiosamente anti-conciliarista come sempre, va oltre l’allusione. C’è davvero una profezia nel Concilio, anche se somiglia alla profezia di Balaam e della sua asina cocciuta. Una profezia svelata quasi controvoglia, non attraverso i discorsi illuminati dei padri conciliari, bensì trasudata dall’arrancare della Chiesa militante degli ultimi 40 anni. La Chiesa ha incarnato anticipatamente e moderatamente il fallimento del compromesso mondialista. E ha sperimentato la fallacia delle utopie politiche che vogliono fare i conti senza l’Ospite inquietante, quello vero.
Satana nella Chiesa postconciliare è stato dimenticato…Il quadro del Concilio è la comunità mondiale come si stava all’ora organizzando sotto l’egida dell’ONU: e la Chiesa intendeva proporsi come una visione religiosa funzionale a un’etica politica funzionale a quel modello… Lo prova la visita di Paolo VI all’ONU in tempo conciliare. (G. Baget Bozzo,L’anticristo, Mondadori 2001, 98-99)
L’analisi di BBozzo, scomoda eccessiva e centrata al contempo, può dirsi in parte superata. Il corso impresso alla Chiesa dal colpo di coda del mandato di Giovanni Paolo II (cioè la sua beatificazione) e l’orientamento fissato da Benedetto XVI danno ai cattolici più avveduti e coraggiosi – o a quelli più semplici e miti – l’opportunità di correggere il tiro tempestivamente. Certo l’assennatezza non vale per tutti, e la gaiezza sciocca con cui si è applaudito il declino pilotato di Berlusconi impedisce di parlare di un “rinascimento cattolico”. Anzi, io mi attendo il peggio, dalla UE sicuramente; complice forse lo ‘spirito di Todi’.
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