Io, Catharina. La papista (parte 3)
IO, CATHARINA
terza parte:
LA PAPISTA
È Dio che ha separato lo Stato dalla Chiesa: perchè lo Stato la serva. La prima e l’ultima donna che parla al concistoro: “Il papa non tema se anche tutto il mondo gli è contro”. Caterina ai tempi dello scisma: “Il volto della Chiesa insudiciato per le impurità e la superbia” del clero. Caterina impugna spada e rosario, e incita il papa alla crociata. “Rivolgete contro i nemici della fede quelle armi che fino ad oggi avete usato per assassinarvi l’un l’altro”. Guerra contro gli infedeli sì; contro gli eretici no: “perchè sono cristiani”…sempre che non siano catari. “Coloro che sono posti nel giardino della santa Chiesa come fiori odoriferi; e noi vediamo che essi appuzzano tutto quanto il mondo”. “Il papa lavi il ventre della Chiesa”: ossia sradichi la corruzione del clero… o lo farà Dio con la tribolazione. Il pastore preghi e soffra per il gregge peccatore; in caso lo “percuota”. L’ultima profezia di Caterina: sul futuro turbolento della Chiesa
IN BREVE
Il maestro Raimondo e Caterina erano a Pisa nel 1375. Parlando un giorno della ribellione di Perugia al papa e vedendo il suo confessore afflitto, Caterina gli dice: <<Padre mio carissimo, cominciate a piangere troppo presto, poiché quello che vedete oggi è latte e miele in confronto a ciò che avverrà in seguito>>. E lui rispose: <<Quali mali possono essere più gravi del disprezzo e della ribellione al capo pastorale (il papa) e civile del popolo cristiano?>>. Ecco la replica della santa: <<Padre mio, oggi fanno questo i secolari e i laici, ma fra non molto vedrete quanto peggio faranno gli ecclesiastici contro il Sommo Pontefice e contro l’unità della Chiesa di Dio>>. Qui la santa si riferisce alla riforma contro i costumi e i vizi nel clero. Fra’ Raimondo riporta come questa profezia si sia avverata sotto Urbano VI. Poi Caterina avvisò il padre dello scisma ed anche questo si avverò. Il padre chiese: <<Madre carissima, non potreste dirmi cosa avverrà nella Chiesa dopo queste tempeste?>>. Rispose santa Caterina: <<Terminate queste tribolazioni, Dio purificherà la sua santa Chiesa, suscitando un ardente zelo nel cuore dei suoi servi ed eletti. Ne seguirà infatti un rinnovo di santi pastori e una grande riforma in tutta la Chiesa, di cui il solo pensiero rende pieno di gioia e di gratitudine il mio cuore verso Gesù (…) come vi ho detto più volte, è Dio che si prende cura della Sposa; al pontefice spetta la Riforma, a Dio spetta di purificarla, così avverrà di volta in volta, così dobbiamo pensare noi>>.Leggendo le sue parole che possiamo definire come una profezia, ci accorgiamo che da allora molte riforme son state fatte e molti santi furono suscitati dalla più grande Riforma che la nostra storia ricordi: quella del Concilio di Trento. L’elenco dei santi è lungo, ma tutto ci spinge ai giorni nostri a quel “così dobbiamo pensare noi…”: con l’esempio dei santi e la loro scuola, le loro riforme, le loro battaglie, le loro speranze, la loro preghiera, la loro “confidenza di Dio”, allora sì, per quante tribolazioni potremmo sperimentare, non sbaglieremo mai! Questa, e non altro, è la Comunione dei Santi che professiamo nel “Credo”.
di Tea Lancellotti
E’ DIO CHE HA SEPARATO LO STATO DALLA CHIESA. PERCHÈ LO STATO LA SERVA
Riallacciandoci alla prima parte nella quale abbiamo parlato di Caterina, fortissima donna d’Italia che riporta il papa da Avignone a Roma, e passando per la seconda parte nella quale abbiamo approfondito la Caterina scrittrice e l’insegnamento ai politici del suo tempo, analizziamo ora alcune parti della Caterina missionaria.
Partendo, innanzi tutto, dalla sua missione nella Chiesa, accanto ai pontefici, che la conduce a rimproverare la cattiva condotta di alti prelati e di sacerdoti, corrotti, che “insudiciano il giardino della santa Chiesa“.
Come abbiamo potuto vedere, il linguaggio di santa Caterina partiva dal cuore, era sincero, immediato e senza troppi complimenti. Oseremmo dire oggi che era un linguaggio che rifuggiva il politicamente corretto: andava diritto allo scopo, convertiva e non permetteva ad alcuno di fraintendere il messaggio cristiano delle sue missive.
Prima di inoltrarci nelle Lettere di Caterina al papa e al clero, è dunque fondamentale entrare nello spirito, nel carisma di questa grande santa e far nostre le sue istanze. La prima istanza che Caterina “impone” ai suoi discepoli e ai destinatari delle Lettere è la preghiera incessante per il papa e per la Chiesa: lei stessa dirà di aver offerto al Signore ben sette anni consecutivi di preghiera, patimento, digiuno per il Sommo Pontefice e per la Chiesa, per il clero in generale, gli ordini religiosi, i vescovi, per ottenere la pace nella Chiesa e perché all’interno di essa si realizzasse sempre la volontà di Dio. La seconda istanza che “impone” a chierici e laici è l’obbedienza al Sommo Pontefice, dolce Vicario di Cristo in terra legittimamente eletto. Non si tratta di una obbedienza cieca, ma piuttosto di far giungere al papa anche le doverose critiche, seguite però dalla filiale obbedienza. La terza istanza “imposta” ai laici è di lavorare per la Chiesa, anche vivendo nel mondo come politici, medici, maestri, ecc., e “tutto fare” per il bene della Chiesa e per spianare la strada “a Cristo che viene“, alla sua dottrina, alla volontà di Dio. Lavorare, dunque, per la salvezza delle anime, vivere per portare quante più persone possibili alla Chiesa di Cristo ed alla conversione a Lui.
Come abbiamo letto nella seconda parte, lo Stato, per Caterina, non è al di fuori del progetto di Dio e non è la Chiesa, ma Dio stesso ha separato i due poteri perché l’uno, lo Stato, potesse servire la Chiesa e la sua missione nel mondo.
In una chiara simbologia, Caterina spiega in modo semplice lo svilupparsi delle due autorità distinte, ma che devono collaborare insieme per la pace di Cristo. La dottrina della Chiesa, però, è al di sopra di ogni legge umana: lo Stato è “Cesare”, la cui autorità viene da Dio, la Chiesa è Cristo stesso che non è nemico di Cesare, a meno che quest’ultimo non si ponga contro la “dolce Sposa di Cristo“. La Chiesa, dal canto suo, con il papa, deve facilitare il compito di Cesare e mettergli a disposizione ogni strumento in suo possesso; l’unica autentica “democrazia” che la santa senese riconosce è la libertà di Cristo di poter agire nel mondo attraverso i suoi ministri per il bene delle anime: tutto il resto è “schiavitù”.
Questo “estremismo” di Caterina non può spaventarci né deve essere letto in chiave negativa: infatti, il compito del vero cattolico è quello di lavorare e vivere nel mondo per mettere in pratica le promesse battesimali con tutto quel che ne consegue.
“Siamo nel mondo” per conoscere il nostro Creatore: tutto il resto è contorno.
LA PRIMA E L’ULTIMA DONNA CHE PARLA AL CONCISTORO: “IL PAPA NON TEMA SE ANCHE TUTTO IL MONDO GLI È CONTRO”.
Il papa, Urbano VI, informato di questa richiesta, predispose immediatamente che fosse mandato a Caterina, per muoversi, il precetto della santa obbedienza. Così Caterina poté giungere a Roma accompagnata da un gruppetto di discepoli, uomini e donne. Senza troppi convenevoli, e nel mezzo del concistoro, il papa chiese alla santa di cominciare subito con un sermone. Ella ubbidì, parlando soprattutto della Divina Provvidenza, incoraggiando i Padri a non dubitare di così grande aiuto alla Chiesa, neppure in quelle ore difficili del grave scisma che si era appena aperto.
Occorreva attendere pazientemente di comprendere il volere di Dio, attenendosi scrupolosamente ognuno ai propri doveri in obbedienza al Papa legittimamente eletto, Urbano VI, e mantenendo una sana condotta morale. Appena terminato il discorso, papa Urbano disse:<<Or ecco fratelli miei, come siamo degni di correzione al cospetto di Dio, quando siamo così timorosi! Come vedete questa donna ci confonde! Non dico questo di lei per disprezzo, ma a motivo del sesso il quale è per sua natura più fragile. Costei dovrebbe essere nel dubbio quando fossimo molto sicuri, è invece così sicura di sé mettendo noi nel dubbio, e ci conforta con le sue ispirate persuasioni. Questo a sua gloria e a nostra confusione! Il Vicario di Cristo, o fratelli miei, non debba mai dubitare se anche tutto il mondo fosse contro di lui. Cristo Onnipotente è più forte del mondo, né dubiterò mai che Egli possa abbandonare la sua santa Chiesa!>>. Nel congedare la santa, il papa le concesse alcune grazie spirituali ed indulgenze per sé e per alcune sue richieste.
CATERINA AI TEMPI DELLO SCISMA: “IL VOLTO DELLA CHIESA INSUDICIATO PER LE IMPURITÀ E LA SUPERBIA” DEL CLERO
Come applicherà questi “strumenti” santa Caterina? Con una serie di Lettere e con il Dialogo. Nella Lettera 16 (XVI) scrive al cardinale Di Ostia – lettera per altro citata da Paolo VI nella proclamazione della santa a Dottore della Chiesa il 4.10.1970 – e qui Caterina alterna, nella prima parte, brevi dialoghi fra lei e il Cristo Gesù che condivide con l’alto prelato a conferma dei suoi moniti per il bene delle anime e della Chiesa e che non risparmia, nella seconda parte, con suppliche ed insistente richiesta di “buona condotta”:<<Questo desidera l’anima mia di vedervi morire per santo e vero desiderio, cioè che per l’affetto e amore che voi sarete all’onore di Dio, salute dell’anime ed esaltazione di santa Chiesa, ho volontà di vedervi tanto crescere questa fame, che sotto questa fame rimaneste morto (..). Oimè, oimè, disaventurata l’anima mia! Aprite l’occhio e ragguardate la perversità della morte che è venuta nel mondo, e singolarmente nel corpo della santa Chiesa. Oimè, scoppi il cuore e l’anima vostra a vedere tante offese di Dio. Vedete, padre, che ‘l lupo infernale ne porta la creatura, le pecorelle che si pascono nel giardino della santa Chiesa; e non si trova chi si muova a trargliele di bocca. Li pastori dormono nell’amor proprio di loro medesimi, in una cupidità e immondizia: sono sì ebbri di superbia, che dormono e non si sentono, perché veggano che il diavolo, lupo infernale, se ne porti la vita della Grazia in loro e anco quella de’ sudditi loro. Essi non se ne curano: e tutto n’è cagione la perversità dell’amore proprio. Oh quanto è pericoloso questo amore nelli prelati e nelli sudditi! S’egli è prelato ed egli ha amore proprio, egli non corregge il difetto de’ suoi sudditi; perocché colui che ama sé per sé, cade in timore servile, e però non riprende. Che se egli amasse sè per Dio, non temerebbe di timore servile; ma arditamente con virile cuore riprenderebbe li difetti e non tacerebbe né farebbe vista di non vedere. Di questo amore voglio che siate privato, padre carissimo. Pregovi che facciate sì che non sia detta a voi quella dura parola con riprensione dalla prima verità, dicendo: «maladetto sia tu che tacesti». Oimè, non più tacere! Gridate con cento migliaia di lingue. Veggo che, per tacere, il mondo è guasto, la Sposa di Cristo è impallidita, toltogli è il colore, perché gli è succhiato il sangue da dosso, cioè che il sangue di Cristo, che è dato per grazia e non per debito, egli sel furano con la superbia, tollendo l’onore che debbe essere di Dio, e dannolo a loro; e si ruba per simonia, vendendo i doni e le grazie che ci sono dati per grazia col prezzo del sangue del Figliuolo di Dio. Oimè! ch’io muoio, e non posso morire. Non dormite più in negligenzia; adoperate nel tempo presente ciò che si può. Credo che vi verrà altro tempo che anco potrete più adoperare; ma ora pel tempo presente v’invito a spogliare l’anima vostra d’ogni amore proprio, e vestirla di fame e di virtù reale e vera, a onore di Dio e salute dell’anime. Confortatevi in Cristo Gesù dolce amore: ché tosto vedremo apparire i fiori. (…) Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso: ponetevi in croce con Cristo crocifisso: nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso: fatevi bagno nel sangue di Cristo crocifisso. Perdonate, padre, alla mia presunzione. Gesù dolce, Gesù Amore>>.
CATERINA IMPUGNA SPADA E ROSARIO. E INCITA IL PAPA ALLA CROCIATA
Sulla scia di questo ardire e ardore cateriniano, possiamo ritornare un momento sulle Crociate. Dopo aver chiarito nelle puntate dedicate a san Francesco che anch’egli non era affatto contro questa difesa della fede, allo stesso modo in santa Caterina da Siena troviamo moniti ed incoraggiamenti a brandire la spada in difesa del Cristianesimo. Nessuna anima bella si stupisca. Tutto sta nel comprendere correttamente cosa insegnavano questi santi.
Caterina si confida, non agisce da sola o per suo capriccio, dice al padre spirituale: <<Non basta asserire la verità, laddove è necessario bisogna anche saperla difendere>>. La crociata di cui parliamo era stata bandita nel 1373 da papa Gregorio XI, il quale aveva comandato ai Francescani e ai Domenicani, in particolar modo, di farsene banditori. Così, Caterina si fa obbediente sia per ordine del papa, sia come domenicana, ma non in modo passivo: al contrario, pur non potendosi recare personalmente come avrebbe voluto, agisce per mezzo di lettere e predicazioni, sollecitando e smuovendo gli animi, creando persino “gruppi di preghiera” per il buon esito della crociata.
Pochi forse sanno che fu proprio santa Caterina da Siena a dare il via a questa crociata (anche se non partì mai), o forse lo sanno e per questo magari, oggi, avendo potuto trasformare san Francesco in un giullare pacifista e non essendoci riusciti con Caterina, semplicemente si vergognano di citarla.
Come andarono i fatti lo lasciamo dire al beato Raimondo da Capua: <<Ho sempre alla mente che una volta, mentre lei parlava animatamente della questione con il pontefice, io ero lì di persona ed ascoltavo, perché facevo da interprete fra il papa che parlava in latino, e la vergine che parlava in volgare toscano, disse il papa alla santa: “Sarebbe meglio che noi facessimo prima la pace fra i cristiani, e dopo ordinassimo il ‘santo passaggio’”. Ma Caterina ribatté: “Santo Padre, per pacificare i cristiani, non potreste trovare una via migliore che comandare il ‘santo passaggio’, subito. Tutta questa gente armata che non fomenta altro che guerre in mezzo ai fedeli, andrà volentieri a servire la causa di Dio con quel che sapendo fare è il loro mestiere. Pochi saranno quelli così tanto cattivi da ricusare di dar gloria a Dio col mestiere del quale tanto si compiacciono, e che non vorranno scontare di buon grado i propri peccati con un simile gesto. Così, Santo Padre, nello stesso tempo ed in una sola volta, avrete molti vantaggi. Metterete pace fra i cristiani che la desiderano, e perdendoli per la santa causa, salverete le loro anime infatti, se otterranno qualche vittoria, voi stesso ne guadagnerete di fronte anche agli altri principi della Cristianità; se morranno, erano già sull’orlo della dannazione, ma per aver combattuto per una giusta causa, il Signore sarà verso le loro anime, clemente. Da ciò dunque ne seguiranno tre beni: – la pace fra i cristiani; la penitenza di questi soldati che dovranno battersi con onore e convertirsi a Cristo ed alla sua causa; e la salvezza di molti saraceni, per quelli che si potranno convertire, e morendo perché avrebbero da pagare il loro debito con Cristo. Padre Santo, rimossa la favilla anche il fuoco si spegne, non indugiate”>>. Ma a quanto pare, continuando la lettura del beato fr. Raimondo, il papa indugiò.
Attribuendo taluni delle false interpretazioni al volere di Caterina, leggendo questa santa Crociata come uno “scandalo”, così risponde fr. Raimondo: <<È vero che la vergine parlava spesso e volentieri del “santo passaggio” e che stimolava ed incoraggiava a farlo a quanti potesse, ma non è vero che ella sarebbe dovuta andarci creandosi un gruppo di seguaci; lei non asserì mai quando questo “santo passaggio” sarebbe avvenuto, solo attendeva le decisioni del Pontefice (…) è trascorso già molto tempo, e di bandi per crociate non se ne parla nemmeno. Eppoi fanno gli scandalizzati! (..) e per qual motivo Gesù congiunse lo scandalo coi miracoli, se non perché l’indole degli uomini malvagi è tale che, spinti dalla propria malizia, si scandalizzano della bontà di Dio e delle opere sue meravigliose? Così quelli, non intendendoci nulla nelle parole e nelle opere della vergine, trovano motivo di scandalo dove invece dovrebbero trovare motivo di edificazione>>.
“RIVOLGETE CONTRO I NEMICI DELLA FEDE QUELLE ARMI CHE FINO AD OGGI AVETE USATO PER ASSASSINARVI L’UN L’ALTRO”
Leggiamo nella lettera Lettera 207 ai Signori di Firenze:<<Perocché noi non siamo Giudei né Saraceni, ma siamo Cristiani battezzati, e ricomperati del sangue di Cristo. Non dobbiamo dunque andare contra al capo nostro (il Papa) per neuna ingiuria ricevuta; né l’uno cristiano contra all’altro; ma dobbiamo fare questo contra agl’Infedeli. Perocché ci fanno ingiuria; però che possedono quello che non è loro; anco, è nostro.(..) Or non più dormite (per l’amore di Dio!) in tanta ignoranza e ostinazione. Levatevi su, e correte alle braccia del padre nostro (il Papa), che vi riceverà benignamente. Se ‘l farete, avrete pace e riposo spiritualmente e temporalmente, voi e tutta la Toscana: e tutta la guerra che, è di qua, anderà sopra gl’Infedeli, rizzandosi il gonfalone della santissima croce>>.
Papa Urbano II, al Concilio di Clermont Ferrant, aveva aperto l’era delle Crociate con l’esortazione:<<Rivolgete ora contro i nemici della santa Fede e pel salvaguardia del nome dei cristiani le armi, quelle armi che fino ad oggi avete adoperate per assassinarvi l’un l’altro>>. Santa Caterina gli farà eco con il suo incoraggiamento: <<La guerra si mandi contro gl’infedeli , ove ella debba andare>>.
Oggi con questo pacifismo abbiamo dimenticato la sana dottrina poiché è con sant’Agostino che il contesto di una “giusta guerra” diviene “dottrina canonica” e con san Tommaso d’Aquino“scolastica per eccellenza”. A Caterina questo non era ignoto, così come non le erano ignote le tre condizioni per dichiarare una guerra giusta:
1. l’autorità del Principe che la dichiari in difesa del popolo;
2. la giusta causa;
3. la retta intenzione con la quale si deve intervenire per evitare un male e fare il bene.
Santa Caterina, parafrasando le parole di sant’Agostino, spiegherà il contesto delle sante Crociate:<< (…) presso i servi di Dio le guerre stesse sono pacifiche, non essendo intraprese per cupidigia, per avidità, per crudeltà, bensì per amore della pace, allo scopo di difendere e di difendersi, per reprimere le invasioni, ammonire i cattivi e i recidivi delle violenze che scatenano per primi e per sollecitare i buoni a più sani principi (…). E’ vero che la guerra stessa è crudele e produce morti e sofferenze, ma più crudele è l’intenzione di chi la usa per combattere la santa Fede, portando guerra dove regnava la pace di Cristo, e dove si è costretti a muover guerra per riportarla>>.
E, citando san Tommaso d’Aquino, Caterina dirà: <<Quelli che fanno delle giuste guerre hanno la pace quale scopo; essi non sono contrari che alla pace cattiva, quella che affama i deboli, che conduce ai vizi, che impone la caduta del vessillo della santa Croce, che infrange i confini, che porta la pace mondana che non è affatto quella che il Signore volle e venne a portare sulla terra>>.
La Santa spiegherà così, in diverse lettere, perché questa Crociata è una guerra giusta: <<(…) essa non è contro i Turchi in quanto tali, non è contro la loro infedeltà, ma bensì è una difesa contro la loro guerra di conquista che minaccia l’intera comunità dei cristiani, la sorte dei pellegrini uccisi e minacciati, cristiani di Terra Santa ridotti alle condizioni di schiavitù e obbligati ad abiurare il Cristo Crocefisso. Noi dobbiamo portare la pace di Cristo con la carità ed ogni mansuetudine, ma se essa viene espugnata con la spada, seppur questa va deposta fra cristiani, essa va impugnata per difenderli, secondo il monito di Nostro Signore: chi di spada ferisce di spada perisce, solo ci si avveda che non sia il cristiano ad impugnarla per primo, ma solo per difesa>>.
GUERRA CONTRO GLI INFEDELI SÌ; CONTRO GLI ERETICI NO: “PERCHÈ SONO CRISTIANI”. SEMPRE CHE NON SIANO CATARI…
Caterina è, appunto, contraria alla guerra contro gli eretici (che sono cristiani). Se non si comprende questa differenza, difficile capire, anche, perché siamo contro il “pacifismo”.
Quella proclamata dal Concilio Lateranense III del 1179, daAlessandro III contro gli Albigesi-Catari viene invece “giustificata” purché, spiega la santa, non si estenda contro ogni cristiano eretico che è “pecorella da recuperare”. Caterina non reputa gli Albigesi dei cristiani: di conseguenza risponde per quale era la politica del suo tempo. Quando, però, si trattò di proporre guerre contro i cristiani, Caterina scrive la Lettera 11 al delegato pontificio: <<Pace, pace, pace, Padre carissimo. Ragguardate voi e gli altri, e fate vedere al Santo Padre più la perdizione delle anime, che quella delle città, perocché a Dio interessano più le anime che le città>>.
La politica di Pace di Caterina è sostanzialmente questa: “Andate e predicate a tutte le nazioni”: con questo monito, spiega la Santa, da portare con mitezza e carità il buon esempio, al costo della propria vita e non di quella altrui, tutto il mondo deve diventare cristiano, e tra battezzati non ci si deve muovere guerra con le armi perché nessuno, se professasse davvero la vera fede, avrebbe più necessità di invadere i confini o di minacciare le civiltà o di minacciare i pellegrini.
Tra cristiani, spiega Caterina, un’opera sola si attende: l’esercizio della carità nella pace cristiana. Solo così sarà possibile eliminare davvero le armi e l’Italia dovrà dare l’esempio. Da qui il famoso appello agli italiani: <<Se sarete ciò che dovrete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero>>.
Per Caterina, la pace vera deve partire da dentro la Chiesa e solo così potrà irradiarsi nel mondo; al contrario, la pace mondana se penetra nella Chiesa<<l’ammorba di vizi e di peccati>> e produce divisioni e guerre.
Può, oggi, questo messaggio essere attuale? E in che modo?
Nella Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II Amantissima Providentiae per il VI Centenario del Transito di Santa Caterina, troviamo la risposta: <<Il ruolo eccezionale svolto da Caterina da Siena, secondo i piani misteriosi della provvidenza divina, nella storia della salvezza, non si esaurì col suo felice transito alla patria celeste. Ella, infatti, ha continuato ad influire salutarmente nella Chiesa sia con i suoi luminosi esempi di virtù, sia con i suoi mirabili scritti. Perciò i sommi pontefici, miei predecessori, ne hanno concordemente esaltata la perenne attualità, proponendola continuamente all’ammirazione ed all’imitazione dei fedeli>>.
E così si esprimeva Paolo VI nel 1970 nell’omelia che la proclamava Dottore della Chiesa: <<Quale non fu perciò l’ossequio e l’amore appassionato che la Santa nutrì per il Romano Pontefice! Noi oggi personalmente, minimo servo dei servi di Dio, dobbiamo a Caterina immensa riconoscenza, non certo per l’onore che possa ridondare sulla nostra umile persona, ma per la mistica apologia ch’ella fa dell’ufficio apostolico del successore di Pietro. Chi non ricorda? Ella contempla in lui «il dolce Cristo in terra» (Lettera 196, ed. cit., III, 211), a cui si deve filiale affetto ed obbedienza, perché : «Chi sarà inobediente a Cristo in terra, il quale è in vece di Cristo in cielo, non partecipa del frutto del Sangue del Figliuolo di Dio» (Lettera 207, ed. cit., III, 270)>>.
“COLORO CHE SONO POSTI NEL GIARDINO DELLA SANTA CHIESA COME FIORI ODORIFERI; E NOI VEDIAMO CHE ESSI APPUZZANO TUTTO QUANTO IL MONDO”
Se vi ricordate, abbiamo parlato della natura di santa Caterina e di come lei ne parlasse: <<La mia natura è fuoco>>. In tal modo cresceva ed ardeva in lei il grande desiderio di Cristo: dare la vita. Caterina voleva dare in qualche modo la sua vita per la Chiesa, Sposa di Cristo, e, benché si ritenesse <<piccola ed un nulla>>, sapeva che la sua vita era diventata preziosa proprio perché riscattata dal Cristo sulla croce.
Questo e solo questo la rendeva cosciente che il prezzo che voleva pagare, con la sua vita, sarebbe piaciuto al Signore: su queste note scrive ai prelati della Chiesa, ammonendoli sulle loro perverse condotte; scrive al clero per reindirizzarlo verso Cristo e dice allo Sposo: <<O Signore! Ricevi il sacrificio della mia vita in questo corpo mistico della tua santa Chiesa, non ho altro da darti se non quello che tu stesso mi hai dato. Prendi dunque il mio cuore e premilo sopra la faccia di questa Sposa>>.
Una meravigliosa e passionale audacia che riscontriamo in ogni suo scritto. Il messaggio di Caterina è attualissimo, specialmente in questo tempo in cui si ostentano il dialogo e l’ecumenismo: lei, la fortissima Donna d’Italia, ci indica ancora una volta come sviluppare questo dialogo, lei che ne ha scritto uno, di cui parleremo nella prossima puntata, e come deve svolgersi un vero ecumenismo e non una ecu-mania a tutti i costi.
E’ vero che santa Caterina spinge continuamente e sollecita ardentemente l’obbedienza al Vicario di Cristo in terra, ma non manca di sollecitare il papa stesso a compiere con dovizia il suo ministero non solo per i cattolici, ma per tutta la cristianità. Leggendo quella che per noi oggi rappresenta una provvidenziale guida per il sano ecumenismo, facciamo attenzione a quello che scrive nella Lettera 1291 a papa Urbano VI: <<Santissimo Padre, Dio v’ha posto come pastore sopra le pecorelle sue di tutta la religione cristiana; havi posto come celleraio a ministrare ‘l sangue di Cristo crocifisso, di cui vicario sete: e havi posto in tempo, nel quale abbonda più la iniquità ne sudditi, che già abbondasse, già è grandissimo tempo, e sì nel corpo della santa Chiesa, e sì nell’universale corpo della religione cristiana. E però è a voi grandissima necessità d’essere fondato in carità perfetta, con la margarita della giustizia, per lo modo che detto è: acciocchè non curiate il mondo, nè li miseri abituati nel male, nè veruna loro infamia; ma, come vero cavaliero, e giusto pastore, virilmente correggere, divellendo il vizio e piantando la virtù, disponendosi a ponere la vita, se bisogna. O dolcissimo padre, il mondo già non può più: tanto abbondano li vizii, e singolarmente in coloro che sono posti nel giardino della santa Chiesa come fiori odoriferi, accíocché gittino odore di virtù; e noi vediamo che essi abbondano in miserabili e scellerati vizii, in tanto che con essi appuzzano tutto quanto il mondo>>.
“IL PAPA LAVI IL VENTRE DELLA CHIESA”. OSSIA SRADICHI LA CORRUZIONE DEL CLERO. O LO FARÀ DIO CON LA TRIBOLAZIONE
Nella Lettera 364, sempre ad Urbano VI, c’è un passo tremendamente attuale.
Santa Caterina spiega al papa come sia necessario fare pace con tutti i cristiani che sono fuoriusciti dalla Chiesa o anche con quelli che si comportano male dentro la Chiesa. Con queste parole s’incoraggia il papa a non avere timore di <<levare li difetti>> perché se non lo farà lui che, in qualità di Vicario di Cristo ne ha il potere, lo farà Dio attraverso le tribolazioni: <<Voi non potete di primo colpo levare li difetti delle creature, li quali si commettono comunemente nella religione cristiana e massimamente nell’ordine clericato, sopra delli quali dovete avere più occhio; ma ben potete e dovete fare per debito (se no, li avereste sopra la coscienzia vostra), almeno di farne la vostra possibilità, lavare il ventre della santa Chiesa, cioè procurare a quelli che vi sono presso e intorno voi, spazzarlo dal fracidume, e ponervi quelli che attendono all’onore di Dio e vostro, e bene della santa Chiesa; che non si lassino contaminare né per lusinghe né per denari. Se reformate questo ventre della sposa vostra, tutto l’altro corpo agevolmente si riformerà; e così sarà onore di Dio, e onore ed utilità a voi; con la buona e santa fama e odore delle virtù si spegnerà l’eresia. Ciascuno correrà alla S. V. vedendo che voi siate estirpatore de’ vizi, e mostriate in effetto quello che desiderate. (…) Sapete che ve ne diverrà, se non ci si pone remedio in farne quello che ne potete fare? Dio vuole in tutto riformare la sposa sua, non vuole che stia più lebbrosa: se none ‘l farà la Santità vostra giusta il vostro potere (che non sete posto da lui per altro, e datavi per questo tanta dignità), il farà per sé medesimo col mezzo delle molte tribolazioni>>.
Le Lettere che Caterina scrive ai due papi, Gregorio XI e Urbano VI, sono naturalmente di spessore diverso, anche se i problemi che Caterina vede nella Chiesa non sono cambiati da un papa all’altro: la pace con i fiorentini non è ancora conclusa, la Chiesa, denuncia la santa, <<reca nel grembo non poche membra putride anche nel clero e fra i prelati>>, l’ora della Crociata non è ancora suonata, ma Caterina vede “lontano”: conoscendo il cardinale di Bari, Bartolomeo Prignano, in Avignone le è dato in un’estasi di vederlo già pontefice. E’ quell’Urbano VI dal quale lei spera una riforma della Chiesa, ma il papa, pur contento di ricevere i consigli della santa, frena gli animi evitando quella riforma da lei tanto sollecitata. Quando lo scisma, però, sarà compiuto, comprenderà la grandezza di questa donna. Caterina, dal canto suo, si stringerà al pontefice legittimo con tutta la sua famiglia, nonostante pianga per il ritardo del papa nella tanto auspicata pulizia nella Chiesa.
Il papa per la verità non dice mai “no” alla santa vergine, ma davvero non sa da dove cominciare. E allora Caterina rivolge le sue lettere anche ai cardinali, ai vescovi e prelati: i toni sono dirompenti, animati dall’intento di spingerli tutti ad un’autentica riforma, a partire dai loro costumi fino al governo delle Diocesi.
IL PASTORE PREGHI E SOFFRA PER IL GREGGE PECCATORE. IN CASO LO “PERCUOTA”
Santa Caterina da Siena, per la vera Pace, invoca la riforma nella Chiesa.
Dura e vibrante, nonché tremenda, è la Lettera 310, che vi invitiamo a leggere integralmente come tutto l’epistolario, scritta a tre cardinali italiani ai quali la santa rammenta che è vera politica della Chiesa il condurre sapientemente ed onestamente il gregge cristiano, loro affidato, verso la perfezione nella carità, ma anche il percuoterlo “con le rampogne” e soffrire per lui, chiedendo a Dio di punire le membra recidive, per punire nelle membra sane i peccati di quelle putride!
Parole forti, di cui purtroppo oggi ci si vergogna. E poi si viene a parlare di virilità… ma fateci il piacere!
Vale la pena di soffermarci su alcuni passi di questa lettera dove la santa denuncia ai tre cardinali l’amore disordinato del gregge e i pastori che non fanno nulla per correggerlo, così come denuncia il tradimento di questi verso papa Urbano VI e la confusione gettata addosso ai fedeli: <<Oh cecità umana! Non vedi tu, disaventurato uomo, che tu credi amare cosa ferma e stabile, cosa dilettevole, buona e bella; e elle sono mutabili, somma miseria, laide, e senza alcuna bontà; non per le cose create, in loro, che tutte son create da Dio, che è sommamente buono, ma per l’affetto di colui che disordinatamente le possiede. Quanto è mutabile la ricchezza e onore del mondo in colui che senza Dio le possiede, cioè senza il suo timore! che oggi è ricco e grande, e ora è povero. Quanto è laida la vita nostra corporale, che vivendo, da ogni parte del corpo nostro gittiamo puzza! Dirittamente un sacco pieno di sterco, cibo di vermi, cibo di morte. La nostra vita e la bellezza della gioventù passano via, come la bellezza del fiore poi che è colto dalla pianta. (…) Oh misero, la tenebra dell’amore proprio non ti lassa conoscere questa verità. Che se tu la cognoscessi, tu eleggeresti innanzi ogni pena, che guidare la vita tua a questo modo; porresti ad amare e desiderare Colui che è; gusteresti la verità sua con fermezza, e non ti moveresti come la foglia al vento; serviresti il tuo Creatore, e ogni cosa ameresti in lui, e senza lui nulla>>.
A proposito del tradimento verso il papa, denuncia: <<E dov’è la gratitudine vostra, la quale dovete avere a questa Sposa che v’ha nutricati al petto suo? Non ci veggo altro che ingratitudine: la quale ingratitudine disecca la fonte della pietà. Chi mi mostra che voi sete ingrati, villani, e mercennai? La persecuzione che voi, con gli altri insieme, avete fatta e fate a questa sposa, nel tempo che dovevate essere scudi, e resistere ai colpi della eresia. (…) Ahi stolti, degni di mille morti! Come ciechi, non vedete il mal vostro; e venuti sete a tanta confusione, che voi stessi vi fate menzogneri e idolatri. (…) Oimè, non più così per amore di Dio! Pigliate lo scampo da umiliarvi sotto la potente mano di Dio, e all’obedienzia del vicario suo, mentre che avete il tempo; ché, passato il tempo, non c’è più rimedio. Ricognoscete le colpe vostre, acciocché vi potiate umiliare, e cognoscere la infinita bontà di Dio, che non ha comandato alla terra che vi inghiottisca, né agli animali che vi devorino; anzi v’ha dato il tempo acciocché potiate correggere l’anima vostra.(…) Non vi parrà duro se io vi pungo con le parole, che l’amore della salute vostra mha fatto scrivere; e più tostovi pungerci con voce viva, se Dio mel permettesse. Sia fatta la volontà sua>>.
Santa Caterina da Siena si occuperà anche della riforma del clero e degli ordini religiosi. Sarà dunque conosciuta da questi ultimi e amata davvero da molti dei loro appartenenti: un esempio è il priore certosino Stefano Maconi, che oltre ad esserne figlio spirituale sarà anche fra i segretari della senese. Nella Lettera 183 la santa tratteggia un percorso, un itinerario spirituale su come attenersi alla verità, rimproverando con tono caritatevole il destinatario della missiva, l’arcivescovo di Otranto, Jacopo d’Itri, il quale mancò di fedeltà tradendo il papa Urbano VI: <<Confortatevi virilmente, non vi restate. Fate che io senta e veda che mi siate così una colonna ferma, che per veruno vento moviate mai, arditamente e senza veruno timore annunciate e dite la verità>>.
<<Usate un poco di cottura, incendendo e cocendo il vizio per la santa e vera giustizia, sempre condita con somma misericordia>>, così si rivolge al vescovo di Firenze nel mandargli 3 lettere, dandogli santi consigli per la sua missione di pastore.
Un’altra bella lettera, la n. 341, è scritta ad un santo vescovo, quello di Venezia, Angelo Carrer. Santa Caterina è commossa per il bene che di lui si dice e, a maggior ragione, lo sprona ancor di più alla vigilanza del gregge: <<Siatemi vero e perfetto ortolano in divellere i vizi e piantare le virtù in questo giardino>>.
L’ULTIMA PROFEZIA DI CATERINA: SUL FUTURO TURBOLENTO DELLA CHIESA
Concludiamo questa terza parte con un breve scambio di battute tra il beato Raimondo da Capua e santa Caterina, da lui riportato nella biografia.
Il maestro Raimondo e Caterina erano a Pisa nel 1375. Parlando un giorno della ribellione di Perugia al papa e vedendo il suo confessore afflitto, Caterina gli dice: <<Padre mio carissimo, cominciate a piangere troppo presto, poiché quello che vedete oggi è latte e miele in confronto a ciò che avverrà in seguito>>.
E lui rispose: <<Quali mali possono essere più gravi del disprezzo e della ribellione al capo pastorale (il papa) e civile del popolo cristiano?>>. Ecco la replica della santa: <<Padre mio, oggi fanno questo i secolari e i laici, ma fra non molto vedrete quanto peggio faranno gli ecclesiastici contro il Sommo Pontefice e contro l’unità della Chiesa di Dio>>. Qui la santa si riferisce alla riforma contro i costumi e i vizi nel clero. Fra’ Raimondo riporta come questa profezia si sia avverata sotto Urbano VI. Poi Caterina avvisò il padre dello scisma ed anche questo si avverò. Il padre chiese: <<Madre carissima, non potreste dirmi cosa avverrà nella Chiesa dopo queste tempeste?>>.
Rispose santa Caterina: <<Terminate queste tribolazioni, Dio purificherà la sua santa Chiesa, suscitando un ardente zelo nel cuore dei suoi servi ed eletti. Ne seguirà infatti un rinnovo di santi pastori e una grande riforma in tutta la Chiesa, di cui il solo pensiero rende pieno di gioia e di gratitudine il mio cuore verso Gesù (…) come vi ho detto più volte, è Dio che si prende cura della Sposa; al pontefice spetta la Riforma, a Dio spetta di purificarla, così avverrà di volta in volta, così dobbiamo pensare noi>>.
Caterina morì il 29 aprile del 1380. Leggendo le sue parole che possiamo definire come una profezia, ci accorgiamo che da allora molte riforme son state fatte e molti santi furono suscitati dalla più grande Riforma che la nostra storia ricordi: quella del Concilio di Trento. L’elenco dei santi è lungo, ma tutto ci spinge ai giorni nostri a quel “così dobbiamo pensare noi…”: con l’esempio dei santi e la loro scuola, le loro riforme, le loro battaglie, le loro speranze, la loro preghiera, la loro “confidenza di Dio”, allora sì, per quante tribolazioni potremmo sperimentare, non sbaglieremo mai!
Questa, e non altro, è la Comunione dei Santi che professiamo nel “Credo”.
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