L’intransigenza cristiana si difende sul campo della giornaliera fatica battagliando a viso aperto con le subdole negoziazioni.
La prima regola pratica dell’intransigenza è di non pretendere di far fare agli altri il lavoro che dobbiamo fare noi, solamente noi.
Secondo: non aver paura delle grane, ma considerare il rischio e la pericolosità come l’aria di tutti i giorni.
Terzo: non contare sul numero della gente che affolla le chiese, le balaustre, i congressi, le associazioni.
Quarto: rifiutare quella progressività o quell’apparire moderno ottenuto a detrimento della nostra originalità interiore e della nostra universalità. Da parecchio tempo si riscontra in molti cattolici accanto ad una fissità non comprensibile un camminare coi tempi che non ci dovrebbero essere.
Quinto: sentire fortemente gli interessi eterni, senza staccarli da tutta la vita col pericolo di abbassarne il valore e di lasciare il campo indisturbato all’errore.
Sesto: finirla una buona volta con gli ottimismi retorici che minimizzano il male e tolgono la consapevolezza del pericolo e la generosità della vocazione terrestre del Cristiano.
È facile turar la bocca a qualcuno con l’accusa di pessimismo.
Ma c’è in giro nel nostro mondo un ottimismo fatuo e criminale che è retorica e rifiuto di responsabilità.
Alberto Marvelli, Beato.
(Dall’Agenda 1941: Trieste 31 agosto 1941, Corso Allievi Ufficiali)
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.