giovedì 23 febbraio 2012
“Mi protendo nella corsa per afferrarlo, io che già sono stato afferrato da Cristo”.
(Fil. 3,12)
Non credo sia un caso se, con le decine di pubblicazioni che escono ogni giorno, un quotidiano come Repubblica, che certamente non può definirsi cattolico e che si occupa di Chiesa “ad orologeria” (chi vuol capire capisca), spesso, in questo periodo, ospita libri che parlano di religione.
Puzza (per la verità anche un po’ di zolfo) questa attenzione al sacro perché – guarda un po’ – recensiti sono sempre libri “contro”. (“Critici”, direbbero quelli del Gruppo editoriale Espresso, che notoriamente si ritengono “adulti” anche se vagiscono appena).
Ma veniamo al dunque. Esce il saggio di Ferruccio Parazzoli “Eclisse del Dio unico”, con prefazione di Vito Mancuso che ormai sembra l’unico (oltre agli atei, si capisce!) con le carte in regola per parlare di cose di Chiesa sui media ed anche in certe parrocchie, e subito Repubblica gli offre il piatto d’argento di un paginone, titolando “Il ritorno del panteismo”.
Nell’articolo-prefazione si legge tutto e il contrario di tutto. Perché Mancuso è così, perché il mondo in cui viviamo è così, perché anche il saggio di Parazzoli è così: rifiuta il teismo ma anche il nichilismo; fa un pezzetto di strada a braccetto di Spinoza, ma quattro passi anche con Nietzsche. E poi ci mette una dose di Plutarco, stemperato con Eusebio di Cesarea; il grido di Munch e il ghigno metafisico di Hieronymus Bosch; un pizzico di stoicismo e una spruzzatina di epicureismo; “la quiete del Buddha con parole peraltro attribuite a Gesù”, e via di seguito con riferimenti e citazioni a destra e a manca…
Un minestrone stile nouvelle cuisine in cui gli ingredienti sono così tanti e così stravaganti che, alla fine, non capisci più cosa stai mangiando. E infatti è così, perché l’approdo (per il palato, se restiamo in ambito gastronomico, per lo spirito, se seguiamo le elucubrazioni mancusian-parazzoliane) è alla “Divina Energia”: quella roba sincretisticamente New-Age, gettonatissima nei salotti buoni, che non sapresti definire (proprio come gli ingredienti del minestrone di cui sopra) con cui, però, evidentemente, a taluni piace un sacco riempirsi la bocca.
“Un documento sul nuovo credo” sottotitola Repubblica. Che, in sintesi, sarebbe “il passaggio dalDeus cristiano al Deum pagano”. Ed ecco lo strafalcione mancusiano, di cui si accorgerebbe persino un bambino: non è mica l’uomo, usando (male) il suo libero arbitrio, che rifiuta l’amicizia di Dio, scrive l’autore della prefazione. No. “Il defectus odierno”, sostiene, “concerne la mancanza di una qualunque voce divina che risponda oggi alle esigenze di verità e di giustizia che sorgono nel cuore dell’uomo, nel senso che il Dio unico (personale, onnipotente, provvidente, giudice, creatore e signore, senza il cui volere diretto o indiretto non si muove foglia, che vedendo il male lo può impedire ma lo permette per un bene maggiore) quel Dio lì, non sa più onorare col suo silenzio la richiesta di verità e di giustizia dell’anima umana”.
Vecchia storia (che poi era una parabola): il figlio se ne va di casa di sua volontà, sbattendo la porta, e accusa il Padre. Colpa di Dio, insomma. E’ “quel Dio lì che non sa!”, scrive Mancuso. Non è capace. Non è...all’altezza, forse?
A settembre, Eco – i lettori di CulturaCattolica.it ricorderanno – gentilmente si era offerto di fare un corso accelerato di teologia a Papa Benedetto XVI; Mancuso va oltre. Alza la manina e si dichiara disposto lui a suggerire a Dio come “onorare la richiesta di verità e di giustizia dell’anima umana”.
In attesa di un riscontro divino “vado a ripetizione da Mancuso sì – vado a ripetizione da Mancuso no” (chiedere è lecito, rispondere è cortesia, starà pensando l’editorialista di Repubblica,concedendo a Dio qualche giorno per riflettere…) prosegue: “Questo libro si presenta come l’onesto documento di un uomo che è stato cattolico per tutta la vita, e quindi naturalmente teista, e che ora non è più teista, bensì panteista”. E fin qui ci siamo: libero Parazzoli di rifiutare il cristianesimo, di voltare le spalle al cattolicesimo, di deificare la Natura o il Mondo; di pronunciare, insomma, il suo “no”, che, banalmente, è il contrario del “sì”. Per tutti, Gesù compreso, che chiarissimamente ha detto: “Chi non è con Me è contro di Me” (Lc 11, 23). Vale per chiunque, l’opposizione tra il sì e il no, (anche per la grammatica!), tranne che per Mancuso e il religiously correct oggi tanto di moda, perché tollerantemente dialogante, paritetico et inclusivo. Forse un po’ bulimico, ma pazienza.
E così, riferendosi alla scelta di Parazzoli, il nostro bypassa persino i Vangeli e conia il suo personalissimo… “ni”. Eccolo: “Questo comporta per lui che debba cessare di essere o di ritenersi cattolico? Non è detto, potrebbe benissimo confluire nel numero ogni giorno crescente di coloro che inaugurano nuovi modi di stare al mondo come cattolici, di coloro che non possono né vogliono sbarazzarsi di una radicata formazione cattolica, ma dall’altra non possono né vogliono mettere più a tacere una coscienza critica che impedisce di proseguire a credere una serie di infondate affermazioni teologiche proposte ancora oggi dalla gerarchia”.
Riempita la pancia di minestrone-panteista-dai-mille-sapori che infonde tanta (Divina) Energia, siamo ora al taglio del nastro per l’inaugurazione di “nuovi modi di stare al mondo come cattolici”. Modi “critici”, obviously; magari balbettanti, zoppicanti, fantasiosi, cervellotici, poggiati sul nulla, lontani anni luce dalla dottrina e però… “adulti”.
La solita religione da supermercato: entro, faccio un giro, do un’occhiata, metto nel carrello quel che mi va, il resto lascio. Nuovo spot promozionale firmato Mancuso: questo sì, questo no, questo… ni.
P.S. Tra una trasmissione televisiva e l’altra, un’intervista e l’altra, un articolo e l’altro, qualcuno gliel’avrà detto a Mancuso che “Quel Dio lì che non sa più onorare col suo silenzio la richiesta di verità e di giustizia dell’anima umana” è il Mistero che si è chinato sul nostro niente, è il Verbo che si è fatto Carne ed abita in mezzo a noi?
Puzza (per la verità anche un po’ di zolfo) questa attenzione al sacro perché – guarda un po’ – recensiti sono sempre libri “contro”. (“Critici”, direbbero quelli del Gruppo editoriale Espresso, che notoriamente si ritengono “adulti” anche se vagiscono appena).
Ma veniamo al dunque. Esce il saggio di Ferruccio Parazzoli “Eclisse del Dio unico”, con prefazione di Vito Mancuso che ormai sembra l’unico (oltre agli atei, si capisce!) con le carte in regola per parlare di cose di Chiesa sui media ed anche in certe parrocchie, e subito Repubblica gli offre il piatto d’argento di un paginone, titolando “Il ritorno del panteismo”.
Nell’articolo-prefazione si legge tutto e il contrario di tutto. Perché Mancuso è così, perché il mondo in cui viviamo è così, perché anche il saggio di Parazzoli è così: rifiuta il teismo ma anche il nichilismo; fa un pezzetto di strada a braccetto di Spinoza, ma quattro passi anche con Nietzsche. E poi ci mette una dose di Plutarco, stemperato con Eusebio di Cesarea; il grido di Munch e il ghigno metafisico di Hieronymus Bosch; un pizzico di stoicismo e una spruzzatina di epicureismo; “la quiete del Buddha con parole peraltro attribuite a Gesù”, e via di seguito con riferimenti e citazioni a destra e a manca…
Un minestrone stile nouvelle cuisine in cui gli ingredienti sono così tanti e così stravaganti che, alla fine, non capisci più cosa stai mangiando. E infatti è così, perché l’approdo (per il palato, se restiamo in ambito gastronomico, per lo spirito, se seguiamo le elucubrazioni mancusian-parazzoliane) è alla “Divina Energia”: quella roba sincretisticamente New-Age, gettonatissima nei salotti buoni, che non sapresti definire (proprio come gli ingredienti del minestrone di cui sopra) con cui, però, evidentemente, a taluni piace un sacco riempirsi la bocca.
“Un documento sul nuovo credo” sottotitola Repubblica. Che, in sintesi, sarebbe “il passaggio dalDeus cristiano al Deum pagano”. Ed ecco lo strafalcione mancusiano, di cui si accorgerebbe persino un bambino: non è mica l’uomo, usando (male) il suo libero arbitrio, che rifiuta l’amicizia di Dio, scrive l’autore della prefazione. No. “Il defectus odierno”, sostiene, “concerne la mancanza di una qualunque voce divina che risponda oggi alle esigenze di verità e di giustizia che sorgono nel cuore dell’uomo, nel senso che il Dio unico (personale, onnipotente, provvidente, giudice, creatore e signore, senza il cui volere diretto o indiretto non si muove foglia, che vedendo il male lo può impedire ma lo permette per un bene maggiore) quel Dio lì, non sa più onorare col suo silenzio la richiesta di verità e di giustizia dell’anima umana”.
Vecchia storia (che poi era una parabola): il figlio se ne va di casa di sua volontà, sbattendo la porta, e accusa il Padre. Colpa di Dio, insomma. E’ “quel Dio lì che non sa!”, scrive Mancuso. Non è capace. Non è...all’altezza, forse?
A settembre, Eco – i lettori di CulturaCattolica.it ricorderanno – gentilmente si era offerto di fare un corso accelerato di teologia a Papa Benedetto XVI; Mancuso va oltre. Alza la manina e si dichiara disposto lui a suggerire a Dio come “onorare la richiesta di verità e di giustizia dell’anima umana”.
In attesa di un riscontro divino “vado a ripetizione da Mancuso sì – vado a ripetizione da Mancuso no” (chiedere è lecito, rispondere è cortesia, starà pensando l’editorialista di Repubblica,concedendo a Dio qualche giorno per riflettere…) prosegue: “Questo libro si presenta come l’onesto documento di un uomo che è stato cattolico per tutta la vita, e quindi naturalmente teista, e che ora non è più teista, bensì panteista”. E fin qui ci siamo: libero Parazzoli di rifiutare il cristianesimo, di voltare le spalle al cattolicesimo, di deificare la Natura o il Mondo; di pronunciare, insomma, il suo “no”, che, banalmente, è il contrario del “sì”. Per tutti, Gesù compreso, che chiarissimamente ha detto: “Chi non è con Me è contro di Me” (Lc 11, 23). Vale per chiunque, l’opposizione tra il sì e il no, (anche per la grammatica!), tranne che per Mancuso e il religiously correct oggi tanto di moda, perché tollerantemente dialogante, paritetico et inclusivo. Forse un po’ bulimico, ma pazienza.
E così, riferendosi alla scelta di Parazzoli, il nostro bypassa persino i Vangeli e conia il suo personalissimo… “ni”. Eccolo: “Questo comporta per lui che debba cessare di essere o di ritenersi cattolico? Non è detto, potrebbe benissimo confluire nel numero ogni giorno crescente di coloro che inaugurano nuovi modi di stare al mondo come cattolici, di coloro che non possono né vogliono sbarazzarsi di una radicata formazione cattolica, ma dall’altra non possono né vogliono mettere più a tacere una coscienza critica che impedisce di proseguire a credere una serie di infondate affermazioni teologiche proposte ancora oggi dalla gerarchia”.
Riempita la pancia di minestrone-panteista-dai-mille-sapori che infonde tanta (Divina) Energia, siamo ora al taglio del nastro per l’inaugurazione di “nuovi modi di stare al mondo come cattolici”. Modi “critici”, obviously; magari balbettanti, zoppicanti, fantasiosi, cervellotici, poggiati sul nulla, lontani anni luce dalla dottrina e però… “adulti”.
La solita religione da supermercato: entro, faccio un giro, do un’occhiata, metto nel carrello quel che mi va, il resto lascio. Nuovo spot promozionale firmato Mancuso: questo sì, questo no, questo… ni.
P.S. Tra una trasmissione televisiva e l’altra, un’intervista e l’altra, un articolo e l’altro, qualcuno gliel’avrà detto a Mancuso che “Quel Dio lì che non sa più onorare col suo silenzio la richiesta di verità e di giustizia dell’anima umana” è il Mistero che si è chinato sul nostro niente, è il Verbo che si è fatto Carne ed abita in mezzo a noi?
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