ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 25 marzo 2012

Dure parole del direttore di Avvenire nei confronti di Antonio Livi, in difesa del 'priore' (!?) di Bose

Riguarda il testo di cui al thread precedente. Un lettore, che ringrazio, mi segnala il seguente scambio di messaggi apparso su Avvenire, che ci dà la misura del grado di inquinamento raggiunto nella Chiesa e, soprattutto, di quella che non saprei se definire connivenza o incapacità di discernimento da parte del Direttore del "quotidiano dei cattolici italiani", il quale non esita a parlare di buona dottrina cattolica, riferendosi ai controversi contenuti del "priore" di Bose. [che potete consultare qui] Uno dei corrispondenti parla di "campagna diffamatoria" nei confronti di un "uomo di Chiesa", evidentemente senza cogliere le motivazioni addotte... Percezioni diverse di una deformazione della verità ormai dolorosamente attestata. E proprio per questo non cesseremo di dare le nostre ragioni. Livi lo ha fatto in termini veramente cattolici, ma la cultura di regime non lo riconosce.


Gentile direttore,
mi scuso per il disturbo ma ho trovato in rete un articolo – tratto da un sito cattolico – che mi ha lasciata interdetta... In esso si critica con molta forza il priore della Comunità monastica di Bose, fratello Enzo Bianchi. E si cita anche Avvenire per la meditazione del religioso sulle «Tentazioni di Cristo» che ha pubblicato il 4 marzo scorso. Per questo glielo segnalo. Trovo strano che il nostro giornale venga accusato di pubblicare cose non in linea con il pensiero della Chiesa. La saluto con tanta stima e gratitudine per i vostri articoli sempre corretti ed equilibrati, oltre che obiettivi (ne facciamo largo uso durante le letture in refettorio)... Il Signore la benedica coi suoi validi collaboratori.
Una suora
PS. Non so se intende pubblicare quanto ho scritto, in ogni caso la pregherei, per la mia scelta di vita, di mantenermi nell’anonimato.

Caro direttore,
anzitutto voglio ringraziarla per la quotidiana testimonianza del giornale che lei dirige, coadiuvato da abili collaboratori e da autorevoli voci esterne alla redazione. Debbo confessarle che siete divenuti miei compagni di viaggio, quasi inseparabili; fatico a non sostare sull’abile mescolanza che propone letture sagge della cronaca quotidiana e sane riflessioni che pungolano la fede. Con rammarico constato la malevola superficialità con cui venite trattati spesso da chi dovrebbe promuovere la lettura della "prima pagina" di ogni quotidiano ed evito di ritornare sui recenti attacchi frontali che avete subito. Ma è di questi giorni una nuova campagna, mi permetto di dire diffamatoria, nei confronti di un uomo di Chiesa che spesso trova spazio sulle vostre pagine e che stimo. Parlo di Enzo Bianchi. Fatto ancora più grave le accuse – di eresia!! – provengono da un altro uomo di Chiesa e trovano risonanza in ambienti e testate online che si autodefiniscono punto di riferimento per i cattolici. Mi perdoni l’ignoranza di questa mia considerazione più logica che teologica: ma Benedetto XVI nominerebbe un "eretico" come esperto al Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio? Le diocesi inviterebbero Enzo Bianchi a tenere incontri, riflessioni, esercizi per presbiteri se fosse appunto "eretico" o anche solo non più che ortodosso al magistero cattolico? Enzo Bianchi sarebbe uno degli esperti più ascoltati in liturgia se fosse "eretico"?
Insomma, secondo certi signori, tutti – Avvenire compreso – si sarebbero fatti abbindolare, tranne loro. C’è il bisogno di ulteriore malignità nella nostra Chiesa? Le auguro un buon proseguimento del cammino quaresimale.
Giovanni Todeschini, Lecco

Il Direttore risponde:
Ammetto di non essermi reso conto per diversi giorni di che cosa era stato scritto di tragicamente ridicolo su internet contro Enzo Bianchi e – en passant – anche contro Avvenire. Lui accusato – udite udite – di eresia monofisita (cioè di considerare Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, solo un uomo) e questo giornale accusato – ri­udite ri-udite – di tenergli bordone. Ammetto anche, gentile e reverenda sorella e caro signor Todeschini, di essere rimasto quasi senza parole nel leggere le argomentazioni usate da un uomo di Chiesa, il professor Livi, del quale – fin qui – avevo solo sentito parlare. Ho scoperto un testo feroce, nel quale si procede con metodi degni della peggiore "disinformatsja": estrapolando frasi, selezionando concetti, amputando verità, distillando veleni. Una deformazione doppiamente insultante (per l’autore e per l’intelligenza dei lettori) della bella e intensa meditazione del priore Bianchi sulle tentazioni di Nostro Signore che abbiamo pubblicato il 4 marzo scorso. La mia è la constatazione addolorata e ferita di un giornalista non esattamente alle prime armi e che, dunque, se ne intende un po’ del bene o del male che si può fare impugnando la penna. Ma è anche, e soprattutto, la testimonianza civile di uno che ha denunciato più volte, e a diverso proposito, certe squallide procedure di denigrazione e diffamazione. Mi ha davvero colpito, cari amici lettori, il livore della filippica e mi indigna la disonestà intellettuale dell’operazione tentata nel nome della comune fede cattolica contro Enzo Bianchi e, di rimbalzo, ma non casualmente, contro questo giornale. Si può ovviamente non essere d’accordo con il priore di Bose (o con il sottoscritto o con qualsiasi altro giornalista e collaboratore di Avvenire) su ciò che è opinabile: valutazioni storiche e socio­culturali, opinioni artistiche, scelte lessicali, giudizi politici...
Ma mi è stato insegnato, e a questo insegnamento resto serenamente e cristianamente fedele, che non ci si può mai permettere – con maligni artifici e disprezzo della verità delle cose e delle parole – di porre in dubbio la fede altrui e l’altrui indiscutibile adesione alla buona dottrina cattolica su ciò che opinabile non è. Chi si azzarda a farlo, e in questo caso si è azzardato, dovrebbe essere capace di vergognarsene. Questa è la speranza.
Marco Tarquinio

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