in memoria della scoperta di J.C. Maxwell
i Giorgio Masiero*
*fisico e docente universitario
*fisico e docente universitario
Agli stolti che m’irridono perché credo ai miracoli chiedo come essi siano così ciechi da non vederne la presenza diffusa in Natura. Mi basta, o Signore, “guardare le cose che hai fatto”, come Agostino; ammirare “il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”, come Kant. Di recente sono stato a Lourdes: non sono andato a vedere gli storpi che prendono a camminare o i ciechi che acquistano la vista, ma solo per ringraziarti, Dio mio. Con riverenza mi sono bagnato all’oceano di bontà accudente quel mare di dolore, che là si concentra ogni giorno da ogni continente: vi sono tante delusioni che nelle persone sensibili aprono la strada alla sfiducia, ma là ho visto il miracolo che la sofferenza e Dio non sono necessariamente una contraddizione, ma possono essere la soluzione di chi trova l’Assoluto sull’orlo dell’abisso. Nella mia esperienza, Signore, e per la mia sensibilità, i miracoli più evidenti sono le leggi naturali, che Tu ottimo legislatore hai scelto e che la nostra limitata ragione si spiega in parte, e non tanto i casi che la nostra ὕβρις non si spiega affatto e presume fuori di quelle leggi. Un fenomeno naturale che mi lascia incantato sono le onde elettromagnetiche.
Esse manifestano la loro magica essenza nelle frequenze radio delle telecomunicazioni, nell’infrarosso riscaldante, nelle miriadi di colori della luce, nell’ultravioletto abbronzante, nei raggi X della medicina e in quelli gamma delle altissime energie prodotte nelle stelle e negli acceleratori di particelle. Nel momento in cui scrivo queste note, onde elettromagnetiche create dalla mia mente rimbalzano freneticamente tra le sinapsi del mio cervello; altre, dopo essersi propagate dai miei neuroni ai nervi digitali palmari, provocano attraverso la tastiera del pc l’eccitazione degli strati elettronici periferici dei cristalli liquidi del monitor, materializzandosi nelle parole di pixel che vi si accendono; altre avvolgono di luce la stanza in cui mi trovo, l’irraggiamento mi riscalda il corpo e riflette dal display alle mie retine i puntini luminosi, consentendo l’immediato controllo della mia mente sul testo; altre ancora, rimbalzando dal wireless al cavo telefonico, da questo ad un satellite, e dal satellite ad un altro cavo, trasmettono in tempo reale il file, man mano che evolve, al cloud, un server in South Carolina; nel disco del server, altre onde subito polarizzano 228.416 settori contigui nei due opposti stati magnetici e producono una stringa di altrettanti 0 ed 1 che rappresenta isomorficamente il mio testo e conserva al sicuro una copia dei miei pensieri. E poi? Ancora, le radiazioni residue di tutti i suoni, i sentimenti, le parole, i pensieri provocati e vissuti da tutte le generazioni di cose, piante, animali e uomini che mi hanno preceduto, mi avvolgono, trasmettendomi la storia cifrata incancellabile dell’Universo, dalla più antica, la primigenia radiazione di fondo fissata dal Big Bang ed osservata nel 1964 da A. Penzias e R. Wilson (Nobel, 1978).
Le onde elettromagnetiche non sono materia, ma una forma di energia strutturata in un campo tensoriale 4-dimensionale di ordine 2 antisimmetrico, vibrante ininterrottamente fino a mille miliardi di miliardi di volte al secondo e propagantesi nel vuoto alla velocità di 300.000 km/sec. Nulla come le onde elettromagnetiche permea tutte le regioni dello spazio-tempo dell’Universo in maniera così delicata da risultare del tutto invisibile, ed insieme così pervasiva da registrarne tutta la storia. Esse sono state invisibili compagne dell’uomo per centinaia di migliaia d’anni e tuttora lo sono per la maggioranza della gente che, senza provare stupore, dà per scontato che la tv di casa trasmetta audio e video ripresi a lunga distanza, il proprio cellulare replichi la voce di una persona all’altro capo del mondo, la sola pressione d’un interruttore allaghi di luce la stanza, una Tac analizzi l’interno del corpo umano entrandovi ed uscendovi come un fantasma, qualcosa arrivi quotidianamente dal Sole ad illuminare e riscaldare il pianeta Terra alimentandovi la vita e la coscienza, dopo aver percorso nello spazio vuoto 150 milioni di km.
Un giovane matematico scozzese, J.C. Maxwell, il 17 marzo 1861, pubblicò nel “Philosophical Magazine” un’unificazione delle leggi riguardanti elettricità e magnetismo (fino ad allora considerati fenomeni distinti) in un sistema di equazioni che oggi si scrivono:
Caro lettore, anche se non conosci la matematica, fermati un istante ad ammirare la simmetrica bellezza e la miracolosa stringatezza di due equazioni che in pochi bit concentrano un terzo di tutti i fenomeni naturali e metà delle applicazioni tecnologiche moderne! «La matematica […] possiede non solo la verità, ma una bellezza suprema, fredda e austera, come quella di una scultura, ma senza richiami alla nostra più debole natura, senza i sontuosi orpelli della pittura e della musica, ma pura e sublime e capace di una perfezione severa come solo l’arte più grande può avere. Il vero spirito di gioia, l’esaltazione, il senso di essere più che un uomo, che sono la pietra di paragone dell’eccellenza, stanno solo nella matematica e nella poesia» (B. Russell). Oltre il miracolo dell’essere delle onde elettromagnetiche, Maxwell svelò quel giorno altri trascendentali riguardanti la loro verità e bellezza. Vero è il logos che ne previde l’esistenza: le equazioni nell’intenzione di Maxwell dovevano servire solo a codificare i fenomeni elettrici e magnetici noti; ma tra le loro soluzioni emerse qualcosa di nuovo, mai osservato prima: le onde elettromagnetiche, appunto. Solo qualche anno dopo, il fisico tedesco H.R. Hertz, guidato nella sua ricerca da quella previsione matematica, le osservò e ne misurò i parametri in laboratorio. La potenza predittiva contenuta in quelle equazioni non si ferma qui, perché da esse Maxwell poté desumere anche la velocità con cui questi “angeli” (secondo una dizione, poetica ma non tanto, di R. Feynman, Nobel 1965) si spostano nello spazio, un numero che ammutolì il mondo perché coincideva con la velocità della luce. Dunque la luce, questo fenomeno su cui per secoli si erano interrogati i filosofi e che occupava per proprio conto un settore della fisica, è composta di onde elettromagnetiche: nelle equazioni di Maxwell stanno anche le leggi dell’ottica!
Di solito, con metodo galileiano s’intende l’uso descrittivo della matematica per le leggi naturali e se ne lascia in ombra l’uso predittivo. Eppure, questa “irragionevole efficacia della matematica” (E. Wigner, Nobel 1963) non è rara e, altrettanto della prima, non trova nessuna spiegazione scientifica. Anno 1930: Urano e Nettuno seguono orbite non del tutto rispondenti alla legge di gravitazione…, a meno che non ci sia più in là un altro pianeta, piccolo e lontano, mai osservato. Puntando il telescopio nella direzione e sulla distanza indicata dalla matematica, in quell’anno fu trovato Plutone! E cento anni prima era toccato a Nettuno. L’antimateria fu predetta nel 1927 da P.A.M. Dirac (Nobel, 1933) con la sua magica equazione dell’elettrone (che gli fu suggerita da motivazioni estetiche: “La verità è bellezza”, disse per spiegarne l’intuizione), ma solo alcuni anni dopo fu osservata in laboratorio. E lo stesso miracolo si ripeté nell’unificazione matematica dell’elettromagnetismo con la forza nucleare debole delle radiazioni alfa, che prima (1979) valse il Nobel a S. Glashow, A. Salam e S. Weinberg che la teorizzarono e poi (1983) a C. Rubbia e S. van der Meer, che la verificarono nei laboratori del Cern. Un altro miracolo riguardante le onde elettromagnetiche è costituito dalla possibilità data alla ragione umana di conoscerle, e di ricavarne così infinite tecniche, a partire dalla prima in ordine di tempo, il telegrafo senza fili di G. Marconi (Nobel, 1909). Nelle equazioni di Maxwell la mente umana ha concentrato tutte le leggi dell’elettricità, del magnetismo e dell’ottica, così che se fossero consegnate ad un’intelligenza aliena, a questa non servirebbe altro per progettare la tecnologia del telefono, o di un televisore, o di un microscopio, o di un motore trifase, o della motrice di una metropolitana. I miracoli descrittivi, predittivi, estetici e tecnologici del campo elettrodebole si ripetono nelle altre due forze della fisica: la gravitazione e la cromodinamica. «Trovi sorprendente che io pensi alla comprensibilità del mondo come a un miracolo o a un eterno mistero? A priori, ci si potrebbe aspettare un mondo caotico del tutto inafferrabile da parte del pensiero. […] È qui che compare il sentimento del miracoloso, che cresce sempre più con lo sviluppo della nostra conoscenza. E qui sta il punto debole dei positivisti e degli atei di professione, che si sentono paghi del pensiero di avere con successo non solo liberato il mondo da Dio, ma persino di averlo privato dei miracoli. La cosa curiosa, invece, è che dobbiamo contentarci di riconoscere il miracolo, senza poter individuare una via legittima per andar oltre» (A. Einstein, Nobel 1921).
L’essere, il vero e il bello delle leggi fisiche è un “miracolo”, un “dono immeritato”, “che non possiamo spiegarci” (E. Wigner). Di fronte ad esso, l’aut aut non mi pare quello positivista tra fede e ragione, ma quello esistenziale tra fede ragionevole nel Logos divino e fede irragionevole nel caso. Se tanti premi Nobel per la fisica parlano di miracolo, lo posso fare anch’io? Se la radiazione cosmica di fondo, che pervade l’Universo, è la traccia del Big Bang, l’armonia matematica pervasiva del Cosmo e la sua intellegibilità non sono l’impronta del Logos creatore e della Sua presenza nella creatura umana?
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