Ringrazio
l'amico Piero Mainardi per aver riportato, in forma sintetica,
importanti passaggi del libro di Romano Amerio, Iota Unum, e di avermi
concesso di riportarli nel mio blog.
CAP. XV – IL PIRRONISMO
1.1 Impianto teologico del discorso –
Un’analisi dello spirito di vertigine, cioè di giramento e di esorbitazione, entrato nella Chiesa del secolo XX, può essere condotto anche in linea puramente filosofica. Tenendo presente che la filosofia è però una disciplina subalterna che rimanda a un’ulteriorità di fede.
La crisi della Chiesa è una crisi di fede, ma il vincolo esistente tra la costituzione naturale dell’uomo e la vita soprannaturale, impone lo studioso cattolico di ricercare l’eziologia della crisi in un ordine più profondo di quello filosofico.
Alla base del presente smarrimento vi è un attacco alla potenza conoscitiva dell’uomo, e questo attacco rimanda ultimamente alla costituzione metafisica dell’ente e ultimissimamente alla costituzione metafisica dell’Ente primo, cioè alla divina Monotriade. Chiamiamo questo attacco alla potenza conoscitiva dell’uomo lo chiamiamo PIRRONISMO, che non investe questa o quella certezza di fede o di ragione bensì IL PRINCIPIO MEDESIMO DI OGNI CERTEZZA, cioè la capacità conoscitiva dell’uomo.
Non si tratta in tal senso di un fenomeno isolato ed esoterico, peculiare a qualche scuola filosofica ma permea la mentalità del secolo e lo stesso pensiero cattolico transige con esso.
Il fenomeno inoltre attinge a una profondità teologica oltre che metafisica, perché attinge la costituzione dell’ente creato e quindi anche quella dell’ente increato del quale il primo è una imitazione analogica.
COME NELLA DIVINA MONOTRIADE L’AMORE PROCEDE DAL VERBO, COSI’ NELL’ANIMA UMANA IL VISSUTO DAL PENSATO. SE SI NEGA IL PRECEDERE DEL PENSATO AL VISSUTO, DELLA VERITA’ ALLA VOLONTA’, SI TENTA UNA DISLOCAZIONE DELLA MONOTRIADE. Se infatti si nega la capacità di cogliere l’essere, l’espansione dello spirito nella primalità dell’amore rimane sconnessa dalla verità perdendo ogni norma e degradando a pura esistenza. Defezionando dall’Idea divina, tenuta per irraggiungibile, l’umana vita si riduce a puro mobilismo e cessa di portare i valori del mondo ideale, E se non fosse impossibile che Dio lasci la sua creatura devolvere in puro moto, privo di assiologia, il mondo dell’uomo sarebbe un divenire senza sostanza, senza direzione e senza terminazione.
Il pirronismo che mette all’alogismo pseudoassoluto (pseudo in quanto il pensiero non può negare sé stesso) deforma anche l’organismo ontologico della Monotriade e ne inverte le processioni.
La dinamica della vita, se la verità è irraggiungibile, non procede più dall’intelligibile ma lo precede e addirittura lo produce.
Il rifiuto dell’Idea equivale al rifiuto di Dio, perché leva dalla vita umana ogni traccia di valori eterni e indistruttibili. Se la volontà non procede dalla conoscenza, ma da se stessa si produce e si giustifica, il mondo destituito dalla sua base razionale, diviene insensatezza. Dal momento che si nega l’attitudine del nostro intelletto a formare concetti aventi similitudine col reale, tanto più la mente è incapace di apprendere e concepire il reale, tanto più sviluppa da sé stessa la propria operazione producendo pure escogitazioni fidenti nel pensiero ma sconfidate di cogliere il vero.
Se il pensiero non ha una relazione essenziale con l’essere, allora non subisce la legge delle cose e non è misurato, ma misura. Da qui Protagora col suo “l’uomo è misura di tutte le cose” E le tre proposizioni di Gorgia sentono il rifiuto di andare all’oggetto e la protervia della mente che gira su sé stessa: “Niente esiste. Se qualcosa esistesse sarebbe inconoscibile. Se fosse conoscibile, non sarebbe esprimibile”.
1.2 Il pirronismo nella Chiesa –
Il pirronismo è la negazione della ragione. E’ superficiale il giudizio sulla società moderna di sovrastimare la ragione. Va bene se si intende la facoltà calcolatrice e costruttiva del pensiero, a cui dobbiamo la tecnica e il dominio delle cose: ma tale facoltà sta in un grado inferiore.
Se per ragione si prende invece la facoltà di cogliere l’essere delle cose e il loro senso, e di aderirvi col volere, allora l’età contemporanea pende più verso l’alogismo che il razionalismo.
La Chiesa con Pio XI affermava nella Humani generis contro lo spirito del secolo “ Il vero e genuino valore della conoscenza umana e la possibilità di conseguire la verità in modo certo e immutabile”; Paolo VI il 2 giugno 1972 dichiarava che “Noi siamo i soli a difendere il potere della ragione”; Nella Lumen Gentium riprendendo il Vaticano I “Col lume naturale della ragione umana si può conoscere con certezza Dio come principio e fine di tutte le cose”; e nella Gaudium et spes sono condannati quelli che “non ammettono più alcuna verità assoluta”.
Ma questi asserti contro il pirronismo non riflettono la mentalità di gran parte del Concilio e sono in antitesi cogli sviluppi postconciliari.
Il Card. Léger afferma che.” L’asserzione secondo cui la Chiesa possiede la verità può risultare giusta, se si fanno le necessarie distinzioni. La conoscenza di Dio, di cui la dottrina esplora il mistero, impedisce l’immobilità concettuale” (OR 25 novembre 1963). Il cardinale nega che si diano nella Chiesa e fuori, verità immobili, e poggia il suo pirronismo sopra la trascendenza, come se il non potersi conoscere infinitamente l’infinito da parte del finito levasse via ogni conoscitività, mentre al contrario la fonda.
Il card. Heenan constatava su OR, il 28 aprile 1968, la generale scepsi (di dubbio conoscitivo in opposizione alla certezza dogmatica) relativistica del Magistero: ”Il Magistero non si è conservato che nel Papa. Dai vescovi non viene più esercitato e ben difficilmente una dottrina erronea viene condannata dalla gerarchia. Oggi fuori di Roma il Magistero è divenuto così malsicuro di se stesso che non tenta quasi più nemmeno di guidare.” Qui si colpisce la desistenza dell’autorità ma anche l’incertezza pirroniana entrata nel corpo della Chiesa.
Il card. Alfrink il 23 settembre 1965 professa apertamente il pirronismo:”Il Concilio ha messo in movimento gli spiriti e non esiste quasi nessun soggetto nella Chiesa che non sia messo in discussione”
Il card. Suenens alla Settimana degli intellettuali cattolici di Parigi del 1966 afferma: ”La morale è soprattutto viva, dinamismo di vita e sottomessa, a questo titolo, a una crescita interiore che scarta ogni fissità”. Qui è palese lo scambio che fa il cardinale tra morale, che è un’esigenza assoluta e immutabile che si impone all’uomo, e la vita morale concreta che fluttua nell’individuo tra giudizio e giudizio. La morale non è dinamismo soggettivo, ma la Regola assoluta, partecipazione della Ragione divina.
1.3 L’invalidazione della ragione. Rifiuto neoterico della certezza –
Nel libro di Jean Sullivan, Matinales, l’invalidazione della ragione viene sostenuta a viso scoperto. L’autore nega la distinzione tra fede e amore senza accorgersi di sformare la divina Monotriade e che esista crisi nella Chiesa. Fatto consequenziale questo perché dire crisi vuol dire discernimento impossibile da farsi per chi non ha misura fissa.
Da osservare che la distinzione tra credere e amare, oltre che nella Scrittura, è fondata nell’essere dell’uomo in cui intelletto e volontà sono reamente distinti, distinzione che rimanda per analogia alla distinzione reale nell’organismo ontologico della Monotriade.
“I credenti s’immaginano che la fede va con la certezza…ma le certezze generalmente sono fondate su cosa? Sul non approfondimento delle conoscenze”.
Chi pretende che non si possa avere certezza di una cosa creduta cammina fuori della dottrina cattolica. Che la fede sia certezza è dogma cattolico e che questa certezza non sia privilegio di anime mistiche e di anime semplici, ma lume comune a tutti i credenti, pure.
La calunnia del Sullivan è compagna dell’altro errore celebrato da Giordano Bruno, secondo cui la certezza e la fede troncherebbero la possibilità dell’azione. “vivere è perdere la fede” sostiene l’autore, ma senza la stabilità del pensiero sarebbe impossibile la comunione con altri spiriti, dovendo il nostro spirito essere in ogni momento tramutabile in tutte le guise.
La dottrina cattolica pone al contrario che la comunione implica qualcosa che dura identica nella vita. D’altronde il pensiero non procede dalla vita, la vita dal pensiero e teologicamente non dallo Spirito Santo il Verbo, ma dal Verbo lo Spirito Santo.
La certezza è lo stato mentale che consegue all’approfondimento e non alla superficialità del conoscere, come sostiene il Sullivan. Qui il Pirronismo sta col suo gemello: il MOBILISMO e come questo finisce nella blasfemia.
1.4 L’invalidazione. I teologi di Padova, di Ariccia -
Il congresso dei moralisti a Padova del 1970 votò questa conclusione:” Essendo l’esercizio della ragione sistematicamente incluso in una condizione storica particolare, non è possibile il suo esercizio in termini generali”. Questa è la distruzione della ragione.
Analogo il Pirronismo del congresso dei teologi ad Ariccia del 1971 secondo la corrente dominante “nessuna proposizione può essere ritenuta assolutamente vera”. Non si danno prolegomeni razionali alla teologia perché “la parola di Dio si giustifica da sé stessa e si interpreta da se stessa”.
L’antitesi alla teologia della Chiesa è ancor meno importante che alla filosofia.
In primo luogo non può essere senza ragionevolezza la fede dell’uomo, creatura ragionevole; secondo, la parola di Dio non si giustificherebbe da sé stessa poiché solo l’evidenza immediata o mediata, dà giustificazione a una parola. Ora l’evidenza manca alla parola di fede alla quale appunto si assente per fede e non per evidenza. Terzo, dire che la parola di Dio si interpreta da sé stessa è un composto di parole e non una enunciazione. Perché interpretare significa mettersi in mezzo tra parola e uditore, tra intelligibile e intelligente. L’interprete è un terzo che media una dualità non può la parola di Dio intramezzare sé stessa.
Per i teologi di Ariccia “il teologo deve parlare secondo le categorie dell’uomo del nostro tempo deve tener conto della SVOLTA ANTROPOLOGICA e questa consiste in un CAPOVOLGIMENTO DEL RAPPORTO TRA OGGETTO E SOGGETTO E NELL’IMPOSSIBILITA’DI APPRENDERE L’OGGETTO IN SE’ STESSO”.
Questa è la formulazione del Pirronismo e la distruzione della dottrina cattolica. Essa è sottomissione della ragione, sottomissione voluta dalla ragione stessa.
Il fatto che questi teoremi siano accolti da un congresso di teologi cattolici cui prolude un cardinale (car. Garrone) significa che si abusano i vocaboli e che non esiste più teologia cattolica.
In un colloquio riportato negli Atti, svoltosi nel gennaio ’82 a Trieste un vescovo affermava:” Non esiste una ragione assoluta di stampo idealista o marxista [né di qualunque altro stampo] dispiegantesi nella storia dell’umanità nel suo concreto divenire, bensì una RAGIONE STORICAMENTE DATA le cui forme variano al variare dei contesti culturali. NON SI TRATTA DI RIPROPORRE UNA CONCEZIONE METAFISICA, FILOSOFICA O TEOLOGICA TOTALIZZANTE”. Qui è scopertamente invalidata la ragione, ripudiata la Provvidenza, negata la metafisica, epocato Dio.
CAP. XV – IL PIRRONISMO
1.1 Impianto teologico del discorso –
Un’analisi dello spirito di vertigine, cioè di giramento e di esorbitazione, entrato nella Chiesa del secolo XX, può essere condotto anche in linea puramente filosofica. Tenendo presente che la filosofia è però una disciplina subalterna che rimanda a un’ulteriorità di fede.
La crisi della Chiesa è una crisi di fede, ma il vincolo esistente tra la costituzione naturale dell’uomo e la vita soprannaturale, impone lo studioso cattolico di ricercare l’eziologia della crisi in un ordine più profondo di quello filosofico.
Alla base del presente smarrimento vi è un attacco alla potenza conoscitiva dell’uomo, e questo attacco rimanda ultimamente alla costituzione metafisica dell’ente e ultimissimamente alla costituzione metafisica dell’Ente primo, cioè alla divina Monotriade. Chiamiamo questo attacco alla potenza conoscitiva dell’uomo lo chiamiamo PIRRONISMO, che non investe questa o quella certezza di fede o di ragione bensì IL PRINCIPIO MEDESIMO DI OGNI CERTEZZA, cioè la capacità conoscitiva dell’uomo.
Non si tratta in tal senso di un fenomeno isolato ed esoterico, peculiare a qualche scuola filosofica ma permea la mentalità del secolo e lo stesso pensiero cattolico transige con esso.
Il fenomeno inoltre attinge a una profondità teologica oltre che metafisica, perché attinge la costituzione dell’ente creato e quindi anche quella dell’ente increato del quale il primo è una imitazione analogica.
COME NELLA DIVINA MONOTRIADE L’AMORE PROCEDE DAL VERBO, COSI’ NELL’ANIMA UMANA IL VISSUTO DAL PENSATO. SE SI NEGA IL PRECEDERE DEL PENSATO AL VISSUTO, DELLA VERITA’ ALLA VOLONTA’, SI TENTA UNA DISLOCAZIONE DELLA MONOTRIADE. Se infatti si nega la capacità di cogliere l’essere, l’espansione dello spirito nella primalità dell’amore rimane sconnessa dalla verità perdendo ogni norma e degradando a pura esistenza. Defezionando dall’Idea divina, tenuta per irraggiungibile, l’umana vita si riduce a puro mobilismo e cessa di portare i valori del mondo ideale, E se non fosse impossibile che Dio lasci la sua creatura devolvere in puro moto, privo di assiologia, il mondo dell’uomo sarebbe un divenire senza sostanza, senza direzione e senza terminazione.
Il pirronismo che mette all’alogismo pseudoassoluto (pseudo in quanto il pensiero non può negare sé stesso) deforma anche l’organismo ontologico della Monotriade e ne inverte le processioni.
La dinamica della vita, se la verità è irraggiungibile, non procede più dall’intelligibile ma lo precede e addirittura lo produce.
Il rifiuto dell’Idea equivale al rifiuto di Dio, perché leva dalla vita umana ogni traccia di valori eterni e indistruttibili. Se la volontà non procede dalla conoscenza, ma da se stessa si produce e si giustifica, il mondo destituito dalla sua base razionale, diviene insensatezza. Dal momento che si nega l’attitudine del nostro intelletto a formare concetti aventi similitudine col reale, tanto più la mente è incapace di apprendere e concepire il reale, tanto più sviluppa da sé stessa la propria operazione producendo pure escogitazioni fidenti nel pensiero ma sconfidate di cogliere il vero.
Se il pensiero non ha una relazione essenziale con l’essere, allora non subisce la legge delle cose e non è misurato, ma misura. Da qui Protagora col suo “l’uomo è misura di tutte le cose” E le tre proposizioni di Gorgia sentono il rifiuto di andare all’oggetto e la protervia della mente che gira su sé stessa: “Niente esiste. Se qualcosa esistesse sarebbe inconoscibile. Se fosse conoscibile, non sarebbe esprimibile”.
1.2 Il pirronismo nella Chiesa –
Il pirronismo è la negazione della ragione. E’ superficiale il giudizio sulla società moderna di sovrastimare la ragione. Va bene se si intende la facoltà calcolatrice e costruttiva del pensiero, a cui dobbiamo la tecnica e il dominio delle cose: ma tale facoltà sta in un grado inferiore.
Se per ragione si prende invece la facoltà di cogliere l’essere delle cose e il loro senso, e di aderirvi col volere, allora l’età contemporanea pende più verso l’alogismo che il razionalismo.
La Chiesa con Pio XI affermava nella Humani generis contro lo spirito del secolo “ Il vero e genuino valore della conoscenza umana e la possibilità di conseguire la verità in modo certo e immutabile”; Paolo VI il 2 giugno 1972 dichiarava che “Noi siamo i soli a difendere il potere della ragione”; Nella Lumen Gentium riprendendo il Vaticano I “Col lume naturale della ragione umana si può conoscere con certezza Dio come principio e fine di tutte le cose”; e nella Gaudium et spes sono condannati quelli che “non ammettono più alcuna verità assoluta”.
Ma questi asserti contro il pirronismo non riflettono la mentalità di gran parte del Concilio e sono in antitesi cogli sviluppi postconciliari.
Il Card. Léger afferma che.” L’asserzione secondo cui la Chiesa possiede la verità può risultare giusta, se si fanno le necessarie distinzioni. La conoscenza di Dio, di cui la dottrina esplora il mistero, impedisce l’immobilità concettuale” (OR 25 novembre 1963). Il cardinale nega che si diano nella Chiesa e fuori, verità immobili, e poggia il suo pirronismo sopra la trascendenza, come se il non potersi conoscere infinitamente l’infinito da parte del finito levasse via ogni conoscitività, mentre al contrario la fonda.
Il card. Heenan constatava su OR, il 28 aprile 1968, la generale scepsi (di dubbio conoscitivo in opposizione alla certezza dogmatica) relativistica del Magistero: ”Il Magistero non si è conservato che nel Papa. Dai vescovi non viene più esercitato e ben difficilmente una dottrina erronea viene condannata dalla gerarchia. Oggi fuori di Roma il Magistero è divenuto così malsicuro di se stesso che non tenta quasi più nemmeno di guidare.” Qui si colpisce la desistenza dell’autorità ma anche l’incertezza pirroniana entrata nel corpo della Chiesa.
Il card. Alfrink il 23 settembre 1965 professa apertamente il pirronismo:”Il Concilio ha messo in movimento gli spiriti e non esiste quasi nessun soggetto nella Chiesa che non sia messo in discussione”
Il card. Suenens alla Settimana degli intellettuali cattolici di Parigi del 1966 afferma: ”La morale è soprattutto viva, dinamismo di vita e sottomessa, a questo titolo, a una crescita interiore che scarta ogni fissità”. Qui è palese lo scambio che fa il cardinale tra morale, che è un’esigenza assoluta e immutabile che si impone all’uomo, e la vita morale concreta che fluttua nell’individuo tra giudizio e giudizio. La morale non è dinamismo soggettivo, ma la Regola assoluta, partecipazione della Ragione divina.
1.3 L’invalidazione della ragione. Rifiuto neoterico della certezza –
Nel libro di Jean Sullivan, Matinales, l’invalidazione della ragione viene sostenuta a viso scoperto. L’autore nega la distinzione tra fede e amore senza accorgersi di sformare la divina Monotriade e che esista crisi nella Chiesa. Fatto consequenziale questo perché dire crisi vuol dire discernimento impossibile da farsi per chi non ha misura fissa.
Da osservare che la distinzione tra credere e amare, oltre che nella Scrittura, è fondata nell’essere dell’uomo in cui intelletto e volontà sono reamente distinti, distinzione che rimanda per analogia alla distinzione reale nell’organismo ontologico della Monotriade.
“I credenti s’immaginano che la fede va con la certezza…ma le certezze generalmente sono fondate su cosa? Sul non approfondimento delle conoscenze”.
Chi pretende che non si possa avere certezza di una cosa creduta cammina fuori della dottrina cattolica. Che la fede sia certezza è dogma cattolico e che questa certezza non sia privilegio di anime mistiche e di anime semplici, ma lume comune a tutti i credenti, pure.
La calunnia del Sullivan è compagna dell’altro errore celebrato da Giordano Bruno, secondo cui la certezza e la fede troncherebbero la possibilità dell’azione. “vivere è perdere la fede” sostiene l’autore, ma senza la stabilità del pensiero sarebbe impossibile la comunione con altri spiriti, dovendo il nostro spirito essere in ogni momento tramutabile in tutte le guise.
La dottrina cattolica pone al contrario che la comunione implica qualcosa che dura identica nella vita. D’altronde il pensiero non procede dalla vita, la vita dal pensiero e teologicamente non dallo Spirito Santo il Verbo, ma dal Verbo lo Spirito Santo.
La certezza è lo stato mentale che consegue all’approfondimento e non alla superficialità del conoscere, come sostiene il Sullivan. Qui il Pirronismo sta col suo gemello: il MOBILISMO e come questo finisce nella blasfemia.
1.4 L’invalidazione. I teologi di Padova, di Ariccia -
Il congresso dei moralisti a Padova del 1970 votò questa conclusione:” Essendo l’esercizio della ragione sistematicamente incluso in una condizione storica particolare, non è possibile il suo esercizio in termini generali”. Questa è la distruzione della ragione.
Analogo il Pirronismo del congresso dei teologi ad Ariccia del 1971 secondo la corrente dominante “nessuna proposizione può essere ritenuta assolutamente vera”. Non si danno prolegomeni razionali alla teologia perché “la parola di Dio si giustifica da sé stessa e si interpreta da se stessa”.
L’antitesi alla teologia della Chiesa è ancor meno importante che alla filosofia.
In primo luogo non può essere senza ragionevolezza la fede dell’uomo, creatura ragionevole; secondo, la parola di Dio non si giustificherebbe da sé stessa poiché solo l’evidenza immediata o mediata, dà giustificazione a una parola. Ora l’evidenza manca alla parola di fede alla quale appunto si assente per fede e non per evidenza. Terzo, dire che la parola di Dio si interpreta da sé stessa è un composto di parole e non una enunciazione. Perché interpretare significa mettersi in mezzo tra parola e uditore, tra intelligibile e intelligente. L’interprete è un terzo che media una dualità non può la parola di Dio intramezzare sé stessa.
Per i teologi di Ariccia “il teologo deve parlare secondo le categorie dell’uomo del nostro tempo deve tener conto della SVOLTA ANTROPOLOGICA e questa consiste in un CAPOVOLGIMENTO DEL RAPPORTO TRA OGGETTO E SOGGETTO E NELL’IMPOSSIBILITA’DI APPRENDERE L’OGGETTO IN SE’ STESSO”.
Questa è la formulazione del Pirronismo e la distruzione della dottrina cattolica. Essa è sottomissione della ragione, sottomissione voluta dalla ragione stessa.
Il fatto che questi teoremi siano accolti da un congresso di teologi cattolici cui prolude un cardinale (car. Garrone) significa che si abusano i vocaboli e che non esiste più teologia cattolica.
In un colloquio riportato negli Atti, svoltosi nel gennaio ’82 a Trieste un vescovo affermava:” Non esiste una ragione assoluta di stampo idealista o marxista [né di qualunque altro stampo] dispiegantesi nella storia dell’umanità nel suo concreto divenire, bensì una RAGIONE STORICAMENTE DATA le cui forme variano al variare dei contesti culturali. NON SI TRATTA DI RIPROPORRE UNA CONCEZIONE METAFISICA, FILOSOFICA O TEOLOGICA TOTALIZZANTE”. Qui è scopertamente invalidata la ragione, ripudiata la Provvidenza, negata la metafisica, epocato Dio.
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