11 aprile 2012 -
Le parole che Papa Benedetto XVI, giovedì prima di Pasqua, ha rivolto ai “disobbedienti” austriaci – il gruppo della Pfarrer-Initiative, l’“iniziativa dei parroci” che dal 19 giugno 2011 in Austria ha raccolto le firme di quasi quattrocento preti i quali, chiedendo l’abolizione del celibato ecclesiastico insieme a riforme sostanziali per la vita della chiesa, hanno trovato appoggio anche in Germania, Irlanda, Belgio e Svizzera – non sono state senza conseguenze.Da una parte hanno dato vigore e nuove energie a quei fedeli e a quei preti che non ritengono opportuno la chiesa adotti riforme in discontinuità con la sua tradizione. Tra questi il parroco di Stützenhofen (a nord di Vienna, in Austria), padre Gerhard Swierzek, il quale, dopo che l’arcivescovo di Vienna e primate del paese Christoph Schönborn ha accettato l’entrata nel consiglio pastorale della sua parrocchia di un omosessuale che convive con il suo compagno, ha annunciato non senza polemiche le proprie dimissioni.
Dall’altra, le parole di Ratzinger, hanno fatto serrare i ranghi ai watchdog della fede d’oltretevere: in particolare è di queste ore la notizia che l’ex Sant’Uffizio guidato dal cardinale statunitense William Joseph Levada ha deciso di mettere a tacere uno dei capi del movimento dei ribelli irlandesi. A padre Tony Flannery, infatti, redentorista di Limerick, che da tempo, in scia alla Pfarrer-Initiative austriaca, guida un’associazione di circa 900 preti che esprime posizioni favorevoli al sacerdozio femminile, denuncia la gravità degli scandali sessuali nella chiesa e non condivide le posizioni del Vaticano sulla contraccezione, la Congregazione per la dottrina delle fede ha chiesto “di finirla, di smetterla”
E’ stato il superiore degli stessi Redentoristi, padre Adrian Egan, a spiegare nelle scorse ore che dalla Santa Sede è arrivata a Flannery la nuda e cruda intimidazione “a non divulgare più le sue idee, a non scrivere più sulla rivista dei redentoristi, a stare lontano da tv e radio”.
Padre Egan – non fa nulla per nascondere la cosa – sta dalla parte di Flannery. Si è detto “sgomento, costernato, sbalordito, stupito e deluso enormemente dall’azione del Vaticano”. Ha spiegato che insieme a lui provano gli stessi sentimenti “centinaia di fedeli”.
E ha anche detto che oggi, nelle chiese di mezza Europa, la situazione è drammatica perché girano “agenti dell’ortodossia” inviati dal Vaticano a verificare “con pignoleria degna dell’Fbi dei tempi di Edgar Hoover” ogni frase o pronunciamento non in linea con la dottrina. A suo dire questi “agenti” valutano chi non percorre la giusta strada e poi riferiscono a Roma dove prontamente viene fatta partire la “repressione”.
Il contenzioso tra Flannery e Santa Sede è aperto da tempo. Quando lo scorso giugno il primo ministro irlandese Enda Kenny aveva accusato il Vaticano di aver minimizzato stupri e torture subiti dai bambini irlandesi per volontà di preti molestatori – Kenny basava le proprie accuse sul rapporto della diocesi di Cloyne che aveva messo in luce, secondo la sua opinione, il tentativo del Vaticano di ostacolare l’inchiesta sulle molestie sessuali – Flannery si era schierato apertamente in favore del premier sollevando non poca irritazione in Vaticano: “Sono felice della dichiarazione del primo ministro”, aveva detto. E ancora: “Molti sacerdoti e fedeli irlandesi sono frustrati per il modo con cui il Vaticano ha condotto i propri affari qui”.
Al di là delle posizioni sul celibato ecclesiastico, sulla comunione ai divorziati risposati e in generale sulla morale sessuale, feriscono molto in Vaticano le accuse di Flannery in merito ai presunti insabbiamenti dei crimini dei preti pedofili. Feriscono anche perché le posizioni di Flannery sono in qualche modo condivise da parte dell’episcopato del paese e sempre di più sembrano prendere piede tra i fedeli. Voce significativa in questo senso è quella dell’arcivescovo di Dublino, monsignor Diarmuid Martin, che nella curia romana rese un lungo servizio dal 1986 al 2001 come sottosegretario e poi segretario del Pontificio consiglio di Giustizia e pace. E’ stato Martin a dire recentemente che la curia romana ha fatto poco, molto poco, per arginare il problema della pedofilia. E’ stato lui a essere elogiato, per queste parole, dal New York Times: la columnist Maureen Dowd arrivò a scrivere che “Martin, da sempre dalla parte delle vittime, è un outsider” di una gerarchia dove spiccano in negativo i nomi del cardinale Bernard Law, ex arcivescovo di Boston che a seguito del deflagrare in diocesi del problema pedofilia si trasferì a Roma per divenire arciprete della basilica di Santa Maria Maggiore, e di Angelo Sodano, l’ex segretario di stato vaticano “che difese il noto pedofilo e padre di più figli Marcial Maciel Degollado”, fondatore dei Legionari di Cristo.
Dietro l’azione del Vaticano contro padre Flannery sembra esserci l’azione di Charles J. Brown, ex aiutante di studio della Congregazione per la dottrina della fede, da qualche mese nunzio a Dublino. Brown, statunitense di nascita, è divenuto nunzio per volere del Papa col delicato incarico di arginare i dissapori tra Santa Sede e governo e, insieme, di riferire in Vaticano chi, dentro la chiesa, remi dalla parte sbagliata. Il tutto nella consapevolezza che oggi, come ha detto il biografo di Giovanni Paolo II George Weigel, “l’Irlanda è terra di missione come un tempo lo erano gli Stati Uniti. Nel 1921 un irlandese, Michael Joseph Curley, divenne arcivescovo di Baltimora (Maryland) in un momento in cui i pregiudizi anti irlandesi e anti cattolici erano molto vivi. Per questo motivo non è strano che uno statunitense, come è Brown, attraversi l’oceano Atlantico con destinazione Dublino”. L’intimidazione contro Flannery suona come il primo affondo significativo di Brown in Irlanda, lo statunitense inviato nella terra di san Patrizio.
Pubblicato sul Foglio mercoledì 11 aprile 2012
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